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SEMONIDE AMORGINO
Fr. 7D (trad.di Ettore Bignone)
Diversa Giove delle donne l’indole
da principio creò. All’una origine
dal porco irsuto diede. In terra giacciono,
nella sua casa, tra sozzura lercia,
a lei le cose; e qua e là si rotolano,
in gran scompiglio: e sozza, in vesti sordide,
in mezzo alla sporcizia essa s’impingua.
Trasse il dio l’altra dall’ape subdola,
chè tutto scruta e sa; a lei qualsiasi
ottima cosa, od anco pur tristissima,
celata non resta ;il buono pessimo
dice spesso, ed invece ottimo il tristo.
Sempre d’umore ad ora ad ora è varia.
(Trad.di Filippo M. Pontani)
Viene dal mare un’altra, e ha due nature
opposte: un giorno ride, tutta allegra,
sì che a vederla in casa uno l’ammira:
“ non c’è al mondo una donna più simpatica,
non c’è donna migliore”. Un altro giorno
non la sopporti neppure a vederla
o ad andarle vicino: fa la pazza,
e a chi s’accosti, guai! Pare la cagna
coi cuccioli, implacabile: scoraggia
nemici e amici alla stessa maniera.
Come il mare che sta sovente calmo,
non fa danno e rallegra i marinai
nell’estate, e sovente in un fragore
di cavalloni s’agita e s’infuria.
Tale l’umore di una donna simile:
anche il mare ha carattere cangiante.
(Trad. di Ettore Romagnoli)
Fu madre all’altra una cavalla morbida,
di lungo crine. La fatica e le opere
servili ha in gran fastidio, e staccio e macina
non toccherebbe mai, né l’immondizia
spazzerebbe da casa, o la fuliggine
dal focolare, e t’ama sol per obbligo.
Sta tutto quanto il santo giorno a tergersi,
due volte e spesso tre s’unge di balsami,
ravviata la chioma a fil di pettine,
disciolta, ombrata di corolle floride.
E’ questa donna, certo, uno spettacolo
bello per gli altri; e pel marito un guaio,
se pur non sia re di corona o principe,
che di tali vaghezze allegri l’animo.
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V: MONTI
Pel giorno onomastico della mia donna
( canzone libera )
Donna, parte più cara dell’anima mia,
perché mi guardi muta in atto pensoso,
e le tue pupille si fanno rugiadose
di segrete stille?
Intendo, o mia diletta, la cagione
di quel silenzio e di quel pianto.
L’eccesso dei miei mali ti toglie la favella,
e discioglie in lacrime furtive il tuo dolore.
Ma datti pace, e solleva il cuore
ad un pensiero più degno di me e, insieme,
della tua forte anima. La stella del viver mio
s’appressa al suo tramonto : ma ti giovi sperare
che non morrò del tutto : pensa che un nome
non oscuro ti lascio, e tale che un giorno
fra le italiche donne ti sarà bel vanto il dire :
“ Io fui l’amore del cantore di Basville,
del cantore che vestì l’ira di Achille
di care itale note”.
Soave rimembranza ancora ti sarà
che ogni spirito gentile compianse i miei casi
( tra i lombardi qual è lo spirito che non sia gentile? ).
Ma con tutto ciò poni nella mente
che cerca un lungo soffrire chi cerca
lungo corso di vita. Oh Teresa mia,
e tu parimenti sventurata e cara figlia mia!
Oh voi che sole temperate il molto amaro
della mia triste esistenza con qualche dolcezza,
poco manca che, lacrimando, chiuderete
i miei occhi nell’eterno sonno! Ma sia breve
per causa mia il lacrimare : chè nulla,
fuor che il vostro dolore, sarà che mi gravi
nel partirmi da questo mortal soggiorno
troppo funesto ai buoni, in cui corte
vivono le gioie e così lunghe le pene;
ove non è già bello rimanere per dura prova,
ma bello l’uscirne e far presto tragitto
a quello dei ben vissuti a cui aspiro.
E quivi di te memore, e fatto cigno immortale
( chè l’arte dei poeti in cielo è pregio e non colpa ),
il tuo fedele, adorata mia donna,
ti aspetterà cantando le tue lodi,
finchè non giunga; e molto dei tuoi cari
costumi parlerò coi celesti, e dirò quanta
fu la tua pietà verso il miserando tuo consorte;
e le anime beate, innamorate della tua virtù,
pregheranno Dio che lieti e sempre sereni
siano i tuoi giorni e quelli dei dolci amici
che ne faranno corona : principalmente i tuoi,
mio generoso ospite amato,
che fai verace fede del detto antico,
che ritrova un tesoro chi ritrova un amico.