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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. A pensarci bene sono un paio di decenni che mi faccio questa domanda.
 Che sta capitando?
 È forse un buon segnale del fatto che avverto che sta capitando qualcosa.


    Un sacco di gente pensa che non stia capitando niente .
Vuol dire che la percezione si è addormentata. Forse mangiano troppo. Forse bevono troppo. O si fanno troppe canne.

    
I carrelli pieni al supermercato. Riusciremo a smaltire tutte queste provviste? C’è rischio di ingrassare il cervello? E di annacquare i sogni che ci abitano?

     

    Io impazzisco ogni volta che la vita mi ripropone questo tema. Che cosa sta capitando? Impazzisco di eccitazione. Perché il mio cuore desidera che il tempo partorisca se stesso. Che vengano alla luce i polloni che sono racchiusi nel suo grembo. E che si possa scoprire qualcosa di più di questa vicenda straordinaria che è la nostra vita sul pianeta Terra.

     

     

     

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  2. Vibra il tempo, esce da niente,

    
strada piena di luce, stamattina,

    
desiderio intenso, anzi struggente


    rofumato di rosa alpina

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  3.  Le cose che non conosci cambieranno la tua vita.

     

     

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  4. Qui sta piovendo a dirotto. Aprile non è stato “ogni goccia un barile”, ma, di certo a Maggio “non è bastato un assaggio”! Se si vuole il sole bisogna inventarselo. E viene bene scoprire che sognare è quasi come un film: non a guardarlo, ma a produrlo, crearlo, inventarlo. Per goderselo, appunto. 

    Insomma, assomiglia a un atto di autoerotismo.

     

     

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    1. raffaello115

      raffaello115

      una bella considerazione. Complimenti!

       

  5. Io credo che tutti desiderano la libertà di tornare ad essere come da bambini.

    C'è qualcosa in quei gesti che ci riporta a una primigenia indipendenza da qualsiasi costrizione.


    E questo ci consente di recuperare uno stato nascente, un primo giorno dell'universo, uno svegliarsi alla vita per la prima volta. 

     

     

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  6. Diego, che è intuitivo e penetrante, una volta ha detto che io sono un po’ gatto. È vero. Sono un gatto e sto bene da sola. Non manco di nulla quando sono con me stessa.

    Questo non significa che io sia separata dal mondo, dalla gente e dai grandi problemi che minacciano il genere umano. Al contrario.

    Io amo la mia vita. Amo l’ambiente dove vivo . Amo il processo stesso attraverso cui mi esprimo. Amo i miei amici, quelli a cui scrivo e che mi scrivono. Quelli con i quali  c’incontriamo. Quelli di cui so qualcosa, anche piccola, che li riguarda.
 Quando scrivo, lo faccio per me e identicamente anche per loro.

    Da sola riesco a concentrarmi meglio sulle cose che mi interessano. E anche a lavorarci meglio. A modo mio.

    Io credo che i miei sogni e desideri siano da prendere in seria considerazione. Sono la parte più viva di me. Mi spingono verso qualche meta, mi scaldano mentre cammino, mi confortano quando sono stanca.

    Prendendo sul serio i miei sogni ho preso sul serio la vita. Perché mai ci sarebbero dei sogni e dei desideri? Per illuderci? Per ingannarci? Si prende sul serio la vita se si assume questa opinione?

    I sogni sono un fattore importante della vitalità. Riscaldano il cuore, spingono a pensare, progettare, prevedere, immaginare. E ad agire, a fare, a muovere le mani e le gambe e la voce. A usare strumenti, a cercare strumenti, mezzi, condizioni, perché l’oggetto del desiderio venga in chiaro e si realizzi.

    Prendendo sul serio il sogno che mi abita io ho fiducia della vita.
E sono in grado di stabilire con me stessa un buon rapporto, che libera energie profonde, a volte insospettate.

    Sì, sono un gatto che ama la luna.

     

     

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  7. Dio ci ha regalato i sogni perché sapessimo come vivere…
     

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  8. Il mio dono è qui, al sicuro. Non lo devo nascondere per proteggerlo. È un dono a me, fin dall’inizio. Ne vivo e lo rispetto. È il dono che le mie mani spargono attorno, mentre mi muovo.

     

     

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  9. Come fai ad andare a dormire quando i pensieri ti accendono l’animo?
    Vorresti fermare il tempo?
    No, vorresti che questo tempo non finisse mai.
    E temi che, addormentandoti, gli dai il permesso di cambiare.

     

     

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  10. Forse con la Vita non si deve scherzare. E io ho scherzato. La depressione che mi è venuta a visitare, forse, è la cifra di ciò che io ho compresso e depresso per mancanza del vero coraggio di volare.

    Amico mio, amica mia, mi sento di nuovo battere il sangue nei polsi. È una gioia profonda – credimi .
La depressione è lì. Aspetta nella stanza accanto.
 Magari me la faccio amica.
 Magari facciamo società.
 Voglio che sia qualcosa che segna la mia storia. In positivo.
 Qualcosa che ha spessore. Non le solite cose confortanti che si dicono in queste circostanze.
 Qualcosa che ha spessore.

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima :):):) 

  11. I ragazzi vogliono far fortuna. E i vecchi sentirsi utili fino alla fine dei loro giorni. E qualche pazzo vuole tentare quello che non ha mai provato.

     

     

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  12. Passerò di qua e di là del fiume che corre. Da una riva all’altra. Restando in mezzo alla corrente è possibile. Come quando ami qualcuno. E vai e vieni tra il sogno e la realtà di tutti i giorni. Tra le favole che stanno in mezzo i suoi capelli e l’olio che le spalmi sulla pelle contro la dermatite. Tra il profumo di cielo delle sue labbra e il massaggio alla pancia irrigidita dalla colite. Tra i petali vellutati delle sue carezze e la limetta sulla pianta dei piedi contro i calli. 


     

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  13. A volte la finestra è l’apparizione del fuori, delle avventure possibili, del mondo in grande. 

Una finestra dice che non c’è solo il dentro. Una finestra parla del tutto. Dice che la geografia della vita è il tutto. 

La finestra è per me il simbolo del pensare. Il pensare è una finestra sul fuori. Sull’altro e sull’altrove. In questo senso è la cifra della libertà di muoversi e di cambiare. 

Se la finestra è bella allora essa è anche il simbolo della pace tra il prima e il dopo, tra quello che lasci alle spalle e ciò cui vai incontro. Voglio dire, che se anche hai lasciato o sei stato lasciato, se hai rotto o qualcosa si è rotto, una bella finestra dice che è tutto a posto, è tutto in pace, alla fine dei conti.

 Una finestra apre sul muro una via d’uscita.
 A volte è opportuno cercare la propria finestra. La finestra nella situazione. Da questo punto di vista le finestre si aprono anche dove uno meno se lo aspetta. Importante identificarle. Una finestra è una via d’uscita da limiti cui soggiacciamo senza neanche rendercene conto.

 Ci sono dei punti nel nostro recinto in cui è necessario a un certo punto aprire una finestra. Buttando giù un pezzo di muro. Altrimenti non si esce. Non si riesce a pensare in grande, davvero.

     

     

     

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  14. La cultura dell’etica del lavoro, della performance, porta a vantarci di dormire poco, di mangiare in fretta, di portarsi il lavoro a casa e cose del genere. Ma questa è davvero una virtù? La salute e la serenità non dovrebbe avere la priorità in una vita felice? E ancora: siamo sicuri che chi lavora tanto lavori davvero bene? 

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      le cose di fretta non sono mai le migliori, è quel tipico arrangiamento che diamo alla vita quando non sappiamo da parte dividerci prima per le cose eccessive che proponiamo di fare.

      Purtroppo siamo solo esseri umani e coma tali abbiamo dei limiti, a dirla tutta, quei limiti altro non sono che un essere che non è più capace di esprimere tutto ciò che la nostra essenza (l'anima) riesce a immaginare.

  15. Una bella idea che il mondo sia la narrazione che ne fanno i nostri sensi, il nostro apparato cognitivo. E l’immaginazione in testa a tutto.
    Ma ci dev’essere, là fuori, qualcuno a cui piacciono le storie orrende, truculente, ossessive, torbide, losche...
    E così la vita si presentò come una lotta interminabile tra narratori di diverse scuole.
    Io scelsi le storie del sorriso.


     

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    1. raffaello115

      raffaello115

      una scelta eccellente! 

  16. Che la sofferenza sia stata utile è per me solo un’affermazione legittima a posteriori. Quando tutto è finito. E quando è successo proprio questo: che lil nuovo giorno contenga elementi che consentano di dare un senso a ciò che è capitato.


     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Beh, il senso lo si trova, dipende dall'umore naturalmente ma è parte della nostra natura dare un significato tutto ciò che ci circonda, possiamo dire che sia una marcia in più alle nostre capacità di sopravvivenza.

  17. mmaginare al ribasso stranamente è una scommessa. Immaginare che i nostri sogni siano illusioni senza costrutto. Immaginare che quello che vale sia solo ciò che si tocca e si guadagna.
Tutta la nostra vita pratica, concreta, è come sospesa a un cielo di immaginazioni e di scommesse.

     

     

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  18. Andare è un modo di essere.

     

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  19. Sono stata a camminare parecchio in questi tempi. Da quando ho ripreso un po’ la voglia. A volte registro i pensieri col telefono. Durante le passeggiate, arrivano sempre riflessioni bellissime che voglio afferrare con qualche parola.
 So che quando la parola arriva da sé è benedetta. E lo sento in bocca. Perché le parole ispirate hanno un sapore buono, tutto loro. Speciale. Inequivocabile.

    Mi piace molto anche scrivere. Perché scrivere permette di parlare restando in silenzio. Posso dire che sono eccitata o furiosa senza neanche sbracciare un po’. Insomma, è un gran risparmio di energia. Ma è anche come essere in un’altra dimensione.

    Adesso il mio obiettivo principale è recuperare l'entusiamo. E vedere un po’ se riesco a fare qualcosa di memorabile nel tempo che mi resta. Dimenticavo: 
può essere anche che trovi un fidanzato. Nelle ultime settimane mi sembra che me ne sia ritornata la voglia.
 L’ideale sarebbe girare il mondo, ma non lo posso fare per adesso.

    Però, mi piacerebbe almeno immaginare i tratti di un’impresa che fosse di vagabondaggio. Un modo insolito di vivere il mercato e l’economia. Non l’impresa macchina, sistema organizzato statico nel suo dinamismo produttivo. Un’impresa vagabondaggio, come la natura dei nomadi, o dei cow boy, o dei pellegrini, insomma di gente che gira per il mondo, o che va per mare. 

     

     

     

     

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  20. Immaginiamo che scoprissimo che un Dio ci stesse prendendo per il culo. Malgrado il nostro immenso desiderio di vita, siamo condannati a morte fin dalla nascita, i nostri sogni e desideri sono sempre mille miglia lontani rispetto alle condizioni reali, e la maggior parte di noi non ha neanche il minimo indispensabile per una sopravvivenza dignitosa…

    In uno scenario del genere avremmo sempre la possibilità di cavarcela discretamente, se decidessimo tutti di imboccarci l’un l’altro, su tutti i piani di sogni e bi-sogni.

    Le conclusioni sarebbero esattamente le stesse dettate dalla fede in un Dio dell’Amore che ci spronasse alla carità reciproca per entrare nel Regno dei Cieli.

    Dunque?

    Gandhi diceva che Dio viene all’affamato sotto forma di un pezzo di pane. Quel pezzo di pane qualcuno deve averglielo dato, all’affamato.

    Possiamo immaginare che il Dio avviene esattamente in funzione di ciò che noi facciamo, per noi stessi e per gli altri?

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima :):) 

    2. vincent29264

      vincent29264

      Non ho capito che intendi ma di una cosa sono certo, che se esiste un dio, ai suoi occhi, ammesso che ce li abbia, non siamo diversi da un qualunque altro essere vivente, protozoi compresi, nonostante la nostra presunzione di essere a sua immagine e somiglianza.

  21. Nel cuore del bosco scorgemmo tra gli alberisfuggevoli e danzanti figure umane, se di umani si trattava...

     


     

     
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  22. Melanconia (dedicato a Claudio)

     

    Oramai ragionavo per metafore. E in maniera piuttosto sbrigativa. Per esempio, dicevo: “questa gente è vecchia”, anche se mi trovavo tra trentenni. Era presuntuoso, lo so. Il fatto è che avevo una certa inquietudine addosso. Non mi rassegnavo allo stato delle cose, né mi era più sufficiente coltivare una sorta di spiritualità. Mi sembrava che mancasse qualcosa di decisivo, qualcosa di fondamentale.
È come quando stai raccontando una storia che non è ancora finita. Una storia in corso di… e che, fino a quel momento, non lascia intravedere l’esito.

    Poi, c’era dell’altro. Malgrado il mio vigore fisico, avvertivo i segni dell’età. Il metabolismo era più lento, la fatica nei lavori del bosco mi lasciava nelle braccia e nelle mani una traccia a lungo sensibile. E mi sembrava che non fosse ancora il tempo di…
Insomma, il tempo passava. Il tempo era passato. Ne era passato tanto, di tempo, e ancora…

    Certo, ero in grado di elencare tutta una lunga serie di vicende, di fatti, di risultati, di conquiste, di esperienze che potevano placare un po’ la perplessità connessa con la domanda che m’interrogava perennemente sul valore della mia esistenza. Ma tutto quel passato era incapace di smorzare l’inquietudine che sentivo nel profondo – checché ne pensassero gli altri, in genere così generosi nei miei confronti.
Ad essere spregiudicatamente sincero, mi pareva, ancora una volta, che la mia vita fosse inutile.

    Non mi tormentavo per il male fatto. In realtà non ho mai fatto del male intenzionalmente a qualcuno. Anche se so di aver fatto soffrire e creato problemi. Ma non era questo. So che i piatti li rompe chi li lava. E ho sviluppato una sorta di compassione per quel che mi riguarda, sufficiente a non darmi rimorsi se nel mio viaggio ho urtato qualcuno.

    Era qualcosa di più struggente, di più profondo. E ne scaturiva quella sorta di melanconia che non si lascia tradurre facilmente in romanticismo e poesia, ma si trasforma piuttosto in una puntura lancinante proprio nel centro del cuore.

    Sapevo che si trattava di quella parte del Sogno che non era stata realizzata. Quella parte del Sogno che tutto il traffico del passato non era stato in grado di trasformare in realtà. Questa era la fonte dell’inquietudine.

    Erano gli altri ad essere “vecchi”? o non ero piuttosto io?
Io, che non mi ritrovavo più addosso la forza e lo slancio di continuare a cercare, a fare, a intraprendere?

     

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  23. Il fascino evocativo del bianco e nero. Il monocromatico. Immagino un ambiente abitativo, o uno studio creativo, con quattro o cinque di questi quadri, capaci di evocare quel pizzico di erotismo che condisce sapientemente le attività mentali, di ideazione, di progettazione.
    Il nostro approccio alla vita, parlo di quello quotidiano, quello che si esprime nel modo in cui e con l’umore con cui affrontiamo i compiti e le decisioni operative di ogni giorno è in fondo l’invenzione del nostro rapporto personale con la vita, la composizione musicale della nostra sinfonia.

     

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  24. Nutrire il sogno è un lavoro. Meraviglioso, appassionante, emozionante.
    Una delle mie massime preferite è: se sei capace di immaginarlo, sei capace anche di realizzarlo.
    Il sogno si nutre costruendo immagini che lo rappresentino, che lo dispieghino.
    Lo si fa, spontaneamente, nelle fantasticherie.
    Si può assumere la responsabilità attiva della fantasticheria.
    Svilupparla come farebbe un regista fantasioso.
    Il sogno, una volta innescato, cresce da solo. Come le opere d’arte nelle mani degli artisti.
    E guida i tuoi gesti.
    È il sogno che parla di te, che fa uscire all’aperto quello che sei nella ghianda. Il sogno è l’epifania della tua anima.

     

     

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  25. Allora  c’è da fare quel chilometro in più. Da uscire dai tuoi confini. Spesso a occhi chiusi. Con fiducia a priori.

     

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