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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il   
    Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il vocabolario era quello della scuola. Ho cominciato a scrivere tardi ma non mi andava di scrivere le mie memorie. Ho cominciato a scrivere dimenticandomi della mia professoressa di lettere, che era molto brava e piuttosto fiscale. Mi sono dimenticata di lei, senza odio. Ho cominciato a scrivere per il piacere di battere le lettere sulla tastiera del computer. Nella mia testa era come suonare. Suonare il piano. Un pianoforte a coda è sempre stato il mio sogno, anche se non so leggere la musica.

    Ho cominciato a scrivere e una corda della mia anima vibrava. Come entrare in risonanza. Ho capito che scrivere faceva parte di me. Tutti pensano. Anch’io penso molto. Ma scrivere il proprio pensiero – in senso lato – è una cosa che ti fa pensare in maniera diversa, speciale.

    Non credere che sia nata scrittrice. Che abbia qualche strategia di scrittura, in maniera da risultare esperta in qualche genere, o qualche topos, come si dice? Io scrivo di getto, ma nel momento in cui scrivo sono lucidissima. E nello stesso tempo, portata da un’ebbrezza che potrei chiamare ispirazione – se conoscessi tutta la letteratura in proposito e fossi sicura di non sbavare…

    Il vero problema era diventare abbastanza veloce con le dita sulla tastiera, in maniera da inseguire il flusso – perché la mia testa non esita a sparare immagini considerazioni osservazioni e ragionamenti… a getto continuo.
Mi sono esercitata come si fa con la tastiera del piano. Ora sono brava, le dita ci vanno sicure sulle lettere giuste. Anche se a volte le accavallo per una sorta di dislessia o cose del genere. Ma fa niente.

    Mi sono data il permesso di scrivere tutto quello che veniva e sono capace di mettere nero su bianco che questo bitorzolo mi sembrava un coglione affettato da una lametta da barba su una palla di gelato, se mi viene così, semplicemente perché mi si è formata quell’immagine in testa.

    Io penso che in questo modo sono in contatto con quello che sento e non mi sottometto a nessun protocollo accreditato. Tanto scrivo per me. Per molto tempo ho scritto solo per me. Per entrare in contatto con quello che avviene dentro di me. Era proprio un bell’esercizio per liberarmi non solo della sintassi – che poi continuo a rispettare per rispetto a me stessa – ma dell’idea che se scrivo dovrei scrivere delle cose che van bene secondo lorsignori…

    Nossignore, io scrivo per me, perché m’interessa entrare in contatto con quella che sono e che sento di essere. E non ne posso più di essere così scema da fare le cose come gli altri si aspettano che sian fatte. Insomma, era un bell’esercizio di emancipazione. Non faccio per dire, e non davo noia a nessuno. Tenevo le mie cose segrete.

    Un po’ per volta ho capito che stavo scrivendo la mia storia. Non soltanto il mio passato, che rivisitavo e redimevo di volta in volta da quel senso di pesantezza che avevo provato per lungo tempo, o dai sensi di colpa, o dalla vergogna, perché – devo esser sincera – ho fatto un sacco di cazzate. Le redimevo, sì, è la parola giusta. Ogni volta che riscrivevo le cose del passato, quegli eventi scabrosi, santo cielo, succedeva qualcosa. Spuntava dal loro groviglio inconsulto, piuttosto necrofilo, un filo rosso che li rimetteva in pista, come se si fosse trattato di episodi significativi, insomma, luoghi della mia vita in cui avevo imparato qualcosa che solo ora si poteva vendere. Era fantastico. 
Io non sono necrofila. Mi sembrava di esserlo, una volta. Ma scrivendo ho capito che il mio gusto per la mia storia era desiderio di vita e non compiacimento del gusto salmastro della morte masticata.

    Non solo il mio passato, dicevo. No, a forza di scrivere io mi rendevo conto che stavo scrivendo la mia storia presente e gli occhi si spostavano verso il futuro: quella storia mia che sto costruendo – non certo con la sola scrittura, ma anche mediante la scrittura. Perché mi rendevo conto che io volevo avere una storia. E poi mi rendevo conto che io avevo una storia. E che questa storia era l’espressione progressiva – una sorta di epifania – dell’impronta della mia anima.
 E mentre la scrivevo la desideravo e il desiderio si radicava dentro la mia carne e mi accompagnava per tutto il tempo in cui non scrivevo sulla tastiera, ma scrivevo sulla buccia del mondo, negli eventi del tempo.

    Solo Dio aveva il diritto di vedere quello che scrivevo. Ma perché il Dio a cui facevo riferimento era diventato – anche grazie alla scrittura – il Dio che preferiva che confessassi quel che sentivo e pensavo davvero piuttosto che una prosa obbediente ai dieci comandamenti. Scrivendo si acquista coraggio fino al punto di rimodellare l’immagine di Dio!

    Adesso vi meraviglierò – lo so.
 Mo non ci posso far niente se le cose sono andate in questo modo. Ma mano che scrivevo le mie visioni – che poi erano versioni filmiche dei miei sogni, dei miei desideri, man mano che li rendevo visibili sulla carta mediante la scrittura, queste cose hanno cominciato a succedere… Lo so che molti di voi non ci crederanno, perché immaginano che stia vendendo un rituali magico. Ma le cose stanno esattamente in questo modo. Ma mano che mettevo in chiaro con questa pratica scaramantica quelli che erano i miei desideri, succedeva qualcosa – dentro di me? Nelle meccaniche celesti? – e chi lo sa? – Succedeva, comunque, che, in seguito a azioni ed eventi, queste visioni prendevano corpo ed apparivano nel mio mondo reale, voglio dire non solo sulla pagina bianca e nella mia fantasia. Voglio proprio dire in quel mondo in cui si pagano le bollette, si incontrano persone, si creano degli oggetti e si vendono. Nel mondo in cui si cucina e si cammina.

    Per concludere, che dire? Se tu sei uno o una che sente nostalgia di una storia, se vuoi avere una tua storia, se vuoi vivere la tua storia, beh, io ti suggerirei questo, se non mi prendi per matta: scrivila.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il   
    Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il vocabolario era quello della scuola. Ho cominciato a scrivere tardi ma non mi andava di scrivere le mie memorie. Ho cominciato a scrivere dimenticandomi della mia professoressa di lettere, che era molto brava e piuttosto fiscale. Mi sono dimenticata di lei, senza odio. Ho cominciato a scrivere per il piacere di battere le lettere sulla tastiera del computer. Nella mia testa era come suonare. Suonare il piano. Un pianoforte a coda è sempre stato il mio sogno, anche se non so leggere la musica.

    Ho cominciato a scrivere e una corda della mia anima vibrava. Come entrare in risonanza. Ho capito che scrivere faceva parte di me. Tutti pensano. Anch’io penso molto. Ma scrivere il proprio pensiero – in senso lato – è una cosa che ti fa pensare in maniera diversa, speciale.

    Non credere che sia nata scrittrice. Che abbia qualche strategia di scrittura, in maniera da risultare esperta in qualche genere, o qualche topos, come si dice? Io scrivo di getto, ma nel momento in cui scrivo sono lucidissima. E nello stesso tempo, portata da un’ebbrezza che potrei chiamare ispirazione – se conoscessi tutta la letteratura in proposito e fossi sicura di non sbavare…

    Il vero problema era diventare abbastanza veloce con le dita sulla tastiera, in maniera da inseguire il flusso – perché la mia testa non esita a sparare immagini considerazioni osservazioni e ragionamenti… a getto continuo.
Mi sono esercitata come si fa con la tastiera del piano. Ora sono brava, le dita ci vanno sicure sulle lettere giuste. Anche se a volte le accavallo per una sorta di dislessia o cose del genere. Ma fa niente.

    Mi sono data il permesso di scrivere tutto quello che veniva e sono capace di mettere nero su bianco che questo bitorzolo mi sembrava un coglione affettato da una lametta da barba su una palla di gelato, se mi viene così, semplicemente perché mi si è formata quell’immagine in testa.

    Io penso che in questo modo sono in contatto con quello che sento e non mi sottometto a nessun protocollo accreditato. Tanto scrivo per me. Per molto tempo ho scritto solo per me. Per entrare in contatto con quello che avviene dentro di me. Era proprio un bell’esercizio per liberarmi non solo della sintassi – che poi continuo a rispettare per rispetto a me stessa – ma dell’idea che se scrivo dovrei scrivere delle cose che van bene secondo lorsignori…

    Nossignore, io scrivo per me, perché m’interessa entrare in contatto con quella che sono e che sento di essere. E non ne posso più di essere così scema da fare le cose come gli altri si aspettano che sian fatte. Insomma, era un bell’esercizio di emancipazione. Non faccio per dire, e non davo noia a nessuno. Tenevo le mie cose segrete.

    Un po’ per volta ho capito che stavo scrivendo la mia storia. Non soltanto il mio passato, che rivisitavo e redimevo di volta in volta da quel senso di pesantezza che avevo provato per lungo tempo, o dai sensi di colpa, o dalla vergogna, perché – devo esser sincera – ho fatto un sacco di cazzate. Le redimevo, sì, è la parola giusta. Ogni volta che riscrivevo le cose del passato, quegli eventi scabrosi, santo cielo, succedeva qualcosa. Spuntava dal loro groviglio inconsulto, piuttosto necrofilo, un filo rosso che li rimetteva in pista, come se si fosse trattato di episodi significativi, insomma, luoghi della mia vita in cui avevo imparato qualcosa che solo ora si poteva vendere. Era fantastico. 
Io non sono necrofila. Mi sembrava di esserlo, una volta. Ma scrivendo ho capito che il mio gusto per la mia storia era desiderio di vita e non compiacimento del gusto salmastro della morte masticata.

    Non solo il mio passato, dicevo. No, a forza di scrivere io mi rendevo conto che stavo scrivendo la mia storia presente e gli occhi si spostavano verso il futuro: quella storia mia che sto costruendo – non certo con la sola scrittura, ma anche mediante la scrittura. Perché mi rendevo conto che io volevo avere una storia. E poi mi rendevo conto che io avevo una storia. E che questa storia era l’espressione progressiva – una sorta di epifania – dell’impronta della mia anima.
 E mentre la scrivevo la desideravo e il desiderio si radicava dentro la mia carne e mi accompagnava per tutto il tempo in cui non scrivevo sulla tastiera, ma scrivevo sulla buccia del mondo, negli eventi del tempo.

    Solo Dio aveva il diritto di vedere quello che scrivevo. Ma perché il Dio a cui facevo riferimento era diventato – anche grazie alla scrittura – il Dio che preferiva che confessassi quel che sentivo e pensavo davvero piuttosto che una prosa obbediente ai dieci comandamenti. Scrivendo si acquista coraggio fino al punto di rimodellare l’immagine di Dio!

    Adesso vi meraviglierò – lo so.
 Mo non ci posso far niente se le cose sono andate in questo modo. Ma mano che scrivevo le mie visioni – che poi erano versioni filmiche dei miei sogni, dei miei desideri, man mano che li rendevo visibili sulla carta mediante la scrittura, queste cose hanno cominciato a succedere… Lo so che molti di voi non ci crederanno, perché immaginano che stia vendendo un rituali magico. Ma le cose stanno esattamente in questo modo. Ma mano che mettevo in chiaro con questa pratica scaramantica quelli che erano i miei desideri, succedeva qualcosa – dentro di me? Nelle meccaniche celesti? – e chi lo sa? – Succedeva, comunque, che, in seguito a azioni ed eventi, queste visioni prendevano corpo ed apparivano nel mio mondo reale, voglio dire non solo sulla pagina bianca e nella mia fantasia. Voglio proprio dire in quel mondo in cui si pagano le bollette, si incontrano persone, si creano degli oggetti e si vendono. Nel mondo in cui si cucina e si cammina.

    Per concludere, che dire? Se tu sei uno o una che sente nostalgia di una storia, se vuoi avere una tua storia, se vuoi vivere la tua storia, beh, io ti suggerirei questo, se non mi prendi per matta: scrivila.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il   
    Ho cominciato a scrivere tardi. La grammatica e la sintassi c’erano, più o meno. E il vocabolario era quello della scuola. Ho cominciato a scrivere tardi ma non mi andava di scrivere le mie memorie. Ho cominciato a scrivere dimenticandomi della mia professoressa di lettere, che era molto brava e piuttosto fiscale. Mi sono dimenticata di lei, senza odio. Ho cominciato a scrivere per il piacere di battere le lettere sulla tastiera del computer. Nella mia testa era come suonare. Suonare il piano. Un pianoforte a coda è sempre stato il mio sogno, anche se non so leggere la musica.

    Ho cominciato a scrivere e una corda della mia anima vibrava. Come entrare in risonanza. Ho capito che scrivere faceva parte di me. Tutti pensano. Anch’io penso molto. Ma scrivere il proprio pensiero – in senso lato – è una cosa che ti fa pensare in maniera diversa, speciale.

    Non credere che sia nata scrittrice. Che abbia qualche strategia di scrittura, in maniera da risultare esperta in qualche genere, o qualche topos, come si dice? Io scrivo di getto, ma nel momento in cui scrivo sono lucidissima. E nello stesso tempo, portata da un’ebbrezza che potrei chiamare ispirazione – se conoscessi tutta la letteratura in proposito e fossi sicura di non sbavare…

    Il vero problema era diventare abbastanza veloce con le dita sulla tastiera, in maniera da inseguire il flusso – perché la mia testa non esita a sparare immagini considerazioni osservazioni e ragionamenti… a getto continuo.
Mi sono esercitata come si fa con la tastiera del piano. Ora sono brava, le dita ci vanno sicure sulle lettere giuste. Anche se a volte le accavallo per una sorta di dislessia o cose del genere. Ma fa niente.

    Mi sono data il permesso di scrivere tutto quello che veniva e sono capace di mettere nero su bianco che questo bitorzolo mi sembrava un coglione affettato da una lametta da barba su una palla di gelato, se mi viene così, semplicemente perché mi si è formata quell’immagine in testa.

    Io penso che in questo modo sono in contatto con quello che sento e non mi sottometto a nessun protocollo accreditato. Tanto scrivo per me. Per molto tempo ho scritto solo per me. Per entrare in contatto con quello che avviene dentro di me. Era proprio un bell’esercizio per liberarmi non solo della sintassi – che poi continuo a rispettare per rispetto a me stessa – ma dell’idea che se scrivo dovrei scrivere delle cose che van bene secondo lorsignori…

    Nossignore, io scrivo per me, perché m’interessa entrare in contatto con quella che sono e che sento di essere. E non ne posso più di essere così scema da fare le cose come gli altri si aspettano che sian fatte. Insomma, era un bell’esercizio di emancipazione. Non faccio per dire, e non davo noia a nessuno. Tenevo le mie cose segrete.

    Un po’ per volta ho capito che stavo scrivendo la mia storia. Non soltanto il mio passato, che rivisitavo e redimevo di volta in volta da quel senso di pesantezza che avevo provato per lungo tempo, o dai sensi di colpa, o dalla vergogna, perché – devo esser sincera – ho fatto un sacco di cazzate. Le redimevo, sì, è la parola giusta. Ogni volta che riscrivevo le cose del passato, quegli eventi scabrosi, santo cielo, succedeva qualcosa. Spuntava dal loro groviglio inconsulto, piuttosto necrofilo, un filo rosso che li rimetteva in pista, come se si fosse trattato di episodi significativi, insomma, luoghi della mia vita in cui avevo imparato qualcosa che solo ora si poteva vendere. Era fantastico. 
Io non sono necrofila. Mi sembrava di esserlo, una volta. Ma scrivendo ho capito che il mio gusto per la mia storia era desiderio di vita e non compiacimento del gusto salmastro della morte masticata.

    Non solo il mio passato, dicevo. No, a forza di scrivere io mi rendevo conto che stavo scrivendo la mia storia presente e gli occhi si spostavano verso il futuro: quella storia mia che sto costruendo – non certo con la sola scrittura, ma anche mediante la scrittura. Perché mi rendevo conto che io volevo avere una storia. E poi mi rendevo conto che io avevo una storia. E che questa storia era l’espressione progressiva – una sorta di epifania – dell’impronta della mia anima.
 E mentre la scrivevo la desideravo e il desiderio si radicava dentro la mia carne e mi accompagnava per tutto il tempo in cui non scrivevo sulla tastiera, ma scrivevo sulla buccia del mondo, negli eventi del tempo.

    Solo Dio aveva il diritto di vedere quello che scrivevo. Ma perché il Dio a cui facevo riferimento era diventato – anche grazie alla scrittura – il Dio che preferiva che confessassi quel che sentivo e pensavo davvero piuttosto che una prosa obbediente ai dieci comandamenti. Scrivendo si acquista coraggio fino al punto di rimodellare l’immagine di Dio!

    Adesso vi meraviglierò – lo so.
 Mo non ci posso far niente se le cose sono andate in questo modo. Ma mano che scrivevo le mie visioni – che poi erano versioni filmiche dei miei sogni, dei miei desideri, man mano che li rendevo visibili sulla carta mediante la scrittura, queste cose hanno cominciato a succedere… Lo so che molti di voi non ci crederanno, perché immaginano che stia vendendo un rituali magico. Ma le cose stanno esattamente in questo modo. Ma mano che mettevo in chiaro con questa pratica scaramantica quelli che erano i miei desideri, succedeva qualcosa – dentro di me? Nelle meccaniche celesti? – e chi lo sa? – Succedeva, comunque, che, in seguito a azioni ed eventi, queste visioni prendevano corpo ed apparivano nel mio mondo reale, voglio dire non solo sulla pagina bianca e nella mia fantasia. Voglio proprio dire in quel mondo in cui si pagano le bollette, si incontrano persone, si creano degli oggetti e si vendono. Nel mondo in cui si cucina e si cammina.

    Per concludere, che dire? Se tu sei uno o una che sente nostalgia di una storia, se vuoi avere una tua storia, se vuoi vivere la tua storia, beh, io ti suggerirei questo, se non mi prendi per matta: scrivila.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da vincent29264 per l'aggiornamento : Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strad   
    Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.
     
       
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da ok1803 per l'aggiornamento : Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro   
    Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro i miei sogni con il respiro all’aperto. E mi viene in mente che i pensieri all’aperto, i pensieri che nascono dal respiro, sono pensieri che possono presumere di dare respiro.
     
       
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da ok1803 per l'aggiornamento : Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro   
    Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro i miei sogni con il respiro all’aperto. E mi viene in mente che i pensieri all’aperto, i pensieri che nascono dal respiro, sono pensieri che possono presumere di dare respiro.
     
       
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da vincent29264 per l'aggiornamento : Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strad   
    Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.
     
       
     
     
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    Forse ci sono gli elfi, da qualche parte. Io non li ho incontrati. Certo che incontro i miei sogni con il respiro all’aperto. E mi viene in mente che i pensieri all’aperto, i pensieri che nascono dal respiro, sono pensieri che possono presumere di dare respiro.
     
       
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    Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.
     
       
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al mo   
    Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al modo di vivere alla grande.
Sei in mezzo a dei cartoni da imballaggio, quelli che la mamma ha lasciato per qualche tempo a tua disposizione, prima di metterli davanti al cassonetto.
E tu ci entri dentro, li traffichi un po’, e ti ritrovi a viaggiare su una macchina sportiva, o su un’astronave, oppure ne fai una casa dove inventi un’intera saga familiare…

    C’è da domandarsi come si possa perdere un’inclinazione così piacevole. C’è da domandarsi come mai smettiamo… diventando adulti.

    Ma non tutti.
    
Guardate l’artista, il pittore, il compositore, il regista, il romanziere, il ballerino, l’attore… trafficano con la pasta del mondo, ma la loro testa è altrove, nel mondo delle visioni, dei sogni, delle idee. Quello che risulta dai loro gesti viene a far parte del mondo e lo abbellisce, lo arricchisce.

    Ma per un momento, trascuriamo il risultato, l’opera.

    Guardiamo l’artista nel processo creativo. Sta giocando un gioco meraviglioso, la sua testa è tra le nuvole, si alimenta di sogni, di visioni. Ha dato vita a questo film e, poco alla volta, il film gli prende la mano e va avanti da solo, il romanzo procede per conto  suo, il quadro che si fa guida i gesti del pittore…
L’energia fluisce nel corpo, nelle mani, nel cuore.
È la pienezza, la ricchezza, la gioia di essere vivo, la misura stessa della vita.
     
    L’approccio dell’artista alla vita risiede in questo credere nel sogno, nel lasciare libero movimento al flusso creativo.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da vincent29264 per l'aggiornamento : Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strad   
    Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.
     
       
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da vincent29264 per l'aggiornamento : Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strad   
    Di solito dico sì per partito preso. Mi piace pensare che sono diventata un sì, strada facendo. Essere un sì vuol dire non fare tante storie e immettersi negli eventi che ti raggiungono. Vuol dire pensare che qualcosa di buono succederà e non è il caso di fasciarsi la testa. Dico sì, senza domandarmi se possiedo la risposta al quesito che mi si propone.
     
       
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al mo   
    Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al modo di vivere alla grande.
Sei in mezzo a dei cartoni da imballaggio, quelli che la mamma ha lasciato per qualche tempo a tua disposizione, prima di metterli davanti al cassonetto.
E tu ci entri dentro, li traffichi un po’, e ti ritrovi a viaggiare su una macchina sportiva, o su un’astronave, oppure ne fai una casa dove inventi un’intera saga familiare…

    C’è da domandarsi come si possa perdere un’inclinazione così piacevole. C’è da domandarsi come mai smettiamo… diventando adulti.

    Ma non tutti.
    
Guardate l’artista, il pittore, il compositore, il regista, il romanziere, il ballerino, l’attore… trafficano con la pasta del mondo, ma la loro testa è altrove, nel mondo delle visioni, dei sogni, delle idee. Quello che risulta dai loro gesti viene a far parte del mondo e lo abbellisce, lo arricchisce.

    Ma per un momento, trascuriamo il risultato, l’opera.

    Guardiamo l’artista nel processo creativo. Sta giocando un gioco meraviglioso, la sua testa è tra le nuvole, si alimenta di sogni, di visioni. Ha dato vita a questo film e, poco alla volta, il film gli prende la mano e va avanti da solo, il romanzo procede per conto  suo, il quadro che si fa guida i gesti del pittore…
L’energia fluisce nel corpo, nelle mani, nel cuore.
È la pienezza, la ricchezza, la gioia di essere vivo, la misura stessa della vita.
     
    L’approccio dell’artista alla vita risiede in questo credere nel sogno, nel lasciare libero movimento al flusso creativo.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da fabulousme per l'aggiornamento : Vedi quello che succede, quando scrivi? Capisco che si parli di terapia della scrittu   
    Vedi quello che succede, quando scrivi?

    Capisco che si parli di terapia della scrittura.

    Lo capisco benissimo perché la scrittura lascia emergere la tua voce fino ad uscire allo scoperto, a collocarsi nella grande canzone dell’universo. 
Ma non mi piace che questo concetto della terapia, che oggi ti ritrovi dappertutto, sia troppo insistito e si fagociti la scrittura stessa – e tutto il resto.

    Che siamo tutti e sempre malati? E cos’è questa smania di definirsi in permanenza bisognosi di guarigione?

    Pensare che ancora dobbiamo guarire è prendere tempo. È rimandare.

    Voglio pensare che sono già guarita. Che sto bene abbastanza per vivere, che ho abbastanza energia per fare e per creare, per alimentare la vita attorno a me.

    Fino a che punto siamo diventati ipocondriaci? Questa vecchia mania a provare piacere nel sentirsi inadeguati. Non stiamo abbastanza bene per fare casini in questo minestrone della vita?
    La vita è molto più divertente di una continua terapia.
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da ok1803 per l'aggiornamento : La fragile bellezza dei papaveri. Innamorati del ciglio della strada 
e del campo di   
    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
e del campo di grano

    regalano il proprio sangue

    per uno sguardo incantato.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al mo   
    Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al modo di vivere alla grande.
Sei in mezzo a dei cartoni da imballaggio, quelli che la mamma ha lasciato per qualche tempo a tua disposizione, prima di metterli davanti al cassonetto.
E tu ci entri dentro, li traffichi un po’, e ti ritrovi a viaggiare su una macchina sportiva, o su un’astronave, oppure ne fai una casa dove inventi un’intera saga familiare…

    C’è da domandarsi come si possa perdere un’inclinazione così piacevole. C’è da domandarsi come mai smettiamo… diventando adulti.

    Ma non tutti.
    
Guardate l’artista, il pittore, il compositore, il regista, il romanziere, il ballerino, l’attore… trafficano con la pasta del mondo, ma la loro testa è altrove, nel mondo delle visioni, dei sogni, delle idee. Quello che risulta dai loro gesti viene a far parte del mondo e lo abbellisce, lo arricchisce.

    Ma per un momento, trascuriamo il risultato, l’opera.

    Guardiamo l’artista nel processo creativo. Sta giocando un gioco meraviglioso, la sua testa è tra le nuvole, si alimenta di sogni, di visioni. Ha dato vita a questo film e, poco alla volta, il film gli prende la mano e va avanti da solo, il romanzo procede per conto  suo, il quadro che si fa guida i gesti del pittore…
L’energia fluisce nel corpo, nelle mani, nel cuore.
È la pienezza, la ricchezza, la gioia di essere vivo, la misura stessa della vita.
     
    L’approccio dell’artista alla vita risiede in questo credere nel sogno, nel lasciare libero movimento al flusso creativo.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da melissa2407 per l'aggiornamento : Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al mo   
    Da bambini, giocando, viene da sé. Come se la natura ci instradasse per istinto al modo di vivere alla grande.
Sei in mezzo a dei cartoni da imballaggio, quelli che la mamma ha lasciato per qualche tempo a tua disposizione, prima di metterli davanti al cassonetto.
E tu ci entri dentro, li traffichi un po’, e ti ritrovi a viaggiare su una macchina sportiva, o su un’astronave, oppure ne fai una casa dove inventi un’intera saga familiare…

    C’è da domandarsi come si possa perdere un’inclinazione così piacevole. C’è da domandarsi come mai smettiamo… diventando adulti.

    Ma non tutti.
    
Guardate l’artista, il pittore, il compositore, il regista, il romanziere, il ballerino, l’attore… trafficano con la pasta del mondo, ma la loro testa è altrove, nel mondo delle visioni, dei sogni, delle idee. Quello che risulta dai loro gesti viene a far parte del mondo e lo abbellisce, lo arricchisce.

    Ma per un momento, trascuriamo il risultato, l’opera.

    Guardiamo l’artista nel processo creativo. Sta giocando un gioco meraviglioso, la sua testa è tra le nuvole, si alimenta di sogni, di visioni. Ha dato vita a questo film e, poco alla volta, il film gli prende la mano e va avanti da solo, il romanzo procede per conto  suo, il quadro che si fa guida i gesti del pittore…
L’energia fluisce nel corpo, nelle mani, nel cuore.
È la pienezza, la ricchezza, la gioia di essere vivo, la misura stessa della vita.
     
    L’approccio dell’artista alla vita risiede in questo credere nel sogno, nel lasciare libero movimento al flusso creativo.
     
     
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da ok1803 per l'aggiornamento : La fragile bellezza dei papaveri. Innamorati del ciglio della strada 
e del campo di   
    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
e del campo di grano

    regalano il proprio sangue

    per uno sguardo incantato.
     
     
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    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
e del campo di grano

    regalano il proprio sangue

    per uno sguardo incantato.
     
     
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    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
e del campo di grano

    regalano il proprio sangue

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    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
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    regalano il proprio sangue

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    La fragile bellezza dei papaveri.
    Innamorati del ciglio della strada
    
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    odessa1920 ha ricevuto una reazione da fabulousme per l'aggiornamento : Vedi quello che succede, quando scrivi? Capisco che si parli di terapia della scrittu   
    Vedi quello che succede, quando scrivi?

    Capisco che si parli di terapia della scrittura.

    Lo capisco benissimo perché la scrittura lascia emergere la tua voce fino ad uscire allo scoperto, a collocarsi nella grande canzone dell’universo. 
Ma non mi piace che questo concetto della terapia, che oggi ti ritrovi dappertutto, sia troppo insistito e si fagociti la scrittura stessa – e tutto il resto.

    Che siamo tutti e sempre malati? E cos’è questa smania di definirsi in permanenza bisognosi di guarigione?

    Pensare che ancora dobbiamo guarire è prendere tempo. È rimandare.

    Voglio pensare che sono già guarita. Che sto bene abbastanza per vivere, che ho abbastanza energia per fare e per creare, per alimentare la vita attorno a me.

    Fino a che punto siamo diventati ipocondriaci? Questa vecchia mania a provare piacere nel sentirsi inadeguati. Non stiamo abbastanza bene per fare casini in questo minestrone della vita?
    La vita è molto più divertente di una continua terapia.