• Donna
  • Verona (VR)
  • Ultima Visita

Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. Se sento musica anch'io ho voglia di suonare, 
    se vedo papaveri anch'io ho voglia di fiorire.

    IMG_4652.JPG

  2. Cerco su Google “agenzie di viaggio”. Vediamo un po’…”Jabalì Viaggi”, “Solletico Viaggi”, “Via col vento”. È tardi, lo so, siamo già a luglio inoltrato ma forse riesco ancora a trovare qualche buona occasione. Sono fiduciosa.
     

    No, non è un viaggio per me, non intendo partire, almeno non tutta intera. Mi spiego: voglio mandare in vacanza solo una parte di me. Una parte non indifferente, discretamente importante in certe occasioni, devo dire.
     

    Siamo o no in estate!? E pure lei ha bisogno di disintossicarsi da tutto lo stress accumulato in un anno intero. Se lo merita. Io no, non parto, non sono affatto gelosa, quest’anno abbiamo deciso di fare le vacanze separate, nonostante la sua possessività ma non le dico che è possessiva, altrimenti si offende a morte e non mi rivolge più parola. La cosa in fondo non sarebbe poi tanto male: in questi ultimi tempi non siamo più felici insieme come un tempo, non c’è più passione, unità di intenti, complicità; il nostro rapporto si è appiattito.
     

    Ebbene si! Ho deciso di mandare in vacanza la mia volontà, e pure di tasca mia, non ne posso più di quella smorfiosetta presuntuosa. Così ho trovato un viaggio last minute, non le ho detto la meta del viaggio, si fida ancora di me: biglietto di sola andata per Roulettemburg. Poi, se vorrà, tornerà da sola.
     

    Ed io qui, voglio solo lasciarmi travolgere e stravolgere dagli eventi e magari surfarci un po’ su, aspettando con impazienza l’evento anomalo. La volontà ha il brutto vizio di scartare a priori eventi che lei giudica folli ed impossibili ed è molto abile a persuaderci che siano tali perché non sopporta il caso. Oh… non si sopportano proprio.
     

    Sì… la volontà talvolta avvelena la fantasia, ti impedisce di cogliere la mela. Ed io ho fame.

     

     

    IMG_0209%202.jpg
  3. Qualcosa è tornato. Qualcosa che ho conosciuto nel passato. Qualcosa di piacevole. Qualcosa tipo vie en rose.

     

     

     

    IMG_1352.JPG

     

    IMG_1384.JPG


     

    IMG_1237.JPG

     

    IMG_1178.JPG

     

    IMG_1109.JPG

     

    IMG_0956.JPG
  4. ll grande seno della donna che nutre.

    Ci sto pensando.

    Mi sembra di poter dire: un tempo sono stata nel ventre di mia madre. Pensava a tutto lei. Io vivevo senza dovermi occupare di nulla. Sono nata col cesareo. Sarà un segno che non volevo uscire? Mi hanno tirato fuori a forza. Altrimenti sarei morta.
 La Natura è dura in questo discorso. Il ventre che ti ha concepito e nutrito, a un certo punto ti espelle, violentemente, fuori, nel mondo.

    La tua vita inizia come espulsa dal territorio che era la tua patria. È come esule nel mondo che tu diventi qualcuno. E scopri – e costruisci – il tuo potere e la tua forza. Ma sempre con la nostalgia del paradiso perduto.

    L’ambiguità della figura della madre.
 Quella che ti ha concepito, nutrito e ti ha espulso.
 Quella che ti potrebbe trattenere e soffocarti, fino alla morte.
 Quella che ha creato l’archetipo di un luogo paradisiaco la cui mancanza ti spinge a cercare e costruire.

    E dopo il ventre, il seno.
 Chi soddisferà la tua fame?
 Chi colmerà il tuo vuoto di nutrimento fino allo stordimento?
 L’ambiguità del seno materno. Ti nutre e tu hai energia per vivere la tua vita. Oppure ti riempie fino allo stordimento e tu rimani bambino.

    Il dolore della separazione e della perdita segna il passaggio, ogni passaggio. Ad ogni passaggio è come essere espulsi da una situazione piena, ma diventata a rischio di soffocamento.

    E c’è il momento in cui ti separi, consapevolmente, dalla nostalgia della Grande Madre. È il momento in cui decidi che tu ti farai da madre. Ti darai il nutrimento e il conforto necessario per continuare la marcia, il lavoro, la realizzazione del progetto e del sogno. Ti conforterai senza aspettare che qualcun altro se ne faccia carico.
 E imparerai a diventare una persona che sa di poter provvedere a qualcun altro. Perché è diventata madre a se stessa. Ha imparato a vivere nel deserto. Ha trovato il modo di sostenere se stessa nel momento della perdita.

    Congetturo in questo modo: maschio o femmina, il nostro itinerario è questo. Avere una madre che ci nutre e che ci espelle, o da cui partiamo. Imparare a farsi da mamma in prima persona sfuggendo alla nostalgia regressiva. E diventare in questo modo padri. E come tali fecondare la vita.

    Ma pensa dove mi ha portato il pensiero, questa sera!

     

    IMG_0165.JPG



     

  5. Com’è che abbiamo disimparato a muovere il corpo, a rispettarne le esigenze, in maniera così diffusa?
Le abitudini imposte dalla civiltà industriale, l’orario di lavoro, lo sfruttamento unidimensionale (produrre, lavorare, dare prestazioni…) delle nostre risorse ci hanno decurtato del corpo e non solo dei sogni a largo raggio della nostra sete di vita?

    Non sentite il desiderio di ripensare tutto daccapo? Liberandoci dalla presa non solo delle idee dominanti, ma anche dai legami di dipendenza nel lavoro, nel mercato, nell’uso del tempo di vita?

    Stare bene, liberamente, avendo cura del corpo e tenendo il cervello fresco e il cuore aperto è un desiderio programma troppo infantile? Troppo elementare?

    È chiaro: per realizzarlo, dobbiamo diventare “alternativi”.
Chi è il vero alternativo? Quello che fa di tutto per essere diverso dagli altri? Ma neanche per sogno. Il vero alternativo è colui che fa di tutto per essere pienamente se stesso. Ed è proprio per questo che si distingue dal gregge.

     

     

    AVvXsEhhFCSEKJ2eIWoFCNbYrkJEgrw0qM3xfwP0zxTdw1XGT9xhUGE1xV35yNRnbjX9VzU3U3Ajyr3KRS_xoCZfHa7YB1EiPDYXnOHwbJMPKdID6dMFBRNsAb1hscmhqwl5yedl3vMt2M3XhdNkzXBfYNCgGOIyzmWcR_HUgKoiV9K3QC8hZnGWpt1FcFedqA=w570-h640
  6. Mi piace alzarmi e sentire l’odore di un possibile giorno. Riempire gli occhi dei sogni più belli che accompagnano il mio viaggio. 



    Pellegrina della bellezza, e del sentire. Sospesa – come piace a me – in questa dimensione da cui partono scorribande per il mondo. 



    Fluido lo schermo della mente, le immagini vi scorrono danzando: non ci stanno neanche tutte. Sembra tutto altrove eppure i piedi sono a terra. 



    Una grande voglia di dire, di raccontare. Di inventare la mia storia impastando la terra con la fantasia, nel momento stesso in cui le cose accadono. 



    Non mi manca il passato, non ho nostalgia di qualcosa che avrei perso. Scorro via col presente verso un altrove, che è già dentro di me. Tremo di emozione davanti al possibile e ho fiducia nelle mie forze e nella corrente stessa della vita. 



    I tempi, per me, sono giusti. Quello che avviene, la sorte… mi va bene. È lì che muovo le braccia, i piccoli passi e mi sembra di saltare, come un giovane navigatore dell’essere. 

     

     

    IMG_0760.JPG

     

     

     

     
    IMG_0689.JPG
     

     

     

    IMG_0277.JPG
     
    IMG_0340.JPG
     
    IMG_0375.JPG
     
    IMG_0502.JPG
     
    IMG_0581.JPG
     
    IMG_0610.JPG



     

     

  7. Non mi sento di affermare che tutti gli uomini tendano alla gioia, perché incontro molte persone che sembrano, al contrario, lavorare piuttosto alacremente per la sofferenza, la tristezza, il rancore e cose del genere.
    Quello che posso dire è che io la desidero davvero una vita piena di gioia e di realizzazione, in tutti i campi della mia avventura.
    Io penso di essere una persona comune e mi affido alle capacità comuni per migliorare il mio stile di vita e il mio rapporto con il mondo.
    Ho capito che per questo non è alla genialità che bisogna affidarsi, piuttosto alla tenacia, la perseveranza, l’impegno continuo per perfezionare le cose e crescere ulteriormente.
    Ed è una grande cosa per me, riuscire a trovare per il lavoro di miglioramento una forma leggera e piacevole.
    La cosa è possibile. Sto facendo molti progressi nel trasformare quello che c’è da fare in qualcosa che è bello fare.

     

     

    IMG_9806.JPG
  8. Più che avere domande noi siamo una domanda. La domanda che noi siamo è un po’ come la fame e la sete: una buona risposta, come un buon pasto, soddisfa per un po’, dà energia per qualche tempo. 

    Poi la vita consuma e brucia e bisogna rimettersi a far la spesa e cucinare per nutrirci.

    IMG_8208.JPG
  9. La vita va presa come una sorta di esperimento continuo. Tu sei un laboratorio. Tenti, rifletti, e ritenti, finché impari abbastanza da fare un altro passo in avanti. Verso ciò che riconoscerai come il luogo dove ti senti a casa. Dove farai festa e sosterai per un po’. 
Per ripartire di nuovo: perché l’avventura continua.

     

    IMG_0338%20copia.JPG
  10. Beh, loro due si erano scambiati ormai diversi discorsi eccitanti in cui si esploravano intimamente. Facevano forse l’amore, a quel modo. In ogni caso si rivelavano a vicenda le loro fantasie. L’eccitazione era sempre molto forte. E poi ci ritornavano sopra e facevano le loro considerazioni su quando stava avvenendo. 



    Era sempre intrigante provare a dire ciò che un attimo prima ci si vergognava di dire. Era come mettersi a nudo. Letteralmente, spogliarsi non solo dei vestiti, ma di tutte le strutture mentali che suggerivano di essere secondo un certo modo ideale, solo perché ci si immagina che gli altri ci accettino più facilmente. 



    Ora era diverso. Si giocava a lasciare cadere queste preoccupazioni e a imboccare la strada del “ti mostro come sono esattamente. Lo faccio con gradualità e andrò fino in fondo. Tu mi rimandi la tua reazione, vale a dire m’incoraggi col tuo desiderio di sapere e vedere. E vediamo dove ci porta questo gioco. Perché, alla fine, è proprio questo che vogliamo: essere amati per quello che siamo davvero”. 



    Questa strada portava a sopassalti emotivi, intriganti tafferugli del cuore, spianate rocambolesche della coscienza. Era un itinerario vivace, succuleto e istruttivo. Ma tutto, alla fine, trovava espressione in parole chiare, convincenti ed emozionanti. E, soprattutto, si aveva l'impressione che l'altro ci accettasse. 



    Eravamo vivi, sulla faccia della terra. E l'avventura umana era la cosa più bella che ci fosse stata regalata. Il senso di gratitudine era identico alla gioia che provavamo. 

Volevamo parole in abondanza per dire tutto questo. 



    Era il sole del mattino sui campi. Vicino al canale, scendendo giù per la strada sterrata, che costeggia gli agriturismi e finisce in fondo, quasi ai piedi dell'abitato. 


     

    AVvXsEiVDjWMv8hHPPQzOkoTmIstUskqjpmccshew4pq-Gfk7-gcsbl1wbBOxkS8UnziRGOgnHzEWnaFklV85yLqPF31loXiIL8ri4S53cSZOzgXAojTRf0QPsFmrOr75utcoYWIm67y4Kd5wFDhkIWCxiW_IeOoWtw9H5ZT7gjA3cyESRd_NdAhSd-DWWO3_g=w640-h480
  11. Il mio giovane amico che abita vicino a me, Diego, dice che un artista è uno che vede un tramonto anche quando non c’è.
    Rifletto un momento su quanta parte del mio tempo io passi a immaginare cose che non ci sono. E che pure diventano così presenti che tutto nel mio corpo e nella mente e nel sentire ne viene influenzato. A questo potere dell’immaginazione io devo la maggior parte della mia vitalità.


     

    IMG_3639.JPG
  12. Incontrai il vecchione un giorno che giravo per lavoro: tavolo d’un bar sulla statale, tra industrie fumanti, centri commerciali fitti come in Umbria le chiese e rivenditori ufficiali di robe, ammiccante brand per ciascuno.
    Lui andava, non sapeva dove perché non c’era mai stato: così, lo presi in auto con me. Aveva sempre vissuto a Trieste, disse, e il romanzo - il romanzo?! - lo aveva certo aiutato ma in un modo cui il buon Italo non aveva pensato. Sorrise. E io lo ascoltavo.
    Fumare non fumava più, da decenni; malgrado l’età, libertineggiava con le bisnipoti di Carla, amante defunta; capeggiava cellule terroriste contro ogni forma di psichiatria; l’apocalisse e la malattia erano superate e, di fatto, lui non si sentiva più nessuna coscienza, alla facciaccia del mondo.
    Mi salutò baciandomi sulla bocca, perdio! Lasciò il biglietto da visita sul cruscotto.
    Si chiamava Zeno Cosini.

    Biancoenero14.jpg

  13. Non cambierà, diceva la canzone. E lo ripeteva in maniera suadente. E parlava dello stivale dei maiali che affonda nel fango. Gli fa male vedere un uomo come un animale. Non cambierà, continuava a ripetere.
    Ma poi: Sì che cambierà, vedrai che cambierà.
    Si può sperare che il mondo torni a quote più normali. Che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittatura.
     

     

    IMG_9254.JPG
  14. Carlo – questo il suo nome.


    Aveva tutta la sua storia addosso, e nelle parole.


    Nel raccontarla, guardava lontano. Credo il futuro. O forse un altro mondo. Diciamo: quella regione del pensiero dove futuro e l’altrove si coniugano insieme. Il suo passato era importante, ma era passato. Lui era già da qualche altra parte.


    Io sono grata a Carlo perché mi ha regalato il suo sognare, il suo coraggio di sognare. Perché uno immagina che la gente non pensi ad altro che all’esistente. Il posto di lavoro, le faccende da sbrigare, le bollette, quelle isteriche querele con i colleghi e il capo. Uno immagina che si tratti soltanto dell’amministratore di condominio, della revisione della macchina, dell’insegnante di matematica del figlio, delle obbligazioni che ha sottoscritto…
Sbagliato!

    
La gente sogna.


    Sogna quando s’innamora. Vuol fare l’amore e sognare. Sogna quando progetta: vuol guadagnare e sognare. Sogna quando studia: vuole passare l’esame e sognare un’esistenza d’abbondanza e di bellezza.


    La gente disegna nella testa. Disegna scenari bellissimi per sé, per i figli, per la società, per il mondo.

    Carlo sogna. Sogna una vita come un viaggio che va sempre avanti, va sempre oltre. Carlo pensa che il sogno e le emozioni che lo accompagnano sono la voce del suo Dio. Balbetta, quando parla di questo. Ma in quel balbettio c’è più slancio ed energia che in qualsiasi discorso ben fatto.

    Carlo dice, lasciandomi: C’è una vita entropica, quella che segue la china decisa dal mondo e c’è una vita a modo tuo, che va a trovare le risorse nelle aree non colonizzate dalla società e dalle regole e si permette di disegnare un percorso che ti assomiglia davvero.

     

    IMG_4886.jpg

     

     

     

  15. Come se la poesia fosse un piccolo fiore giallo 

    che fa capolino ai bordi del bosco, verso Oriente, 

    nell’ora in cui i gabbiani e le garzette 

    si contendono la riva del torrente…
     


     

    IMG_2896.JPG
  16. Sognare e credere è una delle facce, l’altra è pensare e fare.
Fare quel che va fatto e trovare il modo di farlo in maniera piacevole.

    
I desideri sono un prodotto naturale della vitalità, indicano il bisogno del tuo potenziale di uscire allo scoperto e realizzarsi.

    
Il mondo consente la loro realizzazione se lavoro nel modo giusto.


    Realizzare tutto il proprio potenziale è il modo naturale di essere nella gioia.

     

    IMG_1893.JPG

  17. Ogni situazione offre molto più di ciò che cogliamo di primo acchito.


    La cura dell’Essere – che è un modo simpatico e appropriato di definire la Filosofia – non scivola via rapidamente sulle prime impressioni. Ma si ferma. Opera intenzionalmente uno sforzo per arricchire la percezione.

    I ragionamenti filosofici non sono fine a se stessi. Si adoprano per consentire nuove percezioni dello stato delle cose. È – alla fine – la percezione che decide del modo con cui traffichiamo con i dati di fatto. Per quanto i ragionamenti sottili e logici siano da apprezzare, alla fine l’intelligenza deve accettare il paradosso e riuscire a conviverci.

    Benché in un mondo investito dal cambiamento dobbiamo imparare ad essere flessibili e adattabili illimitatamente, l’impatto del cambiamento non può essere navigato se non impariamo a fermarci in maniera adeguata. Fermarci per pensare, per acquistare consapevolezza.

    Il cambiamento aumenta la varietà delle esperienze che ci entrano in corpo. Questa varietà può arricchirci soltanto se impariamo a digerirla. Altrimenti ci frantuma. Paradossalmente, in un mondo in cui domina la rapidità diventa ancora più fondamentale andare adagio, quantomeno fermarsi periodicamente. Ogni giorno.


    Fermarsi, sedere (considerare) e guardare, consente di non essere sequestrati dal cambiamento, dalla variabilità, dalla rapidità. E, in certi casi, permette una visione più lucida del mutamento stesso.

    Di fatto, non dobbiamo andare lenti. Dobbiamo procedere al tempo giusto che ci consente di digerire le esperienze. Al nostro ritmo.
 È questo procedere al nostro ritmo che permette di mantenere la gioia dell’esistere. Altrimenti la corrente ci risucchia ogni energia e ci strappa le carni con i suoi detriti.

    E così, mentre impariamo ad essere snelli e leggeri, per scattare al momento opportuno, noi impariamo anche a fermarci e ritrovare il nostro ritmo per digerire l’esperienza e goderne.

     
    IMG_8726.JPG
  18. Beh, quando viene la sera io mi domando: quando verrà la mia? E che significa che ci sono? Che c'è tutto questo? E io che ci sto a fare? Sì, vivere, mangiare e dormire al riparo, anche guadagnarsi da vivere, perché no? Ma tutto questo a che serve? Che senso ha? Qualcuno ha davvero la risposta? 

    Quando viene la sera certe domande saltano in testa. Risuonano le domande nel cervello, e le risposte scappano alle reti della mia nave. Ma quelle domande senza risposta lasciano come una musica nell'animo. E quella musica è importante…

     

    IMG_0663.JPG
  19. I poveri sono matti, diceva Zavattini. 

    E da matti possono sognare quel che gli pare…

     

    IMG_3249.JPG
  20. La giornata incomincia con il sole.

    Amo il mondo. Ed esserci. Essere viva. E saper fare quello che so fare. Adoro le mani. Un bel regalo. E l’avventura di vivere facendo quello che amo e mi viene bene e facile.

    Amo pensare che in questo modo darò il mio contributo. Come gli alberi da frutta che regalano mele e pere e pesche e cachi… senza sforzarsi di fare altro che quello che è nella loro natura.

     

     

    IMG_2220.JPG
  21. Due dimensioni parallele abitano l’esistenza e i momenti magici sono quando si sposano. Sono gli spazi del senso, della bellezza, della verità, dell’amore. 

    Il paradiso che godiamo, perdiamo e ritroviamo.

     

    AVvXsEhdzLo-1OnvNWlFJS9DadH5YhMCycsI4na5b6moxmV7XY3LB9XyzmSCDsrFjolMOi_tfo4CFfWP_oZ0qcVLlFZPQOQWQJl5GRbytPQCTJ3IfBe_aZEpJFGhB-a7ZWA1dV90ePbvkdmXVgxVmvC9b6m12TCZRyhEE-CstHWohK7-7nsozTlT-rdT_BRlxg=w480-h640
  22. Ciao Melissa, molto lieta. Il piacere è mio.

  23. Andare è un modo di essere.

     

    82558AD0-2791-406E-809D-DCF8A1E8894F.jpeg

     

    36F20E52-0B38-40F8-8827-1F29517B2233.jpeg

     

     

     

    C01DE838-04D7-486B-9E7A-8B18948CC48C.jpeg
  24. Il cielo crea un'atmosfera eccezionale.

    É lo scenario e la colonna sonora della giornata.

    La vita viene incontro come tempo e spazio che invitano a guardare, conoscere, operare… fin dal risveglio.

    La scenografia del film viene scritta e disegnata con fiducia, slancio, passione. 

    Il potere immenso dell’immaginazione! Che vuole una vita da sogno. 

    I passi saranno più leggeri se il cuore sa volare.

     

    IMG_8768.JPG
  25. Affido i miei umori ai pensieri più belli.
     

     

    IMG_7587.JPG