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Gli uccelli sono il volo. E il volo è il sogno che crede in se stesso. Il sogno non come evasione, ma come visione dotata della fiducia di guidare i passi dell’azione. Ciò che trasforma la vita in una meravigliosa avventura dove si diventa e si realizza. Se succede qualcosa di bello e anche di straordinario è perché lo si è sognato (e si è avuta tanta fortuna). Ma dicevano gli antichi che la fortuna aiuta gli audaci. E sognare, credo, è l’audacia che perseguo. E che considero opportuna.
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Mi piace l’idea che al mattino del lunedì ci possiamo rapidamente lanciare un’occhiata per stimolarci a vicenda a ricollegarci col nostro sogno e a rimetterci in moto con la giovinezza della gioia che si ricrea nel cuore.La "giovinezza della gioia" è una figura dell’anima che mi piace molto. Diventare esperta nella gioia di vivere è quasi il mio destino. Una sorta di ossessione. Le ricadute entropiche che si verificano lungo il mio percorso non fanno altro che richiamarmi a questo impegno di fondo.
L’entropia è che a lasciare le cose andare si scende giù. Per salire al piano di sopra bisogna fare un po’ di scale.Io cerco sempre un ascensore…-
hai sempre dei vestiti bellissimi
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Vi racconto questo.
Col procedere dell’età mi si rivela sempre più chiaramente un limite che di fatto ho sempre avuto e che a lungo ho fatto volentieri finta di non avere. Lo chiamerei un limite di assimilazione dell’esperienza. In qualche modo è collegato alla fretta di vivere le cose.
È un po’ come nel mangiare. Voglio dire che la mia capacità di assimilare l’esperienza, e quindi di viverla, ha dei limiti ben precisi. Ignorare questa circostanza ha coinciso con il tentativo di vivere non la mia vita ma quella di qualche altro modello ideale, più capace di me. E di scivolare inevitabilmente sulla superficie delle cose. Di fatto non sono capace di gestire situazioni troppo complesse. Posso essere indaffarata, ma le cose non entrano dentro. Non nutrono.
Ho scoperto col tempo che rallentare e aderire alla situazione più vicina e accessibile mi consentiva di digerire le cose molto meglio e di assimilare meglio e di vivere con maggiore intensità.
Il mondo in cui affondano le nostre radici viene definito “liquido” da Zigmunt Bauman. Ciò è vero anche nel senso che i potenziali nutrienti vengono veicolati più facilmente e in maniera più fluida fino alle nostre porte sensoriali. Con il rischio di indurre un riflesso da sovra alimentazione frettolosa. Una sorta di bulimia nel buttare dentro il più possibile per soddisfare una fame infinita. Ma tutta questa roba ingurgitata in fretta… ingorga, costipa, inquina e viene rigurgitata …
C’è tanta di quell’abbondanza di stimoli oggi che si resta stralunati a guardare e sentire. E imparare ad alimentarsi in maniera sana è diventato estremamente importante.
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wow che foto precisa!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Non c’è altra vita che la vita a cavallo.
Salire di slancio la collina.
La forza istintiva dell’animale e la guida ferma e flessibile del cavaliere.
La metafora continua ad agire nella mente, sempre.
Si vive per metafore, perché tra il pensiero e la realtà non c’è corrispondenza biunivoca stretta.
E la metafora consente di tenere la direzione, mentre s’impara a curare il dettaglio in ogni oggi.
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gioco di luce! bellissima anche solo come ombra!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Gli esperti delle erbe che ho incontrato nelle mie “Passeggiate” parlano del mondo vegetale come di un universo in cui non regnerebbe l’individualità, come succede in quello umano. Piuttosto le piante si comporterebbero come un io collettivo, vale a dire un “Noi”. E questa mancanza di “io individuale” sarebbe la ragione della loro disponibilità generosa nei confronti di tutti i viventi, grazie alla quale si fanno nutrimento e medicina.Osservando con maggiore attenzione i prati in fiore - cosa che mi capita di fare quotidianamente di questi tempi - mi piange un po’ il cuore dover negare ai singoli fili d’erba, alle singole piantine, una sorta di individualità originale.Certamente questo sentimento è una proiezione del fatto che al mio “io” sono piuttosto attaccata. Ci tengo a distinguermi, ad essere originale, ad avere una mia storia, e così via. e mi dispiacerebbe molto dover sacrificare qualcosa di questa esigenza a un'entità collettiva coercitiva.E capisco anche, d'altra parte, che questo insistere che gli amici delle erbe fanno sul comportamento collettivo delle piante esprime l’esigenza di un “Noi” che viene dichiarata da più parti nella nostra società. Perché la nostra società sarebbe eccessivamente individualistica, chiusa all'altro, eccessivamente impegnata a contemplare il proprio ombelico. Una società di solitudine e spesso disperazione.Poter dire "Noi" è certamente nel cuore dell'uomo. Ascoltando bene il cuore sembra anche che il “Noi” che desideriamo non possa più essere del tipo di “Noi” che si sono conosciuti in passato, contrassegnati da un eccesso di chiusura, di rigidità, di conflittualità. Un “Noi” che aveva la necessità di contrapporsi aggressivamente a un “Loro” e che, parimenti, doveva reprimere in qualche misura – spesso moltissimo – la libertà individuale al suo interno.La creatività della nuova cultura si trova a dovere affrontare la sfida rappresentata dalla creazione di un “Noi” che sia non limitazione ma condizione della libera espressione degli individui e che non abbia necessità di contrapporsi a nessun “Loro” perché capace di viversi aperto a “Chiunque”. Sembra poco?
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Io sono una solitaria che sta bene in compagnia.
La solitudine è sempre stata per me una risorsa.
Il luogo dove potevo incontrare me stessa ed esercitare quella cosa strana che alcuni chiamano “essere connessi”.
Paradossalmente, è proprio dal mio modo di vivere la solitudine che si crea in me una bella apertura agli altri.
Inoltre, è nella solitudine che io trovo la fonte di quel poco di creatività che riesco esprimere.
E allora mi sento di sottoscrivere il vecchio adagio latino:
Beata solitudo, sola beatitudo
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Sta a noi decidere in che modo farlo volare, io preferisco prendere in mano le redini del tempo per guidarlo e viverlo al meglio
Buona giornata!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Lo sguardo si smarrisce nel contemplarne la bellezza.
Una piccola mente, addestrata dai discorsi usuali, suggerisce il pensiero che questa bellezza sia uno spreco. Quali occhi umani ne giustificano l’esistenza? Tutta questa meraviglia anche senza l’attenzione di spettatori.
L’esperienza è toccante. Mi suggerisce l’idea che il mio punto di vista – letteralmente – non è né l’unico che conta, né il più adeguato.
Ho coltivato il desiderio di assumere un altro punto di vista.
Quello secondo il quale tutto questo spreco è invece abbondanza.
Quello che non si perde alcuna delle innumerevoli meraviglie di bellezza che popolano l’essere indipendentemente dal mio sguardo umano.
Che c’è uno sguardo di fronte al quale nulla va perso. -
Ne "La carta e il territorio" di Michel Houellebecq, il piccolo Jed Martin, che diventerà un pittore di successo, ha cominciato a dipingere fiori da bambino.La sua baby-sitter gli lanciava strane occhiate perché i bambini della sua età disegnano aerei da caccia, svastiche , mostri sanguinari,di rado i fiori.E L'autore commenta: "Jed ancora non lo sapeva ma i fiori non sono che organi sessuali, vagine variopinte che ornano la superficie del mondo, in balia della lubricità degli insetti”.
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ti sta una meraviglia questo abitO!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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fiori di plastica sono perfetti. Ma piacciono davvero?
Meglio essere presenti nel grande traffico della vita con le proprie imperfezioni. Sono segnali di vitalità sanguigna ed emozionale. Per questo piacciono i lavori da artigiano, più di quelli da professionista. Niente perfezionismo allora!Meglio lasciare nel proprio lavoro la poesia della nostra umanità.-
Evviva la natura nella sua (im)perfezione!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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E c'era quel parco dove mi piaceva andare a leggere i libri e a raccogliere i pensieri sul mio quaderno. Niente di più gratificante! Avevo immaginato - anzi l'avevo fatto - di trasferire lì, all'aperto, nelle belle giornate, gran parte del mio lavoro. Tutto quello che si poteva fare camminando. Ed era davvero molto più di quanto avevo immaginato. Mi ero regalata, così, uno studio immenso e vivo, con il cielo per soffitto e spazi immensi profumati, e pareti che respiravano poesia. La piacevole solitudine della natura e quel silenzio che silenzio non è per l'orchestra di voci dolcissime che la natura esala. E ogni tanto qualche incontro di altri camminatori, che è gente con gli occhi spalancati alla meraviglia.
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Alain De Botton sostiene una tesi che condivido largamente sul motivo per cui noi amiamo la natura e cerchiamo di rifugiarci in essa il più sovente possibile. Secondo questo pensatore noi cerchiamo la natura perché essa ci consente di sfuggire alla pesantezza e alla litigiosità, ai conflitti e allo stress dei rapporti umani. Insomma il mondo che abbiamo creato è pesante, stressante e non ce la facciamo più a sopportarlo. Allora ci rifugiamo, almeno per un po’ di tempo, nella camminate in montagna, nei fine settimana ai laghi o in campagna.
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È bello ritrovarsi viva al risveglio e poi, nel corso della giornata, ricordarsene un po’. Essere vivi, presenti, osservatori di una storia infinita è qualcosa di magico, di miracoloso.
Se non sei distratto, assorbito nelle cose da fare, tutto assume l’aspetto di una meraviglia e di un’immenso punto interrogativo.
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L'anatra volante
Per le storie dei bambini
pronta è l’anatra volante,
porta doni e bocconcini
e notizie proprio tante
di paesi assai lontani,
di città d’oro e d’argento,
di potenti re sovrani
che non hanno il cuor contento,
d’un eroe giovane e bello,
coraggioso dentro al petto,
sempre in sella al suo cavallo,
dal linguaggio puro e schietto.
La paura guarda in faccia
e la sfida sempre accetta,
non dà mai pan per focaccia
e non tollera vendetta.
Vola l’anatra nei cieli
del mattino e della sera,
lascia che lei ti riveli
quel che il cuore aspetta e spera.
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dove salti di bello?
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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"Prenda i farmaci e non ne abusi. Soprattutto: attento al transfer!" sibilò lo psichiatra, salutandomi sulla soglia della sua magione cittadina. "Tranquillo, Professore" - e lui già chiudeva la porta, tra le devastazioni motorie che i tic gli producevano. Di seguito, traversai viale della Lizza, sul far della sera quasi primaverile e, dopo 995 passi, mi ritrovai in Piazza del Campo, finalmente. Che splendida veduta - e luce improvvisa si spalancava tra i vicoli già ombrosi della cinta senese. C'era gente in giro ma io non la guardavo, intimorito dalle possibili seduzioni che uomini e donne potevano esercitare su quel me che si dibatteva, a detta dello strizzacervelli, tra paure e disabilità affettive. Strano a dirsi, una piccola scrofa che attraversava la Piazza mi tolse di colpo ogni pensiero. La seguii e quella sera la baciai, in Contrada dell’Onda, dentro un nirvana di ciottoli e tufo.
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Racconto stupendo e anche le immagini entrano in esso. La frase "nirvana di ciottoli e tufo" è inoltre puro erotismo intellettuale. Pochi capiranno cosa intendo, forse tu.
Grazie che hai deciso di esistere in questa forma terrestre e così allietare tutti noi.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Lascerò, dunque, che le vecchie abitudini, la paura, i dubbi inibiscano la voglia che ho di mettermi in gioco? Resisterebbe un innamorato alla forza d’attrazione che la bellezza della donna amata sprigiona? Mi metterò a discutere, a sottilizzare, a chiedermi “se” e “poi”?
Che nuoti dunque, ogni giorno della mia vita, ogni istante della mia giornata, in questa corrente d’abbandono. E, semmai mi accorgessi che mi sto allontanando dal flusso, che non mi occupi di altro che di ritrovare la sua magia.
Alla resa dei conti, io non desidero “insegnare” la fiducia. Desidero viverla e irradiarla. -
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giochi a nsscondino?
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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“Delirious New York” del grande architetto Rem Koolhaas ricostruisce in maniera magistrale la nascita di Manhattan. Magistrale e ammaliante, perché sa far emergere in tutto il suo fascino l’eccitazione di una città “che diventava una fabbrica di esperienze artificiali e dove il reale e il naturale cessavano di esistere”.
Con Google Earth si possono realizzare delle visite virtuali, scendendo nelle piazze e nelle strade. E l’ho fatto. Su Youtube ci sono moltissimi video che ti portano a girare per la città. Puoi fare un “salto” al Luna Park di Coney Island, percorrere in battello la Baia di New York, visitare Ellis Island e il suo Museo dell’Immigrazione, il porto, il Ponte di Brooklyn, Little Italy e China Town, sostare di notte in Times Square, fermarti a guardare le insegne spettacolari di Broadway, fare un giro in Central Park… Non potrei accettare un mondo senza New York.
Ma non potrei mai accettare neanche un mondo senza la tranquillità rosa che provo allontanandomi nella campagna e guardando da una pacata distanza il piccolo profilo di una cittadina italiana.