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  1. E ci trovavamo ogni tanto nel bosco.


    Diego disse: è un mondo vecchio! Disse: guardate! C’è l’orario di lavoro che divora le nostre giornate. Non ci sottrae solo il prodotto del nostro lavoro. Ma ci depriva del nostro stesso progetto di vita. Noi coviamo il nostro progetto di vita sotto la cenere. Riusciamo a mala pena ad accenderlo la sera, come un fuoco. Perché non abbiamo tempo. E, dopo la giornata di lavoro, non abbiamo più neanche le forze.
 I più lo hanno lasciato svaporare. Il loro tempo è tutto occupato. C’è il loro lavoro, il loro stipendio, ma non ci sono più loro.

    Io ascoltavo. Sentivo indignazione. Ma non riuscivao a capire quale rivolta, quale rivoluzione, ci avrebbe portato a recuperare il nostro tempo, il nostro progetto di vita. Diego era stanco. Stanco di fare rivoluzioni – cioè di partecipare a rivoluzioni disegnate da altri. Alla fine – diceva – è sempre la stessa cosa.

    Una giorno, invece, venne Amina. Era una magrebina, immigrata. 
Era la fidanzata di qualcuno.
 Fummo stupiti.

    Ci disse della sua esperienza da immigrata. Era anche colta. Aveva studiato. Era emigrata.
 Sì, ci disse che non era venuta semplicemente per trovare lavoro o condizioni migliori di vita. Ci disse dell’impulso a partire, ad andare immigrati. Disse che anche noi dovremmo saperlo, perché siamo stati un popolo di immigrati, nel passato. 
Ci disse di questo impulso a cercare un nuovo mondo, a dargli vita. Ci disse che succede quando dove stai manca cibo, per il corpo o per l’anima.
 Ci disse che uomini e donne audaci, in queste circostanze, lasciano dove stanno, si slegano, tagliano i legami, e partono. Per aprire la geografia umana con nuovi spazi.
 Disse che, a quel punto, non interessa più uno stile di vita. Disse che importa l’avventura, il viaggio, la ricerca.
 Ci parlò di questa esperienza del viandante. Che è interiore ed esteriore.

    Io capii che Amina era nella nostra società, nel nostro mondo, andava al supermercato, aveva l’orario di lavoro, ma non era come noi. Non viveva tutto questo come lo vivevamo noi. Lei era immigrata. Era alla ricerca di un nuovo mondo. Lei era uscita da, aveva tagliato con, ed era in cerca di.

    Fu quel discorso che mi ricondusse a quello che ero. In un viaggio di migrazione. Alla ricerca di un nuovo mondo. Non ero una gallina d’allevamento. Avevo ritrovato la mia dimensione nomade, selvatica, libera. E stavo movendomi ogni giorno verso il nuovo mondo.

     

     

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    1. diegodelavega0
    2. vincent29264

      vincent29264

      Ho sempre ceduto che la libertà è qualcosa che si coltiva dentro di noi, nella nostra anima, nei nostri pensieri. Viviamo in una società in cui tutto è a portata di mano, nulla più ci manca, o almeno è quello che cediamo, finendo per assopirci a tal punto da perdere quello spirito di avventura che da piccoli tanto ci animava giorno per giorno.

      Ed è proprio nel perdere quella libertà di bambini vogliosi di avventura che finisce per spegnerci, noi persone civili di cui nulla più abbisogniamo, nemmeno di quel nettare che alimenta la nostra fantasia a farci vedere oltre quegli orizzonti ormai perduti.