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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1.  Le cose che non conosci cambieranno la tua vita.

     

     

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  2. Vedi quello che succede, quando scrivi?

    Capisco che si parli di terapia della scrittura.

    Lo capisco benissimo perché la scrittura lascia emergere la tua voce fino ad uscire allo scoperto, a collocarsi nella grande canzone dell’universo. 
Ma non mi piace che questo concetto della terapia, che oggi ti ritrovi dappertutto, sia troppo insistito e si fagociti la scrittura stessa – e tutto il resto.

    Che siamo tutti e sempre malati? E cos’è questa smania di definirsi in permanenza bisognosi di guarigione?

    Pensare che ancora dobbiamo guarire è prendere tempo. È rimandare.

    Voglio pensare che sono già guarita. Che sto bene abbastanza per vivere, che ho abbastanza energia per fare e per creare, per alimentare la vita attorno a me.

    Fino a che punto siamo diventati ipocondriaci? Questa vecchia mania a provare piacere nel sentirsi inadeguati. Non stiamo abbastanza bene per fare casini in questo minestrone della vita?
    La vita è molto più divertente di una continua terapia.

     

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  3. Come fai ad andare a dormire quando i pensieri ti accendono l’animo? 

    Vorresti fermare il tempo? 

    No, vorresti che questo tempo non finisse mai. 

    E temi che, addormentandoti, gli dai il permesso di cambiare.

     

    So già che tratterrò le palpebre il più a lungo possibile e fantasticherò nuove esplorazioni e nuovi eventi.

     

     

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  4. L’anima non è sempre con me. Ma spesso mi visita nei miei soliloqui. 

    E so che quando parlo con lei io parlo con tutti.

     

     

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  5. Oggi mi sveglio e vado in terrazzo per vedere il sorgere del sole. 

    L’emozione è sempre intensa.


    Il sentimento è di gratitudine per essere al mondo, per vedere e sentire tutto questo. E per avere dei sogni che ispirano le mie azioni: Una nuova giornata da modellare come un quadro, come un’opera d’arte o di artigianato. Qualcosa che risulta da una sorta di danza tra me e gli eventi.


    Ho fiducia e, anche se rimango senza parole se mi chiedo il senso di tutto questo, sento dentro che tutto questo è bello ed ha valore.


    Non è sempre stato così.


    Ci sono stati tempi in cui la rabbia e la paura erano loro a dominare le mie giornate. E una sorta di risentimento per tutto il male e la sofferenza che la vita e il mondo comportano.


    Qualcosa è successo.


    Qualcosa ho fatto anch’io.


    Qualcosa mi fa stare meglio.


    E oggi mi sembra logico e perfino doveroso cercare di realizzare una vita di gioia e di creatività.


    Interpreto la mia esistenza come un’avventura di ricerca, piena di sorprese e di scoperte. 

    Vorrei davvero non finisse mai. 

     

     

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  6. Fugge a galoppo il tempo irridendo alle ambizioni della fretta. E io rallento per raccogliere il suo fiato nella mia vela.

     

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  7. Mattino. La giornata è appena cominciata la fuori. Mentre qui dentro il desiderio è già sveglio. Ci sono le cose da fare. Vestite e calzate. Ma c’è anche una presenza inquieta, ancora informe, che urge. È il desiderio che non si vede ancora allo specchio. So che è lui che comanda. Più che gli aspetti esecutivi della giornata.
    E mi spinge a scrivere e a disegnare, magari solo scarabocchiare, alla ricerca di una forma, di un volto. Per poter chiamare le cose per nome.
    Capisco che è qui la mia ricchezza più intima e vera. Questa pressione interna che non equivale ancora ad un progetto ben architettato. Una pressione, piuttosto, in cerca di un progetto. Del suo progetto.
    Bussa insistente alla porta dell’intelligenza e dell’immaginazione. Le sollecita a partorire tentativi e interpretazioni.

    È lì la mia giovinezza.


    È lì il luogo dove incontro me stessa, oltre il già fatto, oltre ciò che già esiste.

    È quella la punta avanzata dell’Essere.


    È da lì che scruto il futuro.


    E tento di disegnarne i tratti, con gesti che non sono ancora nomi.

     

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  8. Ancora notte sui tetti delle case.


    Non dentro di me.

    
Il desiderio si desta prima del sole.


    È un bambino che frigge per andare a giocare.


    Benedico il sonno ma bramo la veglia.

     

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  9. Mi alzo prestissimo. È ancora notte, ma quella parte della notte che corre verso il giorno. Che va incontro al sorgere del sole. 

    E io aspetto il momento in cui potrò uscire, per andare a camminare. Non m’importa dove, mi basta andare dove starò sola con i miei pensieri. Quello stato di solitudine che mi dà una gioia straordinaria. Quel piccolo viaggio interiore che mi consente di trovare la mia dimensione personale del viaggio.

     

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  10. L’occhio impara a cogliere i segnali di rinascita. Non si è lasciato oscurare dalle cadute e dagli insuccessi. Ha mantenuto la fiducia, che è la vera luce dello sguardo. E le mani ci riprovano, felici di sentirsi vive.

     

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  11. Dio creò l’uomo perché gli piacciono le storie, dice Elie Wiesel. E sarebbe un modo simpatico di guardare al nostro mondo. Molte di queste storie importanti, del resto, hanno riguardato proprio Dio. Harari dice che fu proprio grazie a queste grandi narrazioni che gli uomini riuscirono a stabilire quella collaborazione su larga scala che han consentito la costruzione del mondo attuale e il dominio del pianeta. 


    Le storie che controllano i nostri comportamenti, oggi, sono storie diverse. Ma pur sempre storie. Il denaro, le società per azioni, i diritti umani, l’Unione Europea… sono storie in cui crediamo al punto di farne delle realtà. Nel momento in cui smettessimo di crederci tutto andrebbe a rotoli. 


    Ma è possibile continuare a crederci davvero quando abbiamo scoperto che sono storie?


    Questo si chiedeva Matilde, il primo giorno di mare, attenta a non irritare troppo la sua pelle bianca.

     

     

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  12. Se ne stavano sotto la luna
 

    senza un ombrello


    a parlare di vita

    
lui insisteva ma era lei che tirava


    il sogno era quello


    non c'è verso, hai ragione


    e allora?


    è quello che manca


    ma poi, d'improvviso

    
e ora chissà

    tempi nuovi


    questi di oggi


    tecnologia incredibile


    e la voglia di esplorare il possibile 

    e l’amore.

     

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  13. Nel cuore del bosco scorgemmo tra gli alberisfuggevoli e danzanti figure umane, se di umani si trattava...

     


     

     
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  14. Il sorgere del sole, con l'esaltante frenesia che regala.

     

     

     

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  15. Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo tuttora in voga.

     

     

     

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  16. Questa mattina sono andata a camminare nel parco, prima di lavarmi, prima di fare ogni cosa. Il parco è qui vicino, in altri termini, ti alzi, ti togli il pigiama, infili i vestiti e sei fuori, subito lì. Subito lì.
 

    Lo faccio quasi sempre – a meno che non ci siano inghippi. Subito lì.
 

    Adesso vi domanderete che cosa significa lì. E anche io.

    Io vado subito lì.


    Fuori.


    C’è l’aria dell’aperto – molto diversa dell’aria del chiuso.


    Lì, è dove sono all’aperto.


    E che vuol dire essere all’aperto?


    Ora ve lo dico.

    Essere all’aperto è essere dove la natura continua a scorrere – sto dicendo, fuori delle strutture e dei comportamenti della cultura e della civiltà. Che, per carità sono importanti e pieni di merito, ma… – sì, sarebbe come – scusate se esagero – come ritornare alla fonte. Lì, dove zampilla la vita. Quella lì è la natura. Ed è bello poterla ritrovare ovunque. Mica ho tempo, la mattina, di volare fino al Machu Pichu!


    La cosa bella è che la natura non la puoi cancellare completamente – nemmeno in città.. Davvero! – malgrado le discariche, la burocrazia, e il codice stradale… Esci, vai nel parco, e la ritrovi. Non ti preoccupare se il parco è pieno di gente che si alza la mattina presto per portare il cane a passeggio, con il sacchetto di plastica e la palettina…

    Lì c’è la natura. È l’aperto.


    Quello lì è l’aperto.

    
Mi sono spiegata?

    Io vado lì, che sono ancora assonnata. Perché, non credere che quando ti alzi, togli il pigiama e infili i vestit, chiudi la porta di casa e incominci a muovere la gambe e le braccia – dico – a respirare… ? Beh, non crediate che quando esci in queste condizioni, sei subito sveglia, e ragioni come un filosofo dell’età di Pericle.

    È tutto diverso. Ce l’hanno raccontata  sbagliata.


    Tu sei ancora tutta attorcigliata nel sonno. Quello che sta succedendo, con i tempi che ci vogliono, è che tu, gradualmente, – nota come l’ho detto – gradualmente, tu ti affacci alla vita da sveglio. Quella che – lo sai – ci si sente lucidi e sei in grado di rispondere alla domanda: cosa hai deciso di fare oggi? Qual è il tuo programma? Per favore! Non fatemi questa domanda subito. Appena sveglia.


    Lasciatemi il tempo di andare lì, all’aperto, dove c’è la natura.

     

    Che bello!


    Ero lì, nel parco, all’aperto. La natura. E dicevo: che bello!


    Sono viva, ho gli occhi aperti. Ma scherzi? Vedo!


    Questa cosa qui mi sembrava un miracolo, da sola.

    
Io vedevo. Insomma c’era tutta questa roba meravigliosa che chiamo natura – voglio dire l’aria, il cielo, gli alberi, l’erba e anche la terra abbastanza morbida sotto i piedi. E c’era questo risvegliarsi del corpo, dico, le gambe, dico, le braccia, dico, il respiro. E poco a poco, anche la mente, quella roba lì, come si dice. Io insomma mi accorgevo che ero sveglia e che vedevo. E dicevo: che bello!

    E poi arrivano i pensieri. Arrivano da soli. Sono ospiti visitatori. Ognuno ha qualcosa da dire. Sembra che abbiano una gran fretta di venirti a visitare. E tu, okei, dici, va bene, mi piacerebbe restare ancora un poco qui, a sentire la natura che scorre, la fonte che irrora, ma va bene, ora posso accogliervi. E arrivano questi pensieri. Credo che arrivino da ieri. Io penso che siano quelli di ieri, questi pensieri.  Perché oggi non ho ancora pensato niente…

    Hanno tante di quelle cose da dirti. Una volta erano i tuoi pensieri. Ora sono tuoi solo perché vengono da te. E tu cerchi fare ospitalità – come si dice? Li ascolti.


    Sono come tanti tasselli che dovrebbero far parte di un disegno unico. Un po’ come le tessere di un puzzle. Ognuno ha la sua premura. Ognuno chiede di essere preso in considerazione. E sembra giusto. E perfino bello. Tanti tasselli che si cercano e che cercano di entrare in armonia.

    E io guardo di qui e di lì. Voglio dire, alla natura e a tutti questi pensieri. Loro si stagliano su questo fondale sorgivo. Sembrano musiche diverse. Ma si cercano. Come farli incontrare?

     

    Perché all’inizio sembra che vogliano litigare, insomma, fare polverone. Ma ho imparato a resistere a questo primo impatto. In fondo, vado nel parco proprio per questo: per non farmi sequestrare dalla litigiosità dei pensieri e delle cose. Qui, nel parco, all’aperto, ribadisco la filosofia dell’Alleanza.


    Mi dico, Alleanza. Voglio dire che intendo andare d’accordo con le cose che capitano e pensare che collaboriamo tutti quanti perché ci sia armonia, perché la banda trovi l’atmosfera e lo stile del concerto. Qualcosa del genere.

    
So che è una questione di diapason.


    Insomma, immettere in quel polverone la nota giusta. Che faccia entrare in risonanza gli altri diapason… qualcosa così.

     

    Insomma, sembra come in azienda, la mattina, quando arrivi e subito ti raggiungono le note, le ingiunzioni, gli ordini di servizio, le richieste, i memo, le mail, e i post in, lasciati da qualcuno… Troppo!


    No, dico. La mia vita non dev’essere come in azienda!


    Qui sono io il capo. Pardon!
     

    Poi mi viene l’idea. Il punto di Archimede. Dico, il punto di Archimede.


    Infatti, l’alternativa sarebbe di esaminare tutti questi pensieri, analiticamente, uno per uno, e poi cercare di fare dei calcoli. Ma sento che questo è un lavoro hard, voglio dire duro, proprio, e farraginoso.


    Ma mi è venuta in mente questa cosa del punto di Archimede.
     

    Voglio dire, un punto leva. Dove agendo si muove tutto. Senza troppo sforzo.

     

    Lascio le prospettive analitiche e cerco.


    Ve lo giuro. Dopo pochi minuti, lì, all’aperto, le cose si chiariscono. Le vedi nell’insieme, nell’insieme della tua vita, senza difficoltà. Le vedi come dall’alto. 
E l’ho visto. Il punto di Archimede. Era lì chiaro, davanti ai miei occhi.


    Ed era fatta.

    Ritorno a casa, mi faccio il bagno.

    
Lo so, dopo il bagno sono di nuovo qui, pronta per tutte le altre cose.

    
Ma, è lì, nel parco, che trovo la fonte. E anche l’intelligenza. Che dire?
     

    Io vorrei che rimanesse sempre aperto questo canale che mi consente di ritrovare la fonte, ogni mattina. Il mio parco…

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  17. Che il pensare sia un camminare rapido verso le sorgenti della gioia di vivere. 

    Sia un saltellare a braccetto con l’immaginazione delle scene che fanno straordinaria la nostra storia.

     

     

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  18. I modi ed i mondi di amare e di amore racchiudono modalità ed eventualità a cui non pensiamo. Siamo limitati dai modi che conosciamo e non pensiamo che possano esisterne altri. La vita è troppo breve e noi siamo bravi a sprecarla o forse la libertà ci sconsola e ci fa paura.

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  19. Voi che aspirate a una spiritualità, sappiate che è il vostro sogno che la crea. Perché spiritualità è arte d’immaginare la vita e realizzarla con fiducia. Non predicate una spiritualità che porti negli spazi siderei, separati dal mondo. La spiritualità è il gioco concreto che state giocando. Esso esige che non siate inquinati, distrutti, lacerati, frantumati, arrabbiati, svuotati… Quando il vostro corpo è sano e pieno d’energia, voi siete gli esseri più spirituali che l’universo conosca. E per raggiungere questo basta solo che impariate ad andare al vostro ritmo, a fare quello che amate, a digerire la vostra esperienza nella consapevolezza.

     

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  20. Soprattutto ti verrei a cercare, per quelle nostre chiacchierate sul futuro, le novità e il modo di affrontarle. Quando mi dicevi: "Non dirò mai, come i nostri vecchi, Io ai miei tempi..." Si è sempre avuto paura del nuovo. 

     

    Ma lo sappiamo, è il nuovo che vince e che il mondo va avanti. E noi dicevamo di voler imparare ciò che il nuovo ci regalava, per essere, per fare, per rendere le cose migliori.

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  21. Qualcosa che spunta fuori. Una luce diversa. Una luce e unsoffio di vento. Con la musica di sottofondo e tu che cerchi di immaginare la colonna sonora del film. Mentre la scena scorre.

    La rive gauche…, che cosa stai vedendo? Parigi. La prima gita scolastica all’estero, ricordi? Era bello esplorare il mondo con la tua classe del liceo. Li ricordi? Perfettamente. Li ricordo quei ragazzi. Enzo ed Elena, allora fidanzatini,  si sono sposati poi. E Luca? Santo cielo! Con la macchina fotografica che faceva scatti a ripetizione. E le storie di Sara, che non arrivava al treno all’ora della partenza, per via di quel fidanzatino che si era trovata strada facendo…

    
Non piove più. Ora tornerà il bel tempo e il caldo e le nostre lamentele… Tutto questo e quella luce diversa.

    Ma ci sei Diego? Mi ascolti?
 Mi hai detto cose ragionevoli, ma la cosa carina è stata che me le dicessi. Hai tentato di provocarmi e di scuotermi un po’. Tu sembri rassicurato da tanto tempo, molto prima che io mi ponessi domande in proposito. Hai una bella faccia. Questo mi dice molto. E so che sei capace di mantenerla tale molto a lungo. Io … continuo ad essere piuttosto inquieta, ma…

    Quando è stato? ieri, mi sembra. Già fin dalle prime ore del mattino. È stato allora, sì, credo che sia avvenuto in quella fascia oraria, io andavo al bosco. In quel momento non pioveva. E io andavo a vedere gli effetti del temporale nella mia tenuta boschiva.

    Vogliamo rappresentarla come una scena dialogo?


    Ecco:

    Io: Che sta succedendo?


    Voce: Stai conoscendo un periodo nuovo. Il peso e la fatica della mente. E ti sei spaventata a morte?


    Io: E che altro potrei fare?


    Voce: Accetta tutto questo. Affidati. Abbandonati. Se sei furba, fa’ di più: di’ che hai la fortuna di esplorare una nuovo passo della vita e cerca di divertirti. Di scoprire. C’è ancora avventura nella tua vita.
     

    E Thomas? Che stai facendo? Perché non ti sento da tanto tempo? Ce l’hai una versione di La Vie en Rose? Lo so che tu suoni sempre orchestre celestiali. Scrivi una nota o due per me. Mi fa piacere sentire un po’ di melodia.

    E così, credo di essermi arresa. E anche con sollievo. Quanto è faticoso lottare per imporre alla vita, costantemente, il tuo volere.

    Forse dipende da quel che ci hanno messo addosso da piccoli, forse, non so… poi impariamo un linguaggio e molte cose sono già formate lì dentro. Quando pensi, pensi con il linguaggio che hai imparato e vedi quello che il linguaggio ha già visto. E diventa difficile rinnovare la percezione del mondo e della vita.

    Ma non è tutto qui. C’è anche qualcosa di selvaggio che si agita dentro. Quello che non ti fa accettare del tutto passivamente gli usi e costumi vigenti e neanche le dottrine e le chiese. Quello che protesta, rivendicando una presa genuina del senso del vivere. Che non si sa neanche cosa la possa fornire. Ma il selvaggio non demorde certo per questo.

    E io sono appesa a questo dilemma: tra la selvaggia che non osa accogliere una saggezza già confezionata e una pavida che diventa falsamente cedevole.
Sembra, comunque, che mi sia arresa in qualche modo. Vediamo… 

     

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  22. Anche se non oso avventurarmi a lungo nei territori aperti da queste suggestioni, il mondo mi appare incantato e magico e l'esplorazione più intrigante e inquieta. 

     

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  23. Importante imparare a dire di no alle mille cose per dire di sì solo a quelle poche che ti portano dove vuoi andare.

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  24. Nelle mie camminate ho ripreso a sognare. Fantastico, trasportata dal benessere che questo provoca dentro di me. E la fiducia si sviluppa attorno alle mie fantasticherie e a queste sensazioni.

    E rientro in casa lievitata, ripulita dalla pesantezza.


     

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  25. Non so se pensare a te, alla tua anima o alla tua pelle. O forse penso solo ai tuoi occhi grandi, alle tue gambe mentre cammini, a come ti muovi.
    Penso a ciò che vuoi dire o a ciò che vorresti dire.
    All’energia che manifesti, all’energia che vorresti ti investisse, che ti inebriasse, che ti riempisse.
    Penso al vuoto a cui vorresti fuggire.
    Alla nebbia che si confonde con la tua pelle.
    A mani che vorresti sentire.
    Al desiderio che qualcuno rompa e inchiodi quel tuo respiro così regolare che si ripete secondo dopo secondo.
    Al tuo desiderio di silenzio, di silenzio pieno, quel silenzio caldo che ti avvolge come un cappotto d’inverno.
     
    Ti penso.

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