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Da sola, Laura, nei recessi del porto, camminava, assorbita dalle nebbie della sera. Quella musica risuonava da giorni nella sua testa, e quel sogno d'indicibile nostalgia lo lacerava di traverso tra la felicità e la melanconia. Forse l'eco di un nome… Era come se tutto fosse altrove, avendo liberato lo spazio in cui si poteva finalmente essere.
Quel silenzio che sapeva salmastro e la puntura acuta dell'aria nelle narici erano come un voltare di pagina.
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Attraversata dal tempo,
sento l’immensità
di un mondo cui non posso
volgere lo sguardo senza inciampare
nella meraviglia.
Ed io che sono?, mi domando,
e subito fuggo via dall’abisso di un simile quesito
e mi piego, rapita, sul tarassaco dentato,
che conosco, sulla piantagine maggiore,
che allarga le sue vele generose
e sul luppolo che tenero si arrampica
tra i rami di un bosso rigoglioso.
Errante in questo sogno antico,
invento le mie favole, a piacere,
con l’aiuto benevolo e garbato
di una piccola matita.
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