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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Carlo – questo il suo nome.


    Aveva tutta la sua storia addosso, e nelle parole.


    Nel raccontarla, guardava lontano. Credo il futuro. O forse un altro mondo. Diciamo: quella regione del pensiero dove futuro e l’altrove si coniugano insieme. Il suo passato era importante, ma era passato. Lui era già da qualche altra parte.


    Io sono grata a Carlo perché mi ha regalato il suo sognare, il suo coraggio di sognare. Perché uno immagina che la gente non pensi ad altro che all’esistente. Il posto di lavoro, le faccende da sbrigare, le bollette, quelle isteriche querele con i colleghi e il capo. Uno immagina che si tratti soltanto dell’amministratore di condominio, della revisione della macchina, dell’insegnante di matematica del figlio, delle obbligazioni che ha sottoscritto…
Sbagliato!

    
La gente sogna.


    Sogna quando s’innamora. Vuol fare l’amore e sognare. Sogna quando progetta: vuol guadagnare e sognare. Sogna quando studia: vuole passare l’esame e sognare un’esistenza d’abbondanza e di bellezza.


    La gente disegna nella testa. Disegna scenari bellissimi per sé, per i figli, per la società, per il mondo.

    Carlo sogna. Sogna una vita come un viaggio che va sempre avanti, va sempre oltre. Carlo pensa che il sogno e le emozioni che lo accompagnano sono la voce del suo Dio. Balbetta, quando parla di questo. Ma in quel balbettio c’è più slancio ed energia che in qualsiasi discorso ben fatto.

    Carlo dice, lasciandomi: C’è una vita entropica, quella che segue la china decisa dal mondo e c’è una vita a modo tuo, che va a trovare le risorse nelle aree non colonizzate dalla società e dalle regole e si permette di disegnare un percorso che ti assomiglia davvero.

     

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  2. Il canto dei papaveri

    
rosso ignaro fruscio 

    
nel soffio del tempo

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima foto 

  3. Credimi, la cultura del risentimento porta alla morta rigidità dell’inverno.
    La cultura del desiderio è primavera!

     

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  4. Li ho letti con attenzione.
I grandi maestri della spiritualità contemporanea (Deyer, Chopra…) trasmettono tutti questo messaggio molto esplicito: fai quello che ami, con fiducia e passione, e i soldi arriveranno dalla finestra.
Risuona nell’orecchio il messaggio evangelico: cerca per prima cosa il Regno dei Cieli e tutto il resto ti sarà dato in abbondanza.

    Infatti sia Deyer che Chopra – e tutti gli altri – vogliono promuovere una mentalità dell’abbondanza, al posto della diffusa mentalità della scarsità. In perfetto accordo con il cognitivismo contemporaneo, sono convinti che ciò a cui pensi maggiormente si espande e cresce. Una sorta di profezia che si autorealizza. Se pensi sempre a quel che manca, sarà la scarsità a crescere. Se pensi in termini di abbondanza a tutto quello che hai e che desideri, sarà questo a espandersi.

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  5. Tu sai com’è la luna, in queste sere di primavera. Sussulti inspiegabili alterano la lucidità della mente. Si è trascinati per sentieri stravaganti, quasi foglia in balia del vento. E che importa non avere più saldamente in mano il timone della nostra barca? Ci abbandoniamo alla deriva con la follia di un gusto ipnotico inaspettato. E sembra la promessa di una felicità indicibile. La nostra lingua è diventata lingua di poeti. Potremmo danzare la notte in endecasillabi sciolti. 

     

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  6. Penso: volare? Volare è respirare la vita. Il respiro di grande portata apre alla vita i pori del mio corpo. Le idee si allargano. I movimenti diventano più cadenzati, più lenti, forse. Ma molto più intensi. 

    Mi vedo stupida alla scrivania – ora che conosco il pensiero all’aperto.
     

    Amare è annaffiare nel bosco, ancora morto, i fiori della primavera.

     

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    1. vitto071

      vitto071

      In tutte le cose della natura c'è qualcosa di meraviglioso 

  7. Elide sedeva sul prato vicino al fiume. Leggeva un intrigante thriller la cui protagonista femminile era una ragazza dalla a vita solitaria e indipendente, affascinata dal teorema di Fermat.
 Quando interrompeva la lettura, Elide pensava a quanto poco conoscesse del mondo là fuori, o come fosse digiuna di matematica, o di astronomia, o di fisica delle particelle.
 E di tutto il resto.
 Avrebbe desiderato una vita dal tempo illimitato per leggere tutto ciò che la interessava, per imparare a conoscere e pensare. Le sembrava che non ci fosse abbastanza tempo per gustare e sentire la ricchezza di tutto ciò che c’è e di tutto ciò che è stato. E immaginava che questo non fosse altro che l’introduzione a qualcosa di ancora più importante: la possibilità di contribuire in maniera feconda a costruire il futuro.
 L’orizzonte del desiderabile era talmente vasto da paralizzarla. Alla fine si doveva rassegnare, controvoglia. E si risolveva a concludere che, in qualche maniera piuttosto enigmatica, le cose potessero prendere un’altra piega. Perché altrimenti…
E voleva resistere al senso di scoramento che questi pensieri suscitavano. Voleva credere che questa inquietudine, questa sete senza limiti, fosse destinata a qualcosa di positivo, di costruttivo, nell’economia della vita.
 E, intanto, vedeva come quella inquietudine la spingesse a non fermarsi mai, a non chiudere la partita per ritirarsi in santa pace. E questo era buono.

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Fosse questa la sete che ci animasse, che animasse tutta l'umanità, potrei sperare che potremmo vivere in una società che al pari di una paradiso terrestre, non lascerebbe nessuno indietro al proprio destino, nessuno soffrirebbe fame sete e freddo. ahi me, purtroppo non è così, quelle persone spronate da fame e da sete di conoscenza, non sono che una esigua parte di quei simili il cui unico pensiero, dettato dai loro istinti bestiali. Altro desiderio, altra fame e sete non hanno che possedere, opprime e soggiogare le vite altrui.

  8. Mi piace alzarmi presto al mattino e sentire l’odore di un possibile giorno. Riempire gli occhi dei sogni più belli che accompagnano il mio viaggio. 

Pellegrina della bellezza, e del sentire. Sospesa – come piace a me – in questa dimensione da cui partono scorribande per le pianure del mondo. 

Fluido lo schermo della mente, le immagini vi scorrono danzando: non ci stanno neanche tutte. Sembra tutto altrove eppure i piedi sono a terra. 

Una grande voglia di dire, di raccontare. Di inventare la mia storia impastando la terra con la fantasia, nel momento stesso in cui le cose accadono. 



    Non mi manca il passato, non ho nostalgia di qualcosa che avrei perso. Scorro via col presente verso un altrove, che è già dentro di me. Tremo di emozione davanti al possibile e ho fiducia nelle mie forze e nella corrente stessa della vita. 

I tempi, per me, sono giusti. Quello che avviene, la sorte… mi va bene. È lì che muovo le braccia, i piccoli passi. Mi sembra di saltare, come una giovane navigatrice dell’essere.

     

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  9. 
Il ritorno delle energie fresche, ecologiche, della vitalità e il riaccendersi dei sogni. Una doccia sotto la cascata di acqua  fresca che toglie via le incrostazioni cavillose. Nudi e fiduciosi nel gioco di dare una forma bella alla nostra storia. E di goderne nell’intimo. Di goderne nell’abbondanza. Di goderne nella fantasia.

    E continuare a lavarsi ogni giorno, perché il cammino accumula polvere sulle nostre membra, e il sudore ve l’appiccica.
 Non innamorarsi della nostra polvere, non sostare troppo nella nostalgia dei ricordi che essa porta con sé.
 Lavarsi periodicamente, per ritrovare l’innocenza della voglia di vivere.

    Ed è in quell’alba della vitalità che fiorisce una forma di intelligenza che non si sperpera nel collezionare le ragioni che spiegano i nostri problemi, ma, piuttosto, inventa espedienti per aprire sentieri nuovi nel bosco. Perché nulla vale, sul piano pratico, come l’acutezza ingegnosa di escogitare le favole che ci daranno i doni magici per raggiungere la meta, conquistare il nostro regno, rendendo il viaggio avventuroso e succulento.

    Che venga la nostra primavera.

     

     

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  10. L’incanto che mantiene la nostra vita in quelle che Spinoza chiama “passioni gioiose” è legato spesso a quel filo conduttore arguto e brillante che lega l’una alle altre le vicende meravigliose della nostra quotidianità. Noi siamo per noi stessi l’arguta Sherazade.

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    1. glamoursnob

      glamoursnob

      bellissima 🌸 

  11. Ti amo

    Pensavo che, in fondo, la faccenda degli umori è alla nostra portata. Uno crede di essere preda degli umori. Ma non è così.

    Sognavo da tempo di incontrare un vero uomo, i cui sentimenti fossero tutt’uno con quello che lui è. È questo che desidero: incontrare un vero uomo i cui sentimenti siano esattamente lui e non un vento passeggero.

    Sugli umori, dicevo. 
È come nuotare in un fiume. Ci hai provato? Ci sono correnti che ti portano via. Sta a te muoverti verso quelle correnti che ti lascino il controllo. Delle volte, le puoi perfino sfruttare.

    È alla nostra portata.
 Più che gli eventi del mondo, che succedono senza che tu lo sappia e che tu possa. Le cose vicine sono cose su cui si può mettere le mani e lavorarci. Le cose vicine sono le cose del tuo quotidiano.
 E sono anche gli umori.

    Il controllo non è su ciò che succede nel mondo. Quello è lontano e tu ci navighi dentro. Il controllo è sul tuo nuotare tra gli eventi. Delle volte le cose rischiano di portarti via. E tu sai cosa bisogna fare. Girare verso un lato del fiume in cui tu non perdi il controllo della tua nuotata.

    Quanti anni hai, figlia mia?

    Non ha importanza.

    Io sognavo da tempo un uomo che quando ti dice ti amo, è lui. E io sognavo da tempo di essere quello che sentivo.

    Mi sveglio, al mattino, e dico: eccoci. Tutto questo desiderio di vita e sembra che non ce ne sia abbastanza. E allora mi dico: che vuoi fare? Piangere perché non hai di primo mattino il rigoglio del regno? Oppure, darti da fare e cercare di ottenere quello che ami?

    Sei pigra, al mattino? 
È perché non sai ancora i doni che ricevi mettendoti all’opera.
 Non vorrò mai cedere alla noia.
 Mi metterò a lavare i piatti, a pulire i pavimenti, a fare qualsiasi cosa, pur di uscire dal risucchio della noia.
 La noia è la fatica immaginata dai muscoli non allenati.
 Ma chiunque cammini e tagli la legna sa che a lavorare il corpo è felice.

    Io ti immaginavo così. Eri un uomo che quando diceva: ti amo, era lui in persona. Stabile come una roccia, radicata nel suo essere. Qualcuno che era. E non una bandiera svolazzante.

    Io ti immaginavo così: grande, radicato nel tuo essere. Al riparo da tutti i soffi d’aria che spazzano la città. E desideravo questo. Che la tua bocca, i tuoi occhi, dicessero cose che sono e non soltanto cose che arrivano e passano e vanno.

    E che tu sapessi di essere. E che io sapessi di essere.
 Lasciando alle spalle tutte quelle domande che rivelano la nostra incertezza.

    E io ti abbraccerò, quando verrai. E non sarà un sentimento effimero. Non ci sarà niente di effimero in questo fluire del tempo. Ciò che permane, l’essere, emergerà dal fondale. Non sarà neanche scalfito dalla corrente.

    E io ti abbraccerò. E, semplicemente, saremo.


    Lasciando tutti i morti dietro le spalle.

     

     

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  12. Le nostre vite, per quanto modeste, contengono spunti decisamente interessanti. L’esercizio del pensiero durante una passeggiata in mezzo alla natura produce spesso idee capaci di aprire nuovi orizzonti per la nostra avventura umana.
    Sarebbe bello se riuscissi a scrivere soltanto per me stessa. Se non volessi così tanto essere apprezzato dal prossimo potrei forse pensare cose che mi fanno apprendere davvero.
    Molto spesso mi trovo a pensare a come salvare il mondo dai mali che lo affliggono mentre so così poco sugli effetti della digestione sul mio umore.

     
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  13. Le parole sono un dono straordinario. Senza parole come faremmo a dare un volto ai nostri pensieri? Ma le parole, anche, sono una trappola: le rigiri sulla lingua e sembra che non dicano altro che quello che hai già sentito, letto, immaginato. E qui, invece, si tratta di afferrare qualcosa che va più a fondo, che morde nella polpa stessa delle cose, che tocca il nocciolo del frutto maturo. Qui si tratta di usare le parole come una fionda. Che ti proiettino oltre.

     
    E allora si tratta di lasciare le parole e di andare alle immagini che si trascinano dietro. E molto più ancora: di andare dalle immagini a guardare proprio dentro la vita. Per afferrare un senso ulteriore. Oppure per ricevere un messaggio nuovo.
     
     
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  14. Certamente non lo so 


    che significa davvero 


    la parola che il pensiero 

    
dice con “felicità”. 


    Se qualcuno mi domanda, 


    con quell’aria un po’ sfacciata 


    quando vuol che si risponda, 


    cosa sia "vita beata", 


    quello che mi viene in bocca 


    senza alcuna esitazione 


    è una "vita colorata", 


    con colori a profusione.

     

     

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  15. Sindrome della tegola mancante

    Pensa al tetto della casa che vedi dalla finestra. È tutto ricoperto da splendide tegole di coccio, ben incastrate e allineate. Lo vedi? Ma, se c’è una tegola mancante, o rotta, il tuo occhio vedrà solo quel buco, e ignorerà tutto il resto.

    Finché il tuo sguardo resta incantato a fissare quel buco non vedi la grande abbondanza che ti nutre e sostiene. Non vedi la meravigliosa dovizia di doni con cui la vita ti colma di essere. E scavi nel buco di quel che ti manca. Raggiungendo spesso il fondo del pozzo. E allora, sei pronta ad accettare la schiavitù, una falsa vita, a vivere una storia che non è la tua, quella che la tua anima sogna.
    Quando, per conquista, ritornerete a vedere le mille tegole di cotto che ricoprono il tetto, quando sentirete la gratitudine per tutta l’abbondanza che si riversa su di voi, allora comincerete di nuovo a fiorire..


     

     

     
     
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  16. Ester amava i cappelli. Ne aveva uno rosso, a forma di foglie sovrapposte. Lo metteva la sera. Le piaceva andare nelle luci della città, quando la luna era grossa. Malgrado fosse bionda, aveva una voce scura. Cantava nel locale. Quasi tutte le sere. Tranne il lunedì. Suonava il piano con energia e i testi delle canzoni erano suoi.
 Era bella, attraente, sexy. Ma non ti fare strani pensieri. Il suo cuore era abitato da passioni più potenti del sesso. Non aveva nessun uomo, pur attraendone tanti. Chi poteva starle vicino, a lungo – a questo vulcano?

    Quanto vorrei un caffè! – mi disse. E fece segno al cameriere. Ordinammo due caffè doppi in tazza grande. Io volli anche una grappa.

    Ho perso mia madre a 19 anni. E mio padre due anni dopo. Dall’età di 22 anni sono sola a lottare per la vita… Siamo sempre dei negri, siamo sempre degli schiavi. La lotta per i diritti civili non dovrebbe mai cessare. Ci sono sempre nuovi traguardi da raggiungere. Le maglie della vita civile sono sempre troppo strette. La gente ha le prigioni nella propria testa.

    Avevo sentito la sua canzone, nel locale inebetito dal fumo e l’avevo invitata al tavolo, dopo. Il ritmo era penetrante e il testo mi aveva sorpreso. Non ne sapevo niente. Niente di niente.
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    l testo diceva che Dio ha messo un seme dentro ognuno di noi, come se fecondasse la Terra. Diceva che Dio ama la Terra come la sua Donna. E che le ha messo un seme dentro l’utero. Diceva che Dio ha disseminato nel suo grembo in abbondanza, pazzo per i fianchi della Terra. E che ogni seme è qualcosa di unico, come vuole l’amore. E che tu sei un pezzo di terra con un seme di Dio. 

    
Diceva cose di questo genere, con quella voce scura, da scuoterti nelle viscere. E il ritornello martellava: È il tuo destino, negro! Fai crescere quel seme. È un dono per te, negro, è un dono per la vita.

    Non sono contro nessuno. Non voglio lottare contro niente – diceva.
 Ho lasciato spegnere rancore e vendetta. Mi sono innamorata della mia libertà. Canto, compongo canzoni e canto. Mi guadagno da vivere in questo modo. Non voglio padroni, non voglio servire. Il mio sogno è un mondo in cui ogni uomo e ogni donna possano far crescere quel seme.

    Questa è la mia vita. Questo è tutto. Proprio tutto. E questo è il mio dono.


    Io amo la gente, e amo il mondo. Ma lo voglio amare a modo mio.
 Bevo e fumo, ma ho il cervello attaccato. Non credere.

    Aveva il cappello rosso in testa. E c’era la luna piena, o quasi.

     

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  17. Ho scoperto – nella mia piccola storia personale – che molte delle nostre angustie saltano fuori dalla mania di paragonarsi. Non sono come quello, o quell’altra… 

    Ma non potremmo lasciar perdere questa necessità di stabilire confronti e paragoni e decidere di apprezzare quello che siamo e che abbiamo in se stesso, per il semplice fatto che ci nutre e ci fa stare al mondo?

     

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  18. Il cielo crea un'atmosfera eccezionale.

    É lo scenario e la colonna sonora della giornata.

    La vita viene incontro come tempo e spazio che invitano a guardare, conoscere, operare… fin dal risveglio.

    La scenografia del film viene scritta e disegnata con fiducia, slancio, passione. 

    Il potere immenso dell’immaginazione! Che vuole una vita da sogno. 

    I passi saranno più leggeri se il cuore sa volare.

     

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  19. Non scrivo per forza. Scrivo solo quello che emerge dal cuore e chiede di essere condiviso. È facile riconoscerlo. Io sono presente. E ho gioia da questo sentire la vita, nel mio respiro, nel desiderio che affiora, nel canto degli uccelli, nel fragore del torrente, nella brezza tiepida che entra dalla finestra aperta, dal sogno che avvolge ogni cosa, dalla fiducia che fiorisce da sé in questa meravigliosa isola di pace.

     

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  20. Dove i miei piedi 


    e le gambe 


    sognano andare, 


    là già ci sono 


    con la mente.


    È tutto qui 


    nel fuoco del pensiero,

    
il mio sentiero.

     

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  21. I colori, l’energia, la salute, i sogni, le gambe, la danza, la musica, l’apertura, l’aperto, il cielo, l’aria fresca, camminare. Il lato gioia dell’esistenza.

    Per nutrirsi, rafforzarsi, rigenerarsi e affrontare le sfide, i compiti, seguire i desideri, inventarsi il proprio itinerario.
     
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    1. ok1803

      ok1803

      bellissima foto :) 

  22. Nessuno e niente ci porterà lontano se il nostro entusiasmo non ci spinge a darci da fare per cambiare davvero. E questo è un processo che deve originarsi da dentro. Uno ne deve essere consapevole. 

    Non può dire: mi capita. 

    Deve dire: lo voglio.

     

     

     

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  23. Mi sveglio, è giornata di sole su questa parte di mondo.

    La primavera mi mette voglia di fare. E cerco, come ogni mattina, il sorriso dell’operosità.

    Vedo i problemi e le domande che hanno fatto di recente capolino. Rifiuto l’opzione: fermate il treno che devo risolvere! Scelgo quell’altra: strada facendo! I problemi si affrontano continuando a camminare. Le cose da chiarire, da dargli senso, affiorano in progress – come si dice.

    Devo solo tenere il ritmo giusto, il mio. Un giusto ritmo di marcia è "il mio". Quello in cui non mi smarrisco, non mi perdo. A volte è un po’ come quando si è in coda sulla tangenziale, ma ci si muove. Fin ché la strada si libera…

    Per me importante è dare un senso, inventare un senso, ripulire il senso, rinnovare la sua vitalità. E poi guardare nel mondo con un approccio creativo. Sfuggire alla proposta di demonizzarlo. Trovare la bellezza che racchiude e che lo raccoglie. Intravedere le strade possibili, le opportunità illuminate dalla bellezza. Sondare fin dove l’impossibile evapora di fronte al sorriso dell’operosità.

    La primavera... con questa voglia di fare.

     

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Si, è primavera, la natura si risveglia, tutto assume una nuova vitalità, un nuovo aspetto, nuovi profumi e colori, tutto sembrerebbe diverso ma è solo il risveglio di quel lungo letargo dell'inverno, di quel sonno ristoratore cui la natura si riposa, riprende quelle forze che la lunga estate gli ha prosciugato. Non può essere altrimenti, essendo la stagione, in cui quell'ungo amoreggiare, dà i quei dolci frutti di vita.

      È primavera, la natura si risveglia, per dire a tutte le genti che la vita è eterna, come l'amore che la sostiene e ne dà vita continua.

      buona serata a te e felice primavera

  24. L’arte di generare ora le mie energie e la mia fiducia è un atto creativo decisivo. Perché si tratta di rompere la linea di continuità del tempo – il prodotto entropico del passato – e di irrompere trasversalmente con un nuovo inizio.
    Era il mito dell’Araba Fenice, che risorgeva dalle proprie ceneri.
    Oggi sappiamo che è possibile.
    È il modo giusto di essere nel presente.
    Il presente non è quello che capita. Ma ciò che ne facciamo.
    La creatività non è questo?

     

     

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  25. Vorrei vivere così per tutto il giorno 

    come i sogni che si fanno a primavera, 

    vorrei stendermi nei prati a mezzogiorno 

    per attendere che giunga la sera…

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