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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920
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A dirla tutta, oggi mi sento io un po' Natale. Diverse persone mi consigliano più equilibrio, più calma, più ponderazione... Io ho voglia di essere smodata, invece, di strafare, di spingere le porte, di saltare i fossi, di essere follemente felice, di danzare e sbracciarmi..Non ho voglia né di equilibrio né di saggezza, ma di smodata felicità.
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Bella la foto.... molto originale e fà molto Natale.... Buone feste !!!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Era un viaggio nel caldo del Sud, dove la vegetazione è lussureggiante e Peter Pan conduce ancora magicamente il suo vascello fatato.
Lei disse: Ho inventato un mondo fatto a posta per me. Era meglio di quello che mi raccontavano gli altri – i soliti ragionevoli signori che hanno deciso che s’invecchia e si muore – perché ci si affatica troppo a vivere. E l’eco delle loro raccomandazioni rimbalzava ancora nel fondo della grotta.
Solo Jardy sapeva raccontare la storia dell’avventura umana con un po’ di brivido addosso. E, in quella circostanza, disse cose che ci obbligarono a fermarci a riflettere almeno un momento.
Lei disse: Oggi sono i ragazzini a capire quel che sta succedendo. Quegli altri – i grandi – sono troppo pieni di lardo inquinato per far uscire dal loro cervello pensieri che rinfrescano l’aria e accendono il sogno.
Ah!, com’è faticoso vivere! – dicono loro. E hanno messo già il culo sulla tavola in discesa che porta alla fossa nel cimitero. Nella fretta di morire, si adoperano per perdere vita, già oggi, giorno dopo giorno.
I ragazzini sanno che il mondo comincia oggi e sono pronti a giocare e mettersi in gioco. Per questo Peter Pan non voleva diventare mai grande.
E io navigo, su questo vascello, nell’Oceano dell’Essere.
E mi sento benedetta, per il fatto di esserci a guardare e trafficare. In questa sorta di avventura che chiamiamo vita.
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Oggi è tornato il bel tempo.
La felicità di vedere, con gli occhi della notte, il cielo aperto e il sole che inizia a sorgere! È promessa consolante.
Cerco di accettarmi così come sono, senza riuscirci mai del tutto. E approfitto dei periodi buoni per essere gioioaa ed entusiasta.Vago tra sensi di inutilità e slanci altruistici di grande respiro.
Mi barcameno facendo finta di aver capito i segreti della vita, quando il destino soffia il suo vento in poppa, o quando lo prendo di bolina. Salvo ammettere sinceramente la mia profonda ignoranza quando ci sbatto il naso contro.
Se questo è il mio viaggio, stamani ne sono molto lieta. Con la luce di questa mattinata promettente mi sembra di poter contribuire al benessere del mondo. E forse giungere in prossimità della mia Itaca, che continua ad attrarre il mio pensiero, sia che faccia tempesta, sia che trionfi il bel tempo.
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Vero. sono bellissimi e mi trasmettono semrpe tanta positività con i loro colori e il loro essere leggiadri
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Questo è il dolore della vita:che si può essere felici solo in due;e i nostri cuori corrispondono a stelleche non vogliono saperne di noi.Edgar Lee MastersNon so se si può essere felici solo in due. Io sono stata infelice in due. Sicuramente l'essere da soli non è uno stato di quiete ma uno stato di moto, verso il numero due. Adesso che sono in uno non sono felice, tendo al due, inconsapevolmente, continuamente, anche in modo ossessivo.Il numero due, il fantasma della condivisione, della completezza non mi lascia tregua. Ma è questa la verità!? La via da percorrere? Il senso di ogni vita? Della mia vita? Prima di stare bene in due e di trovare il due devo sbarazzarmi del pensiero del due, un po' come il musicista che prima deve studiare un brano nota per nota, memorizzare la diteggiatura e poi mentre suona deve dimenticare tutto.
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Ogni giorno ci riproviamo. Ricominciamo daccapo. Molti di noi non riescono proprio a rimanere intontiti 24 ore al giorno. Pieni del lavoro d’azienda, pieni di televisione e di chiacchiere che non dicono gran che. È come se avessero un tarlo dentro. Qualcosa che rode e che dice più meno: così non va bene, così è troppo poco.
Ma il mondo sembra una pasta densa che ti avvolge da ogni parte e ti rende i movimenti piuttosto impacciati. Tutto quello che si fa e come lo si fa. E se incontri gente, sembra di non riconoscersi.
Eppure…
Forse è sempre stato così, in qualche modo. Non c’è da stupirsi. Non c’è da stupirsi se i nostri sogni si rivestono di questa pasta che fuoriesce dai massa media e dalla logica dello spettacolo.
La cosa più viva, nella grande recita, è proprio quel tarlo che sentiamo dentro e che non ci permette di restare intontiti 24 ore al giorno.
Nei momenti di innocenza sentiamo che vogliamo integrità e verità e bellezza. Che il nostro cuore è bambino. E che sono le orecchie piene di rumori. Ma la vocina è sempre desta. E allora ricominciamo volentieri daccapo, ogni mattina. E magari siamo anche pronti ad attraversare il guado. Anche la noia è amica della fede.
Se riuscissimo a chiudere l’interruttore. A staccare con il telecomando. A restare un po’ da soli con noi stessi. E ascoltare voci che vengono da lontano e che ci hanno accompagnato lungo tutto ilo cammino. Voci deboli, ma penetranti. La voce del tarlo, che senti solo quando smetti di far rumore.
Un tempo c’era Samarcanda. Andavamo a Samarcanda per incontrare il nostro destino. Com’è bello avere un destino! Vuol dire essere qualcuno – non l’anonimo nella grande massa amministrata.
Ma se trovi il tasto che chiude i collegamenti, beh, se premi quel tasto, la voce del tarlo è lì presente. Dice: questo è troppo poco. Io desidero molto di più. E molto più vero.
Ci si può liberare di tutta questa polvere con una doccia di un minuto. La vocina è sempre lì. È tagliente come una lama. E sono le corde che ci imprigionano ad essere recise.
E allora io sognai di riprendere il cammino per Samarcanda. E ritrovatomi sulla strada sentii di nuovo la bellezza della vita. Quell’itinerario che si muove verso Samarcanda.
È la mia strada. Ho un destino. Sono io. -
– Odio i test. O i colloqui di selezione. Li odio perché tu vieni misurato in base a quello che qualcuno, o un sistema, ha pensato che tu dovresti essere. Fa parte di tutto un marchingegno di indottrinamento che dice come devi essere per non incorrere in certe sanzioni, o al limite per non morire di fame. Un sistema di pressioni che si esercita su di te fin dall’infanzia e ti raggiunge da tutti i lati. Un sistema che ti dice cosa e come devi essere per essere ben accetto.
– Tutto questo è odioso perché io sono io. Io voglio essere quella che sono e non fare la miss tal dei tali. Voglio essere miss me stessa. Voglio metter fuori tutto quello che ho dentro e rivendico una vita in cui io sia libera di esprimere quello che sono. – Quello che sogno è un sistema che mi permetta di vivere facendo quello che amo e quello che sento. Io sogno un sistema che non mi obblighi a vendere me stesa e a dare certe prestazioni che non sento e che mi fanno morire dentro in forza del ricatto che altrimenti non avrò di che vivere. I o sogno un mondo che sappia che i frutti della libertà sono più abbondanti e sani dei frutti della schiavitù. -
Sì, si ottengono risultati, ma si spolpa la vita di tutto quello che la rende incantevole. Più o meno è quello che mi viene in mente quando penso al modo di vivere, operare, progettare, pensare, secondo i dettami della razionalità performativa, efficace, manageriale, economicistica. È vero, se ti disciplini in maniera da non desiderare altro che i soldi e poi comprare, questa è una macchina efficace. Ma un’unica dimensione ti dà l’impressione di vivere davvero? Allora ci sono tanti altri modi di pensare, sentire, percepire, inventare, immaginare… e non importa se non portano quattrini. Portano vita.
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Lo so che te lo sei fatto diverse volte questo discorso. Ora te lo riproduco. Ti ci riconoscerai. Ti sei detta quanto segue.
Sono venuta al mondo senza averlo deciso. Non c’ero. Mi ci sono trovata. Un po’ per volta. Perché quando mi sono accorta di esserci c’ero già da tempo. E mi chiedo: che senso ha?
Quando mi hanno detto che sono nata perché i miei genitori avevano fatto certe cose, beh, sì, qualcosa della mia venuta al mondo l’ho afferrata. Ma dal mio punto di vista, voglio dire dal punto di vista di una storia narrata dalla protagonista, all’inizio, quell’inizio in cui all’improvviso tu ci sei stata – e prima non c’eri – e non te ne sei nemmeno accorta – e che te ne sei accorta più tardi come se la consapevolezza fosse un frutto tardivo dell’essere – beh, voglio dire che all’inizio, se tu volessi raccontare la tua storia, c’è un vuoto, uno strapiombo oscuro che ti tronca il discorso. Tu sei comparsa – te ne sei accorta dopo che questo era avvenuto – e non sai veramente perché, chi, cosa…
Io ci ho pensato diverse volte. E rimango ogni volta senza parole. E a scriverci sopra ne uso tante proprio perché di fatto non ho le parole che ci vorrebbero. Questo mi batte in testa: mi sono trovata tante volte a raccontare di cose fatte, di avventure, di emozioni, di accidenti e di decisioni, insomma di cose che potrebbero riempire una storia…, ma a partire da un inizio in cui… io non c’ero e quindi che non saprei narrare.Io non posso finire di meravigliarmi del fatto che mi sono accorta di esserci e che potevo raccontare di me una storia quando già era successo che ci fossi, che venissi al mondo. Ma quella storia, quella che mi ha portato ad esserci, quella non avrei saputo davvero come raccontarla.
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Considerazioni che fanno riflettere....
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Resto tra le case, sulla collina.
Voglio sentire il fruscio delle fronde, toccare la pelle degli alberi, entrare negli spicchi di cielo, fuori dai recinti.
Sul ciglio della strada, cammino a sinistra, per vedere in faccia l’auto che mi sfreccerà vicino. Non voglio sorprese alle spalle, che mi distraggano dal muschio sulla sponda, e dai sussurri delle felci, che raccontano storie antiche.
Voglio vedere la pianura, là sotto, dove i problemi ridimensionano l’ansia, da quassù.
Voglio sognare di essere nomade e pellegrino, per poco tempo, da queste parti.
Sentire l’urlo della solitudine per sorriderle in faccia.
E placare il mondo con l’indice e il pollice. -
Io non voglio essere buono – mi dicevi l’altra sera – io voglio essere felice.
Mi sembra bello.
Ma quando accetterai di essere quello che sei?
E invece di vivere vite immaginarie, vivere la tua vita?
Quando ti lascerai portare dalla corrente che ti scivola tra le costole e anche là fuori, negli eventi, e dirai: Questo sono io. Che sia!-
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martymartina1 e ok1803 ha aggiunto una reazione
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A volte rido anch'io...
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Per evitare eventuali incomprensioni ti dico che non penso assolutamente che tu possa essere una musona e sempre depressa. Anzi intuisco dalle foto che pubblichi che sei una persona con una caratteristica carica di leggerezza e ironia. Semplicemente sei una persona molto sensibile e con un trascorso di sofferenza ed è inevitabile che si parli spesso ( ma non solo) di cose tristi o malinconiche.
Ridere in modo efficace dal mio punto di vista è riuscire a farlo mentre ti capita la cosa triste, piuttosto che farlo fra una cosa triste e l'altra. Ti assicuro che ci provo sempre anch'io e non sempre ci riesco.
Il giorno che riuscirò a ridere delle mie disgrazie quando accadono sarò per sempre libero e felice.Ps: l'immagine che ti ho lasciato l'altra volta è particolare, è sacra, ti lascio il riferimento Wikipedia: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Tārā
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Ora ne vedo meglio il profilo.
Non è quel sorriso coraggioso che tu spingi avanti per fronteggiare le difficoltà, l’umore che scende, le cattive notizie.
Quel sorriso che esprime la tua volontà di andare incontro alla vita per primo. Di fare il primo passo…È quell’altro. Quel sorriso che ti sorge da dentro come un fiore, o come un fungo di stagione, quando cambia la luna, ha piovuto a dovere e c’è stato il primo sole. Il sorriso che viene da sé.
E questo sorriso senza sforzo che si presenta come dono.
Ti viene da sorridere.È la vita che torna a visitarti. Sembra dirti che aveva avuto delle cose da fare nel frattempo, che era stata molto occupata. Ma è come se ti stesse prendendo in giro. Come se avesse orchestrato tutto lei, da tempo. Per condurti a questo punto.
E ora, quel sorriso, è come il premio. Il dono. La festa.
E, ora che una nuova alba ha occhieggiato nella mia avventura, risorge, fresco come un ragazzino in pantaloni corti, il mio desiderio compagno, quello che mi rigira la vita come si rovesciano le tasche, che mi fa saltabeccare a molle nel sentiero del possibile e m’invita – con una certa premura – a saltare fuori della tazza, a uscire dal vicolo, a guardare più avanti, a esplorare l’ignoto, a disegnare i miei sogni sulla faccia della terra, come se fossero l’eco del sogno di Dio su di me.
O anche senza di me. Perché il sogno è bello in se stesso. Perché quello è il quadro che dev’essere fatto. Quello che mi ha rubato l’animo e mi ha fatto dimenticare tutto il resto. -
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sei entusiasmante!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Ho sempre sognato di scoprire la formula per lo spartito ideale. La vita creativa. Quella piena che senti dentro pulsare sotto la pelle, in ogni momento. La vita normale, la più ragionevole e meritoria, è niente a confronto della vita ispirata. In quest’ultima non c’è niente, forse, di meritato. Tutto consiste nel tenere la vela aperta, mentre il vento ci soffia dentro. È grazia allo stato puro.
Oh, sì, come sarebbe bello. Fosse tutto come suonare alla tastiera.-
Bellissima foto e descrizione !
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Stampe esotiche
La narrazione sì, quella fa proprio per me. Non faccio che raccontare la mia storia, sono in mezzo a una storia che vivo nell’atto stesso di raccontarla. Io sono affezionata al mio io narrante al punto da non preoccuparmi per niente se non ricorda esattamente quello che è successo e travisa i fatti solo per mantenere la propria dignità. Soprattutto adoro il mio io narrante nel momento stesso in cui inventa il suo futuro. E questo lo fa ogni giorno. È la sua attività principale.Il mio presente è un io narrante che inventa il suo futuro. -
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Casomai ci pensassi…A chi sto parlando?A te che non ascolti e che pensi ad altro e che sei così bravo ad ignorare i fiori e il vento.Casomaii ci pensassi, io direi, tra non molto - diciamo: alla lunga - saremo morti, io e te. E saremo tutti morti, alla lunga, noialtri.La vita è breve - quanto durano i nostri desideri?C'é qualcuno che non ama l'infinito?Quando io amai, dissi: per sempre.Permanere mentre tutto scorre.Non ti fare ingannare da spiragli di solletico.Non lasciare che il tuo cuore - che sa - venga annebbiato da queste vaghe filosofie dell'effimero, che non fanno che carezzare le tue, le mie, debolezze.Io dissi: per sempre.Sapevo che l'eroe scorre nel tempo, rimanendo se stesso. E sapevo che tu, ed io, impregnati del fango della terra, saremmo per sempre fedeli al nostro sogno.Casomai ci pensassi.Casomai.
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"A te che non ascolti e che pensi ad altro" mi stupisco sempre di come alcune persone non riescano a sforzarsi di ascoltare, in tutti sensi, soprattutto quando si parla di ascoltare il prossimo, ascoltare l'interlocutore. Purtroppo tanti sentono, ma non si impegnano a capire quello di cui parla la persona con cui stanno avendo un dialogo (leggi: che sta facendo un monologo), sia che si tratti di discorsi semplici che apparentemente non difficili, ma anche più complicati. Mi stupisco di come alcune persone non ascoltino ed interpretino erroneamente quanto viene detto, perché si fermano al pregiudizio che hanno dell'interlocutore o di quello che potrebbe dire.
Ho letto tutto il tuo bellissimo pensiero, ma ho estrapolato solo quella frase perché è un fatto a cui tengo molto.
Buona giornata!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Incapacità di accettare del tutto che le cose accadano? È possibile. Sono secoli che mi sto dando da fare per convincermi che accade quel che deve accadere e che è meglio così. Lo faccio perché mi sembra che una posizione del genere lasci più liberi di essere quel che si è, lasciando al mondo la libertà di andare per la sua strada. Ma il mio sforzo autopedagogico non è ancora stato coronato da un successo convincente. E nel frattempo vivo nella zona di mezzo. Quella tra i due confini: che è come dire nell’ignoranza.