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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Ogni situazione offre molto più di ciò che cogliamo di primo acchito.


    La cura dell’Essere – che è un modo simpatico e appropriato di definire la Filosofia – non scivola via rapidamente sulle prime impressioni. Ma si ferma. Opera intenzionalmente uno sforzo per arricchire la percezione.

    I ragionamenti filosofici non sono fine a se stessi. Si adoprano per consentire nuove percezioni dello stato delle cose. È – alla fine – la percezione che decide del modo con cui traffichiamo con i dati di fatto. Per quanto i ragionamenti sottili e logici siano da apprezzare, alla fine l’intelligenza deve accettare il paradosso e riuscire a conviverci.

    Benché in un mondo investito dal cambiamento dobbiamo imparare ad essere flessibili e adattabili illimitatamente, l’impatto del cambiamento non può essere navigato se non impariamo a fermarci in maniera adeguata. Fermarci per pensare, per acquistare consapevolezza.

    Il cambiamento aumenta la varietà delle esperienze che ci entrano in corpo. Questa varietà può arricchirci soltanto se impariamo a digerirla. Altrimenti ci frantuma. Paradossalmente, in un mondo in cui domina la rapidità diventa ancora più fondamentale andare adagio, quantomeno fermarsi periodicamente. Ogni giorno.


    Fermarsi, sedere (considerare) e guardare, consente di non essere sequestrati dal cambiamento, dalla variabilità, dalla rapidità. E, in certi casi, permette una visione più lucida del mutamento stesso.

    Di fatto, non dobbiamo andare lenti. Dobbiamo procedere al tempo giusto che ci consente di digerire le esperienze. Al nostro ritmo.
 È questo procedere al nostro ritmo che permette di mantenere la gioia dell’esistere. Altrimenti la corrente ci risucchia ogni energia e ci strappa le carni con i suoi detriti.

    E così, mentre impariamo ad essere snelli e leggeri, per scattare al momento opportuno, noi impariamo anche a fermarci e ritrovare il nostro ritmo per digerire l’esperienza e goderne.

     
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  2. Beh, quando viene la sera io mi domando: quando verrà la mia? E che significa che ci sono? Che c'è tutto questo? E io che ci sto a fare? Sì, vivere, mangiare e dormire al riparo, anche guadagnarsi da vivere, perché no? Ma tutto questo a che serve? Che senso ha? Qualcuno ha davvero la risposta? 

    Quando viene la sera certe domande saltano in testa. Risuonano le domande nel cervello, e le risposte scappano alle reti della mia nave. Ma quelle domande senza risposta lasciano come una musica nell'animo. E quella musica è importante…

     

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  3. Forse il mare, o la piana, o la nebbia, o la luce abbagliante del sole. Il quadro offre più spazio all’immaginazione. E sogni la tua cavalcata, l’avventura che ti porta alla tua isola del tesoro, l’amore del bel principe, i giochi dell’infanzia, le ebbrezze dell’utopia, l’incanto dei violini e i voli in mongolfiera.

    Una volta pensai che tutti i sogni che noi facciamo sono destinati ad avverarsi. Inevitabilmente essi indicano la direzione dove stiamo andando. I sogni sono come l’anticipazione del futuro. Sognavamo di volare e voliamo. Sognavamo di parlarci a distanza all’istante e lo facciamo, sognavamo di guardare la terra da lontano e lo facciamo, sognavamo di vedere ogni parte del globo e anche questo ci è dato. E così via.

    I sogni, forse, sono l’atto conoscitivo più realistico che possiamo fare.

     

     

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  4. I poveri sono matti, diceva Zavattini. 

    E da matti possono sognare quel che gli pare…

     

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  5. La giornata incomincia con il sole.

    Amo il mondo. Ed esserci. Essere viva. E saper fare quello che so fare. Adoro le mani. Un bel regalo. E l’avventura di vivere facendo quello che amo e mi viene bene e facile.

    Amo pensare che in questo modo darò il mio contributo. Come gli alberi da frutta che regalano mele e pere e pesche e cachi… senza sforzarsi di fare altro che quello che è nella loro natura.

     

     

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  6. Due dimensioni parallele abitano l’esistenza e i momenti magici sono quando si sposano. Sono gli spazi del senso, della bellezza, della verità, dell’amore. 

    Il paradiso che godiamo, perdiamo e ritroviamo.

     

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  7. Ciao Melissa, molto lieta. Il piacere è mio.

  8. Andare è un modo di essere.

     

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  9. Il cielo crea un'atmosfera eccezionale.

    É lo scenario e la colonna sonora della giornata.

    La vita viene incontro come tempo e spazio che invitano a guardare, conoscere, operare… fin dal risveglio.

    La scenografia del film viene scritta e disegnata con fiducia, slancio, passione. 

    Il potere immenso dell’immaginazione! Che vuole una vita da sogno. 

    I passi saranno più leggeri se il cuore sa volare.

     

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  10. Affido i miei umori ai pensieri più belli.
     

     

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  11. Sai, Harold, secondo me gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale.

     

    dal film Harold e Maude di Hal Ashby 

     

     

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  12. Amo l’intelligenza che sa evocare energie, che sa eccitare la mente, sollecitarla a mettere al mondo cose che prima non c’erano, a rinnovare la vitalità bambina, curiosa, intraprendente, capace di gioire del suo lavoro, sempre di nuovo, ogni mattina.

     


     

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  13. A che serve andare in altalena? Sento un forte richiamo a impiegare il mio tempo in cose che non hanno a che fare con l’utilità, con un obiettivo, con l’esecuzione di un progetto. Avere l’agenda sgombra e il tempo tutto mio. Per fare quello che mi salta in testa, o lasciarmi sedurre dagli eventi casuali, degli incontri inaspettati. Lasciare che sia il cavallo a decidere il sentiero.
    È certo una reazione, un tentativo di riscatto rispetto a ciò che vivere per un obiettivo mi ha fatto perdere del viaggio. Ovviamente adoro avere un’avventura, una direzione di marcia, un sogno da realizzare. E mi piace essere operosa e utile. Ma c’è una misura migliore che mi chiama, migliore di quella che ho mantenuto nel passato. E prima di morire voglio realizzarla. Voglio vivere i miei obiettivi dando molto più spazio a ciò che nutre il cuore e la mente e il corpo.

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  14. Ero molto grata dell’esistente.

     

    Ma non mi ci addormentai dentro.

     

    Sollevai la testa dentro il futuro

     

    Era Natale.

     

     

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  15. Mi hanno ammaliato fin da bambinia, questi personaggi.


    Quelli che sono in ricerca, che sognano la verità, o l’amore, o la fede.


    Ho sentito calde vibrazioni nel cuore alle parole con cui il figliol prodigo viene accolto al suo ritorno nella casa del padre.


    So di non essere perfetta ma sono fiera di essere al mondo e mi ritengo speciale.


    Rientro in un grande disegno che, per altro, non conosco.


    Posso, per prima, avere compassione delle mie miserie, ma gonfio il petto per certi attimi di slancio, dove sentio la presenza del dio.


    Ho pensato di avere il mio contributo da dare al miglioramento del mondo. E lo cerco ancora, mentre cerco di trovare il mio vero volto.


    Non sacrificherò la cura di tutti per la ricerca della mia perfezione.


    E, se ho trovato la pace e la calma profonda, qui, nel bosco, suderò dentro la mia maglietta per occuparmi di chi mi cammina a fianco.

    
E farò in modo che la mia morte, con tutti i suoi interrogativi, mi sorprenda ancora con il mistero di ciò che potrebbe celare dietro il suo velo.
     

     

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  16. Lla parte in ombra del prato assorbe gli inquieti umori del tempo.

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  17. C’è qualcosa che sento dentro di me. E mi sembra una forza in azione anche là fuori, nel nostro mondo brulicante di movimento. Forse è anche la vocazione intima e profonda dell’arte.
    A cosa mi riferisco? Forse non è un caso che il pensiero mi abbia visitato proprio nel periodo di Natale. Perché con la nascita che si rinnova questo pensiero ha a che fare. E forse ancora di più con quel tema che nella tradizione cristiana precede il Natale e che è l’Avvento.
    Voglio dire il desiderio del Non Ancora. La ricerca del Non Ancora di cui scopriamo di avere un grande profondo desiderio.
    Siamo attraversati da un profondo bisogno di creatività, in ogni settore della vita. La stessa qualità di vita degli itinerari personali sembra chiedere di prendere le distanze da ciò che è, che è stato per tanto tempo, da ciò che sembra immutabile e irremovibile. Siamo protesi verso qualcosa che non è ancora.
    Nell’arte ciò che è stato non va ripetuto. È tutta una ricerca di nuove forme, movimenti e tracce di movimenti che esplorano ciò che ancora non è stato fatto, di modi e forme in cui ciò che si dice ancora non è stato detto. L’avvento del nuovo.
    E non è leggerezza, superficialità, sottoprodotto di un consumismo che caratterizzerebbe una società liquida alla Baumann. Materia per le prediche dei moralisti, degli elogiatori del tempo andato.
    Credo che vada guardato più a fondo e che vi si debba trovare un richiamo rivelatore della nostra vera natura e del nostro valore più intimo. Siamo esploratori dell’Essere, curiosi del Non Ancora, sempre in viaggio. Sempre in tempo d’Avvento. Anche a Natale.

     

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  18. Ho sempre desiderato che la vita fosse magica. Nel senso della lampada di Aladino. Il ragazzo baciato dalla fortuna che trova la lampada con tanto di Genio, pronto ad esaudire i suoi desideri. Magari solo tre, ma con la possibilità di incatenare ancora il potere gestendo argutamente l’ultimo di essi…

    Quante delle favole da bambini contengono i doni magici concessi al protagonista! Bisogna essere in un certo modo per ricevere i doni? O c’è un arbitrio totale della Fortuna? E se tutto consistesse nel prendere coscienza che i doni magici li abbiamo già ricevuti? E che si tratta solo di usarli in maniera appropriata?

    Non desidero un’impresa con tanto di organizzazione, burocrazia e mansioni ben definite, orario di lavoro e procedure e protocolli…
Desidero scorrazzare di qua e di là, con una lampada magica nella bisaccia, essere conquistata dai tuoi occhi, incantata dai sogni, meravigliata dagli eventi, sorpresa dai risultati…

    Sto qui, a poche centinaia di metri dal fiume, vicino a una boscaglia amica… ma i miei occhi sono sul mondo intero. I miei pensieri nascono nel mio particolare e sbocciano sull’umanità nel suo insieme, fanno treccia con la mia microstoria e respirano le correnti d’aria che muovono la Storia.

    Tutti i giorni attraverso un ponte. È l’operazione fondamentale per il mio desiderio di senso. Da questa parte sto squadrando un cubetto di granito e basta, dall’altra sponda sto costruendo una Cattedrale.
 È la magia fondamentale. Ho i doni per farla.

    Ho conosciuto la passione e l’entusiasmo quando mi sono innamorata la prima volta. Da allora ho considerato quello stato d’animo come il prototipo della vita vera. Ho fatto di tutto per provare gli stessi sentimenti in ogni cosa che facevo. Non riesco a immaginare un senso senza la passione d’amore.

    Il mio cuore è diventato pacifico. Non lotto più contro niente e nessuno. Sono pronta a contribuire a ciò che nutre, che guarisce, che cura l’erba bambina.


    Mi piace lavorare sorridendo. È col sorriso che abbraccio i miei amici. È il dono che preferisco profondere ogni giorno.

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  19. Lo so che te lo sei fatto diverse volte questo discorso. Ora te lo riproduco. Ti ci riconoscerai. 
Ti sei detto quanto segue.


    Sono venuto al mondo senza averlo deciso. Non c’ero. Mi ci sono trovato. Un po’ per volta. Perché quando mi sono accorto di esserci c’ero già da tempo. E mi chiedo: che senso ha? 
Quando mi hanno detto che sono nato perché i miei genitori avevano fatto certe cose, beh, sì, qualcosa della mia venuta al mondo l’ho afferrata. Ma dal mio punto di vista, voglio dire dal punto di vista di una storia narrata dal protagonista, all’inizio, quell’inizio in cui all’improvviso tu ci sei stato – e prima non c’eri – e non te ne sei nemmeno accorto – e che te ne sei accorto più tardi come se la consapevolezza fosse un frutto tardivo dell’essere – beh, voglio dire che all’inizio, se tu volessi raccontare la tua storia, c’è un vuoto, uno strapiombo oscuro che ti tronca il discorso.
Tu sei comparso – te ne sei accorto dopo che questo era avvenuto – e non sai veramente perché, chi, cosa…

    Io ci ho pensato diverse volte. E rimango ogni volta senza parole. E a scriverci sopra ne uso tante proprio perché di fatto non ho le parole che ci vorrebbero. Questo mi batte in testa: mi sono trovata tante volte a raccontare di cose fatte, di avventure, di emozioni, di accidenti e di decisioni, insomma di cose che potrebbero riempire una storia…, ma a partire da un inizio in cui… io non c’ero e quindi che non saprei narrare.
 Io non posso finire di meravigliarmi del fatto che mi sono accorta di esserci e che potevo raccontare di me una storia quando già era successo che ci fossi, che venissi al mondo. Ma quella storia, quella che mi ha portato ad esserci, quella non avrei saputo davvero come raccontarla

     

     

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  20.  Giro per  la città e guardandomi attorno, mi domando:  dove sto andando? e che sta capitando? Sorpresa, una sorta di meraviglia.

    Non mi sono ancora abituata al fatto che sono viva.
    Incontro Sandro, in Lungadige San Giorgio, e mi rattrista vederlo sofferente. Vengo a sapere che è per pene d’amore. Una storia che si trascina altalenandosi. E la domanda affiora: dove va la vita? Cosa stiamo facendo?
    In tangenziale sono a bocca aperta davanti ai campi che costeggiano la linea d’asfalto, alla linea ferroviaria, alla velocità del mio automezzo… Penso al progresso, alla medicina, alla storia umana. Mi viene in testa l’aria delle Quattro Stagioni di Vivaldi, e la domanda ritorna: dove stiamo andando? Cosa ho da fare?
    Penso agli uomini, agli amori, al teatro, ai libri che mi hanno nutrito, alle camminate tra le colline, al respiro consapevole, alla mia infanzia in montagna, al mercato la domenica mattina, alla cena di classe, alla malattia, alla salute… mi vengono in mente tutti i sogni, anzi, lo stesso mio sognare, quel vagare, pupille in alto, nell’universo di ciò che ho desiderato, di ciò che ho cercato di identificare nel pozzo profondo del mio desiderio. Che ci sto a fare? Cosa desidero davvero? Cosa è in grado di rendermi me stessa?
    Penso ai giochi dei bambini, allo sguardo di Massimo qunado mi ha detto ti amo, alla verve che fluisce nelle cene con gli amici, alle serate al castello dopo gli spettacoli.
    Sono adulta e ancora non mi sono abituata al fatto di essere viva. E non è sgomento, ma sorpresa. Una sorta di meraviglia.

     


     

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  21. Come fai ad andare a dormire quando i pensieri ti accendono l’animo?
    Vorresti fermare il tempo?
    No, vorresti che questo tempo non finisse mai.
    E temi che, addormentandoti, gli dai il permesso di cambiare.

     

     

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  22. Le nostre vite, per quanto modeste, contengono spunti decisamente interessanti. L’esercizio del pensiero durante una passeggiata in mezzo alla natura produce spesso idee capaci di aprire nuovi orizzonti per la nostra avventura umana.
    Sarebbe bello se riuscissi a scrivere soltanto per me stessa. Se non volessi così tanto essere apprezzato dal prossimo potrei forse pensare cose che mi fanno apprendere davvero.
    Molto spesso mi trovo a pensare a come salvare il mondo dai mali che lo affliggono mentre so così poco sugli effetti della digestione sul mio umore.

     
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  23. Sotto le nubi la città era incantata. 


    Un giallo senso di mistero batteva i rintocchi del tempo. 

     

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  24. Gli amici con cui sto bene sono quelli che hanno una storia da raccontare.
    Con lui voglio avere una storia.
    Con me – è questo il punto – io voglio una storia – la mia storia.

     

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  25. Comunque la cosa era interessante. Mi piaceva esserci e non facevo tante domande. Però per dirlo a parole, erano le parole inventate prima di me e usate da altri che mi si imponevano.
 All’inizio, non volevo imparare a parlare. Mi sembrava una forzatura. Una violenza. Io – fosse stato per me – avrei continuato a vivere senza parlare. Solo facendo e sentendo. In silenzio. C’era bisogno di dirlo?

    
La gente però parlava e sapevo che avrei dovuto imparare a parlare anch’io. Un giorno mi ci son messa d’impegno e ho incominciato a imparare le parole.
 Le parole sono grandi. Hanno un potere fantastico. Poi sono veramente tante. E combinate insieme possono fare frasi spettacolari. E possono perfino ottenere dei risultati, vale a dire, creare le cose che dicono.
 Sono diventata presto brava con le parole. E ho anche imparato a fingere, dicendo con le parole cose che non erano, soprattutto se riguardavano me.
 Mi sono anche accortoa che raccontando parole-bugie agli altri riuscivo perfino a ingannare me stessa. E di qui sono passata al teatro, dove le bugie si dicono sapendo tutti che sono tali. E quindi non sono più bugie.

    Io non credo nei miti, nelle favole e nelle leggende. Le trovo solo infinitamente affascinanti. E vorrei inventarne di indimenticabili.
 So che quello che dicono le favole è quasi sempre vero, in qualche modo.
 Con le parole vorrei fare centro nel bersaglio, ma senza usarle come fa il chirurgo in sala operatoria.
 Preferisco prima parlare e poi cercare di capire quello che ho detto, piuttosto che il contrario. Ma se è possibile, vorrei che dire e pensare coincidessero.
 So che le parole non si mangiano, ma aspiro a trovare da mangiare anche solo facendo parole. Però che siano parole che toccano il cuore e che rivelino qualcosa. Altrimenti non le sopporto.
 Anzi, penso che avvelenino


     

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