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diegodelavega0 e vitto071 ha aggiunto una reazione
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A volte, allo specchio, la mattina, mi domando: ma quella lì sono io? E in quelle circostanze mi rendo conto che c’è come una distanza tra me e me. C’è un dentro e un fuori. E quando mi vedo allo specchio, mi domando che rapporto ci sia tra quella lì fuori e questa qui dentro.
A dire il vero, io sto sempre con questa qui, dentro. Sento, penso, scrivo, telefono, vado, faccio. Mi sembra di essere un punto che ha un certo margine di consapevolezza. Dirigo il faro su qualcosa. E più mi ostino a guardarla e più mi sembra che sia diversa da quello che si dice di solito. E questo mi piace, perché è come se si aprisse un mondo nuovo dove viaggiare, muovere, fare, e vedere.
Io sono questo punto da cui guardo le cose e faccio. E nel fare muovo il corpo, cammino, parlo. Ma non mi vedo mai dall’esterno. So che vado fuori, ma non mi guardo mai da fuori. Solo quando sono allo specchio, la mattina, e mi pettino. E allora mi viene da chiedere: ma quella lì sono io?
E chi sono io? E chi voglio essere?
Beh, non vorrei decidere questa questione allo specchio. Vorrei, semplicemente, che la mia immagine esterna dicesse – a coloro che mi vedono da fuori, esattamente quella che io sono, all’interno. E credo che succeda, anche se non controllo.
Malgrado le apparenze, non credo che la gente sia stupida. Credo al contrario che la gente sappia vedere le cose, dietro l’immagine. Credo che quando si guarda allo specchio rimanga forse un momento frastornata e si chieda anche: ma quello lì sono io?, ma poi, con uno scossone, dica: io sono questo qui! -
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Noi ci parlavamo, ancora, la sera, affacciati alla finestra, sui giardini del quartiere, mentre la città trapassava dal tempo del lavoro e quello della casa. E tu dicevi spesso che non c’era tempo, nella giornata, per pensare a se stessi, alla propria vita, ai sogni, ai desideri… eri sempre preso da una qualche forma di compito che ti derivava dalla situazione.
E mi dicevi: ma tu, ma tu, dove?
E rimanevi così, a guardare dietro le mie spalle. E scuotevi il capo, e ripetevi: dove? -
È vero, ne ho fatte di cotte e di crude. Se guardo indietro non posso fare a meno di vergognarmi per tutte le volte che non sono stata all’altezza. La fuga, invece di affrontare la situazione. Un percorso tutt’altro che lineare…
Eppure, col tempo, un filo rosso collega tutte quelle esperienze, tutti quei cambiamenti di rotta… E ne costruisce il senso. E questo senso va nella direzione dell’innocenza.Paradossale: io creatrice di scompiglio e di casini, io disorganizzatrice e portatrice di confusione, che viaggio su una rotta attratta dall’innocenza.
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Ciao! Come vivi la segregazione? Da oggi sono a casa anche io! Sto pensando a delle idee per foto orginali e casalinghe.
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un saluto al sole, la nostra luce!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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La mia casa è il possibile
Certo, ti verranno in mente i versi di Emily, la grande. E anche a me.
Il sole era così limpido, oggi. E l’acqua del canale…
Fin dal primo mattino – mi sono alzata prestissimo…
Mi meraviglio sempre di essere viva e di vedere e di sentire.E mi piace la mia storia. È una bella storia. Di caduta e di riscatto, fino a questa cosa impossibile a dire – perché il linguaggio è così usuale …- che io chiamo fede, o gioia di vivere, qualcosa del genere.
Per questo – credo – nascono i poeti. Per questo si diventa poeti. Quando tutto quello che senti premere nel cuore è troppo grande per dirlo nel linguaggio usuale, quello della spesa, del lavoro o della scienza. E allora la mia casa è un cedro dalle grandi braccia, e la mia anima vola con le ali dell’aquila, e tutto quello che era la realtà diventa una regione lontana del mio viaggio. E l’essere non è più ciò che è di fatto, ma il possibile. Il possibile è la vera dimensione dell’essere. E il possibile è un cavaliere su un destriero parato a guerra, dalla luccicante armatura, dai pennacchi color porpora, che sfida l’impossibile, divorandolo sotto i suoi zoccoli.-
bellissima foto
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Io mi sono detta: il desiderio è come il movimento delle piante verso il fiore, e verso il frutto. Il desiderio sa di te più di quanto le scienze del corpo e dell’anima sanno. Io mi sono detta: è folle, è un’altra logica, ma prendi sul serio il desiderio. Il desiderio che ti abita. Il desiderio che sa chi sei e che cosa vuoi essere. E credi. Pazzamente, follemente, credi che il tuo desiderio è parte di te e di quel viaggio che tu sei. Il desiderio è la rotta tracciata nel tuo essere. Il desiderio non si misura sulle cose che sono lì, attorno a te. Il desiderio dice qual è il mondo in cui tu puoi essere vero fino in fondo. Prendilo sul serio. Non lasciare che il tuo desiderio sia condannato all’ombra delle case della città che t’incombe addosso. Il tuo desiderio è il leader della tua vita. Seguilo. E credi.
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Desiderio. La domanda che mi pongo è: cos'è il desiderio in sé? non so che rispondere a proposito ma mi sovviene un ricordo di un film visto tempo addietro, molto tempo addietro, "il silenzio degli innocenti", in cui il famigerato cannibale spiegava all'agente del FBI, come noi umani desideriamo, spiegandogli che il desiderio nasce dal di fuori di noi e non dentro di noi, ovvero osservando quell'oggetto che in noi stimola curiosità e soprattutto quella bramosia di possederlo, avvolte non avendo nemmeno le idee chiare su il perché ne desideriamo il possesso.
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Immersa nel sognoForse è dai nostri sogni che scaturisce il mondo.
Le cose e gli eventi non sono che inviti a continuare a sognare.Il desiderio sostava tra i tuoi abbracci, nelle lusinghe del tramonto.
Un’onda anomala d’energia rinnova lo sguardo.
I piedi danzano impazienti.
Spogliarmi di tutte le dottrine e ritrovare il linguaggio vergine, fanciullo.
Sostare nelle terre di confine.
Respiro con gli occhi il profumo delle tue forme e sono subito ebbra.
Sulla tua bocca, sapore d’albicocca nel momento in cui si schiude al sole. -
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Io voglio allargare la visione. So che siamo un segmento molto piccolo di una storia cominciata 4 miliardi di anni fa. Ormai è impossibile non pensare che siamo stati ameba, pesce, rana, scimmia e super-scimmia. Ed è impossibile non pensare che tra 4 miliardi di anni il sole si spegnerà. E allora?
Ognuno di noi sta lavorando all’interno di una evoluzione creatrice che va verso l’alto, anche se nel piccolo periodo si sale e si scende drammaticamente.
Mi piace pensare che il contributo che ognuno di noi può dare sta nella creatività, nel produrre doni e tentativi di soluzione. Nel migliorare le condizioni di vita. Nel dare strumenti e piccole macchine per credere e operare.
Trovo una gran gioia nel cercare itinerari di pensiero creativo, nel partorire ogni giorno qualcosa che nutre la mia vitalità e quella della mia tribù.
Il nostro contributo è piccolo, ma si somma a quello di tantissime altre persone in ogni angolo del mondo. E ora abbiamo anche i mezzi per condividere.
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Pensiero molto profondo...soprattutto perchè sicuramente ognuno di noi dona sicuramente qualcosa al nostro mondo Buona serata Odessa
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Ma via!, siamo tutti uomini comuni.
Voglio dire che ci stanchiamo, facciamo quel che possiamo, abbiamo le nostre fisime, delle volte leoni, altre volte coglioni.
In qualche modo pensiamo. Cerchiamo di guidare la nostra vita con quella cosa che chiamiamo pensiero. Siamo consapevoli fino a un certo punto e siamo consapevoli che oltre questo limite è il buio.
Cerchiamo di lottare contro le cose, ci diamo da fare. E quando lo sforzo ci sembra eccessivo, al di là della nostra portata, semplicemente, ci arrendiamo.
Personalmente, mi sono arresa tante volte. Quando ringalluzzisco tendo a strafare. Ma prima o poi arrivo al limite. E allora mi arrendo. E confesso che ho imparato che nella resa c’è una pace straordinaria, che non sospettavo quando ero più giovane. Allora mi sembrava un disonore. Ora no.
Quando mi arrendo so che la vita è troppo al di là del mio controllo e del mio potere. Che altro potrei fare di più saggio?
Però c’è una cosa nuova. Nella resa io mi affido. In un certo senso, mi abbandono come si abbandona un bimbo ai propri genitori. Ma a chi mi abbandono, io? -
La cultura dell’etica del lavoro, della performance, porta a vantarci di dormire poco, di mangiare in fretta, di portarsi il lavoro a casa e cose del genere. Ma questa è davvero una virtù? La salute e la serenità non dovrebbe avere la priorità in una vita felice? E ancora: siamo sicuri che chi lavora tanto lavori davvero bene?
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le cose di fretta non sono mai le migliori, è quel tipico arrangiamento che diamo alla vita quando non sappiamo da parte dividerci prima per le cose eccessive che proponiamo di fare.
Purtroppo siamo solo esseri umani e coma tali abbiamo dei limiti, a dirla tutta, quei limiti altro non sono che un essere che non è più capace di esprimere tutto ciò che la nostra essenza (l'anima) riesce a immaginare.
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Ti conobbi in quel villaggio
che scrivevi poesie.
So che non trovai il coraggio
allor di leggerti le mie.
Ma promisi che avrei scritto
con impegno la bellezza
che mi aveva lì sconfitto,
dal tuo volto, giovinezza.
Certamente ho lavorato
con costanza ardimentosa,
credo alfin che in mezzo al prato
sia fiorita quella rosa.
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È una ricchezza, questo l’ho capito. E l’apprezzo. Avere dei sogni e cose che ti piace fare. E fare quello.
Fare le cose che ami fare, per cui hai una vera passione, è come essere, è come diventare quello che sei. E ad essere la gente è felice. Perché essere è un verbo attivo e anche transitivo.
Come virgulti della vita, che non smettono mai di crescere e fiorire, e dare frutti.
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Io ti sento. Sento la tua saggezza, le tue riflessioni, la tua intraprendenza. Sento la commozione di averti accanto. Per lo più si ride, si scherza. Ciò che mi colpisce di più è come, senza parlarci tanto, guardiamo nella stessa direzione.
Siamo in viaggio. Andiamo da qualche parte.
Non sappiamo gran che delle cose che ci avvolgono e che ci destinano.
Mi piace pensare che stiamo vivendo e che, vivendo, contribuiamo alla vita.
Soffrire, essere tristi, sentirsi soli, smarriti… non è un peccato.
Un pungolo ci rende inquieti. Evitiamo la noia con ogni espediente. Facciamo finta di essere saggi. Cerchiamo di giocare le nostre carte.
Siamo anche tanto entusiasti di quello che mettiamo in gioco.
Domani – forse – il pensiero andrà più a fondo. -
È molto saggio e molto zen impegnarsi nell’apprendimento di quel sapere che serve davvero alla vita, lasciando perdere quello che non serve a niente.La storia è quella del barcaiolo e del grammatico.Il grammatico dice al barcaiolo, che di grammatica sapeva niente, che aveva perso per questo metà della vita. Poi sopravviene la tempesta ed è il barcaiolo a domandare: hai imparato a nuotare? Il grammatico purtroppo no… e allora il barcaiolo gli fa notare che sta per perderla tutta la sua vita.Ma è anche semplicistico. Si presuppone che si sappia a priori cosa serve alla vita. E da questa partenza la definizione potrebbe essere piuttosto ristretta. Allora?La mia idea è che è meglio navigare a fiuto. E quando incontri un sapere che non era nelle intenzioni imparare, vedere se riesci a capire a cosa potrebbe servire. Anzi, metterei in conto di andare incontro a saperi che non servono, per scoprire come farli servire.
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sublime
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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chissa che buon profumo di autunno!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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La pace e la tranquillità le voglio dopo la morte. Ora preferisco darci dentro ed emozionarmi e meravigliarmi e soffrire ed esultare e trafficare con le mani nella pasta del mondo, e aprire un varco nella siepe perché quello che porto dentro venga alla luce, e arrivare stanca la sera. La pace che apprezzo e il silenzio sono quelli che abitano gli interstizi tra una parola e l’altra, tra un’azione e l’altra. Quei silenzi significativi che fanno corpo con le note stesse della melodia, dove le energie si ricreano e il significato ha tempo di venire a galla. Come nel disegno – gli spazi vuoti che delimitano il pieno e fanno tutt’uno con esso.
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che sfilata!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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