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Su di me

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  1. Qualcosa che spunta fuori. Una luce diversa. Una luce e unsoffio di vento. Con la musica di sottofondo e tu che cerchi di immaginare la colonna sonora del film. Mentre la scena scorre.

    La rive gauche…, che cosa stai vedendo? Parigi. La prima gita scolastica all’estero, ricordi? Era bello esplorare il mondo con la tua classe del liceo. Li ricordi? Perfettamente. Li ricordo quei ragazzi. Enzo ed Elena, allora fidanzatini,  si sono sposati poi. E Luca? Santo cielo! Con la macchina fotografica che faceva scatti a ripetizione. E le storie di Sara, che non arrivava al treno all’ora della partenza, per via di quel fidanzatino che si era trovata strada facendo…

    
Non piove più. Ora tornerà il bel tempo e il caldo e le nostre lamentele… Tutto questo e quella luce diversa.

    Ma ci sei Diego? Mi ascolti?
 Mi hai detto cose ragionevoli, ma la cosa carina è stata che me le dicessi. Hai tentato di provocarmi e di scuotermi un po’. Tu sembri rassicurato da tanto tempo, molto prima che io mi ponessi domande in proposito. Hai una bella faccia. Questo mi dice molto. E so che sei capace di mantenerla tale molto a lungo. Io … continuo ad essere piuttosto inquieta, ma…

    Quando è stato? ieri, mi sembra. Già fin dalle prime ore del mattino. È stato allora, sì, credo che sia avvenuto in quella fascia oraria, io andavo al bosco. In quel momento non pioveva. E io andavo a vedere gli effetti del temporale nella mia tenuta boschiva.

    Vogliamo rappresentarla come una scena dialogo?


    Ecco:

    Io: Che sta succedendo?


    Voce: Stai conoscendo un periodo nuovo. Il peso e la fatica della mente. E ti sei spaventata a morte?


    Io: E che altro potrei fare?


    Voce: Accetta tutto questo. Affidati. Abbandonati. Se sei furba, fa’ di più: di’ che hai la fortuna di esplorare una nuovo passo della vita e cerca di divertirti. Di scoprire. C’è ancora avventura nella tua vita.
     

    E Thomas? Che stai facendo? Perché non ti sento da tanto tempo? Ce l’hai una versione di La Vie en Rose? Lo so che tu suoni sempre orchestre celestiali. Scrivi una nota o due per me. Mi fa piacere sentire un po’ di melodia.

    E così, credo di essermi arresa. E anche con sollievo. Quanto è faticoso lottare per imporre alla vita, costantemente, il tuo volere.

    Forse dipende da quel che ci hanno messo addosso da piccoli, forse, non so… poi impariamo un linguaggio e molte cose sono già formate lì dentro. Quando pensi, pensi con il linguaggio che hai imparato e vedi quello che il linguaggio ha già visto. E diventa difficile rinnovare la percezione del mondo e della vita.

    Ma non è tutto qui. C’è anche qualcosa di selvaggio che si agita dentro. Quello che non ti fa accettare del tutto passivamente gli usi e costumi vigenti e neanche le dottrine e le chiese. Quello che protesta, rivendicando una presa genuina del senso del vivere. Che non si sa neanche cosa la possa fornire. Ma il selvaggio non demorde certo per questo.

    E io sono appesa a questo dilemma: tra la selvaggia che non osa accogliere una saggezza già confezionata e una pavida che diventa falsamente cedevole.
Sembra, comunque, che mi sia arresa in qualche modo. Vediamo… 

     

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