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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Vorrei conoscere di più le piante, le erbe, i fiori e i frutti… ma anche nell’ignoranza, la semplice immersione nella natura mi nutre.


    Libri, scritti, intrattenimento, traffico sociale, iniziative, mi svuoterebbero del tutto se non potessi ritornare periodicamente a immergermi in questo oceano verde.

     

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  2. Come vorresti essere un compositore! E dire con le note questa grandezza che ti occupa il cuore e ti spinge fino ai confini e li vuole oltrepassare. Come vorresti, almeno, scrivere, e tracciare con parole sulla carta la strada che ti congiunge con questa dimensione altra, ma che è tua. “Altra” perché paure e preoccupazioni t’impediscono di lasciare che i tuoi sentimenti si espandano come gas volatile nella camera vuota. Ma “tua” perché è lì che la vita ti porta a casa.

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Eppure, Casa, dovrebbe significare pace, serenità, sicurezza, quel luogo dove ansie e paure svaniscono come nebbia al sole. Un luogo accogliente dove ogni incertezza, insicurezza svanisce, perché Casa è quel luogo che significa amare ed essere amati.

      Una felice settimana a voi.

  3. Io, ai desideri, non rinuncerò mai.


    Perciò, tutto quel filone di pensiero che mi suggerisce che le mie pene derivano dal desiderio e dalla brama non mi convincerà assolutamente neanche per sogno. Tutto quel filone di pensiero che mi invita a trovare la pace nel nirvana, nell’assenza di desiderio, lo lascio semplicemente perdere – immaginando che voglia stigmatizzare un eccesso, una mania…

    Ma il desiderio no, non toccatemelo. È la cosa più viva che ho trovato dentro di me. E sono disposta a vederci le dita del divino. E sono convinta che essere felici per quel che si è, per quel che si ha, non è affatto in contrasto col desiderare quello che non c’è, anche se sembra impossibile. Il paradosso appartiene solo alle parole che noi diciamo per descrivere la situazione.

     

     

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  4. Mi chiamo Jonathan. Lei è morta. Un incidente d’auto. Ora non è più qui, anche se la porto ancora nel cuore. E, in un certo senso, è più vicina che mai… Qualcosa di incomprensibile, perfino assurdo. Ma le cose stanno in questo modo.
Sì, ci divertivamo a mettere in parole le cose che riuscivamo ad inventare. E a ripetere la storia – la nostra storia – ogni volta cambiata nel racconto. Cambiata da ciò che di nuovo era successo ed avevamo inventato.

    Quando ci siamo messi insieme è stato per un’attrazione irresistibile. Non facevamo che far l’amore. E tutto il resto veniva come messo in secondo piano. Sullo sfondo. Lei mi piaceva moltissimo. Solo vederla mi eccitava a tal punto che perdevo ogni ritegno e ho la presunzione di credere che lo stesso avvenisse anche a lei. Era un dono del Cielo che questo avvenisse e che fosse proprio così. Non importava più nulla quello che avevamo imparato sul fare l’amore. Ora facevamo l’amore senza chiederci assolutamente nulla di come si deve fare l’amore. Facevamo l’amore, tutto qui. Lo facevamo.
Chiamammo quel periodo il momento in cui avevamo imparato che l’amore va fatto. Bisogna fare, l’amore. Farlo, come, in ogni cosa che si ama, bisogna fare.
Noi ragionammo molto su una cosa che veniva da sé, prima di ogni riflessione. Cercammo di capire cosa voleva dire “fare”. Lo pensammo a proposito del fare l’amore. Perché l’amore era la cosa che volevamo di più.
Lei diceva: vedi? Tutto quello che abbiamo conosciuto prima, letto, visto nei film, di cui abbiamo parlato, tutto quello che sapevamo dell’amore non è sufficiente, ed è perfino superfluo, quando facciamo l’amore. Nel fare l’amore noi ci avventuriamo per un itinerario che si stacca dalle mappe. E noi lo facciamo. 
Noi facevamo l’amore quando lo facevamo. Voglio dire che non mettevamo in pratica qualcosa che già sapevamo. Noi lo facevamo lì quello che era l’amore.
Noi eravamo colpiti da questa intuizione che avemmo insieme. L’amore si fa. Non si esegue qualcosa che già prima si sapeva. No, l’amore si fa lì, proprio lì.
Eravamo storditi – piacevolmente – da questa scoperta. Che ci liberava da tutti i pregiudizi, da tutta la cultura. Noi lo facevamo l’amore. Perché l’amore non è un semplice sentimento, ma una cosa da fare. Una cosa che si fa.

    Più tardi scoprimmo che l’amore non si faceva solo a letto, o sul tavolo, o sul pavimento, o nella campagna.
Più tardi scoprimmo che l’amore che facevamo apriva i suoi percorsi. E un po’ per volta scoprimmo che fare l’amore cambiava continuamente. Fare l’amore diventava sempre di più fare le cose che l’amore chiedeva.
Noi ridevamo quando ne parlavamo. Ridevamo sul fatto che l’espressione che usavamo – fare l’amore – aveva cambiato significato, pur restando la stessa. Fare l’amore voleva dire per noi – lo constatavamo, nota bene: non lo progettavamo – fare l’amore voleva dire fare tutto quello che nasceva dall’amore stesso. E noi stavamo facendo proprio quello. E sapevamo che fare queste cose era fare l’amore. E ridevamo. Ridevamo quando ne parlavamo.

    Il tempo della giornata non bastava mai per fare l’amore. Fare l’amore era come un orto dove sempre nuove piante crescevano ed erano da coltivare. E facevamo l’amore qualsiasi cosa facessimo: era tutto fare l’amore. Si potevano fare tante cose – lo sapevamo. Si potevano fare mille cose. Tutte diverse. Ogni cosa era da fare. Ma noi facevamo l’amore, qualsiasi cosa facessimo. E la percezione del mondo, ce la ritrovammo cambiata tra le mani, senza neanche che ce ne accorgessimo. E ridevamo quando ritornavamo con la memoria a tutte quelle discussioni di prima. Tutti quegli interrogativi che sembravano dividere e contrapporre. E ora, tutta questa divisione, tutta questa separazione delle cose, tutta quella necessità di trovare mediazioni ragionevoli tra istanze distinte, tutto questo si era dissolto senza nessun progetto.
Noi ridevamo perché ci sembrava di aver ricevuto un’intuizione decisiva, proprio nel momento in cui avevamo scoperto che l’amore si fa.
    E la vita che appare un’avventura avvincente.
    E la trepidazione e la paura che partoriscono da dentro il coraggio e la calma.
    E l’incertezza che si traduce in immaginazione.

     

     

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  5. Come quando, di notte, guardi le stelle. E senti come tutto è immenso. Assolutamente fuori di ogni controllo. E tu ti domandi: ma che cazzo è questa cosa che chiamiamo vita? E la mia vita, cos’è? E ti rendi conto – immediatamente – che con tutta la tua intelligenza, la storia che hai alle spalle, la cultura, le scienze, e anche i tuoi tentativi di entrare in contatto con le forze divine… Insomma, che c’è qualcosa di essenziale che ti sfugge.

    E che è curioso, perfino paradossale, che con tutta questa voglia di vita e di sapere che ti trovi addosso per il solo fatto che sei sveglia e che vedi e che senti, che tu sia lì, come un allocco, consapevole che ti trovi solo sulla buccia di una sorta di coscienza…

     

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  6. Andar per colli con le mani in tasca
    non fa problema che anche oggi io esca
    sgranocchio un fico mangerò una pesca
    se sono pesce abbocco a questa esca
    e tu che guardi dal lontano il cielo
    e sogni rosa immerso in questo velo
    sei forse il fiore o forse sei lo stelo
    rossa è la vite e giallo cadmio il melo.

     

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima come sempre :) 

  7. Quando faccio volar un aquilone mi allontano nel Cosmo, entro in uno stato di trance in cui si intuiscono verità felici, che penetrano con disinvoltura nei segreti della realtà, e assisto al formarsi di immaginarie congetture sulla vita che saltano a piè pari i confini del verosimile usuale. 

    Per il poeta, lo scienziato, il danzatore, il musico e l’avventuriero, l’Altrove è sempre più importante del consueto.

     

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  8. Andiamo,


    La luce del mattino


    Il sentiero, il bosco


    E quell'energia giovane addosso

     

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  9. E ti lasci portare dalla corrente.


    E fai tutto quello che viene da fare.


    E non temi perché la corrente è vita.


    Stai danzando, probabilmente. O canti.


    Dai una forma bella a tutto ciò che tocchi.


    E attraversi d’amore ogni persona in cui t’imbatti.

    E i dormienti ti prendono per matta. Ma sorridono, poi, perché tu li svegli. Dai loro il benvenuto alla vita.

    E si dimentica tutti i pensieri della sera prima.


    E il desiderio dipinge il film della tua avventura.


    E capisci come era sciocco esitare.


    Com’erano deboli i fantasmi che ti trattenevano per il lembo delle maniche.

    E il quotidiano – la solerte operosità di tutti i giorni – scivola come d’incanto nella forma bella del tuo sogno.


    E, se parli, sei ispirata. Se suoni, improvvisi. Se tocchi, incanti. Se pensi, i pensieri ti danzano tra le dita. E gli occhi si rovesciano a cavalcioni del sorriso.

     

     

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  10. Un tempo le utopie avevano una dimensione collettiva. Non sono sicura che quei tempi siano da rimpiangere. Oggi la dimensione utopica trova il suo spazio vitale nei sogni della gente. L’utopia è il principio della speranza che anima i lungo tratto dell’esistenza individuale. È il sogno che vivi ogni giorno lavorando e procedendo verso quella direzione che hai trovato in te stessa come un richiamo, un’urgenza incalzante. Non è una meta irraggiungibile, perché la vivi ogni giorno. Non è un’illusione destinata a disilluderti, è l’ossigeno che anima i tuoi gesti quotidiani. E nello stesso tempo è un potente richiamo a crescere, a perseverare, a esplorare, a inventare, a progettare, a immaginare.

     

     

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  11. Sotto l’acqua ben nascosto 


    c’era un mostro grosso e tosto.


    Io pescavo dalla barca 


    pesci piccoli e una scarpa. 


    Il mio amico Ferdinando 


    pesca sol di quando in quando. 


    Poi un’ondata dispettosa 


    ci sconquassa senza posa. 


    Noi caschiamo dentro il mare, 


    chi mai ci potrà salvare? 


    Ma pietoso il bel pescione 


    ci trasporta sul groppone. 


    Noi arriviamo al bagnasciuga 


    e scopriamo ch’è un’acciuga.

     

     

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    1. maurigoli

      maurigoli

      buongiorno e buon inizio settimana

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  12. Lavoro al testo, con la musica. Miglioro. Un soul che esce dal corpo. Pulsa il tamburo nel cervello e il giorno nicchia tra le nuvole: respira caldo malgrado l’ombra e la foschia. Meglio col passare delle ore e forse esco.

    Non al raduno. No, non alla festa. Troppe parole, oggi, laggiù. Oggi voglio parole di silenzio: sanno di caramello.

    Un'insalata per pranzo mi lascia leggera a sentire il ritmo della vita. E seguo il volo dei pensieri attraversare gli spazi.

    La bellezza di andare. Penso.
    Insopportabile essere trattenuta.
    Intollerante, strappo la pelle dai rovi e sogno il vento.

    Bisogna scappare dice lo spirito, e vuol dire semplicemente che bisogna andare.

    Andare è il modo dei cavalli e degli umani.

    Ho imparato a fare, strada facendo.

    La casa stessa si crede vascello.

    Scrivo in piedi ad alta voce, calibrando il fiato come nel canto.

    E canto, in effetti, come un poeta che sta bene nel mondo solo passandoci attraverso. 
     
     
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  13. Con tutte le cose belle da fare, perché dovrei scegliere la noia?

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  14. Scrivere mi aiuta a pensare. Anche a vedere i miei desideri. 


    Ora, reagendo a un’estate torrida qui al Nord, io sogno il mare, il fresco della brezza, ma non solo. 

    
Mi vedo in una villa sulla collina prospicente il golfo, immersa in un bosco di olivi e pini marittimi, che scrivo. Ecco la mia vita da vecchia. Faccio la scrittrice, felicemente rilassata. La mente è lucida. La narrazione interminabile. Che cosa racconto non lo so ancora, ma già la storia della mia avventura mi chiama e poi tutto quello che ho imparato nelle varie circostanze, sfide e prove dell’esistenza. Il tentativo, mai compiuto del tutto, di trovare un filo conduttore di tante vicende e svolte.

    
Una volta i vecchi potevano avere il compito di insegnare qualcosa alle nuove generazioni. Ma una volta il tempo era più lento e le cose più stabili. Oggi è tutto diverso. Il cambiamento incalza a un ritmo sostenuto. Cosa può un vecchio raccontare alle giovani generazioni? E perché solo a loro? Ci sono anche i suoi coetanei, sempre più numerosi. E forse altrettanto smarriti alla ricerca di un senso ancora sfuggente. 


    E tutto questo mi appare una nuova splendida avventura, ben coniugata con la mia storia.

     

     

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    1. elisa2807

      elisa2807

      Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l'ha già creata" di Albert Einstein

  15. Voglio una storia mia.
    Voglio decidere perché e come.
    Finché ho abbastanza energia e finché sono capace di nutrirmi.
    Il mio mondo sarà una danza tra ciò che amo e ciò che avviene.

     
     
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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima :) 

  16. Quando un bacio è il sogno di un bacio.

     

     

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  17. Gli uccelli sono il volo. E il volo è il sogno che crede in se stesso. Il sogno non come evasione, ma come visione dotata della fiducia di guidare i passi dell’azione. Ciò che trasforma la vita in una meravigliosa avventura dove si diventa e si realizza. Se succede qualcosa di bello e anche di straordinario è perché lo si è sognato (e si è avuta tanta fortuna). Ma dicevano gli antichi che la fortuna aiuta gli audaci. E sognare, credo, è l’audacia che perseguo. E che considero opportuna.

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  18. Mentre percorro il mio cammino…

    
Guardo i volti delle persone. Come fossero parole. Cerco il senso di quello che vogliono dire. Come se i volti fossero la parola corporea del desiderio dell’anima. Della ricerca di una storia. Cerco quella vibrazione che mi accomuna alla loro storia. Cerco un’immagine di me stessa nei volti delle persone.


    I volti delle persone come linguaggio. E spesso si tratta di un linguaggio che si dice da sé, dentro di loro. Di cui loro stessi non sono chiaramente consapevoli.

    
Come io stessa sento ma non sono del tutto consapevole.
E spesso nasce, da questo incontro di volti, una qualche intuizione.


    Guardavo il volto di Andrea, l’altra sera.


    Avevano servito merluzzo fresco con olive e patate. La luce delle lampade, il respiro leggero della notte sul lago… Guardavo il suo volto, mentre parlava, con una certa eccitazione. Non parlava neanche di lavoro – benché sia impegnato in un’attività piuttosto gravosa. Anche se è il suo lavoro. Come si dice? La sua missione.


    Lui la vive così. Parlava di qualcosa che era dentro il lavoro e fuori di esso.
     

    C’erano zanzare? Sì, ricordo le zanzare. Il lago. Il caldo. È estate, ormai..
     

    E mi sono rimasti impressi quegli occhi.


    A volte non ricordi le parole, i concetti. Ma ricordi gli occhi. E gli occhi hanno un loro discorso. Che si dipana dietro le parole. E che poi, magari a casa, prima di andare a dormire, tu traduci nelle tue parole. Come faccio io adesso.


    Cosa diceva Andrea quella sera? Ricordo poco. Perché si dicono tante parole in fretta, per riempire gli spazi di una serata tra amici. E non sono neanche nostre parole. Solo gesti di cortesia. Solo gesti di ospitalità. E quando le parole sono gesti, non importa ricordare le parole.


    Veramente, dentro di me pensavo altro. Pensavo: com’è bello essere parte della vita. Com’è bello aver avuto questo dono di vedere e sentire qualcosa della vita! Dicevo più o meno queste cose, dentro di me. Perché era una di quelle sere in cui tutto sembra miracolo.


    E c’erano quegli occhi. Ed Andrea che parlava – non credo parlasse di lavoro. Ma non ricordo le parole.


    E quegli occhi entravano nel mio discorso. Sembrava si staccassero da quello che Andrea diceva. Che si staccassero dalla stesso Andrea. Ed entravano nel mio discorso. Erano due occhi interlocutori. Parlavano con me, indipendentemente da Andrea. Che strano!


    Mi sembrava perfino irrispettoso. Insomma, Andrea… eppure, tant’è!


    Non so come, non so spiegare, ma quegli occhi mi richiamavano.

    Mi dicevano che il centro è da quella parte. Sincerità radicale. Quello che senti davvero, quello che vedi davvero. Quello che pensi davvero.


    E: affidati. Credici. Credici completamente. Qualcosa del genere.


    Si sa, queste sono parole. Ma come si fa a dire gli umori, i moti del cuore, i richiami dell’anima?


    E vedevo dentro i miei ricordi come una traccia di storia. La traccia di una ricerca di sincerità radicale. Una sorta di integrità.

     

     

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  19. La collina era come il corpo di una donna al sole.


    Migliaia di api ronzanti cercavano nettare. 

    Faceva caldo.

     

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  20. Io vado avanti con questo pensiero. Mi dico: se sono stato scelta dalla vita ad essere viva, proprio io, la mia vita è importante. Merita tutta la mia cura. Non la voglio svendere. Non voglio svenderla alle paure che mi assalgono. La mia vita ha dentro di sé un desiderio di grandezza e di bellezza che non può essere soffocato dalla mancanza di coraggio.

     

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  21. Guardando il cielo avvertiva forte il richiamo alla grande esplorazione, vibrava alla misteriosa interminabile ricchezza dell'essere, e sapeva che il futuro era infinito: doveva esserlo per contenere la realizzazione dei suoi sogni.

     

     

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    1. glamoursnob

      glamoursnob

      posto bellissimo , e bellissima foto anche !! 

  22. I poveri sono matti, diceva Zavattini. 

    E da matti possono sognare quel che gli pare…

     

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  23. Sono perplessa. Mi rendo conto che della vita so veramente poco. E quello che so potrebbe essere piuttosto sbagliato. Ho solo tanta voglia di gioia, creatività, azioni efficaci, desideri realizzati, cose del genere. So che mi voglio bene e mi prendo cura di me. Cerco di tenere su il morale. Mi carico di pensieri che mi regalano stimoli e spesso entusiasmo. Poi faccio dei tentativi, con quello che so fare. Mi avventuro. E questo mi piace. Spero che la vita mi sia favorevole. La buona stella, quella cosa lì. Sono anche un po’ scaramantica. Talvolta sciamanica.

     

     

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  24. L’occhio impara a cogliere i segnali di rinascita. Non si è lasciato oscurare dalle cadute e dagli insuccessi. Ha mantenuto la fiducia, che è la vera luce dello sguardo. E le mani ci riprovano, felici di sentirsi vive.

     

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  25. Ti guardo negli occhi, amico mio, e sento musica.


    Musica è la parola.


    Musica che entra dentro, come un soffio d’anima.


    E mi entra dentro.


    E ci resta.


    A lungo, amico mio.

     

    E si cammina – nei ritagli del tempo

    
Sui sentieri del parco più vicino.



    Si cammina, nelle pieghe del tempo.


    Il tempo occupato dal lavoro e dalle strategie.


    Sarà questo il Sabato della vita?

    
Un sabato esiguo – sull’orologio della vita.


    Sui sentieri del parco…



    Quando siamo lì – nel tempo vuoto – sembra tutto strano.


    Ci vengono pensieri come uccelli tropicali.


    Come se la geografia del quotidiano fosse – di fatto – un paese straniero.


    Il paese di un altro – di altri – un altro paese.



    Perché camminiamo vicini,
sui sentieri del parco – dove corre tutta questa gente?



    Ti guardo negli occhi e sento questa musica.


    Mentre guardiamo, strabici, percorsi alternativi.


    Perché l’arte è entrata nel nocciolo caldo della nostra vita.


    Paradossi e contraddizioni non fanno che eccitare una prorompente vitalità.



    Dove guardano i tuoi occhi, amico mio?

    
E i miei?



    È questo il Sabato?



    Le foglie degli ontani dicono


    Che sono idee nuove quello che cerchiamo.


    Le incontreremo sui sentieri del parco?



    Guarda come corrono i bambini!

     

    E tu sorridi – indimenticabile.


    Quel tuo sorriso che viene dall’anima.


    E io penso: idee nuove, è questo che cerchiamo.



    Camminiamo nel parco più vicino.


    Un ritaglio di tempo – tutto qui.


    Ritaglio nel tempo del lavoro e delle strategie.


    Per un istante abbiamo visto come un altro paese.


    Il nostro?


    E ora?


    Siamo all’estero?

     

     

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