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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. In quel periodo mi ero innamorata di lui. Il suo volto mi parlava più di un libro stampato e avrei voluto invitarlo a colazione, non tanto per parlarle ma per guardarlo per quindici minuti. Quando un uomo ha quegli occhi mi pare che vita e destino si sposino follemente. E queste cose mi danno in testa.
    Avevo scritto dei racconti su di lui, tanto per dare un’espressione a quello che mi pulsava dentro.
    E credo che lui comprendesse. Ma chissà?

     

     

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    1. diegodelavega0

      diegodelavega0

      bellissima foto :) 

  2. Gli amici con cui sto bene sono quelli che hanno una storia da raccontare.
    Con lui voglio avere una storia.
    Con me – è questo il punto – io voglio una storia – la mia storia.

     

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  3. Dio non è in contatto telefonico con nessuno. Non ti parla né ti scrive. La gente, che ne sente il bisogno, si avvicina a Dio solo attraverso l’immaginazione. Cioè l’immagina vicino e immagina di fare qualcosa della propria vita che corrisponda a un desiderio di Dio stesso. Immagina di parlargli e di sentire la sua voce nelle parole che la propria immaginazione suggerisce. Immagina di interpretare i segni che gli manda attraverso gli eventi.

     

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  4. – Sonia, l’occhio mi cade sulle tette.

    – Cazzo dici?

    – Porti sempre queste scollature… mi aspetto da un momento all’altro che tutto  scivoli giù e che spuntino sul palcoscenico due tette sguinzagliate. Mi rendo bene?

    – Tette al vento… dici tu… qualcosa del genere?

    – Io dico che la vita è come un aperitivo.

    – Spiegati un po’.

    – Va di moda, no?

    – Dappertutto.

    – Un aperitivo è la stimolazione dei succhi gastrici…

    – Vuoi dire: in attesa di un pasto, una cena, un pranzo.

    – Si dice così: prendiamo un aperitivo?

    A quei tempi, l’aperitivo non era più l’apertura di un processo che portava al pranzo vero e proprio. Gli storici sottolineano il fatto che l’aperitivo poteva tenere il posto della cena. Tutta quella gente, dopo il lavoro, in attesa di una serata speciale… Andiamo a farci un aperitivo? E, lo sai, all’aperitivo tu trovi tre primi di pasta, alcuni bocconcini con formaggio, melanzane, peperoni sott’aceto, e funghetti sott’olio, mortadella tagliata a cubetti su una base di focaccia, un assaggio di salumi della Valsugana e vini in calice garantiti in qualità dalla promozione…Non dimenticare le frittate…

    – Sonia, è una vita che ti voglio scopare…

    – Cazzo dici?

    – Dico che la vita è un aperitivo. Hai il solletico di quel che significa vivere. Ti viene una voglia matta di fare un pranzo pieno della vita. Ma è come se, sempre, solo, ti fermassi all’aperitivo. Sentirne il gusto, l’attrazione – come le tue scollature…
Ma quando si mangia davvero?
    Sonia cammina leggera.
    Il vento le scompigliava i capelli.
    Da sola, camminava sul prato.
    Pensava: la vita è un aperitivo. Senti il gusto, l’attrazione, il richiamo… ma non è ancora il pasto. Forse stiamo andando da qualche parte. Ma io, dove voglio andare?

    Io, ho forse paura di volare?

     

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  5. Noi arriveremo all’isola del tesoro. Abbiamo il vento in poppa. Passeremo attraverso gli scogli, eviteremo le tempeste o le attraverseremo con determinazione bastarda. Abbiamo il coraggio di chi ha evitato la morte più volte. E ci siamo induriti nelle difficoltà dell’infanzia.

     

     

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  6. Troppa spiritualità, credi, t’ammoscia. 

    È meglio avere spirito e un paio d’ali, 

    molta letizia e muscoli di coscia 

    che saltino leggeri tra i mali.
    Ti stai a lamentare che i vecchi pesi 

    si sono volatizzati, sono morti, 

    che ti senti accecato dei valori 

    e che i sentieri nuovi sono storti.
    Ma non t’accorgi che sei più leggero? 

    Che ti puoi avventurare per il mare aperto? 

    Che puoi seguire col vento il tuo pensiero
    
e provare il piacere d’aver scoperto 
    qualche nuovo paesaggio dell’umano, 

    e del possibile qualche nuovo anfratto?
    
A me piace di più, non mi fa strano 

    che mi senta dal nuovo tanto attratto.
    E mi domando se non fosse mai 

    che da sempre questo dentro ci sia stato 

    e che i padroni, quelli che tu sai, 

    con sti grandi valori l’avessero castrato.

     

     

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  7. Fugge a galoppo il tempo irridendo alle ambizioni della fretta. E io rallento per raccogliere il suo fiato nella mia vela.

     

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  8. E questa è l'ora di entrare nel bosco

    che la favola sarà sorprendente


    nella speranza di scoprire il posto


    dove il tesoro è celato alla gente 

    che il timore trattiene alla soglia,


    non è il tuo caso, 
no, Dio non voglia!

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  9. Immersione.


    Forse, immersione e deriva.


    La giornata scorre. Io cerco con le mani.


    Dentro è un ribollire.


    È tutto quello che c'è, ora.

     

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  10. Non capisco come si possa continuare a prendere le cose continuamente alla larga. Gira e rigira sulle questioni.  Mica dobbiamo riempire un palinsesto! E si tratta della nostra vita – o sbaglio?
    Insomma, sono convinta che il passo decisivo che abbiamo da fare lo conosciamo benissimo – dentro. E poi ci giriamo attorno. Insomma, mille ragionamenti affinati, e anche sani propositi, generosità a piene mani, compassione, assoluta volontà di non far pagare ad altri il prezzo delle nostre scelte, e via discorrendo…
    Scrupoli? Sensi di colpa anticipati?

    Ma che ne dici del motto: meglio rimorsi che rimpianti!

    Ti sembra aggressivo? Insensibile? Irresponsabile?
     

    Ma intanto, con tutto il tuo senso etico, ti condanni a vittima per l’eternità. Non farai mai un passo, in questo modo.

     
    Non ti sembra che un bell’errore – uno di quelli pieni di cose da correggere, da migliorare all’infinito – sarebbe meglio di un’eterna tergiversazione?

    Hai tenuto conto del fatto che alla lunga saremo tutti morti?

    Senza sfondare il muro della paura di fare errori o di commettere peccati è difficile mettere in moto le cose.

    E se non si mettono in moto le cose, non succede nulla di nuovo.
    E se non succede nulla di nuovo, siamo al punto di partenza – anche se ci abbiamo fatto sopra una bella letteratura.

    Non farlo perché te lo dico io.
    Guardati dentro e guarda le cose.
    Se hai già toccato il fondo, non ci restare ancora un giorno.
     
    Non succederà niente – credimi.
    E tu sarai ancora lì domani sera, e dopo domani sera, e anche il giorno dopo.
     
    Se la devi lasciare, lasciala. Non è detto che lei si uccida. Potrebbe anche scoprire qualcosa di sé che non ha mai potuto scoprire, avvolta dal tuo amore compassionevole.
     
    Sei vuoi cambiare, cambia. É difficile da noi morire di fame.
     
    Credi nella vita e nel desiderio e nel sogno.

    Tu non vuoi fare del male a qualcuno. Vuoi solo vivere, scoprire la vita e gustarla.

     

     

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  11.  – Smettetela di rigirare il vostro passato, di riscriverlo da capo a piedi.
    È ora di lasciare i vecchi porti. Voi avete dentro un dono. Coltivate quello. Guardate dalla finestra, verso Oriente.
    Se siete donne, sappiate che anche i vostri genitori, che vi amano tanto, pensano che vi dovete sacrificare. Non credete loro. La vita non chiede sacrifici, ma slancio e coraggio.
    E se vi siete attaccate a uno stronzo, lasciate che vada alla deriva.
    Voi avete il cuore grande.
    Non lasciatevi incatenare.

     

     

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  12. Si muove sui treni. Di città in città. Un nome insolito, raro. E particolare era lui. Come di un altro mondo. Tre ore e mezza? Quanto era durato il nostro incontro? Tre ore e mezza, contando largo. Si muove sui treni e forse non sapeva – ma un nucleo vivo e interiore lo sapeva – che lui stesso era un vascello, una nave, un mezzo di trasporto. E io mi lasciai trasportare e ancora veleggio. Sì, in quell’altrove dove riponiamo tutti i nostri sogni più vivi. Non l’ho più sentito. Ma conta?


    Ci sono vie di fuga dal tempo che vanno al cuore stesso del tempo.


    Lui è stato questo, per me, quel giorno. Vie di fuga che portano oltre lasciandoti scoprire che quell’oltre è proprio casa tua. Sei qui, ma non sei di qui. Viandante? Lui si muove sui treni ed era un viaggio anche per me.


    Ora ogni cosa che abbia un profumo, una luce, una musica, un calore, mi ricorda quel viaggio e il suo nome. E l’altrove.


    Non ho nostalgia né senso di perdita. Uscendo dal mio tempo quotidiano, mi ha lasciato il meglio della vita. L’incanto di un richiamo. Non perché se n’è andato. No. Ma perché lui era un vascello, un mezzo di trasporto. Trasporto. Non è questa la parola che usiamo per certi stati d’animo?

     

     

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  13. .. ancora uno e poi basta!.. come le ciliege...

     

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    1. vitto071

      vitto071

      tutto semplice e bellissima :) 

  14. Cerco su Google “agenzie di viaggio”. Vediamo un po’…”Jabalì Viaggi”, “Solletico Viaggi”, “Via col vento”. È tardi, lo so, siamo già a luglio inoltrato ma forse riesco ancora a trovare qualche buona occasione. Sono fiduciosa.
     

    No, non è un viaggio per me, non intendo partire, almeno non tutta intera. Mi spiego: voglio mandare in vacanza solo una parte di me. Una parte non indifferente, discretamente importante in certe occasioni, devo dire.
     

    Siamo o no in estate!? E pure lei ha bisogno di disintossicarsi da tutto lo stress accumulato in un anno intero. Se lo merita. Io no, non parto, non sono affatto gelosa, quest’anno abbiamo deciso di fare le vacanze separate, nonostante la sua possessività ma non le dico che è possessiva, altrimenti si offende a morte e non mi rivolge più parola. La cosa in fondo non sarebbe poi tanto male: in questi ultimi tempi non siamo più felici insieme come un tempo, non c’è più passione, unità di intenti, complicità; il nostro rapporto si è appiattito.
     

    Ebbene si! Ho deciso di mandare in vacanza la mia volontà, e pure di tasca mia, non ne posso più di quella smorfiosetta presuntuosa. Così ho trovato un viaggio last minute, non le ho detto la meta del viaggio, si fida ancora di me: biglietto di sola andata per Roulettemburg. Poi, se vorrà, tornerà da sola.
     

    Ed io qui, voglio solo lasciarmi travolgere e stravolgere dagli eventi e magari surfarci un po’ su, aspettando con impazienza l’evento anomalo. La volontà ha il brutto vizio di scartare a priori eventi che lei giudica folli ed impossibili ed è molto abile a persuaderci che siano tali perché non sopporta il caso. Oh… non si sopportano proprio.
     

    Sì… la volontà talvolta avvelena la fantasia, ti impedisce di cogliere la mela. Ed io ho fame.

     

     

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  15. La luce infrange con vigore il vetro della finestra e irrompe come un'amante ardente nella stanza. 
E non mi basta il cibo sulla tavola. 
Voglio Bellezza infinita.

     

     

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  16. È vero, ne ho fatte di cotte e di crude. Se guardo indietro non posso fare a meno di vergognarmi per tutte le volte che non sono stata all’altezza. La fuga, invece di affrontare la situazione. Un percorso tutt’altro che lineare…

    Eppure, col tempo, un filo rosso collega tutte quelle esperienze, tutti quei cambiamenti di rotta… E ne costruisce il senso. E questo senso va nella direzione dell’innocenza.


    Paradossale: io creatrice di scompiglio e di casini, io disorganizzatrice e portatrice di confusione, che viaggio su una rotta attratta dall’innocenza.

     

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  17. Non mi sento di affermare che tutti gli uomini tendano alla gioia, perché incontro molte persone che sembrano, al contrario, lavorare piuttosto alacremente per la sofferenza, la tristezza, il rancore e cose del genere.
    Quello che posso dire è che io la desidero davvero una vita piena di gioia e di realizzazione, in tutti i campi della mia avventura.
    Io penso di essere una persona comune e mi affido alle capacità comuni per migliorare il mio stile di vita e il mio rapporto con il mondo.
    Ho capito che per questo non è alla genialità che bisogna affidarsi, piuttosto alla tenacia, la perseveranza, l’impegno continuo per perfezionare le cose e crescere ulteriormente.
    Ed è una grande cosa per me, riuscire a trovare per il lavoro di miglioramento una forma leggera e piacevole.
    La cosa è possibile. Sto facendo molti progressi nel trasformare quello che c’è da fare in qualcosa che è bello fare.

     

     

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  18. La ragazza – si chiamava Sveva? – aveva i suoi angoli e i suoi momenti di riflessione. C’era un eccesso di cose, là fuori. E bisognava, ogni giorno, mettere in ordine le stanze dell’anima.

     

     

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  19. Vorrei conoscere di più le piante, le erbe, i fiori e i frutti… ma anche nell’ignoranza, la semplice immersione nella natura mi nutre.


    Libri, scritti, intrattenimento, traffico sociale, iniziative, mi svuoterebbero del tutto se non potessi ritornare periodicamente a immergermi in questo oceano verde.

     

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  20. Come vorresti essere un compositore! E dire con le note questa grandezza che ti occupa il cuore e ti spinge fino ai confini e li vuole oltrepassare. Come vorresti, almeno, scrivere, e tracciare con parole sulla carta la strada che ti congiunge con questa dimensione altra, ma che è tua. “Altra” perché paure e preoccupazioni t’impediscono di lasciare che i tuoi sentimenti si espandano come gas volatile nella camera vuota. Ma “tua” perché è lì che la vita ti porta a casa.

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Eppure, Casa, dovrebbe significare pace, serenità, sicurezza, quel luogo dove ansie e paure svaniscono come nebbia al sole. Un luogo accogliente dove ogni incertezza, insicurezza svanisce, perché Casa è quel luogo che significa amare ed essere amati.

      Una felice settimana a voi.

  21. Io, ai desideri, non rinuncerò mai.


    Perciò, tutto quel filone di pensiero che mi suggerisce che le mie pene derivano dal desiderio e dalla brama non mi convincerà assolutamente neanche per sogno. Tutto quel filone di pensiero che mi invita a trovare la pace nel nirvana, nell’assenza di desiderio, lo lascio semplicemente perdere – immaginando che voglia stigmatizzare un eccesso, una mania…

    Ma il desiderio no, non toccatemelo. È la cosa più viva che ho trovato dentro di me. E sono disposta a vederci le dita del divino. E sono convinta che essere felici per quel che si è, per quel che si ha, non è affatto in contrasto col desiderare quello che non c’è, anche se sembra impossibile. Il paradosso appartiene solo alle parole che noi diciamo per descrivere la situazione.

     

     

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  22. Mi chiamo Jonathan. Lei è morta. Un incidente d’auto. Ora non è più qui, anche se la porto ancora nel cuore. E, in un certo senso, è più vicina che mai… Qualcosa di incomprensibile, perfino assurdo. Ma le cose stanno in questo modo.
Sì, ci divertivamo a mettere in parole le cose che riuscivamo ad inventare. E a ripetere la storia – la nostra storia – ogni volta cambiata nel racconto. Cambiata da ciò che di nuovo era successo ed avevamo inventato.

    Quando ci siamo messi insieme è stato per un’attrazione irresistibile. Non facevamo che far l’amore. E tutto il resto veniva come messo in secondo piano. Sullo sfondo. Lei mi piaceva moltissimo. Solo vederla mi eccitava a tal punto che perdevo ogni ritegno e ho la presunzione di credere che lo stesso avvenisse anche a lei. Era un dono del Cielo che questo avvenisse e che fosse proprio così. Non importava più nulla quello che avevamo imparato sul fare l’amore. Ora facevamo l’amore senza chiederci assolutamente nulla di come si deve fare l’amore. Facevamo l’amore, tutto qui. Lo facevamo.
Chiamammo quel periodo il momento in cui avevamo imparato che l’amore va fatto. Bisogna fare, l’amore. Farlo, come, in ogni cosa che si ama, bisogna fare.
Noi ragionammo molto su una cosa che veniva da sé, prima di ogni riflessione. Cercammo di capire cosa voleva dire “fare”. Lo pensammo a proposito del fare l’amore. Perché l’amore era la cosa che volevamo di più.
Lei diceva: vedi? Tutto quello che abbiamo conosciuto prima, letto, visto nei film, di cui abbiamo parlato, tutto quello che sapevamo dell’amore non è sufficiente, ed è perfino superfluo, quando facciamo l’amore. Nel fare l’amore noi ci avventuriamo per un itinerario che si stacca dalle mappe. E noi lo facciamo. 
Noi facevamo l’amore quando lo facevamo. Voglio dire che non mettevamo in pratica qualcosa che già sapevamo. Noi lo facevamo lì quello che era l’amore.
Noi eravamo colpiti da questa intuizione che avemmo insieme. L’amore si fa. Non si esegue qualcosa che già prima si sapeva. No, l’amore si fa lì, proprio lì.
Eravamo storditi – piacevolmente – da questa scoperta. Che ci liberava da tutti i pregiudizi, da tutta la cultura. Noi lo facevamo l’amore. Perché l’amore non è un semplice sentimento, ma una cosa da fare. Una cosa che si fa.

    Più tardi scoprimmo che l’amore non si faceva solo a letto, o sul tavolo, o sul pavimento, o nella campagna.
Più tardi scoprimmo che l’amore che facevamo apriva i suoi percorsi. E un po’ per volta scoprimmo che fare l’amore cambiava continuamente. Fare l’amore diventava sempre di più fare le cose che l’amore chiedeva.
Noi ridevamo quando ne parlavamo. Ridevamo sul fatto che l’espressione che usavamo – fare l’amore – aveva cambiato significato, pur restando la stessa. Fare l’amore voleva dire per noi – lo constatavamo, nota bene: non lo progettavamo – fare l’amore voleva dire fare tutto quello che nasceva dall’amore stesso. E noi stavamo facendo proprio quello. E sapevamo che fare queste cose era fare l’amore. E ridevamo. Ridevamo quando ne parlavamo.

    Il tempo della giornata non bastava mai per fare l’amore. Fare l’amore era come un orto dove sempre nuove piante crescevano ed erano da coltivare. E facevamo l’amore qualsiasi cosa facessimo: era tutto fare l’amore. Si potevano fare tante cose – lo sapevamo. Si potevano fare mille cose. Tutte diverse. Ogni cosa era da fare. Ma noi facevamo l’amore, qualsiasi cosa facessimo. E la percezione del mondo, ce la ritrovammo cambiata tra le mani, senza neanche che ce ne accorgessimo. E ridevamo quando ritornavamo con la memoria a tutte quelle discussioni di prima. Tutti quegli interrogativi che sembravano dividere e contrapporre. E ora, tutta questa divisione, tutta questa separazione delle cose, tutta quella necessità di trovare mediazioni ragionevoli tra istanze distinte, tutto questo si era dissolto senza nessun progetto.
Noi ridevamo perché ci sembrava di aver ricevuto un’intuizione decisiva, proprio nel momento in cui avevamo scoperto che l’amore si fa.
    E la vita che appare un’avventura avvincente.
    E la trepidazione e la paura che partoriscono da dentro il coraggio e la calma.
    E l’incertezza che si traduce in immaginazione.

     

     

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  23. Come quando, di notte, guardi le stelle. E senti come tutto è immenso. Assolutamente fuori di ogni controllo. E tu ti domandi: ma che cazzo è questa cosa che chiamiamo vita? E la mia vita, cos’è? E ti rendi conto – immediatamente – che con tutta la tua intelligenza, la storia che hai alle spalle, la cultura, le scienze, e anche i tuoi tentativi di entrare in contatto con le forze divine… Insomma, che c’è qualcosa di essenziale che ti sfugge.

    E che è curioso, perfino paradossale, che con tutta questa voglia di vita e di sapere che ti trovi addosso per il solo fatto che sei sveglia e che vedi e che senti, che tu sia lì, come un allocco, consapevole che ti trovi solo sulla buccia di una sorta di coscienza…

     

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  24. Andar per colli con le mani in tasca
    non fa problema che anche oggi io esca
    sgranocchio un fico mangerò una pesca
    se sono pesce abbocco a questa esca
    e tu che guardi dal lontano il cielo
    e sogni rosa immerso in questo velo
    sei forse il fiore o forse sei lo stelo
    rossa è la vite e giallo cadmio il melo.

     

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima come sempre :) 

  25. Quando faccio volar un aquilone mi allontano nel Cosmo, entro in uno stato di trance in cui si intuiscono verità felici, che penetrano con disinvoltura nei segreti della realtà, e assisto al formarsi di immaginarie congetture sulla vita che saltano a piè pari i confini del verosimile usuale. 

    Per il poeta, lo scienziato, il danzatore, il musico e l’avventuriero, l’Altrove è sempre più importante del consueto.

     

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