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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Guardare il cielo è la prima cosa che faccio, al mattino. Come i naviganti, come i carovanieri, come chiunque è in viaggio.
    Il cielo mi ricorda che sono figlia della terra, vengo dalla terra. E ora sono terra in cammino verso il futuro.
    Noi umani abbiamo acquisito una formidabile capacità di plasmare la terra. La volontà di conoscere, lo spirito dell’impresa, il potere di costruire vengono dalla terra, come la capacità di empatia, di sentire il legame che ci unisce al tutto, di trarne visioni affascinanti per le nostre avventure.
    In questa nostra epoca la consapevolezza e lo sguardo con cui progettiamo si sta allargando rapidamente. È su questa base che siamo impegnati a migliorare le cose e gli equilibri dell’insieme. Più delle minacce, più dell’indignazione, più del terrorismo catastrofico, sarà la nostra capacità di partorire nuova conoscenza, nuova tecnologia, nuove proposte, nuovi progetti a rendere la terra quell’eden che vuol essere dall’inizio dei tempi. 

     

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  2. Sono morta per un incantesimo e un principe su un cavallo bianco mi verrà a trovare, bacerà la mia bocca, il torsolo della mela avvelenata sarà rimosso e io mi sveglierò principessa.
     
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  3. Bisogna proprio che abbandoni l’idea  di controllare tutto – o quasi.
 Perché l’ideale del controllo obbliga la vita a filtrare attraverso le categorie della mia mente, che, per quanto sia straordinaria, è sempre un occhio piuttosto limitato. 
E mi figuravo la vita che si sforzava di adeguarsi a quello che io pensavo. E si angustiava. E proprio non ci stava dentro. E si contorceva le viscere.

    Sì, lo capivo, all’istante, che non potevo pensare di obbligare la vita a muoversi secondo le mie piccole categorie. Per quanto abbia studiato, riflettuto, immaginato, non mi sfugge che tutto questo è poca cosa di fronte alla vita.

    Capivo che, piuttosto, ero io a dover usare la mente in maniera diversa. Piuttosto dovevo aspirare ad allargare la mia consapevolezza della vita stessa: della sua complessità, della sua bellezza, del suo aspetto paradossale.

    Che la vita mi appaia paradossale indica appunto la limitatezza della mia ragione logica. E il fatto che non mi esaurisca nella ragione logica è attestato dal fatto che sono in grado di vivere il paradosso e di scegliere intuitivamente nelle varie circostanze la direzione di marcia, le cose da fare – anche in mancanza di un sapere definitivo.

     

     

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  4. Hai voglia di mettere un po’ d’ordine tra le cose. Sperando che questo chiarisca la tua situazione. 

    Ma lo sai in anticipo che per quanto tu metta in chiaro non ce la farai mai.

     

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  5. Tenere gli appunti in disordine rende difficile trovare quello che cerco ma consente di trovare quello che non sapevo di voler trovare.



     

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  6. Voglio imparare da tutto ciò che è stato, voglio usare l'accesso all' archivio di conoscenza che oggi i nuovi mezzi ci consentono… Ma voglio che i sogni siano più forti dei ricordi.

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  7. Grazie del tuo commento. Mi fa piacere che poche e semplici parole abbiano suscitato delle emozioni.

  8. Ecco, da alcuni giorni mi sono impegnata nella pulizia e nel riordino di casa. 
Santo cielo questa sì che è una buona idea. E i benefici li sento immediatamente. 
Lo spazio luminoso che cresce (mi ci muovo meglio): la sporcizia e il disordine (l’accumulo di cose che non uso da tempo) inibiscono l’iniziativa fresca, creativa. 
Fare spazio, aprire alla luce, l’atmosfera del pulito, della freschezza, della rinascita; tutto questo è in sintonia con il gioco leggero e importante dell’ideazione e del mettersi in moto per realizzare.


    Sembra di avere il controllo dell’avventura, anche se essa conserva il suo mistero. 
Sei tu che stai modellando il mondo attorno a te. E il mondo ti risponde da amico.

     

     

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  9. Si muove sui treni. Di città in città. Un nome insolito, raro. E particolare era lui. Come di un altro mondo. Tre ore e mezza? Quanto era durato il nostro incontro? Tre ore e mezza, contando largo. Si muove sui treni e forse non sapeva – ma un nucleo vivo e interiore lo sapeva – che lui stesso era un vascello, una nave, un mezzo di trasporto. E io mi lasciai trasportare e ancora veleggio. Sì, in quell’altrove dove riponiamo tutti i nostri sogni più vivi. Non l’ho più sentito. Ma conta?


    Ci sono vie di fuga dal tempo che vanno al cuore stesso del tempo.


    Lui è stato questo, per me, quel giorno. Vie di fuga che portano oltre lasciandoti scoprire che quell’oltre è proprio casa tua. Sei qui, ma non sei di qui. Viandante? Lui si muove sui treni ed era un viaggio anche per me.


    Ora ogni cosa che abbia un profumo, una luce, una musica, un calore, mi ricorda quel viaggio e il suo nome. E l’altrove.


    Non ho nostalgia né senso di perdita. Uscendo dal mio tempo quotidiano, mi ha lasciato il meglio della vita. L’incanto di un richiamo. Non perché se n’è andato. No. Ma perché lui era un vascello, un mezzo di trasporto. Trasporto. Non è questa la parola che usiamo per certi stati d’animo?

     

     

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  10. Ce la caveremo, vero, mamma?

     

    Sì, ce la caveremo.

    E non succederà niente di male.


    Esatto.


    Perché noi portiamo il fuoco.

     

    Sì. Perché noi portiamo il fuoco.

     

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  11. Anche quando ci si allontana dal mondo, o da certe sue manifestazioni, perché consapevoli della nostra vulnerabilità, non si abbandona la responsabilità nei confronti dell’umanità. Al contrario, è per conservare e alimentare energie pulite e poter lavorare al miglioramento delle cose. 

    Il destino del mondo è affar nostro, in qualche modo.

     

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  12. Lei diceva che la creatività più importante, quella che è davvero fondamentale, consiste nella capacità di ricreare ogni giorno quell'immensa energia che ti fa affrontare la vita con passione e perseverare nel tempo, senza cedimenti.


     

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  13. Dopo aver scalato i quarantanove scalini della saggezza
    alla ricerca di un indizio
    Dopo aver rubato le battute migliori
    nascosto dietro le quinte di un palcoscenico
    Dopo aver indossato ogni tipo di maschera
    Dopo essermi strappato la pelle
    Dopo averti fatto ubriacare
    Dopo avere immolato i miei giorni per te
    Dopo essere entrato fino alle ginocchia nell'acqua gelida
    per vederti ridere
    Dopo aver ballato musica di merda
    credendo di farti ridere
    Dopo essermi illuso che alla fine mi avresti amato
    Dopo aver progettato viaggi
    Dopo averti letto i miei racconti inediti
    Dopo averne accettato le tue critiche arbitrarie
    Dopo averti fatto spazio nel mio letto
    Dopo averti fatto spazio nelle mie vene
    Dopo averti risparmiato quando ero già pronto ad ucciderti
    Dopo aver preso a morsi i mobili della mia stanza
    per non ucciderti
    Dopo aver visto morire inosservate le mie battute migliori
    Dopo averti amato
    Avuto conferma di vento a favore
    tolgo gli ormeggi

    Massimo Volume

     

     

     

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  14. Quando ero ragazzina, alle medie, erano i Poemi Omerici a disegnare gli scenari delle mie aspirazioni e di quelle dei miei compagni.

    La madre di Achille gli faceva un discorso piuttosto esplicito e diretto: se non parti per la guerra, ti sposerai, avrai figli e loro ti daranno nipoti. Parleranno di te, certamente, e ricorderanno i tuoi gesti. Ma alla terza generazione già si dimenticherà il tuo nome e tu cadrai nel nulla. Se vai alla guerra, non ritornerai, non avrai figli e nipoti, ma le tue imprese faranno parlare di te per mille e mille anni!

    Lo confesso che il richiamo della Gloria era molto forte su di me a quei tempi. E che mentre altri compagni preferivano l’umanità di Ettore alla fierezza spregiudicata e alla forza guerriera di Achille, i miei pensieri erano attratti irrimediabilmente da quest’ultimo.

    La predizione della madre di Achille è stata confermata. Ancora oggi noi parliamo di lui e di Paride, di Priamo, di Ettore, di Elena, di Ulisse…

    Forse era una faccenda da ragazzini. Ma il richiamo alla grandezza nella vita mi pare qualcosa che sfugge ai limiti di un’immaginazione necessariamente condizionata dai modelli che si hanno a disposizione. Andava oltre l’immaginabile e significava qualcosa di più profondo.

    E certamente, allora, per noi, la grandezza non separava la fama dal valore. E non c’era ancora nemmeno quella sottile e insidiosa sensibilità moralistica che metteva in guardia contro la Vanità e che suggeriva di cercare una grandezza e un valore separati e perfino indifferenti alla fama e alla gloria.

    Era qualcosa di originario e di innocente, che scaturiva – credo – dalla radice istintuale dell’essere venuti al mondo.

    Quante vicissitudini ha attraversato quel desiderio di grandezza nel corso degli anni! Quante forme ha rivestito, quanti abiti si è messo addosso!
 Con quanti fallimenti e con quante sfide ha fatto i conti! Ma anche a quante realizzazioni, e coronamenti d’imprese ha condotto, alimentando la perseveranza e il coraggio!

    E ancora vive nel fuoco dell’anima.
 Ancora impacciato e confuso nella soluzione degli interrogativi che suscita alla coscienza morale, ma ancora capace di sprigionare un potente richiamo che solleva la postura e gonfia il petto.

    Me ne sono accorta visitando il paese della mia infanzia, i luoghi in cui ho vissuto bambina – mi ha riportato indietro. In un certo senso ricongiungendomi con il mistero giovane e fresco della vita che emerge, con quel poco di consapevolezza in più che mi ritrovo addosso ora.
 Mi ha aiutato a spogliarmi almeno un po’ dalle incrostazioni e gli schemi che la cultura mi ha successivamente appiccicata addosso.

    Ora so che quel desiderio è sano e buono. È il desiderio di grandezza, il desiderio di una vita piena e significativa. È energia vitale allo stato incoativo.

     

     

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  15. — Perché, mia piccola regina,
    mi fate morire di freddo?
    Il re dorme, potrei, quasi,
    cantarvi una canzone,
    ché non udrebbe! Oh, fatemi
    salire sul balcone!
    — Mio grazioso amico,
    il balcone è di cartapesta,
    non ci sopporterebbe!
    Volete farmi morire
    senza testa?
    — Oh, piccola regina, sciogliete
    i lunghi capelli d’oro!
    — Poeta! non vedete
    che i miei capelli sono
    di stoppa?
    — Oh, perdonate!
    — Perdono.
    — Così?
    — Così...?
    — Non mi dite una parola,
    io morirò...
    — Come? per questa sola
    ragione?
    — Siete ironica... addio!
    — Vi sembra?
    — Oh, non avete rimpianti
    per l’ultimo nostro convegno
    nella foresta di cartone?
    — Io non ricordo, mio
    dolce amore... Ve ne andate...
    Per sempre? Oh, come
    vorrei piangere! Ma che posso farci
    se il mio piccolo cuore
    è di legno?

    Sergio Corazzini, Dialogo di marionette

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  16. Bevo il primo raggio di sole
    e salpo.
    Il desiderio
    gonfia la mia piccola vela,
    lo sguardo spalancato
    sull’orizzonte del mondo.

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  17. Voglio aver cura del tempo.
    Anch’io ne ho perso molto, con tante occasioni, opportunità.
    Viene da rimpiangere, da pentirsi.
    Sì, mi pentirò, ma senza rimpianti.
    Non voglio la paralisi del rimpianto.
    In fondo, è come se fossi nato proprio ora. E il tempo che resta è il tempo che c’è. Quello che ho davanti agli occhi.
    “Quello” è il tempo che viene a me, fresco e nuovo. Con i vagiti di inconsapevole certezza di esserci.

     

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  18. Lei vagava nel deserto: l’orizzonte degli eventi era completamente sgombro, escluso il tramonto di un sole rosso. Non c’è un tramonto uguale all’altro, si diceva. E mentre pensava lasciava le sue impronte sulla sabbia. Non aspettava, si limitava a camminare con lentezza e costanza con la sua spada tra le mani.

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  19. Il fiume è una storia che si racconta sulla grande pagina del suolo.
 
    E invita all'avventura per diventare una storia da raccontare.

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  20. Diego, che è intuitivo e penetrante, una volta ha detto che io sono un po’ gatto. È vero. Sono un gatto e sto bene da sola. Non manco di nulla quando sono con me stessa.

    Questo non significa che io sia separata dal mondo, dalla gente e dai grandi problemi che minacciano il genere umano. Al contrario.

    Io amo la mia vita. Amo l’ambiente dove vivo . Amo il processo stesso attraverso cui mi esprimo. Amo i miei amici, quelli a cui scrivo e che mi scrivono. Quelli con i quali  c’incontriamo. Quelli di cui so qualcosa, anche piccola, che li riguarda.
 Quando scrivo, lo faccio per me e identicamente anche per loro.

    Da sola riesco a concentrarmi meglio sulle cose che mi interessano. E anche a lavorarci meglio. A modo mio.

    Io credo che i miei sogni e desideri siano da prendere in seria considerazione. Sono la parte più viva di me. Mi spingono verso qualche meta, mi scaldano mentre cammino, mi confortano quando sono stanca.

    Prendendo sul serio i miei sogni ho preso sul serio la vita. Perché mai ci sarebbero dei sogni e dei desideri? Per illuderci? Per ingannarci? Si prende sul serio la vita se si assume questa opinione?

    I sogni sono un fattore importante della vitalità. Riscaldano il cuore, spingono a pensare, progettare, prevedere, immaginare. E ad agire, a fare, a muovere le mani e le gambe e la voce. A usare strumenti, a cercare strumenti, mezzi, condizioni, perché l’oggetto del desiderio venga in chiaro e si realizzi.

    Prendendo sul serio il sogno che mi abita io ho fiducia della vita.
E sono in grado di stabilire con me stessa un buon rapporto, che libera energie profonde, a volte insospettate.

    Sì, sono un gatto che ama la luna.

     

     

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  21. Posso decidere di essere positiva con me stessa, ora, qui.
    Prospettarmi il successo semplicemente nel conquistare un atteggiamento positivo, energia pulita, fresca, creativa, per ora, per questo momento.

     

     

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  22. Lungo l'argine del fiume

    
dove sostano i pensieri


    non cammina molta gente


    io ci sono andata ieri…
     

     

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  23. Bianca ha l’espressione di chi ha considerato con spregiudicatezza radicale la situazione e si è decisa in maniera assolutamente determinata. 

    Bianca ha appena vissuto uno di quei momenti decisivi dell’esistenza da cui dipende il senso della propria storia.

     

     

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  24. Il bello non è una qualità estetica separata. Il bello è sempre utile, serve a fare meglio, a vivere meglio, a lavorare meglio, a pensare meglio, a relazionarsi meglio…

     

     
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  25. La principessa triste

     

    Io penso, Principessa, che sempre il mondo per noi è stato troppo. Siamo consapevoli dei nostri limiti nel momento in cui avvertiamo questo troppo. Ma il punto è da un'altra parte. Un mondo troppo è un mondo interessante, da esplorare, da meravigliarsene, da giraci dentro, da trafficarci in mezzo...
    Non è questo il troppo che senti tu. Il tuo troppo è che non vuoi più giocare, non vuoi più essere sorpresa. Vuoi solo aver avuto!

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