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Su di me

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  1. Per fare le cose che la mente realizza in un istante, ci vuole una vita a muovere le gambe e usare le braccia.

    E tutto ciò avrà un senso, avrà un perché. O no?

    Ma sembra – lo dico per interpretare anche quello che altri avvertono – che a farsi tali domande vieni sospinto in un territorio proibito, dove presumere di trovare una risposta precisa sembra quasi una bestemmia.

    Eppure uno che scrive, che ama scrivere, è proprio in questo territorio proibito alle parole che vuole arrivare. Egli si sforza di trovare espressioni che alludano abbastanza a ciò che non si può dire, abbastanza da poter immaginare che sia stato detto lo stesso.

    E sono disposta a sostenere che la bravura di uno che scrive sta proprio in questo. Non di aver raccontato come ha portato l’annaffiatoio per dieci volte dal greto del torrente fino alle aiuole del suo giardino. Ma di aver evocato in quale altrove  riuscito a mettere il piede, mentre faceva quello.

    E questo lo capiscono bene tutti coloro che, facendo cose molto concrete e limitate – perfino banali – stanno perseguendo un ideale, come fare fortuna, trovare l’America o costruire una Pipeline che porti l’acqua dolce imprigionata nei poli alle zone del pianeta inaridite dalla siccità.

    Se del leggendario arciere si disse che colpì un capriolo, mirando alla luna, di costoro si deve dire che puntando al capriolo essi mirano alla Luna.

    E allora credo che se immaginiamo che la nostra vita sia un viaggio – anche se ci muoviamo raramente dalla nostra città – è probabile che stiamo puntando, con il timone stretto nella mano, verso una qualche costellazione che abbiamo scelto come guida. E che quella costellazione sia la fonte di un dono che allarga gli orizzonti e ci gonfia i polmoni. Ci dona il respiro della nostra storia.
     

     

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