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Risposte agli aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920
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Oggi è il tempo in cui ognuno deve costruirsi i propri aquiloni per volare. E volare è necessario per alleggerire il peso del nostro cammino nel mondo. Se non hai il tuo aquilone è dura sopportare la vita.La letteratura si è spesa a lungo su “la fatica del vivere”. Sembra necessario stringere i denti e, al contempo, avere un aquilone che solleva l’animo. La mia vocazione è fabbricare aquiloni. Dopo l’uomo “mulo” che doveva sopportare il basto. E dopo l’uomo “leone” che ruggiva contro i limiti e lo sfruttamento, ora l’uomo “fanciullo” si domanda a cosa dire di sì. Per fare questo ha bisogno di leggerezza. E di aquiloni…
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Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
Il canto delle cicale fuori mi riporta alla realtà: non c’è cosa più finita di una cicala. Un insetto che si sente ma non si vede ma che muore in poco tempo. Il canto delle cicale non è costituito da una sola cicala, non riesco a distinguerne una sola, sento un coro.
E allora torno all’infinito: una cicala muore, una nasce, un milione cantano e tutto si sussegue, come le stagioni, come il sole che sorge e tramonta.
Solo io e te siamo essere finiti con la coscienza di esserlo. L’universo non ha coscienza, la natura non ha coscienza, tutto procede senza coscienza, perché la coscienza porterebbe al caos ed alla pazzia. -
chissà, magari può esserti utile, io spesso uso questi trucchetti quando scatto!!
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Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
Il canto delle cicale fuori mi riporta alla realtà: non c’è cosa più finita di una cicala. Un insetto che si sente ma non si vede ma che muore in poco tempo. Il canto delle cicale non è costituito da una sola cicala, non riesco a distinguerne una sola, sento un coro.
E allora torno all’infinito: una cicala muore, una nasce, un milione cantano e tutto si sussegue, come le stagioni, come il sole che sorge e tramonta.
Solo io e te siamo essere finiti con la coscienza di esserlo. L’universo non ha coscienza, la natura non ha coscienza, tutto procede senza coscienza, perché la coscienza porterebbe al caos ed alla pazzia. -
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Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
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E allora torno all’infinito: una cicala muore, una nasce, un milione cantano e tutto si sussegue, come le stagioni, come il sole che sorge e tramonta.
Solo io e te siamo essere finiti con la coscienza di esserlo. L’universo non ha coscienza, la natura non ha coscienza, tutto procede senza coscienza, perché la coscienza porterebbe al caos ed alla pazzia. -
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Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
Il canto delle cicale fuori mi riporta alla realtà: non c’è cosa più finita di una cicala. Un insetto che si sente ma non si vede ma che muore in poco tempo. Il canto delle cicale non è costituito da una sola cicala, non riesco a distinguerne una sola, sento un coro.
E allora torno all’infinito: una cicala muore, una nasce, un milione cantano e tutto si sussegue, come le stagioni, come il sole che sorge e tramonta.
Solo io e te siamo essere finiti con la coscienza di esserlo. L’universo non ha coscienza, la natura non ha coscienza, tutto procede senza coscienza, perché la coscienza porterebbe al caos ed alla pazzia. -
Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
Il canto delle cicale fuori mi riporta alla realtà: non c’è cosa più finita di una cicala. Un insetto che si sente ma non si vede ma che muore in poco tempo. Il canto delle cicale non è costituito da una sola cicala, non riesco a distinguerne una sola, sento un coro.
E allora torno all’infinito: una cicala muore, una nasce, un milione cantano e tutto si sussegue, come le stagioni, come il sole che sorge e tramonta.
Solo io e te siamo essere finiti con la coscienza di esserlo. L’universo non ha coscienza, la natura non ha coscienza, tutto procede senza coscienza, perché la coscienza porterebbe al caos ed alla pazzia. -
Oggi il caldo mi dà una sensazione di infinito, come se il calore del sole non dovesse finire mai. Il caldo blocca il tempo, lo fonde con la mente e vi si incollano gli attimi. Ogni sensazione rimane appiccata a se stessa in un vortice senza inizio, né fine.
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Rischio di impazzire se penso che per una piccola inclinazione dell’asse terrestre si susseguono, una avanti all’altra per millenni, le stagioni, il caldo ed il freddo, la brina e la pioggia. Si susseguono, appunto, ogni giorno non è mai uguale a se stesso.
Nonostante ciò so che dimenticherò il caldo di oggi. Sarà una giornata d’estate come tante altre, una delle tante. L’infinito dei giorni si correla all’infinito calore del sole e l’uno annulla l’altro, generando dimenticanza e perdita.
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PsicocenaSerata lenta lenta. Ho mangiato un pomodoro geneticamente modificato enorme rosso rosso tagliato a fette con valeriana verde verde, pepe nero nero ed origano, il tutto accompagnato da Chianti rosso rosso a volontà e olio verde verde. Ma non un verde trasparente, un verde intenso e denso. Poi un pezzo di parmigiano giallo giallo, due noci ed una fetta di melone, di quello arancione arancione e succoso.
Mancava qualcosa al mio palato… apro la dispensa di casa mia e agguanto con inaudita violenza due quadretti di cioccolata con percentuale di cacao al 99% nera nera e amara amara. La lascio sciogliere in bocca come un’ostia. Lenta lenta.
Contemporaneamente metto sul gas la mia caffettiera da due riempita d’orzo marrone marrone, ricolma. L’orzo quando esce non ti avvisa prima, come il caffè, e allora per precauzione metto sul bricco della caffettiera un paraschizzi e aspetto, paziente. Poi lo vedo eiaculare in silenzio, virile, con tutta la sua potenza, la sua schiuma. Arriva all’orlo, chiudo il gas. E quando il cioccolato si è quasi sciolto in bocca bevo l’orzo… poi è il momento del giallo giallo. Un bicchiere di limoncello gelato fatto dalla mia cara vicina di casa, prima da sniffare, poi da bene a piccoli sorsi. Mi piace agguantare il bicchiere con le pareti appannate, umide e fredde, portarlo alla bocca, appoggiare le labbra e aspirare leggermente. E respiro. -
Era il 1926. Vagavo fantasma tra le varie città d’Europa. Ero in punto di morte e lo sapevo, vita passata, aspettavo di traslocare nel posto strano dove oggi mi trovo.
Eccomi qua, infatti, dentro un giallo disperso.
Credevo, allora, di farmi anima ed emozioni e, invece, eccomi, sono corpo, esigenze materiali da soddisfare con somma difficoltà.
Sono ciance, queste, lo so: non interessano nessuno.
Dicevo: in quel periodo gironzolavo, aspettando lo spirito, non mangiavo e non bevevo, mi nutrivo di oppio e di sogni.
Un giorno, percorrendo il Passeig de Gracia, in piena Barcellona, assistetti a un fenomeno strabiliante: un uomo cadde sotto un tram, il tram non frenò nemmeno per scherzo e triturò l’uomo letteralmente. Passato il tram, la massa informe si rianimò, si fece forma di forme e onde tonde e rotonde e volò nella natura.
Poco dopo, interrogando gli astanti, capii che era morto Antoni Gaudì. -