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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Un tempo le utopie avevano una dimensione collettiva. Non sono sicura che quei tempi siano da rimpiangere. Oggi la dimensione utopica trova il suo spazio vitale nei sogni della gente. L’utopia è il principio della speranza che anima i lungo tratto dell’esistenza individuale. È il sogno che vivi ogni giorno lavorando e procedendo verso quella direzione che hai trovato in te stessa come un richiamo, un’urgenza incalzante. Non è una meta irraggiungibile, perché la vivi ogni giorno. Non è un’illusione destinata a disilluderti, è l’ossigeno che anima i tuoi gesti quotidiani. E nello stesso tempo è un potente richiamo a crescere, a perseverare, a esplorare, a inventare, a progettare, a immaginare.

     

     

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  2. Sotto l’acqua ben nascosto 


    c’era un mostro grosso e tosto.


    Io pescavo dalla barca 


    pesci piccoli e una scarpa. 


    Il mio amico Ferdinando 


    pesca sol di quando in quando. 


    Poi un’ondata dispettosa 


    ci sconquassa senza posa. 


    Noi caschiamo dentro il mare, 


    chi mai ci potrà salvare? 


    Ma pietoso il bel pescione 


    ci trasporta sul groppone. 


    Noi arriviamo al bagnasciuga 


    e scopriamo ch’è un’acciuga.

     

     

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    1. maurigoli

      maurigoli

      buongiorno e buon inizio settimana

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  3. Lavoro al testo, con la musica. Miglioro. Un soul che esce dal corpo. Pulsa il tamburo nel cervello e il giorno nicchia tra le nuvole: respira caldo malgrado l’ombra e la foschia. Meglio col passare delle ore e forse esco.

    Non al raduno. No, non alla festa. Troppe parole, oggi, laggiù. Oggi voglio parole di silenzio: sanno di caramello.

    Un'insalata per pranzo mi lascia leggera a sentire il ritmo della vita. E seguo il volo dei pensieri attraversare gli spazi.

    La bellezza di andare. Penso.
    Insopportabile essere trattenuta.
    Intollerante, strappo la pelle dai rovi e sogno il vento.

    Bisogna scappare dice lo spirito, e vuol dire semplicemente che bisogna andare.

    Andare è il modo dei cavalli e degli umani.

    Ho imparato a fare, strada facendo.

    La casa stessa si crede vascello.

    Scrivo in piedi ad alta voce, calibrando il fiato come nel canto.

    E canto, in effetti, come un poeta che sta bene nel mondo solo passandoci attraverso. 
     
     
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  4. Con tutte le cose belle da fare, perché dovrei scegliere la noia?

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  5. Scrivere mi aiuta a pensare. Anche a vedere i miei desideri. 


    Ora, reagendo a un’estate torrida qui al Nord, io sogno il mare, il fresco della brezza, ma non solo. 

    
Mi vedo in una villa sulla collina prospicente il golfo, immersa in un bosco di olivi e pini marittimi, che scrivo. Ecco la mia vita da vecchia. Faccio la scrittrice, felicemente rilassata. La mente è lucida. La narrazione interminabile. Che cosa racconto non lo so ancora, ma già la storia della mia avventura mi chiama e poi tutto quello che ho imparato nelle varie circostanze, sfide e prove dell’esistenza. Il tentativo, mai compiuto del tutto, di trovare un filo conduttore di tante vicende e svolte.

    
Una volta i vecchi potevano avere il compito di insegnare qualcosa alle nuove generazioni. Ma una volta il tempo era più lento e le cose più stabili. Oggi è tutto diverso. Il cambiamento incalza a un ritmo sostenuto. Cosa può un vecchio raccontare alle giovani generazioni? E perché solo a loro? Ci sono anche i suoi coetanei, sempre più numerosi. E forse altrettanto smarriti alla ricerca di un senso ancora sfuggente. 


    E tutto questo mi appare una nuova splendida avventura, ben coniugata con la mia storia.

     

     

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    1. elisa2807

      elisa2807

      Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l'ha già creata" di Albert Einstein

  6. Voglio una storia mia.
    Voglio decidere perché e come.
    Finché ho abbastanza energia e finché sono capace di nutrirmi.
    Il mio mondo sarà una danza tra ciò che amo e ciò che avviene.

     
     
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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima :) 

  7. Quando un bacio è il sogno di un bacio.

     

     

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  8. Gli uccelli sono il volo. E il volo è il sogno che crede in se stesso. Il sogno non come evasione, ma come visione dotata della fiducia di guidare i passi dell’azione. Ciò che trasforma la vita in una meravigliosa avventura dove si diventa e si realizza. Se succede qualcosa di bello e anche di straordinario è perché lo si è sognato (e si è avuta tanta fortuna). Ma dicevano gli antichi che la fortuna aiuta gli audaci. E sognare, credo, è l’audacia che perseguo. E che considero opportuna.

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  9. Mentre percorro il mio cammino…

    
Guardo i volti delle persone. Come fossero parole. Cerco il senso di quello che vogliono dire. Come se i volti fossero la parola corporea del desiderio dell’anima. Della ricerca di una storia. Cerco quella vibrazione che mi accomuna alla loro storia. Cerco un’immagine di me stessa nei volti delle persone.


    I volti delle persone come linguaggio. E spesso si tratta di un linguaggio che si dice da sé, dentro di loro. Di cui loro stessi non sono chiaramente consapevoli.

    
Come io stessa sento ma non sono del tutto consapevole.
E spesso nasce, da questo incontro di volti, una qualche intuizione.


    Guardavo il volto di Andrea, l’altra sera.


    Avevano servito merluzzo fresco con olive e patate. La luce delle lampade, il respiro leggero della notte sul lago… Guardavo il suo volto, mentre parlava, con una certa eccitazione. Non parlava neanche di lavoro – benché sia impegnato in un’attività piuttosto gravosa. Anche se è il suo lavoro. Come si dice? La sua missione.


    Lui la vive così. Parlava di qualcosa che era dentro il lavoro e fuori di esso.
     

    C’erano zanzare? Sì, ricordo le zanzare. Il lago. Il caldo. È estate, ormai..
     

    E mi sono rimasti impressi quegli occhi.


    A volte non ricordi le parole, i concetti. Ma ricordi gli occhi. E gli occhi hanno un loro discorso. Che si dipana dietro le parole. E che poi, magari a casa, prima di andare a dormire, tu traduci nelle tue parole. Come faccio io adesso.


    Cosa diceva Andrea quella sera? Ricordo poco. Perché si dicono tante parole in fretta, per riempire gli spazi di una serata tra amici. E non sono neanche nostre parole. Solo gesti di cortesia. Solo gesti di ospitalità. E quando le parole sono gesti, non importa ricordare le parole.


    Veramente, dentro di me pensavo altro. Pensavo: com’è bello essere parte della vita. Com’è bello aver avuto questo dono di vedere e sentire qualcosa della vita! Dicevo più o meno queste cose, dentro di me. Perché era una di quelle sere in cui tutto sembra miracolo.


    E c’erano quegli occhi. Ed Andrea che parlava – non credo parlasse di lavoro. Ma non ricordo le parole.


    E quegli occhi entravano nel mio discorso. Sembrava si staccassero da quello che Andrea diceva. Che si staccassero dalla stesso Andrea. Ed entravano nel mio discorso. Erano due occhi interlocutori. Parlavano con me, indipendentemente da Andrea. Che strano!


    Mi sembrava perfino irrispettoso. Insomma, Andrea… eppure, tant’è!


    Non so come, non so spiegare, ma quegli occhi mi richiamavano.

    Mi dicevano che il centro è da quella parte. Sincerità radicale. Quello che senti davvero, quello che vedi davvero. Quello che pensi davvero.


    E: affidati. Credici. Credici completamente. Qualcosa del genere.


    Si sa, queste sono parole. Ma come si fa a dire gli umori, i moti del cuore, i richiami dell’anima?


    E vedevo dentro i miei ricordi come una traccia di storia. La traccia di una ricerca di sincerità radicale. Una sorta di integrità.

     

     

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  10. La collina era come il corpo di una donna al sole.


    Migliaia di api ronzanti cercavano nettare. 

    Faceva caldo.

     

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  11. Io vado avanti con questo pensiero. Mi dico: se sono stato scelta dalla vita ad essere viva, proprio io, la mia vita è importante. Merita tutta la mia cura. Non la voglio svendere. Non voglio svenderla alle paure che mi assalgono. La mia vita ha dentro di sé un desiderio di grandezza e di bellezza che non può essere soffocato dalla mancanza di coraggio.

     

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  12. Guardando il cielo avvertiva forte il richiamo alla grande esplorazione, vibrava alla misteriosa interminabile ricchezza dell'essere, e sapeva che il futuro era infinito: doveva esserlo per contenere la realizzazione dei suoi sogni.

     

     

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    1. glamoursnob

      glamoursnob

      posto bellissimo , e bellissima foto anche !! 

  13. I poveri sono matti, diceva Zavattini. 

    E da matti possono sognare quel che gli pare…

     

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  14. Sono perplessa. Mi rendo conto che della vita so veramente poco. E quello che so potrebbe essere piuttosto sbagliato. Ho solo tanta voglia di gioia, creatività, azioni efficaci, desideri realizzati, cose del genere. So che mi voglio bene e mi prendo cura di me. Cerco di tenere su il morale. Mi carico di pensieri che mi regalano stimoli e spesso entusiasmo. Poi faccio dei tentativi, con quello che so fare. Mi avventuro. E questo mi piace. Spero che la vita mi sia favorevole. La buona stella, quella cosa lì. Sono anche un po’ scaramantica. Talvolta sciamanica.

     

     

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  15. L’occhio impara a cogliere i segnali di rinascita. Non si è lasciato oscurare dalle cadute e dagli insuccessi. Ha mantenuto la fiducia, che è la vera luce dello sguardo. E le mani ci riprovano, felici di sentirsi vive.

     

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  16. Ti guardo negli occhi, amico mio, e sento musica.


    Musica è la parola.


    Musica che entra dentro, come un soffio d’anima.


    E mi entra dentro.


    E ci resta.


    A lungo, amico mio.

     

    E si cammina – nei ritagli del tempo

    
Sui sentieri del parco più vicino.



    Si cammina, nelle pieghe del tempo.


    Il tempo occupato dal lavoro e dalle strategie.


    Sarà questo il Sabato della vita?

    
Un sabato esiguo – sull’orologio della vita.


    Sui sentieri del parco…



    Quando siamo lì – nel tempo vuoto – sembra tutto strano.


    Ci vengono pensieri come uccelli tropicali.


    Come se la geografia del quotidiano fosse – di fatto – un paese straniero.


    Il paese di un altro – di altri – un altro paese.



    Perché camminiamo vicini,
sui sentieri del parco – dove corre tutta questa gente?



    Ti guardo negli occhi e sento questa musica.


    Mentre guardiamo, strabici, percorsi alternativi.


    Perché l’arte è entrata nel nocciolo caldo della nostra vita.


    Paradossi e contraddizioni non fanno che eccitare una prorompente vitalità.



    Dove guardano i tuoi occhi, amico mio?

    
E i miei?



    È questo il Sabato?



    Le foglie degli ontani dicono


    Che sono idee nuove quello che cerchiamo.


    Le incontreremo sui sentieri del parco?



    Guarda come corrono i bambini!

     

    E tu sorridi – indimenticabile.


    Quel tuo sorriso che viene dall’anima.


    E io penso: idee nuove, è questo che cerchiamo.



    Camminiamo nel parco più vicino.


    Un ritaglio di tempo – tutto qui.


    Ritaglio nel tempo del lavoro e delle strategie.


    Per un istante abbiamo visto come un altro paese.


    Il nostro?


    E ora?


    Siamo all’estero?

     

     

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  17. Il punto è sempre lì.


    A volte il tempo sembra offrire opportunità insperate.


    Ma devi muoverti. 

    Devi cambiare. 

    Si tratta di cambiare. 

    Si tratta, in fondo, di fare tu l’atleta delle Olimpiadi.


    Sentire il richiamo e cambiare.

     

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  18. Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il vocabolario era quello della scuola. Ho cominciato a scrivere tardi ma non mi andava di scrivere le mie memorie. Ho cominciato a scrivere dimenticandomi della mia professoressa di lettere, che era molto brava e piuttosto fiscale. Mi sono dimenticata di lei, senza odio. Ho cominciato a scrivere per il piacere di battere le lettere sulla tastiera del computer. Nella mia testa era come suonare. Suonare il piano. Un pianoforte a coda è sempre stato il mio sogno, anche se non so leggere la musica.

    Ho cominciato a scrivere e una corda della mia anima vibrava. Come entrare in risonanza. Ho capito che scrivere faceva parte di me. Tutti pensano. Anch’io penso molto. Ma scrivere il proprio pensiero – in senso lato – è una cosa che ti fa pensare in maniera diversa, speciale.

    Non credere che sia nata scrittrice. Che abbia qualche strategia di scrittura, in maniera da risultare esperta in qualche genere, o qualche topos, come si dice? Io scrivo di getto, ma nel momento in cui scrivo sono lucidissima. E nello stesso tempo, portata da un’ebbrezza che potrei chiamare ispirazione – se conoscessi tutta la letteratura in proposito e fossi sicura di non sbavare…

    Il vero problema era diventare abbastanza veloce con le dita sulla tastiera, in maniera da inseguire il flusso – perché la mia testa non esita a sparare immagini considerazioni osservazioni e ragionamenti… a getto continuo.
Mi sono esercitata come si fa con la tastiera del piano. Ora sono brava, le dita ci vanno sicure sulle lettere giuste. Anche se a volte le accavallo per una sorta di dislessia o cose del genere. Ma fa niente.

    Mi sono data il permesso di scrivere tutto quello che veniva e sono capace di mettere nero su bianco che questo bitorzolo mi sembrava un coglione affettato da una lametta da barba su una palla di gelato, se mi viene così, semplicemente perché mi si è formata quell’immagine in testa.

    Io penso che in questo modo sono in contatto con quello che sento e non mi sottometto a nessun protocollo accreditato. Tanto scrivo per me. Per molto tempo ho scritto solo per me. Per entrare in contatto con quello che avviene dentro di me. Era proprio un bell’esercizio per liberarmi non solo della sintassi – che poi continuo a rispettare per rispetto a me stessa – ma dell’idea che se scrivo dovrei scrivere delle cose che van bene secondo lorsignori…

    Nossignore, io scrivo per me, perché m’interessa entrare in contatto con quella che sono e che sento di essere. E non ne posso più di essere così scema da fare le cose come gli altri si aspettano che sian fatte. Insomma, era un bell’esercizio di emancipazione. Non faccio per dire, e non davo noia a nessuno. Tenevo le mie cose segrete.

    Un po’ per volta ho capito che stavo scrivendo la mia storia. Non soltanto il mio passato, che rivisitavo e redimevo di volta in volta da quel senso di pesantezza che avevo provato per lungo tempo, o dai sensi di colpa, o dalla vergogna, perché – devo esser sincera – ho fatto un sacco di cazzate. Le redimevo, sì, è la parola giusta. Ogni volta che riscrivevo le cose del passato, quegli eventi scabrosi, santo cielo, succedeva qualcosa. Spuntava dal loro groviglio inconsulto, piuttosto necrofilo, un filo rosso che li rimetteva in pista, come se si fosse trattato di episodi significativi, insomma, luoghi della mia vita in cui avevo imparato qualcosa che solo ora si poteva vendere. Era fantastico. 
Io non sono necrofila. Mi sembrava di esserlo, una volta. Ma scrivendo ho capito che il mio gusto per la mia storia era desiderio di vita e non compiacimento del gusto salmastro della morte masticata.

    Non solo il mio passato, dicevo. No, a forza di scrivere io mi rendevo conto che stavo scrivendo la mia storia presente e gli occhi si spostavano verso il futuro: quella storia mia che sto costruendo – non certo con la sola scrittura, ma anche mediante la scrittura. Perché mi rendevo conto che io volevo avere una storia. E poi mi rendevo conto che io avevo una storia. E che questa storia era l’espressione progressiva – una sorta di epifania – dell’impronta della mia anima.
 E mentre la scrivevo la desideravo e il desiderio si radicava dentro la mia carne e mi accompagnava per tutto il tempo in cui non scrivevo sulla tastiera, ma scrivevo sulla buccia del mondo, negli eventi del tempo.

    Solo Dio aveva il diritto di vedere quello che scrivevo. Ma perché il Dio a cui facevo riferimento era diventato – anche grazie alla scrittura – il Dio che preferiva che confessassi quel che sentivo e pensavo davvero piuttosto che una prosa obbediente ai dieci comandamenti. Scrivendo si acquista coraggio fino al punto di rimodellare l’immagine di Dio!

    Adesso vi meraviglierò – lo so.
 Mo non ci posso far niente se le cose sono andate in questo modo. Ma mano che scrivevo le mie visioni – che poi erano versioni filmiche dei miei sogni, dei miei desideri, man mano che li rendevo visibili sulla carta mediante la scrittura, queste cose hanno cominciato a succedere… Lo so che molti di voi non ci crederanno, perché immaginano che stia vendendo un rituali magico. Ma le cose stanno esattamente in questo modo. Ma mano che mettevo in chiaro con questa pratica scaramantica quelli che erano i miei desideri, succedeva qualcosa – dentro di me? Nelle meccaniche celesti? – e chi lo sa? – Succedeva, comunque, che, in seguito a azioni ed eventi, queste visioni prendevano corpo ed apparivano nel mio mondo reale, voglio dire non solo sulla pagina bianca e nella mia fantasia. Voglio proprio dire in quel mondo in cui si pagano le bollette, si incontrano persone, si creano degli oggetti e si vendono. Nel mondo in cui si cucina e si cammina.

    Per concludere, che dire? Se tu sei uno o una che sente nostalgia di una storia, se vuoi avere una tua storia, se vuoi vivere la tua storia, beh, io ti suggerirei questo, se non mi prendi per matta: scrivila.

     

     

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  19. Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro i miei sogni con il respiro all’aperto. E mi viene in mente che i pensieri all’aperto, i pensieri che nascono dal respiro, sono pensieri che possono presumere di dare respiro.

     

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  20. Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.

     

     

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      provarci è sempre un bene, almeno per mettere sé stessi alla prova, soprattutto non lasciarsi andare al torpore mentale, quello che ti fa vedere il tutto di un solo colore.

    2. diegodelavega0

      diegodelavega0

      bellissima foto :)

  21. Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al modo di vivere alla grande.
Sei in mezzo a dei cartoni da imballaggio, quelli che la mamma ha lasciato per qualche tempo a tua disposizione, prima di metterli davanti al cassonetto.
E tu ci entri dentro, li traffichi un po’, e ti ritrovi a viaggiare su una macchina sportiva, o su un’astronave, oppure ne fai una casa dove inventi un’intera saga familiare…

    C’è da domandarsi come si possa perdere un’inclinazione così piacevole. C’è da domandarsi come mai smettiamo… diventando adulti.

    Ma non tutti.

    
Guardate l’artista, il pittore, il compositore, il regista, il romanziere, il ballerino, l’attore… trafficano con la pasta del mondo, ma la loro testa è altrove, nel mondo delle visioni, dei sogni, delle idee. Quello che risulta dai loro gesti viene a far parte del mondo e lo abbellisce, lo arricchisce.

    Ma per un momento, trascuriamo il risultato, l’opera.


    Guardiamo l’artista nel processo creativo. Sta giocando un gioco meraviglioso, la sua testa è tra le nuvole, si alimenta di sogni, di visioni. Ha dato vita a questo film e, poco alla volta, il film gli prende la mano e va avanti da solo, il romanzo procede per conto  suo, il quadro che si fa guida i gesti del pittore…
L’energia fluisce nel corpo, nelle mani, nel cuore.
È la pienezza, la ricchezza, la gioia di essere vivo, la misura stessa della vita.
     

    L’approccio dell’artista alla vita risiede in questo credere nel sogno, nel lasciare libero movimento al flusso creativo.

     

     

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  22. La fragile bellezza dei papaveri.

    Innamorati del ciglio della strada

    
e del campo di grano


    regalano il proprio sangue


    per uno sguardo incantato.

     

     

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    1. ok1803

      ok1803

      bellissima foto :x

    2. vitto071

      vitto071

      bellissima foto e un bellissimo paesaggio 

  23. Vedi quello che succede, quando scrivi?

    Capisco che si parli di terapia della scrittura.

    Lo capisco benissimo perché la scrittura lascia emergere la tua voce fino ad uscire allo scoperto, a collocarsi nella grande canzone dell’universo. 
Ma non mi piace che questo concetto della terapia, che oggi ti ritrovi dappertutto, sia troppo insistito e si fagociti la scrittura stessa – e tutto il resto.

    Che siamo tutti e sempre malati? E cos’è questa smania di definirsi in permanenza bisognosi di guarigione?

    Pensare che ancora dobbiamo guarire è prendere tempo. È rimandare.

    Voglio pensare che sono già guarita. Che sto bene abbastanza per vivere, che ho abbastanza energia per fare e per creare, per alimentare la vita attorno a me.

    Fino a che punto siamo diventati ipocondriaci? Questa vecchia mania a provare piacere nel sentirsi inadeguati. Non stiamo abbastanza bene per fare casini in questo minestrone della vita?
    La vita è molto più divertente di una continua terapia.

     

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  24. Il giovane trifoglio aveva la beltà 


    di chi seppe resistere a tanta siccità.

     

     

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  25. Credere nei sogni cambia la vita. E crea un mondo nuovo.
    I sogni sono il lievito che solleva la pasta e ne fa un pane profumato e gustoso.
    I sogni sono una potenza che consente all’azione di dare una forma bella all’esistenza.

     

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