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All’ombra di un acero di monte,seduta in quiete in questo loco eterno,respiro un sole audace, con la fronteverso colline in nostalgia di inverno.
Un pino strano tra betulle e faggiporta con sé la nostalgia del mare.Io allargo del pensiero i vasti raggi,in preda a un’aria che mi fa sognare.
Vorrei restare per sempre in questa posa,fissata in un presente senza fine,ove l’istante tutto il tempo sposae le cose lontane sono vicine.
Ma poi mi scuoto e mi rimetto in piedi,mi dico: sveglia, non ti addormentare!Riprendi il tuo cammino e se non vediproprio per questo tu vorrai cercare. -
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Le forme di un angelo
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A proposito di vento, non volare via che ci servi ancora qua.
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La prendo come vieneFuori nevica, o quasi. Stanno scendendo gocce di acqua e ghiaccio o chissà-che-cosa e tutto in pochi minuti è diventato bianco. Mi affaccio alla finestra. Tutti si preoccupano di non poter prendere l’auto, di essere bloccati in questa città del cazzo. Io no. A me non importa poi molto. Anche perché non ho nessun programma. E non m’importa poi molto neppure di questo. E mi meraviglio di me.
Mi sono accorta improvvisamente di stare benissimo nella mia indolenza, di avere ripreso ad ascoltare il silenzio della casa: la caldaia che parte, il frigo che vibra, lo sciacquone che si riempie, l’acqua che scorre nei tubi nelle pareti, i miei passi un po’ strascicati… bei rumori davvero.
Sì, sono piccoli rumori quasi insignificanti ai più in condizioni normali che da un po’ avevo dimenticato. Adesso le mie orecchie hanno ripreso ad ascoltare senza avere il terrore delle “campane dell’inferno”. Quelle campane che non mi facevano dormire, che dovevo coprire in qualche modo con TV, musica, frullatori, phon e stupide chiacchiere tra me e me.
Adesso ci sono. Sto attraversando una fase, anzi una anti-fase, per dirla tutta. Non ho certo rotto con i legami e tutte le complicazioni del mio passato, sarebbe presuntuoso affermare una cosa del genere e neppure umanamente possibile. Non è stata ancora inventata l’arte del dimenticare.
La mia palla di rovi sospinta un po’ a caso dal vento rotola rotola ma fa meno male, non punge più come prima, le spine si sono smussate, ci sono ancora cose sospese, certo, matasse da dipanare, spesso perdo il filo ma chi se ne frega, la prendo come viene. “E la dannata commedia umana procede e si perpetua”.-
sei pensierosa?
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Indagando bene dentro di me scopro delle opinioni segrete che spiegano meglio il mio comportamento. Soprattutto i miei blocchi. Sono pensieri sepolti sotto la coltre delle parole che uso di solito. Ma quando affiorano queste intuizioni pare che una porta si apra su un futuro più libero e felice. E il desiderio mi conduce ad attraversare quella porta. Il passo successivo è intravedere le pietre di guado che mi consentiranno il passaggio dall’altra parte.
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Un po' Alice nel paese delle meraviglie Solo perché non sei bionda, altrimenti!
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Oggi è il tempo in cui ognuno deve costruirsi i propri aquiloni per volare. E volare è necessario per alleggerire il peso del nostro cammino nel mondo. Se non hai il tuo aquilone è dura sopportare la vita.La letteratura si è spesa a lungo su “la fatica del vivere”. Sembra necessario stringere i denti e, al contempo, avere un aquilone che solleva l’animo. La mia vocazione è fabbricare aquiloni. Dopo l’uomo “mulo” che doveva sopportare il basto. E dopo l’uomo “leone” che ruggiva contro i limiti e lo sfruttamento, ora l’uomo “fanciullo” si domanda a cosa dire di sì. Per fare questo ha bisogno di leggerezza. E di aquiloni…
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Ci sono esperienze che solo chi le vive le può sentire e provare.
In fondo non siamo troppo diversi dagli insetti che sono attratti dalle luci notturne.
Questi sbattono ossessivamente contro lampadine o sono bruciati da una candela senza una ragione apparente.
In origine le farfalle notturne orientavano il proprio volo attraverso la luce lunare: per andare dritte volavano mantenendo un angolo costante con la luce emessa dalla luna. Poi con la comparsa delle luci artificiali evidentemente scambiano ogni luce con la luna e muoiono bruciate.
Forse in origine anche per noi esisteva una sola luce da seguire.
Chissà. -
Eppure, non so capacitarmi, non so capacitarmi. Tutti parlano di consapevolezza, oggi. Le filosofie orientali. E io mi dico: consapevolezza? Ma quale? A me sembra di vivere sempre nel dormiveglia. Chiamalo sonno, piuttosto. Chiamalo sonno. È come essere sempre nel dormiveglia. E te n’accorgi. E si va avanti nel dormiveglia. E anche questo è bello. La consapevolezza è qualcosa che chiama. Ma io sono nel dormiveglia. Per questo non so capacitarmi. Eppure..
Eppure si può andare avanti. Le cose capitano. Tu muovi le mani e le braccia. E cerchi. Come se tra un po’ ti potessi risvegliare. E allora vedrai tutto, in piena luce.
Ma per ora, vai avanti, anche se non sai capacitarti… -
Qual è la storia?
Perché tu sei una storia. Io sono una storia. Una storia che voglio bellissima. Il mio sogno è avere una storia. E la racconto mentre viaggio, mentre esploro. Mentre la faccio. Questo è nello spirito del tempo. Noi oggi non siamo più delle sostanze, delle essenze, delle cose in forma di persona. È per questo che è così difficile definirsi. È per questo che rifiutiamo ogni definizione. Come se le definizioni ci imponessero di essere pietrificati. Noi siamo la nostra storia. E si tratta di una storia con parecchi capitoli. Non più la ripetizione dell’identico. Alla fine, soltanto alla fine, si saprà e sapremo chi siamo: chi siamo stati.
Ma oggi viaggiamo, esploriamo, tentiamo. E non c’interessa sapere chi siamo. C’interessa di più sapere chi vogliamo essere. Chi saremmo riusciti ad essere.-
bellissima foto Odessa1920
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bellissima foto, come sempre
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Pochi astri nel cielo sono luminosi come i tuoi pensieri, la sera, dopo cena, vicino al caminetto.
E dove troveremo le idee per fare del mondo un Eden se non tra le faville del focolare?
L'uomo ha bisogno del geometra e del commercialista. Ma, per superare se stesso, ha bisogno di sognare.
L'arte serve per sognare.
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In fondo, poi, si tratta di vivere.
E ognuno è impegnato nella ricerca di come si possa entrare nel regno della gioia. Anche se molta letteratura ama trattenerti nella geografia del dolore.
Io, di vivere, ho voglia. E di vivere nella gioia. E ci rifletto sopra, mentre muovo i passi durante la giornata. Semmai trovassi qualche segreto, qualche trucco, qualche espediente, per prolungare o riprodurre ciò che è già avvenuto.
Perché, di fronte ad ogni considerazione scettica – di solito molto ben documentata e motivata: è facile documentare la tristezza! – bisogna che affermi che la cosa è già avvenuta. Mille volte…
Sai cosa intendo dire. Quando hai provato una cosa, nessun argomento, anche molto giustificato, è in grado di fartelo dimenticare.
Ma volere il Nobel per la gioia non significa non vedere il dolore, la tragedia e le ferite. Penso proprio di no. Come potremmo respirare l’aria del mondo se non sapessimo tutto questo dolore e sofferenza e malattia e violenza e obbrobri…?
La scelta della gioia è pazza. Non sente ragioni, ma non è insensibile al dolore. La scelta della gioia è qualcosa che ti porta fuori del mondo senza lasciarlo – come le panchine su cui ti siedi per guardare oltre la siepe. È sentire la presenza di un’assenza. È cercare parole che diano ragione adeguata alla consistenza del desiderio che ti abita, sfidando la definizione corrente di ciò che è possibile e di ciò che è impossibile.
In fondo non è una questione di scienza, di prove e dimostrazioni.
È un saper essere, prima ancora che un saper dire.
Anche se saperlo dire, sarebbe il massimo!
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Ti seguo da qualche settimana, scrivi cose molto belle,continua cosi, brava.
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sweetlovelylips e odessa1920 ha aggiunto una reazione
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ci fai diventare tutto gelose eh!! ahah sei uno spettacolo!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Una delle mie citazioni preferite. Complimenti per la scelta!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Mi è capitato anche a me. Amarla senza averla, senza volerla perché sapevo che l'avrei subito perduta. Perciò l'ho ignorata sapendo che almeno il suo ricordo e il nostro desiderio incompiuto sarebbe rimasto intatto e niente lo avrebbe corrotto.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Lei sapeva che la sua anima era stata una donna contro un muro per molto tempo, intenta a raccogliere le gocce d'acqua che scendevano da una fessura. Ricorda ancora quella sensazione - molto sensuale e fiera. E sa che da lì le vennero ristoro e forza nei tempi del cambiamento.In quel periodo imparò che quello che aveva fatto, subito, patito, non contava più niente. Fu in quei giorni che il passato passò e lei poté rinascere completamente. Lavata da quell'acqua ritornò a pensare alla vita come al primo mattino, come l'erba bambina all'inizio di marzo.
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Mi piace scoprire, lungo il viaggio, che emerge più chiara la mia identità, che so – insomma – meglio quello che voglio essere e fare. Mi piace ammettere che ho scoperto gradualmente, e anche con un po’ difficoltà, i miei talenti e le mie abilità, ma che poi li ho sviluppati ed esercitatI. Qualcosa che esprime sempre meglio la mia unicità.
Mi piace molto uscire dal coro.
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fantastica rappresentazione della serenità! bravissima
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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assurdo come tu riesca a catturare immagini e "tenerel" per sempre, condividendole con noi...
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Concordo!!!!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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