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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Probabilmente l’abbiamo intuito la prima volta che ci siamo innamorati. Ma poi anche dopo, quando abbiamo visto il primo film, o abbiamo cominciato a dare la colonna sonora alla nostra vita con i nostri CD, e ancora con il computer, e certamente quando abbiamo dipinto, composto musica, imparato a ballare, realizzato il primo viaggio all’estero, la gita in barca a vela, o l’immersione sub, o il primo volo…

    Un sacco di circostanze che ci hanno immesso quasi del tutto naturalmente nella dimensione del fantastico. Dove già ci preparavano ad entrare le nostre fantasticherie prima di addormentarci da bambini, o ci tenevamo le palpebre aperte per seguitare a leggere il romanzo d’avventura. Perché tutte queste cose sono nostre fantasie realizzate. Sogni realizzati.

    È in quelle circostanze che abbiamo sentito un richiamo irresistibile – anche se abbiamo resistito lo stesso. La vita non è condannata al grigiore, alla monotonia, alla stasi.


    La scelta dell’arte è proprio questa: credere nel sogno che prende forma. Credere che la materia del quotidiano, così come il progetto di lunga durata, possano diventare fantastici.


    E si capisce che questa realtà fantastica nasce nella forma di un incontro folle – in rapporto a ciò che pensiamo voglia dire essere ragionevoli – tra noi e ciò che c’è. L’arte è coltivare le condizioni di questa follia. Innanzitutto decidendosi per essa.

    Ma non possiamo ignorare il ruolo che ha avuto la scienza, la tecnologia, nella realizzazione dei sogni. Icaro ci provò con le penne posticce, ma la cosa non funzionò a dovere. I nostri aerei moderni cadono anche, ma sono più efficaci delle penne di Icaro. La televisione, la radio e il telefono mi consentono di superare spazi, vedere e sentire via etere. Certamente è un sogno realizzato. Soprattutto perché non esige virtù paranormali ed extrasensoriali. La tecnologia, e la scienza che implica, hanno ottenuto questo.

    Questo mi fa pensare.

    
Mi fa pensare che a volte cerchiamo una strada magica alla maniera infantile.

    E mi dà da pensare anche questo: che oggi riscopriamo il corpo, l’importanza della sua manutenzione, della sua energia, proprio grazie alla spiritualità, che ci spinge a respirare bene, a muovere le gambe e a ritrovare la forma e l’equilibrio.


    Tant’è che, spesso, la parola spiritualità mi sembra perfino eccessiva.

     

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  2. Il parco. l parco era il suo pensatoio. E il pensiero era la mente stessa del mondo.   E quello che nasceva lì scaturiva da un irresistibile sentimento della bellezza del vivere. Lavorare per fare della terra un giardino era il grande obiettivo. Bisognava allargare la conoscenza, era necessario studiare, progettare, inventare, con un orizzonte grande come il cosmo. La musica era la colonna sonora del lavoro. 

    E il lavoro era amore.

     

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  3. E salire piu su, ogni tanto, a respirare il cielo.

     

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  4. Che giornata!
 Sempre con la testa nelle nuvole. Una situazione in cui il solo vedere  il verde dei fiori e la luce del giorno è una grazia.


    Come quando sei un po’ brillo, dopo cena, e soffia il vento e tu ti rendi conto di vedere solo la punta dell’iceberg della vita.


    La bellezza di avere un tetto e pareti bianche e l’acqua corrente.


    Come ti senti piccolo e come senti grande lo spettacolo in cui sei stato gettato!
     

     

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  5. Là dove si perde tempo e si riesce ad ascoltare il sussurro del vento
    Vengono a galla i sogni
    Che sono la vera ragion d'essere
    Della nostra breve avventura nel mondo.

     

     

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  6. Chi ci spiegherà la vita?
    Spiegare la vita è troppo!
    Il desiderio di sapere fa parte di noi.
    Ma spiegare la vita è troppo!

     

     

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  7. Il silenzio del mattino è qualcosa che si ascolta.

     

     

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  8. il sorriso riconquista il cuore.

    E gli occhi corrono a scrutare il cielo.

    E le mani si rimettono in moto.

    E tutto si presenta davanti la porta.

    E c’è vento in casa…
     

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  9. Volevo imparare a pensare
    Sono convita che diamo troppo per scontato di saperlo fare.
    Di sapere cosa vuol dire.

     


     

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  10. Vibra il tempo, esce da niente,

    
strada piena di luce, stamattina,

    
desiderio intenso, anzi struggente


    rofumato di rosa alpina

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  11. L’inerzia mi trascina e mi lascio trascinare con oziosa beatitudine in un moto rettilineo uniforme. Una beatitudine un po’ incosciente forse, perché giù, giù dentro di me sento che così non può affatto andare. Nel mio profondo percepisco una oscura colpa che vorrei redimere ma allo stato attuale delle cose non riesco a trovare un squarcio nella mia quotidianità che mi faccia intravedere una direzione. E aspetto il redentore.
    Che tu sia per me il coltello” direbbe D. Grossman ed io vorrei un qualcuno-o-qualcosa-coltello che mi faccia a pezzetti. Sono ingabbiata nelle mie giornate tipo, scandite da ritmi tipo, dalle mie sveglie tipo, dai miei sonni tipo, dalle mie colazioni tipo…
    Mi chiedo, cosa ci vuole per cambiare ritmo!? O meglio a cambiare tempo!? Mi fermo un attimo, rifletto… voglio passare da un 4/4 ad un 7/8, da un tempo pari ad tempo dispari, da banali accenti in battere ad accenti in levare. Potrei, come no… mi dico. Mi inquieta il fatto che, voltandomi indietro, non riesca a percepire con chiarezza e definizione i giorni che si susseguono, giorni da catena di montaggio, uno per tutti, tutti per uno! Secondi-minuti-ore-mattinate-pomeriggi-serate-aperitivi-cene-pranzi-e-chipiùnehapiùnemetta. Praticamente sono racchiusa in un liquido amniotico esistenziale.
    Penso agli eventi determinanti che in qualche modo hanno dato una direzione alla mia vita, in che misura li abbia cercati o se siano capitati senza un mio disegno preciso - c’è chi si illude di essere l’artefice del proprio destino, io no. Posso essere l’artefice dei miei stati d’animo, quello sì, ma non è detto che uno stato d’animo cambi la realtà tangibile che mi circonda, magari rimane solo allo stato latente.
    Adesso ho lo stato d’animo del bradipo, con tutto il rispetto per i bradipi – non vorrei che si offendessero, anzi, nel loro ambiente hanno trovato la chiave giusta per sopravvivere, magari se andassero più veloci si estinguerebbero.
    E allora ho deciso. Rallento. No, no…troppo veloce. Più piano, più piano… voglio almeno godermi questo panorama.

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  12.  
    Guardo l’orizzonte e mi rendo conto della limitatezza di quel che so, di quel che faccio, di quel che sono. 
    Nello stesso tempo, l’orizzonte mi dà la consapevolezza del desiderio segreto di andare oltre, di allargare la mia conoscenza e la portata delle mie azioni.
    Il desiderio si precisa. 
    Essere più consapevole, conoscere oltre, guardare con occhi nuovi, trovare azioni che superino il piccolo orto dove mi trovo. 
    Esplorare il mondo, crescere ancora e trovare altri modi per contribuire.

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  13. In realtà era per parlare. Perché apprezzavo molto le tua compagnia quando settimana si andava a fare una scampagnata, mangiando all’aperto, nel bosco o sulla riva del torrente. All’aperto era tutto più energico. La digestione e anche i nostri pensieri. Ci sentivamo esperti di tutto, pur sapendo di non conoscere nulla nella maniera che avremmo voluto. Ma le nostre parole, quelle che ci scambiavamo l’un l’altro, avevano un grande potere: ci inducevano a pensare. 
Perché i pensieri non sono delle frasi incise sulla pietra. Sono momenti di un viaggio, di un cammino. Il pensiero vuole essere sempre vivo, vuole girare sulle cose con le sue capacità, e anche col senso dei sui limiti. E solo continuando a fare attenzione, a posarsi sui temi nei vari momenti della vita, solo così contribuisce alla vitalità del tutto. 
E quelle discussioni non volevano scrivere una Bibbia. Volevano farci pensare. Pensare all’aperto. Che è molto diverso che pensare al chiuso, nel proprio studio, o nell’ambiente di lavoro.


     

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  14. Vivere di frammenti. È possibile? Il nostro DNA e le regole sociali che l'uomo si è costruito attorno forse ce lo impediscono.
    Il punto, il frammento è comunque più umano della linea, nonostante ciò ci sentiamo in debito prima di tutto con noi stessi perché tutto il resto è strutturato in linee che ci imprigionano come un'acciuga nella rete.

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  15. Mi fermavo spesso lungo i canali, ad osservare scorci di abitazioni. Io che da casa me n'ero andata, provavo per un attimo una sorta di nostalgia per il calore del focolare. Poi mi scuotevo e attraversavo il viale, decisa a trovare un fuoco interiore che mi riscaldasse a sufficienza.

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  16. Il Desiderio è tenace. 

    Il Sogno difficilmente muore. 

    Può covare sotto la cenere, ma, al primo alito del vento, ringalluzzisce.

     

     

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  17. Amo questa vita che ho ricevuto in dono.



    Ho fatto molti errori nella vita.

    Ho vissuto e mi è piaciuto.



    Al punto da desiderare di vivere per sempre.


    Che questa avventura continui senza tregua.



    E non so come la saggezza replichi a questo folle desiderio.



    Quasi certamente sono fuori della saggezza.

    

E non me ne importa più di tanto.



    Quasi credessi che la saggezza vera è da qualche altra parte, in vacanza dai nostri discorsi mielosi, sdolcinati e castranti.



    E so benissimo – nel dire queste cose – di non essere né una gigante, né un' eroina.



    Mi glorio che un essere piccola e mediocre come me possa accogliere nel petto l’audacia di sfidare luoghi comuni accreditati e tentare le vie della sincerità. Buttando a terra i vestiti di cui è stato ricoperto dai sarti della cultura e avanzando nuda – il più possibile – sui sentieri della terra.

     

     
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  18. Sì, trovo che la vita si presta alle interpretazioni più diverse. Si può pensare, in certe circostanze, che se ne scorra indifferente, nella sua indipendenza dai nostri pensieri, ma che sia anche docile a lasciarsi leggere e raffigurare come più ci viene o ci aggrada.

    Se entro in quest’ordine di pensieri, vedo la vita, l’universo, la totalità di ciò che esiste, come un’impresa colossale di cui non posso essere altro che spettatrice. E già così mi sembra una gran cosa.
 I miei piccoli traffici con le mani assomigliano ai giochini che faccio nel bosco, o a ciò che combinano i bambini con la sabbia in un pomeriggio d’estate.
 Un po’ d’immaginazione, qualche castello costruito per gioco con la rena, che poi, di notte, un’onda del mare cancellerà.

    Se mi avvicino un po’ di più alla terra, se fisso lo sguardo sulle città, le strade, i cantieri, le fabbriche…, allora vedo che la presenza di noi umani su questa zolla dell’universo ha costruito qualcosa di più duraturo. Sempre fragile di fronte all’immensità del potere della natura, ma a suo modo un universo consistente e complesso, in cui scorrono le nostre esistenze traendone vantaggi e limitazioni.
Anche questo mondo, uscito dalle mani dell’uomo, sembra possedere una sua indifferenza e autonomia nei confronti dei nostri umori quotidiani. Scorre nella sua oggettività, seguendo le sue regole, senza dar troppo peso alle nostre interpretazioni di singoli.

    Ma se mi accosto ancora di più e cerco di entrare sotto la pelle degli individui, scopro come un nuovo universo, dove pensieri, emozioni, sentimenti, desideri, aspettative, costituiscono il pane quotidiano. E quel che è curioso è che tali pensieri e aspettative sembrano riguardare eventi che dovrebbero avvenire proprio nell’altro mondo, oggettivo, della società e della natura.
Far fortuna, la salute, un partner d’amore, opere che esprimano la nostra soggettività e i suoi bisogni e desideri… sono attesi come eventi oggettivi.

    Il corpo e il suo traffico con le cose sembra essere il tramite grazie al quale le aspettative interiori cercano di provocare gli eventi favorevoli. E noi sappiamo che le nostre città, la tecnologia, le infrastrutture sono apparse nella dimensione oggettiva come risultato di questa logica che dall’interno, attraverso il lavoro, realizza all’esterno.

    Noi umani, soprattutto noi occidentali, crediamo molto in questa logica secondo la quale aspettative e desideri prendono forma in idee della mente e si traducono attraverso il lavoro in nuove realtà utili e vantaggiose.

    Da questa prospettiva conta poco se, quando verrà la notte dei tempi, un’onda spazzerà via ogni cosa che abbiamo costruito. Conta invece che possiamo giocare il nostro gioco durante il pomeriggio che ci è concesso, come fanno i bambini sulla spiaggia.

    E la vita, nella sua sonnacchiosa indifferenza oggettiva, ci lascia giocare, prestandosi alle nostre interpretazioni, ai nostri progetti e pensieri, anche se non rinuncia mai alla possibilità di un grosso scossone che cancelli ogni nostra opera e noi stessi.

    Il Dio misterioso tace e ci lascia giocare, finché non risvegliamo la sua suscettibilità con qualche gesto eccessivo?

    Noi parliamo molto, nelle nostre fantasie, di vero e di giusto. Di fatto conosciamo veramente poco il tremendo potere dell’essere. Ma, entro un certo margine, l’Essere si lascia interpretare come più ci aggrada.

    In questa labile giornata dei nostri giochi, tuttavia, ci è dato certamente un dono che colma l’anima. Vedere la Bellezza, e tentare di farla affiorare nelle nostre opere.

    La Bellezza è tenera e gentile. Sembra una Potenza che sfugge dai pori dell’Essere, si sottrae al suo tremendo potere, per venire a carezzare le nostre brevi esistenze.
 Riesce a vestire anche le nostre tragedie e i nostri drammi.
 Esala, come un profumo, in ogni spazio che le apriamo. Visita i nostri corpi, e sosta nelle nostre opere.

    Noi chiamiamo Arte, questa capacità di vedere e di evocare la Bellezza.
 Le nostre interpretazioni migliori, le nostre fantasie più gustose sulla vita, sono quelle che consentono l’Epifania della Bellezza. 

     

     

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  19. Chiedete a un rospo cos’è la bellezza, il bello assoluto, il to kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina, con i suoi due grossi occhi rotondi sporgenti dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo, il dorso bruno.
    (Voltaire)

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  20. Adoro il mio balcone, anche la notte. 



    La notte d’agosto scavata tra le stelle cadenti in cerca di messaggi ai bordi del mistero. 

    

Perché vivo ai bordi del mistero. 

    

La notte, come la battigia che separa la spiaggia stretta del noto dall’oceano immenso dell’ignoto. 



    E guardo nel buio come si può guardare nell’altrove. 

    

E la vita stessa appare come la prua della nave che avanza nelle acque sconfinate navigando a vista. 



    E benedico il sapere, tutto il sapere che millenni hanno accumulato. Pur sapendo che è poco, è già immenso per la mia piccola mente. E vi posso accedere in qualche modo, per trarne conforto e indicazioni. 



    Ma la mia vita si accende sul balcone che guarda nella notte. E aguzza l’occhio per vedere ciò che non si vede e dare certezza a quello che spero, in attesa dell’alba. 



    Una grande fiducia invade l’animo che respira già le cose di oggi. E sembra che una musica accompagni la storia, dando ai piccoli gesti l’eco dell’impresa. 



    E anche stamani posso sentire gratitudine per poter progettare il modo, il come, in maniera che calzi non l’uomo in generale, ma proprio me, così come sono.


     

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  21. Il punto è sempre lì.


    A volte il tempo sembra offrire opportunità insperate.


    Ma devi muoverti. 

    Devi cambiare. 

    Si tratta di cambiare. 

    Si tratta, in fondo, di fare tu l’atleta delle Olimpiadi.


    Sentire il richiamo e cambiare.

     

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  22. Un cielo fiorisca

    sopra il tuo balcone 

    sopra le tegole del tetto 

    e come alzi gli occhi

    te l'ho detto

    allunga il dito

    e già lo tocchi


     

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  23. La testa si bagnerà di sudore, le membra raggiungeranno il limite della fatica, la stanchezza mi chiedaerà di riposare un po’m  La mia fame verrà nutrita, probabilmente rimetterò un po’ a posto la casa, trascurata in questi giorni, ma la mia testa sarà a questa impresa. L’intenzione sarà di scoprire e di fare.
    Perché questa fame che chiamo inquietudine continua a parlare dentro di me, sussurra tra le pieghe delle azioni, e a volte urla, come la sera, prima di andare a dormire.

     

     

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  24. Facevo il consuntivo della giornata, come sempre. Bisogna ricordare le cose, se no, scappano nell’oblio. Bisogna mantenere la memoria. Quando si vive si fa poca attenzione. Si perde tanto. Bisogna recuperarlo. Io lo faccio alla sera. Ho un diario di bordo. Cerco di ricordare le cose e me le annoto. Mi sembra di vivere di più…

     

     

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  25. La notte avvolge nel suo manto le nostre domande.

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