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Ogni giorno ci riproviamo. Ricominciamo daccapo. Molti di noi non riescono proprio a rimanere intontiti 24 ore al giorno. Pieni del lavoro d’azienda, pieni di televisione e di chiacchiere che non dicono gran che. È come se avessero un tarlo dentro. Qualcosa che rode e che dice più meno: così non va bene, così è troppo poco.
Ma il mondo sembra una pasta densa che ti avvolge da ogni parte e ti rende i movimenti piuttosto impacciati. Tutto quello che si fa e come lo si fa. E se incontri gente, sembra di non riconoscersi.
Eppure…
Forse è sempre stato così, in qualche modo. Non c’è da stupirsi. Non c’è da stupirsi se i nostri sogni si rivestono di questa pasta che fuoriesce dai massa media e dalla logica dello spettacolo.
La cosa più viva, nella grande recita, è proprio quel tarlo che sentiamo dentro e che non ci permette di restare intontiti 24 ore al giorno.
Nei momenti di innocenza sentiamo che vogliamo integrità e verità e bellezza. Che il nostro cuore è bambino. E che sono le orecchie piene di rumori. Ma la vocina è sempre desta. E allora ricominciamo volentieri daccapo, ogni mattina. E magari siamo anche pronti ad attraversare il guado. Anche la noia è amica della fede.
Se riuscissimo a chiudere l’interruttore. A staccare con il telecomando. A restare un po’ da soli con noi stessi. E ascoltare voci che vengono da lontano e che ci hanno accompagnato lungo tutto ilo cammino. Voci deboli, ma penetranti. La voce del tarlo, che senti solo quando smetti di far rumore.
Un tempo c’era Samarcanda. Andavamo a Samarcanda per incontrare il nostro destino. Com’è bello avere un destino! Vuol dire essere qualcuno – non l’anonimo nella grande massa amministrata.
Ma se trovi il tasto che chiude i collegamenti, beh, se premi quel tasto, la voce del tarlo è lì presente. Dice: questo è troppo poco. Io desidero molto di più. E molto più vero.
Ci si può liberare di tutta questa polvere con una doccia di un minuto. La vocina è sempre lì. È tagliente come una lama. E sono le corde che ci imprigionano ad essere recise.
E allora io sognai di riprendere il cammino per Samarcanda. E ritrovatomi sulla strada sentii di nuovo la bellezza della vita. Quell’itinerario che si muove verso Samarcanda.
È la mia strada. Ho un destino. Sono io.