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Su di me

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  1. ll grande seno della donna che nutre.

    Ci sto pensando.

    Mi sembra di poter dire: un tempo sono stata nel ventre di mia madre. Pensava a tutto lei. Io vivevo senza dovermi occupare di nulla. Sono nata col cesareo. Sarà un segno che non volevo uscire? Mi hanno tirato fuori a forza. Altrimenti sarei morta.
 La Natura è dura in questo discorso. Il ventre che ti ha concepito e nutrito, a un certo punto ti espelle, violentemente, fuori, nel mondo.

    La tua vita inizia come espulsa dal territorio che era la tua patria. È come esule nel mondo che tu diventi qualcuno. E scopri – e costruisci – il tuo potere e la tua forza. Ma sempre con la nostalgia del paradiso perduto.

    L’ambiguità della figura della madre.
 Quella che ti ha concepito, nutrito e ti ha espulso.
 Quella che ti potrebbe trattenere e soffocarti, fino alla morte.
 Quella che ha creato l’archetipo di un luogo paradisiaco la cui mancanza ti spinge a cercare e costruire.

    E dopo il ventre, il seno.
 Chi soddisferà la tua fame?
 Chi colmerà il tuo vuoto di nutrimento fino allo stordimento?
 L’ambiguità del seno materno. Ti nutre e tu hai energia per vivere la tua vita. Oppure ti riempie fino allo stordimento e tu rimani bambino.

    Il dolore della separazione e della perdita segna il passaggio, ogni passaggio. Ad ogni passaggio è come essere espulsi da una situazione piena, ma diventata a rischio di soffocamento.

    E c’è il momento in cui ti separi, consapevolmente, dalla nostalgia della Grande Madre. È il momento in cui decidi che tu ti farai da madre. Ti darai il nutrimento e il conforto necessario per continuare la marcia, il lavoro, la realizzazione del progetto e del sogno. Ti conforterai senza aspettare che qualcun altro se ne faccia carico.
 E imparerai a diventare una persona che sa di poter provvedere a qualcun altro. Perché è diventata madre a se stessa. Ha imparato a vivere nel deserto. Ha trovato il modo di sostenere se stessa nel momento della perdita.

    Congetturo in questo modo: maschio o femmina, il nostro itinerario è questo. Avere una madre che ci nutre e che ci espelle, o da cui partiamo. Imparare a farsi da mamma in prima persona sfuggendo alla nostalgia regressiva. E diventare in questo modo padri. E come tali fecondare la vita.

    Ma pensa dove mi ha portato il pensiero, questa sera!

     

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