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Contenuti pubblicati da odessa1920

  1. La mente può vedere subito la scena finale, meravigliosa, con tutti i dettagli, che realizza ciò che oggi appare come il tuo desiderio o il tuo sogno.
    La mente può vederlo, qualsiasi cosa capiti nella trafila dei fatti.
    La mente ci mette un istante a realizzare tutto ciò. Mentre con le gambe e le braccia, e le azioni, è un casino, spesso – un sacco di tempo e di lavoro.

    È curioso, vero?
    Ci hai pensato anche tu diverse volte.
    E poi nasce la domanda: perché? A che serve? Ha una sua utilità?
    O piuttosto è una trappola? Come dicono quelli che hanno sospetto dei sogni perché ci portano via dall’Adesso?


     

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  2. Cos’era in gioco? 
Di cosa stavamo parlando? 
Cos’è che uno cercava quando decideva di troncare una lunga relazione, ormai priva di vita?
 O quando cambiava lavoro, o decideva di mettersi in proprio?
 Non era solo l’eccitazione della passione, o il desiderio di fare fortuna…
C’era qualcos’altro che sfuggiva sempre di mano, quando sembrava di esserci proprio sopra.

    Cos’è che accende lo sguardo dei ragazzi quando dicono che fanno un sacco di casino? 
E cosa ti accende in quel modo quando racconti di quella volta che…?

    Il mio amico Diego ha inventato una sorta di teoria. La chiama la Teoria del Residuo.

    Lui sostiene che nel nostro desiderio è contenuto molto di più di ciò che riusciamo a definire come l’oggetto del desiderare. Questo di più, che sfugge alla definizione dell’oggetto del desiderio, lui lo chiama Residuo.
 Tanto per dire che c’è, ma che puoi anche rassegnarti a non afferrarlo con le parole.

    Lui sostiene che quando ci annoiamo di qualcosa che pure abbiamo conquistato con l’eccitazione della passione, è il Residuo che fa capolino. Come se ci dicesse: fuochino, fuochino! Ci sei vicino, ma non era questo. Ed è in questo modo che ci rimette in moto. E ricominciamo daccapo…

    Il residuo è dunque l’Oggetto Oscuro del Desiderio. Ciò che cerchiamo quando cerchiamo tutte le altre cose che diciamo di cercare.
 E sarebbe proprio per questa differenza tra il residuo e gli oggetti desiderati che quando li raggiungiamo, dopo un po’, tutto si sgonfia. E a volte riusciamo perfino a tormentarci l’animo.

    Ma è anche per questa distinzione, che sarà oscura, ma non è del tutto inconsapevole, che avviene una sorta di miracolo. Avviene che, inseguendo un oggetto del desiderio, riusciamo a trovare tante altre cose, e un orizzonte più vasto, che amplia, allarga la stessa portata del desiderare…


     

     

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  3. Hai voglia di mettere un po’ d’ordine tra le cose. Sperando che questo chiarisca la tua situazione. 

    Ma lo sai in anticipo che per quanto tu metta in chiaro non ce la farai mai.

     

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  4. Una passeggiata nel parco. Dove il silenzio è musica. 

    Il canto degli uccelli. Pensieri come farfalle deliziose e l’ombra è colorata. 

     

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  5. Ci sono un sacco di cose intriganti che incontriamo nel viaggio della vita. Certamente l’amore, sicuramente l’avventura, poi: la scoperta, la poesia, comporre musica, pensare ai figli, esprimersi, e tant’altro…
Forse la cosa meno eccitante è lavorare come un mulo per pagare le bollette, stare costantemente in guardia per non incorrere nei rischi, e pensare che sei così misero e limitato che non puoi respirare l’aria e il sole a pieni polmoni.

    Allora, io ti dico: siediti sul cesso e ascolta il cuore – dove altro troverai il tempo di pensare a te stesso?

    Allora, io ti dico: diventa un angelo.

    Stai pensando che non hai concluso niente in questi… quanti? 30, 40, 50 anni? O forse sei vicino ai 70?

    Forse stai pensando: ma come farò senza un compagno, una compagna? La sera, andando a letto da solo, senza il corpo caldo di un lui, di una lei, dove immergere il tuo bisogno di senso, sperando di trovarlo nel fondo dei buchi di cui la natura ti ha fornito.
Buchi umidi, caldi, che parlano di mistero e di profondità, e di accesso all’altrove.

    Forse stai pensando: alla mia età, non ancora sicura, non ancora emergente, non ancora garantita, che cazzo ci sto a fare a questo mondo?

    Forse stai pensando: quando entro in macchina, per recarmi al lavoro, ogni mattina… e dove lo trovo il tempo? Dove posso ascoltare quel che desidero davvero e che non sto facendo? Dove diavolo vado in tutti questi chilometri di spostamenti?

    Allora, io ti dico: diventa un angelo.

    No! Non nel senso di abbandonare ogni dimensione umana, di spiritualizzarti fino all’estremo, di vivere di meditazione, di raccoglierti sulla cima degli alberi per respirare la luna…
Diventa un angelo in carne e ossa.

    Dici che non lo sai?
 Dici che non lo sai cos’è un angelo in carne e ossa?
 Sì che lo sai. Li hai incontrati per strada, quando ti sorridevano gratuitamente e per primi. Quando si fermavano con la macchina perché ti vedevano incerto alla rotonda. Quando avevi inciampato e ti hanno soccorso e quando stavi male in casa e ti sono venuti a trovare. E quando, al supermercato, ti hanno fermato per chiederti apparentemente dove stava il sale grosso… e poi…

    Quando uno ti viene in aiuto senza chiederti niente. Quando uno ti sta vicino solo perché ti ha visto in solitudine. Quando uno dice: vediamo un po’, potrei fare questo. Quando uno ascolta le tue lamentele fino in fondo e poi ti mostra i bambini nel parco. E tante altre volte… tante altre occasioni…

    Tu lo sai cos’è un angelo.
 Diventa un angelo. È una figata!
     



     

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  6. L’immaginazione è una navicella volante che ci permette di sfuggire alla forza di gravità dei dati di fatto. Il coraggio di immaginare è il permesso di pensare anche fuori dal già pensato. È il coraggio, dunque, di apparire stupidi agli occhi di chi ha il conoscere.


    Ma l’arte di immaginare è frutto di una lunga cura e appassionata. Noi, di solito, la chiamiamo poesia, o arte, quando è riuscita ad esprimersi bene.
Il carburante di questa passione è l’amore per la vita.

     

     

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  7. Tristan Gooley, L’antica arte di trovare la strada, è una delle mie attuali letture. Si associa al gusto per le passeggiate meditative in aperta campagna o nei boschi. Non si tratta un semplice libro sul viaggio e sull'orientamento, ma di un'opera raffinata sull'osservazione della natura e sul piacere della sua scoperta. L'antica arte di trovare la strada attinge alla storia, alla scienza, al mito e al folclore per introdurci a un sapere prezioso e ancestrale: la capacità di viaggiare facendo ricorso esclusivamente ai segnali dell'ambiente che ci circonda. La «navigazione naturale» - il viaggio senza cartine, bussola o GPS - comporta una nuova visione del mondo, che mette in gioco tutti i cinque sensi. Per capire dove si è e qual è la direzione giusta; interpretare gli effetti di sole, vento e acqua; orientarsi ovunque, in campagna e in città, nei boschi e sul mare, nel deserto o sulla neve.
 Preciso nella descrizione scientifica ed evocativo nella divagazione letteraria, Gooley ci rivela come un viaggio, o anche una semplice passeggiata, possa trasformarsi in un'avvincente esperienza fisica e mentale. Informazioni, notizie e suggerimenti per ritrovare le sensazioni dei grandi esploratori del passato e imparare a orientarsi come un tuareg nel deserto, un eschimese sui ghiacci o un marinaio polinesiano nel Pacifico.

     

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  8. La calma delle strade di campagna 


    è cosa ben gradita ai miei pensieri.

     
La brezza della sera, che accompagna 
i

     passi lenti lungo bei sentieri, 


    porta con sé la quiete che mi è cara 


    e i sogni che ho nel petto rende veri.

     

     

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  9. Mi piace guardare di là dal fiume. Non sono una che pensa che tutto sia possibile. Ma nemmeno una cui piaccia fissare limiti a priori irremovibili. Immagino che sia interessante lanciare i confini un pochino fuori casa, per esplorare sulla base delle proprie energie quanto si può avanzare. Ma senza questa frenesia di performance che oggi viene tanto predicata. E che trasforma qualsiasi esperienza gratuita di vita in un mezzo per guarire dalle “opinioni limitanti” e dal “disagio”. 

    Penso, per esempio, che l’Arte terapia può anche andare bene in certe situazioni, ma mi irrita che l’arte, al posto di un’esperienza vitale gradevole in sé e capace di stabilire relazioni tra affini, venga trasformata in strumento e mezzo terapeutico.
    Benché io abbia vissuto esperienze di malattia, non mi piace l’idea dilagante che siamo tutti così malati da aver bisogno di questa pletora di terapie che proliferano giorno dopo giorno. 

    E se facessimo queste cose, la musica, la pittura, la danza, la scrittura, il teatro… perché sono espressione di vita bellissima e gratificante, perché consentono di godere della vita, invece che per guarire? 

    Ah, che respiro!  

     

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  10. Non uvoglio n Dio che parla la lingua nazionale e che emana un ordine sovrano.
    Ma l’oggetto oscuro del desiderio.
    L’obiettivo di una sete che ti abita, anzi: che ti costituisce. Che tu sei. E che cerchi a tentoni, divenendo consapevole della tua ignoranza proprio lungo l’itinerario glorioso dei tuoi fallimenti.

     

     

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  11. Per fare le cose che la mente realizza in un istante, ci vuole una vita a muovere le gambe e usare le braccia.

    E tutto ciò avrà un senso, avrà un perché. O no?

    Ma sembra – lo dico per interpretare anche quello che altri avvertono – che a farsi tali domande vieni sospinto in un territorio proibito, dove presumere di trovare una risposta precisa sembra quasi una bestemmia.

    Eppure uno che scrive, che ama scrivere, è proprio in questo territorio proibito alle parole che vuole arrivare. Egli si sforza di trovare espressioni che alludano abbastanza a ciò che non si può dire, abbastanza da poter immaginare che sia stato detto lo stesso.

    E sono disposta a sostenere che la bravura di uno che scrive sta proprio in questo. Non di aver raccontato come ha portato l’annaffiatoio per dieci volte dal greto del torrente fino alle aiuole del suo giardino. Ma di aver evocato in quale altrove  riuscito a mettere il piede, mentre faceva quello.

    E questo lo capiscono bene tutti coloro che, facendo cose molto concrete e limitate – perfino banali – stanno perseguendo un ideale, come fare fortuna, trovare l’America o costruire una Pipeline che porti l’acqua dolce imprigionata nei poli alle zone del pianeta inaridite dalla siccità.

    Se del leggendario arciere si disse che colpì un capriolo, mirando alla luna, di costoro si deve dire che puntando al capriolo essi mirano alla Luna.

    E allora credo che se immaginiamo che la nostra vita sia un viaggio – anche se ci muoviamo raramente dalla nostra città – è probabile che stiamo puntando, con il timone stretto nella mano, verso una qualche costellazione che abbiamo scelto come guida. E che quella costellazione sia la fonte di un dono che allarga gli orizzonti e ci gonfia i polmoni. Ci dona il respiro della nostra storia.
     

     

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  12. Quando colgo i pensieri che arrivano, si creano le condizioni ideali perché succeda una cosa che mi accompagna generosamente da tempo immemorabile.

    Una sorta di magia che non smette di stupirmi. Si viene a creare come uno specchio dove io mi vedo, mi parlo e mi considero. Lì, nel gioco dello specchio, le cose vengono dette, si lasciano dire e vedere, tutto si appiana e arrivano le idee. Quelle idee tanto piacevoli che rischiarano il cammino. E alla fine ne vengo fuori rinnovata.


    E ciò che mi stupisce è constatare che io non sono un pezzo unico, ma che sono questo continuo colloquio con me stessa in cui mi sdoppio e vedo la me di me in quello specchio. La guardo, le parlo e mi faccio parlare.

    Quesa io che sta al di qua e quella me che sta di là sono una cosa sola, vivente, che dialoga in questo modo. Se una delle due parti scomparisse, penso che non sarei proprio per nulla. Il mio io può vivere e avere una storia proprio grazie a questa possibilità di avere una me.

    Io e il mio doppio siamo una cosa sola. La voglio sfruttare fino in fondo questa opportunità. 

     

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  13. C’è tutto il futuro che viene da est.
    È difficile immaginare cosa potrebbe arrivare.
    Ma noi abbiamo i nostri sogni e ci immaginiamo quelli.

     

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  14. Quanto tempo avrò ancora da vivere?
    I segnali del tempo che passa li sento anch’io.
    Ma che vuol dire? Forse che è ora di rassegnarsi a cosa?
    Un cavolo!
    Voglio essere viva quando viene l’ora.
    Voglio che tutte le mie energie – quelle che sono a mia disposizione – siano per  gustare la vita. Che è straordinariamente ricca.
    E mi piace che ci siano molte più cose in agitazione di quelle che io riesco a digerire.
    Questo senso straordinario che la vita è sempre troppo.

     

     

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  15. Il sole basso
e rosso,


    il caldo addosso


    un cane stanco


    che contempla un osso


    e io che posso


    con la mano lasca


    sollevar la frasca

    
per vedere il volto


    che mi sorride


    spesso


    ed anche adesso.

     

     

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  16. Pensare e fare. Mi piace il pensiero. Preferisco i pensieri ai lunghi ragionamenti. E amo pensare saltando di palo in frasca, guidata da libere associazioni ed eventi casuali. È  questo il modo in cui avviene la mia ideazione delle cose. Non è un lavoro a tavolino è danza, per dare una forma bella alla vita!

     

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  17. Il mio giovane amico che abita vicino a me, Diego, dice che un artista è uno che vede un tramonto anche quando non c’è.
    Rifletto un momento su quanta parte del mio tempo io passi a immaginare cose che non ci sono. E che pure diventano così presenti che tutto nel mio corpo e nella mente e nel sentire ne viene influenzato. A questo potere dell’immaginazione io devo la maggior parte della mia vitalità.


     

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  18. A volte è più facile condividere i propri pensieri e le proprie esperienza con uno sconosciuto che con il prossimo.
     

     

     

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  19. Tutto sta germogliando nel bosco.Ci sono scoiattoli e merli.

    Eppure, anche in questa bellezza, so che il mondo è attraversato da tanto male. E – a pensarci bene – anche la vita del bosco è tutto un ciclo di mors tua vita mea: le cose si mangiano a vicenda per alimentare la propria vita.

    Si crea nella mia mente un paradosso che la paralizza. Come se non sapessi se ho il permesso di essere felice o dovrei piuttosto appiattirmi a terra sbigottita.


    Se è questa, però, l’alternativa, preferisco essere felice. Anche se il pensiero non riesce a darne una ragionevole giustificazione.

    Allora penso – nel bosco – che il Cielo, più che nelle cose, è nel cuore dell’uomo. È al cuore dell’uomo che la vita sta a cuore. Se un mondo migliore nascerà, dovrà scaturire di lì.
E allora mi rianimo e cammino, perché voglio fare energia. Serve energia per creare attorno a me qualcosa di più bello, più buono, più vero.

    Penso – nel bosco – che si continua a parlare, là, nel mondo, a poche centinaia di metri, di cambiamento. Cambiare, cambiare, cambiare. È una parola che ci ha presi tutti, in un modo o nell’altro. Ma, lasciando scorrere ancora il pensiero, mi viene alla mente che non è il cambiamento, in sé, che conta. Quello che conta e costruire qualcosa di meglio. È costruire.

    Ci vuole energia per costruire. Per questo sono nel bosco.

    E il meglio dove lo vedi?
 Nel cuore dell’uomo.
 Se c’è un Dio che vuole il meglio per la vita del mondo, questo Dio abita nel cuore dell’uomo. 
Ma certo, nel cuore dell’uomo c’è desiderio. Che è, alla fine, desiderio di vita piena, abbondante, sensata.

    E allora ritorno a casa e mi metto al lavoro.
 

     

     

     

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  20. Oh sì, è meglio avere aperto le palpebre su questo scenario. E aver sentito tutto quello che hai sentito. E aver provato ad immaginare. E aver messo alla prova i propri talenti nell’interpretare le cose, e nel cercare con loro un’alleanza. È meglio averci provato a lasciare in eredità le tue piccole conquiste. E aver ricevuto in eredità un sacco di conquiste. E aver immaginato che i propri sforzi servissero a qualcosa. E aver guardato con curiosità e stupore negli occhi dei nostri figli. Ignari forse gli uni degli altri, ma comunque intrisi d’amore.
 E aver pensato che forse siamo solo ai primi passi di qualcosa che appena si annuncia.
E aver accettato la pazienza. Anche l’attesa. E la transitorietà di ciò che ci sembrava valere un’eternità.

    Da ragazzina credevo fosse più semplice. Ora è un po’ diverso. Ma è possibile recuperare l’innocenza. Ricominciare. Provare ancora a inventarsela la vita. A immaginarla come più piace. E fare come se…

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  21. A pensarci bene sono un paio di decenni che mi faccio questa domanda.
 Che sta capitando?
 È forse un buon segnale del fatto che avverto che sta capitando qualcosa.


    Un sacco di gente pensa che non stia capitando niente .
Vuol dire che la percezione si è addormentata. Forse mangiano troppo. Forse bevono troppo. O si fanno troppe canne.

    
I carrelli pieni al supermercato. Riusciremo a smaltire tutte queste provviste? C’è rischio di ingrassare il cervello? E di annacquare i sogni che ci abitano?

     

    Io impazzisco ogni volta che la vita mi ripropone questo tema. Che cosa sta capitando? Impazzisco di eccitazione. Perché il mio cuore desidera che il tempo partorisca se stesso. Che vengano alla luce i polloni che sono racchiusi nel suo grembo. E che si possa scoprire qualcosa di più di questa vicenda straordinaria che è la nostra vita sul pianeta Terra.

     

     

     

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  22. Vibra il tempo, esce da niente,

    
strada piena di luce, stamattina,

    
desiderio intenso, anzi struggente


    rofumato di rosa alpina

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  23.  Le cose che non conosci cambieranno la tua vita.

     

     

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  24. Qui sta piovendo a dirotto. Aprile non è stato “ogni goccia un barile”, ma, di certo a Maggio “non è bastato un assaggio”! Se si vuole il sole bisogna inventarselo. E viene bene scoprire che sognare è quasi come un film: non a guardarlo, ma a produrlo, crearlo, inventarlo. Per goderselo, appunto. 

    Insomma, assomiglia a un atto di autoerotismo.

     

     

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    1. raffaello115

      raffaello115

      una bella considerazione. Complimenti!

       

  25. Io credo che tutti desiderano la libertà di tornare ad essere come da bambini.

    C'è qualcosa in quei gesti che ci riporta a una primigenia indipendenza da qualsiasi costrizione.


    E questo ci consente di recuperare uno stato nascente, un primo giorno dell'universo, uno svegliarsi alla vita per la prima volta. 

     

     

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