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Contenuti pubblicati da odessa1920

  1. Quando sto male – come tutti – piango, prego, mi inquieto, dispero, mi abbandono, mi arrendo e mi do da fare.
    Riuscire ad isolarmi nell’adesso è come rannicchiarmi attorno alle mie ferite. Aspetto che passi – se passerà – risparmiando le forze.
    E riesco a trovare anche una certa pace. Mi accontento di essere. O di essere stata.


     

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  2. Ed ecco la mia gioia.

    
Ora sembra ripristinata sul suo trono.


    Trono di bambù, ovviamente.


    La casa che mi fa da vascello.

    
E la navigazione – piccolo cabotaggio – che si alimenta di ciò che vedo fuori della finestra.

    
E l’audacia dei sorrisi, delle gentilezze…


    E i colpi di testa delle sfide, per esplorare il possibile, inseguire la gioia, che ti bacia e si sottrae, come una fanciulla che t’inviti scappando…


    Ora oso di nuovo aprire il cuore ai grandi sogni.


    E soprattutto alla musica e alla danza di una vita che si solleva sopra i semplici fatti.


    Una vita che si faccia! 

     

     

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  3. Da un lato non c’è altra via. 


    A meno che tu non ne abbia abbastanza.


    Ma, dall’altro lato, è così bello!

    
E tu puoi colorare lo scenario della tua storia.


    Non vuoi avere una tua storia?

    Con lo scenario che sei capace di desiderare?


    Manda affanculo gli invidiosi!


    Ricordati di quando da bambino dentro la scatola della lavatrice eri in un’astronave!


    Guarda il cielo di notte, o prima dell’alba.


    Pensi davvero che i confini che tu conosci siano i confini dell’essere?


    Evita gli invidiosi!


    Vogliono solo annegare i tuoi sogni perché non riescono a credere nei loro.


     

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  4. Troppo dolore, troppo grigio, troppa rinuncia sterile.
Troppe ore inutili, prive di senso.

    Bisogna fare qualcosa per accendere il sorriso della vita.

    Per attrarre energia innocente e giovane nel cuore.

    Per guardare il mattino come una promessa che il tramonto avrà mantenuto.

    Per aprire quella porta che imprigiona.

    Perché i sogni entrino dalla finestra con il canto degli uccelli.

    Perché la giornata sia piena di colore.

     

     

     

     

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  5. Molti lo stanno affermando. Molti esprimono timori catastrofici su dove ciò possa condurre. Non credo che il baratro dello smarrimento sia un destino ineluttabile. Ma conviene porsi la domanda. Essa può riguardare la vita delle persone anche più profondamente che il marketing. Ipotizzando che ci sentiamo tutti quanti sotto l’obiettivo della telecamera (che in tal senso ha sostituito l’Occhio di Dio di altri tempi), che effetti ha questo su la nostra “recita”? l’immagine che recitiamo è davvero la rappresentazione di ciò che siamo e dei sogni profondi che ci definiscono?
    Il Dio severo ed asciutto dell’Antico Testamento – dicono – è morto. Morirà anche il dio dello share, perché anche questo dio nega qualcosa che ci appartiene di diritto: l’identità tra la nostra immagine-sogno e la nostra realtà.

     

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  6. il sorriso riconquista il cuore.

    E gli occhi corrono a scrutare il cielo.

    E le mani si rimettono in moto.

    E tutto si presenta davanti la porta.

    E c’è vento in casa…
     

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  7. In quei giorni io mi ritrovavo a fantasticare a lungo – soprattutto durante le mie camminate in campagna – di essere su un camper, a girare il mondo. Nomade, non restavo a lungo nello stesso posto, e osservavo la vita – la stessa vita – con l’occhio del nomade che non mette radici in qualche posto specifico e che s’illude di poter estendere la conoscenza dell’essere estendendo lo spazio percorso, lasciando entrare negli occhi le differenze e le sorprese del viaggio.
     

    A volte stazionavo lungo la costa, altre volte ero sulle montagne, in prossimità di qualche valico alpino. Oppure nel grande parco che costeggia il Lago di Ginevra, o sulle alture da cui, provenendo dai Pirenei, avvisti Figueres, o lungo il Danubio alle porte di Regensburg…

    Durante il viaggio mi lasciavo invadere dalle immagini, assorbivo il panorama, la meteorologia. 

    La sera mi fermavo a mangiare in qualche posto caratteristico, cucina locale, e attaccavo bottone con chiunque.

    Immaginavo che lo spostamento del nomade e l’incontro fugace potessero fornire indizi insoliti al mistero della vita, meglio che una annosa residenza sedentaria e un lunga frequentazione.

    E alla fine, trovato il posto dove trascorrere la notte, la scrittura. Il momento in cui le cose vissute, digerite, si fanno emozioni e pensieri e cercano il vestito delle parole per accomodarsi sulla scena. Per rappresentare lo spettacolo dell’essere! 

    Era così che andavo incontro al cambiamento. Era così che cercavo l’idea. E ascoltavo le mie emozioni durante il fantasticare. E mi pareva proprio di star bene, di essere io, che la vita fosse vera. Finalmente. 

    Dunque? Era quello il mio orizzonte?
    Ritornata con i piedi per terra, vedevo chiaramente gli ostacoli alla concreta fattibilità dell’idea. Mi sembrava che fossero insuperabili.
     

    Era possibile sollevare il macigno che trascinava a picco l’etereo palloncino del sogno? era possibile disintegrarlo?
     

    Pensare a “come fare per”, poteva essere il modo iniziale di vivere quell’avventura? Uno spostarsi verso, un andare in quella direzione…
     

    Era fattibile?

    
Come sarebbe stato fatto?
     

    Senza risposte a queste domande tutto sarebbe rimasto fermo.

    
La piacevole evasione durante le passeggiate sarebbe restata una mera fantasticheria.
     

    Questa la posta in gioco.


     

     

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  8. Lungo l'argine del fiume

    
dove sostano i pensieri


    non cammina molta gente


    io ci sono andata ieri…
     

     

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  9. Se non ci fossero le guerre, la corruzione, le dittature… il Male, cosa potrebbe mobilitare l’attenzione dei mezzi d’informazione, ispirare la letteratura, il teatro, l’arte in genere, motivare la nostra operosità, sollecitare il nostro entusiasmo nel contribuire?


    C’è qualcosa che possa rendere la nostra esistenza una storia affascinante, eccitante e succulenta, che non sia inquinata dallo sdegno, dalla critica, dalla “lotta contro”?


    È una domanda che m’intriga da tempo.

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Inutile dirlo, siamo creature limitate, eppure ci definiamo a immagine di dio, come se al di fuori di noi stessi e del dio che ci ha creato, nulla ci somiglia a questo mondo. Eppure non siamo affatto diversi da qualunque altra specie di questo mondo, l'istinto, per quanto siamo senzienti, domina buona parte del nostro comportamento, del nostro modo di essere. Anche quando diciamo che a guidarci è solo la logica, il buon senso alla fine a pensarci bene, è sempre e soltanto il nostro lato istintivo a muoversi, a darci l'impulso di fare, di pensare a una determinata azione.

      In conclusione, per quanto ci determiniamo a essere civili e coscienziosi nell'agire, è sempre la bestia che è in noi a fare la prima mossa, L'istinto alla riproduzione, alla sopravvivenza, è sempre in base a questi bisogni che agiamo per quanto noi possiamo negarlo, la bestia in noi alla fine vince sempre

  10. C’è un luogo caldo dove abita il nostro desiderio e la nostra fede. La casa dove i nostri sogni trovano conforto e rinascita. Coltivati dalla carezza dolce della Vita. 
Noi ci torniamo ogni sera, quando il corpo è stanco e le viscere sentono la fatica. Quando il respiro si fa più pesante e lo sguardo si carica di stanchezza.


    Sappiamo che lì il riposo ci rinnoverà. E chiudiamo gli occhi, affidati, abbracciando il morbido cuscino. 

     

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  11. Ed esci un po’ fuori strada – voglio dire: dalle strade più battute, quelle che fai di solito.
    Perché?
    Ti è venuta voglia di rallentare. Vuoi cominciare a guardarti attorno, vuoi godere un po’ del panorama, delle cose, ascoltando le emozioni dell’anima. Hai fatto questa strada mille volte, sempre pensando soltanto alla meta. E a correre…
    E ti rendi conto che non puoi rallentare. Per quello che desideri non servono i limiti di velocità che sono disseminati lungo gran parte del percorso. Hai comunque sempre qualcuno attaccato al culo che sbraita e gesticola perché gli freni la corsa.

    All'improvviso ti trovi su una strada tutta curve, stretta, ma ben asfaltata, che s’inerpica tra i monti, costeggiando i dossi e seguendo il movimento delle vallate.
    Non incroci nessuno. Nessuno ti sta alle calcagna. E finalmente viaggi davvero. Rallenti quanto è necessario a vedere e lo spettacolo è straordinario. Ti lasci colmare il cuore dall’emozione della bellezza, la suggestione delle ombre dei boschi, gli squarci paesaggistici improvvisi alle curve, le case arrampicate su pendii incredibili…
     

    E ti ritrovi a sognare di vivere diversamente. Un mondo alla rovescia, dove non è la vacanza a infilarsi nei buchi lasciati dal lavoro, ma il contrario. Dove non sono i giardini a sistemarsi attorno alla casa, ma la casa nel mezzo di un parco.


    Il finestrino spalancato, ti rendi conto della potenza terapeutica straordinaria della natura e del bisogno che ne hai. E ti lasci incantare dalle suggestioni che ti evoca nell’anima e per il tempo dell’incanto sei uno che va per mare, o su una mongolfiera, o insegue il sole sulla carovana di gitani…
     

    E quando sei arrivato, la magia continua ancora, e ti ritrovi rigenerato, almeno un po’, per affrontare i compiti e i doveri – … semmai un giorno tu possa spezzare totalmente le catene e andare…

     

     

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  12. Alain De Botton sostiene una tesi che condivido largamente sul motivo per cui noi amiamo la natura e cerchiamo di rifugiarci in essa il più sovente possibile. Secondo questo pensatore noi cerchiamo la natura perché essa ci consente di sfuggire alla pesantezza e alla litigiosità, ai conflitti e allo stress dei rapporti umani. Insomma il mondo che abbiamo creato è pesante, stressante e non ce la facciamo più a sopportarlo. Allora ci rifugiamo, almeno per un po’ di tempo, nella camminate in montagna, nei fine settimana ai laghi o in campagna.

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      oppure fare tre quattro ore di bici al mattino nel luoghi del mare, dalle mie parti non ci sono boschi

  13. Oggi mi sveglio e vado in terrazzo per vedere il sorgere del sole. 

    L’emozione è sempre intensa.


    Il sentimento è di gratitudine per essere al mondo, per vedere e sentire tutto questo. E per avere dei sogni che ispirano le mie azioni: Una nuova giornata da modellare come un quadro, come un’opera d’arte o di artigianato. Qualcosa che risulta da una sorta di danza tra me e gli eventi.


    Ho fiducia e, anche se rimango senza parole se mi chiedo il senso di tutto questo, sento dentro che tutto questo è bello ed ha valore.


    Non è sempre stato così.


    Ci sono stati tempi in cui la rabbia e la paura erano loro a dominare le mie giornate. E una sorta di risentimento per tutto il male e la sofferenza che la vita e il mondo comportano.


    Qualcosa è successo.


    Qualcosa ho fatto anch’io.


    Qualcosa mi fa stare meglio.


    E oggi mi sembra logico e perfino doveroso cercare di realizzare una vita di gioia e di creatività.


    Interpreto la mia esistenza come un’avventura di ricerca, piena di sorprese e di scoperte. 

    Vorrei davvero non finisse mai. 

     

     

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  14. David aveva un’amica per il racconto delle storie. Il suo nome adesso mi sfugge. Mi verrà in mente di sicuro più avanti. David le raccontava la sua storia prima ancora di realizzarla. Perché era convinto che si poteva fare ed era utile farlo. Pensava davvero che la storia nasce prima in testa e con le parole. E poi diventa fatti, intrecciandosi con il movimento delle cose. E allora, voglio dire quando le cose erano capitate, si ritrovava con la sua amica – che diavolo! non mi viene in mente come si chiama… - e si rimetteva a raccontarla di nuovo. E succedeva che preparava così il prossimo passo. No, non lo “preparava”: lo avviava.

     

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  15. E nelle prime pagine de "La quinta donna", di Henning Mankell, tu incontri questo vecchio, che è stato un venditore di auto, ma nel tempo libero scriveva poesie. Tutte sugli uccelli. E vieni a sapere che ne ha scritta una sulla vita spirituale delle cutrettole, le nostre ballerine gialle. E tu pensi che è l'esistenza ti tipi del genere, con le loro idiosincrasie e stranezze, che rendono la vita umana uno spettacolo interessante...
     

     

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  16. D'esplorare l'essere mi piglia
la 

    voglia che mi dà la meraviglia,


    Ma meglio coi miei sogni è compatibile


    L'esplorazione audace del possibile.

     

     

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  17. Tolle dice qualcosa che mi piace moltissimo: che l’adesso ha tutto ciò di cui abbiamo bisogno per andare avanti. 
E che, invece di guardare fuori dall’adesso, nel futuro, o altrove, è utile concentrare l’attenzione su qui e ora.
 Perché il qui e ora non è solo il brusio che si capta sullo sfondo del nulla. Ma è un evento. Qualcosa accade qui e ora.
    Ma appena tornano le forze, risorge il desiderio. E allora io direi che rimanere prigionieri nel qui e ora sarebbe un peccato. Allora è il momento di sognare e di volare e di lasciare che la salute si configuri come una vita piena e non soltanto come scomparsa del dolore.
 E una vita piena comprende i tuoi sogni, l’esultanza e l’entusiasmo. 
Come sarebbe brutto – per paura di soffrire – rinunciare ai sogni!

     

     

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  18. Bello portare il cuore sui seni morbidi delle colline.

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima foto :) 

  19. Anche se non oso avventurarmi a lungo nei territori aperti da queste suggestioni, il mondo mi appare incantato e magico e l'esplorazione più intrigante e inquieta. 

     

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  20. La mente ritorna sul desiderio di non appiattire  nel mio piccolo (importantissimo) presente la complessità misteriosa dell’esistere, del mondo, della storia, della tecnologia, della cultura, dei millenni e millenni, milioni e miliardi di anni di un’evoluzione che siamo riusciti a disegnare solo a grandi tratti. E delle eterne battaglie tra Bene e Male, semmai sia in questo modo che si debbano leggere le vicende della storia…

     

     

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  21. Se le energie della salute sono presenti, comunque stiano le cose sul piano filosofico, trovo interessante la partecipazione a questo giro di giostra. E tutto quel che accade – voluto o non voluto – merita ogni interesse e alimenta un mare di aspettative.


     

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  22. Amo questa vita che ho ricevuto in dono.



    Ho fatto molti errori nella vita.

    Ho vissuto e mi è piaciuto.



    Al punto da desiderare di vivere per sempre.


    Che questa avventura continui senza tregua.



    E non so come la saggezza replichi a questo folle desiderio.



    Quasi certamente sono fuori della saggezza.

    

E non me ne importa più di tanto.



    Quasi credessi che la saggezza vera è da qualche altra parte, in vacanza dai nostri discorsi mielosi, sdolcinati e castranti.



    E so benissimo – nel dire queste cose – di non essere né una gigante, né un' eroina.



    Mi glorio che un essere piccola e mediocre come me possa accogliere nel petto l’audacia di sfidare luoghi comuni accreditati e tentare le vie della sincerità. Buttando a terra i vestiti di cui è stato ricoperto dai sarti della cultura e avanzando nuda – il più possibile – sui sentieri della terra.

     

     
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  23. Sotto le nubi la città era incantata. 


    Un giallo senso di mistero batteva i rintocchi del tempo. 

     

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  24. Sono innamorata della parola. La parola sa dire i pensieri e le emozioni con una lucidità che soddisfa la mia mente. 
Ma la parola che amo di più è quella che è capace di evocare il pensiero nel momento stesso in cui le dita si muovono sulla tastiera. 
C’è questa sorta di comunanza tra la mia fotografia e il mio modo di scrivere: l’immediatezza. Le cose nascono nel momento stesso in cui le mani si muovono.
 È una magia a cui è affidata la mia vitalità.
 Credo che sia una cosa imparentata con il jazz. Anche se non so dire perché.
 Sento che fotografia e parola non sono due binari paralleli. C’è un legame segreto tra loro. Che però non è visibile. 
Sono impegnata a tenere insieme questi due dimensioni espressive, ma senza subordinare l’una all’altra.

     

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  25. In una giornata autunnale come quella di oggi, perché non “Fiori di pesco”?
    Nell'altro emisfero, non è primavera?

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