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Su di me

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  1. Che giornata oggi, con questo sole tutto primavera!

    Ma ti rendi conto che essere al mondo, come si dice, è una meraviglia?


    Un granellino dell’universo – certo il dio è temibile. Come fa a gestire tutta questa baraonda? – dicevo, un granellino che si sveglia un po’ e capisce di essere in questa giostra della vita!


    Io, a questo pensiero, parto per la tangente. Te lo giuro, sono fuori di testa.

    Mi sono resa conto – io credo che le cose stiano in questo modo – che  le nostre congetture – dico di noi umani, con tanto di storia e accumulo di cultura – beh, sono una piccola cosa, un affarino piccolo così. Eppure su cos’altro potremo basarci per fare i nostri passi?

    Allora, io dico, giochiamoci i nostri sogni.

    Ma dai! Non mi verrai a raccontare che fare il burocrate di tutte quelle scartoffie ti riempie l’animo.

    Giovanni! Hai appena passato i trentacinque.
 Ma è una pagliuzza nel tempo.
 Ma i tuoi sogni… no, quelli no. Quelli non li puoi lasciare naufragare nella deriva della corrente. Quelli ti dicono che tu sei oltre tutti i vincoli i legami i balzelli.

    Se vieni nel bosco, mangiamo carne alla brace, il vino è rosso, e guardando le fronde degli alberi, interroghiamo il destino.

    Nel mio bosco, entrando, c’è la Valle dei Sogni Dimenticati.
 L’ho inventata apposta perché, passandoci in mezzo, veniamo a confronto con tutto quello che aspetta dentro di noi e che, occupati come siamo, non abbiamo ancora voluto ascoltare.

    Vieni! Ci passiamo in mezzo. E lasciamo che la lingua dica: io volevo, io vorrei…
Tanto siamo un po’ ebbri. E disinibiti. Le cose escono fuori da sole.

    E poi si passa alla Tenda della Disperazione.
 Dove è lecito dire: ormai sono perso, sono fuori di me. Tutto è perduto e piango.

    Ma, subito dopo, c’è la Sala del Trono. Dove ci sentiamo liberati dalle angustie. Come se il pianto avesse fatto scivolare fuori tutto questo peso amaro che ci opprime.
E qui, divenuti leggeri per le lacrime, comprendiamo che il nostro trionfo ci attende ancora. Perché siamo ancora vivi.

    Pensa, Giovanni! 
Dopo tutto quello che hai passato, sei ancora vivo.

    Ho un machete per tagliare i rovi e i legami e il rampicante che si attorciglia alla caviglia.

    Dai, prendiamo tutta questa ramaglia, queste stoppie, e gettiamola nel fuoco. Un grande fuoco, da cui non esca che cenere, leggera e sottile, inconsistente – quasi.

    Guarda come sono inconsistenti le leggi del mercato, e anche le consuetudini sociali. 
Tu lo sai da sempre.
 È una strada percorribile. E anche piacevole, a volte. Ma non ti ci lascerai incastrare?


     

     


     

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