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Su di me

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  1. Ti amo

    Pensavo che, in fondo, la faccenda degli umori è alla nostra portata. Uno crede di essere preda degli umori. Ma non è così.

    Sognavo da tempo di incontrare un vero uomo, i cui sentimenti fossero tutt’uno con quello che lui è. È questo che desidero: incontrare un vero uomo i cui sentimenti siano esattamente lui e non un vento passeggero.

    Sugli umori, dicevo. 
È come nuotare in un fiume. Ci hai provato? Ci sono correnti che ti portano via. Sta a te muoverti verso quelle correnti che ti lascino il controllo. Delle volte, le puoi perfino sfruttare.

    È alla nostra portata.
 Più che gli eventi del mondo, che succedono senza che tu lo sappia e che tu possa. Le cose vicine sono cose su cui si può mettere le mani e lavorarci. Le cose vicine sono le cose del tuo quotidiano.
 E sono anche gli umori.

    Il controllo non è su ciò che succede nel mondo. Quello è lontano e tu ci navighi dentro. Il controllo è sul tuo nuotare tra gli eventi. Delle volte le cose rischiano di portarti via. E tu sai cosa bisogna fare. Girare verso un lato del fiume in cui tu non perdi il controllo della tua nuotata.

    Quanti anni hai, figlia mia?

    Non ha importanza.

    Io sognavo da tempo un uomo che quando ti dice ti amo, è lui. E io sognavo da tempo di essere quello che sentivo.

    Mi sveglio, al mattino, e dico: eccoci. Tutto questo desiderio di vita e sembra che non ce ne sia abbastanza. E allora mi dico: che vuoi fare? Piangere perché non hai di primo mattino il rigoglio del regno? Oppure, darti da fare e cercare di ottenere quello che ami?

    Sei pigra, al mattino? 
È perché non sai ancora i doni che ricevi mettendoti all’opera.
 Non vorrò mai cedere alla noia.
 Mi metterò a lavare i piatti, a pulire i pavimenti, a fare qualsiasi cosa, pur di uscire dal risucchio della noia.
 La noia è la fatica immaginata dai muscoli non allenati.
 Ma chiunque cammini e tagli la legna sa che a lavorare il corpo è felice.

    Io ti immaginavo così. Eri un uomo che quando diceva: ti amo, era lui in persona. Stabile come una roccia, radicata nel suo essere. Qualcuno che era. E non una bandiera svolazzante.

    Io ti immaginavo così: grande, radicato nel tuo essere. Al riparo da tutti i soffi d’aria che spazzano la città. E desideravo questo. Che la tua bocca, i tuoi occhi, dicessero cose che sono e non soltanto cose che arrivano e passano e vanno.

    E che tu sapessi di essere. E che io sapessi di essere.
 Lasciando alle spalle tutte quelle domande che rivelano la nostra incertezza.

    E io ti abbraccerò, quando verrai. E non sarà un sentimento effimero. Non ci sarà niente di effimero in questo fluire del tempo. Ciò che permane, l’essere, emergerà dal fondale. Non sarà neanche scalfito dalla corrente.

    E io ti abbraccerò. E, semplicemente, saremo.


    Lasciando tutti i morti dietro le spalle.

     

     

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