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OVIDIO
Dall’” Ars amatoria “ : 1, 135- 166
Né le corse dei nobili cavalli
trascurar tu dovrai: con le sue dense
folle molti vantaggi offre anche il Circo.
Ivi non delle dita hai tu bisogno
per dir l’animo tuo, non già per mezzo
di cenni devi attendere risposte;
ma ben vicino ( nulla ti trattenga )
siedi alla bella; stringiti col fianco
più presso che tu puoi contro il suo fianco.
E ben potrai; chè, s’anche ella non voglia,
tutto lo spazio ivi costringe; il luogo
stesso là vuol che tu la donna tocchi.
Cerca un motivo allor per avviare
Il discorso con lei, e siano pure
detti comuni le parole prime.
Chiedile di chi siano i cavalli
che si avanzano, e pronto il tuo favore
a quello da’ ch’è favorito suo.
E quando poi verrà la lunga pompa
dei Numi eburni, a Venere tu plaudi,
patrona tua, con fervorosa mano.
Se, come avviene, alla fanciulla in seno
è per caso un pulviscolo caduto,
pronto col dito scuoterlo dovrai,
e se nessun pulviscolo vi cada,
pur tu scuoti quel nulla; ogni pretesto
buono ti sia per renderlo servigio.
Se troppo le si strascica la veste,
per terra, e tu sollevala, con pronta
man che dal suolo immondo la preservi,
e tosto allora, premio del tuo zelo,
potranno gli occhi tuoi alla fanciulla
consenziente rimirar le gambe.
E bada poi, chiunque sia seduto
dietro di lei, che il delicato dorso
ei non le prema con le sue ginocchia.
Piccoli offici adescano codeste
anime lievi; utile fu per molti
disporre con sagace arte un cuscino;
anche agitar giovò una tabelletta
per un po’ di frescura, e sottoporre
a due piedini un concavo sgabello.
Codesti approcci spesso in tali arene il figlio
di Venere, e colui che l’altrui piaghe
stava a guardar piagato fu egli stesso.
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( Trad. di G. vitali )