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Giro per la città e guardandomi attorno, mi domando: dove sto andando? e che sta capitando? Sorpresa, una sorta di meraviglia.
Non mi sono ancora abituata al fatto che sono viva.
Incontro Sandro, in Lungadige San Giorgio, e mi rattrista vederlo sofferente. Vengo a sapere che è per pene d’amore. Una storia che si trascina altalenandosi. E la domanda affiora: dove va la vita? Cosa stiamo facendo?
In tangenziale sono a bocca aperta davanti ai campi che costeggiano la linea d’asfalto, alla linea ferroviaria, alla velocità del mio automezzo… Penso al progresso, alla medicina, alla storia umana. Mi viene in testa l’aria delle Quattro Stagioni di Vivaldi, e la domanda ritorna: dove stiamo andando? Cosa ho da fare?
Penso agli uomini, agli amori, al teatro, ai libri che mi hanno nutrito, alle camminate tra le colline, al respiro consapevole, alla mia infanzia in montagna, al mercato la domenica mattina, alla cena di classe, alla malattia, alla salute… mi vengono in mente tutti i sogni, anzi, lo stesso mio sognare, quel vagare, pupille in alto, nell’universo di ciò che ho desiderato, di ciò che ho cercato di identificare nel pozzo profondo del mio desiderio. Che ci sto a fare? Cosa desidero davvero? Cosa è in grado di rendermi me stessa?
Penso ai giochi dei bambini, allo sguardo di Massimo qunado mi ha detto ti amo, alla verve che fluisce nelle cene con gli amici, alle serate al castello dopo gli spettacoli.
Sono adulta e ancora non mi sono abituata al fatto di essere viva. E non è sgomento, ma sorpresa. Una sorta di meraviglia.