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SALVATORE DI GIACOMO
Da “ Sonetti antichi “ (tradotti dal napoletano)
I – Nannina
Occhi di sogno, neri, appassionati,
che del miele la dolcezza avete,
perché, con questo guardare che fate,
voi un braciere in petto m’accendete?
Vi manca la parola e mi parlate,
-pare che senza lacrime piangiate,-
di questa faccina bianca anima siete,
-occhi belli, occhi dolci, occhi fatati!
Voi, che insieme ai fiori vi aprite,
-e insieme con i fiori vi chiudete,-
fiori di passione mi apparite.-
Voi, sentimento degli innamorati,
-m’avete fatto male e lo sapete,-
occhi di sogno, neri, appassionati!
Da “ Canzoni “
A Marechiaro
Quando spunta la luna a Marechiaro,
anche i pesci vi fanno all’amore,
si agitano le onde del mare,
per la gioia cambiano colore,
quando spunta la luna a Marechiaro…
A Marechiaro c’è una finestra,
la mia passione vi bussa,
un garofano odora su una testa,
passa l’acqua di sotto e mormora…
A Marechiaro c’è una finestra…
Chi dice che le stelle sono lucenti,
non conosce questi occhi che tu hai in fronte,
questi due occhi li conosco io solamente,
dentro il cuore ne ho le punte.
Chi dice che le stelle sono lucenti?
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce,
quando mai tanto tempo ho aspettato?
Per accompagnare i suoni con la voce,
stasera ho portato una chitarra…
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce!...
-
UNGARETTI
Giugno
Quando
mi morirà
questa notte
e come un altro
potrò guardarla
e mi addormenterò
al fruscio
delle onde
che finiscono
di avvoltolarsi
alla cinta di gaggie
della mia casa
sul mare
Quando mi risveglierò
nel tuo corpo
che si modula
come la voce dell’usignolo
che si estenua
come il colore
del grano maturo
nella lucentezza
E nella trasparenza
dell’acqua
la tua pelle d’europea
gentile come le ali delle farfalle
si brinerà
di macchioline more
e mi soffocherai
come una pantera
librata
dalle lastre
squillanti
dell’aria
E socchiuderai
le palpebre
e vedremo
il nostro amore
reclinarsi
dolce
come la sera
mentre sopraggiunge
e le mie pupille
si tufferanno
nell’orizzonte di bitume
delle tue iridi
E ora il sereno
è chiuso
come a quest’ora
i gelsumini
nel mio paese
d’Africa
lontano
Tutto
diluisce
e scompare
in questa oscurità
E ho perduto
Il sonno
e oscillo
come una lucciola
al canto
di una strada
Quando
mi morirà
questa notte
( ……) il5 luglio1917
-
VIII – Dall’argine
Posa il meriggio su la praterìa.
Non ala orma ombra nell’azzurro e verde.
Un fumo al sole biancica; via via
fila e si perde.
Ho nell’orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l’azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
PASCOLI
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VIII – Dall’argine
Posa il meriggio su la praterìa.
Non ala orma ombra nell’azzurro e verde.
Un fumo al sole biancica; via via
fila e si perde.
Ho nell’orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l’azzurro penduli, gli strilli
della calandra.
PASCOLI
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XVI – Ultimo canto
Solo quel campo, dove io volga lento
l’occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello vi si trascolora.
Fragile, passa fra’ cartocci il vento:
uno stormo di passeri s’invola :
nel cielo è un gran pallore di viola.
Canta una sfogliatrice a piena gola :
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.
XVII – Il piccolo bucato
Come tetra la sizza che combatte
gli alberi brulli e fa schioccar le rame
secche, e sottile fischia tra le fratte!
Sur una fratta ( O forse è un biancor d’ale? )
un corredino ride in quel marame :
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.
Ad ogni soffio del rovaio, che romba,
le fascie si disvincolano lente;
e da un tugurio triste come tomba
giunge una nenia, lunga, paziente.
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XVI – Ultimo canto
Solo quel campo, dove io volga lento
l’occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello vi si trascolora.
Fragile, passa fra’ cartocci il vento:
uno stormo di passeri s’invola :
nel cielo è un gran pallore di viola.
Canta una sfogliatrice a piena gola :
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.
XVII – Il piccolo bucato
Come tetra la sizza che combatte
gli alberi brulli e fa schioccar le rame
secche, e sottile fischia tra le fratte!
Sur una fratta ( O forse è un biancor d’ale? )
un corredino ride in quel marame :
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.
Ad ogni soffio del rovaio, che romba,
le fascie si disvincolano lente;
e da un tugurio triste come tomba
giunge una nenia, lunga, paziente.
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PASCOLI
VIII- Notte
Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora :
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora :
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti :
così parlando aspettano l’aurora.
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tristezze “
II - Rammarico
Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?
Verso Occidente, o dolce madre Aurora,
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s’alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall’azzurro la grand’Orsa,
e sta nell’arme fulgido Orione.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s’avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incita,
canta lassù la lodola – apparìta
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone! –
-
Il broncio tuoPiù di un giornoNon sopporto.Davvero non è necessarioChe le tue dolciLabbra di rosaMi domandino ancoraSe è vero e unico amoreIl mio.Già che la sorteTutto può togliermiFuorchè l’amore mio per te,Unico e solo. -
Quanti sospiri
Traevo dal petto,
Quante lacrime dai miei occhi.
Quell’anno infausto in cui
Per stupide incomprensioni
E avverse circostanze familiari
La vita ci tenne lontani,
Tu a Boiano, io a Gravina!
Gran torto subì
Il nostro amore.
Ancora dopo tanti anni
Ti chiedo perdono
Per la mia parte di colpa.
Dolcissima, però, torna alla mente
La memoria
Della tanto attesa rappacificazione.
Com’eri tenera a telefono,
Mentre ti chiedevo perdono
Per la prima volta
E ti confermai
Che il mio cuore batteva
Ancora forte per te
E mi eri mancata tanto!
Quale non fu la consolazione
A udire il tuo secondo “sì”.
Sì, mi amavi ancora!
-
Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
-
Eccomi ancora una volta
A chiederti perdono
Per altra motivazione.
Avrei dovuto mostrare
Più comprensione
Del tuo momentaneo
Stato di salute
E dell’assillante peso
Delle cure di casa e dei nipotini,
Della latente paura per la mia sorte.
Ma vedi come ardo,
Forse senza speranza.
Vedi come basse porto
Le ciglia, e colme di mestizia.
Quante volte ancora
Dovrò supplicarti?
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Amore,
non voglio perderti,
e non per istinto maschilista
di possesso o per insana gelosìa,
come talora sembra
tu voglia dirmi.
Invero non potrei fare a meno
di te,
chè sei il respiro della mia anima,
il senso della vita mia,
la compagna da cui mai
potrei separarmi,
se non a rischio
di profonda depressione
e disprezzo della vita stessa.
Amore,
continua ad amarmi
com’io ti amo,
e sempre più.
Che nemmeno l’aldilà
ci separi!
-
Bocca aulente più che rosa,
petto eburneo odoroso,
volto bello
luminoso più che sole di maggio,
persona tutta
armoniosa.
E’ questo il gran valore
della mia sposa.
Ma più ancora
La saggezza della mente sua
E i suoi infallibili consigli.
-
CASTELSARACENO
Ecco un’altra meraviglia
Della Terra dei Lucani.
Castelsaraceno, pittoresco
“ Paese dei due Parchi “:
Ad occidente l’Alpi boscoso del Pollino,
ad oriente il calvo monte Raparo
ai margini del Parco della Val D’Agri – Lagonegrese.
Habitat di lupi, aquile e gufi reali, falconi,
lontre e picchi neri.
E regno di faggeti, castagneti e pini loricati
Che somigliano al nostro amore corazzato
Contro il tempo vorace.
Ah, se fossimo ancor in età giovanile!
Saremmo ai piedi della compatta cascata
Del Torrente Racanello
E immersi nel laghetto sottostante
Come timida ninfa tu
E fauno famelico io.
Ci basta aver risalito la china
Che porta al bosco delle novelle castagne,
da noi raccolte con rito quasi religioso.
E aver assistito al taglio del tronco
Che s’eleva come “antenna”,
trofeo per l’ardito fortunato
che ne farà legna per l’imminente inverno
come da atavica consuetudine.
E ci ha dato felicità di coppia,
al rientro in pullman,
tenere stretta la tua eburnea mano
tra le mie amorevoli mani.
-
Dolce il mormorìo
Di questo lento torrentello.
Più dolci le tue parole
Che giungono al cuore
E lo riscaldano.
Mentre anche noi lentamente,
Lungo il rasente sentiero,
Nel bosco andiamo
E ammiriamo le foglie multicolori
Che l’Autunno regala agli umani,
Alla terra e a quanti esserini
Vi brulicano e fan provviste
Per l’imminente rigido inverno.
Vedi, fauni e ninfe
Ci spiano e si riparano
Dietro i tronchi muschiati,
E attendono curiosi ed invidi
I nostri baci
E i nostri slanci.
Posavo il capo
Sul morbido tuo grembo
E miravo le serene stelle
Delle tue pupille,
Ardendo nel desìo di morire
In tal soave e felice stato.
Eri e sei
La mia viva speranza
Che tu non sia mai
Separata da me.
Proprio non potrei tollerare
Una tua assenza,
Anche temporanea.
Oh, non potrebbe mai spegnersi
Il fuoco che da così tanto
Hai acceso nel mio cuore!
I dolci baci di una volta
Lascia ch’io sugga
Dalle tue morbide labbra.
Dolorosamente ricordo
Le lente carezze
Sulle guance arrossate
E l’arruffo della tua mano
Sui miei capelli.
Gli abbandoni tra le mie braccia
E i labili sussurri agli orecchi.
Le tue confidenze e i tuoi sfoghi.
I tuoi timori e le tue incertezze.
La tua innocenza di sguardi e di atti.
Tutto questo mi manca…
Quando il tuo volto
È rabbuiato.
-
Ecco ride l’Oriente
E un raggio di sole
Indora la tua limpida fronte
E ridona il rosa
Alle tue molli labbra,
Che età non discolora
Né increspa.
Le tue pupille brillano
Come la stella mattutina.
M’invade l’odor femmineo
Del talamo
E m’inebrio del profumo
Singolare che solo è tuo
E di nessun’altra.
-
Ecco ride l’Oriente
E un raggio di sole
Indora la tua limpida fronte
E ridona il rosa
Alle tue molli labbra,
Che età non discolora
Né increspa.
Le tue pupille brillano
Come la stella mattutina.
M’invade l’odor femmineo
Del talamo
E m’inebrio del profumo
Singolare che solo è tuo
E di nessun’altra.
-
MONTALE
xxx
Tergi gli occhiali appannati
se c’è nebbia e fumo nell’aldilà,
e guarda in giro e laggiù se mai accada
ciò che nei tuoi anni scolari fu detto vita.
Anche per noi viventi o sedicenti tali
è difficile credere che siamo intrappolati
in attesa che scatti qualche serratura
che metta a nostro libito l’accesso
a una più spaventevole felicità.
E’ mezzogiorno, qualcuno col fazzoletto
ci dirà d’affrettarci perché la cena è pronta,
la cena o l’antipasto qualsivoglia mangime,
ma il treno non rallenta per ora la sua corsa.
-
Il tempo vola
E la vita è breve sogno.
E pur vale la pena
Viverla intensamente.
Con gioie e dolori, sì,
Ma giova viverla comunque la vita,
Specie se l’accompagna
L’amore.
Che è luce, calore, fiducia,
Speranza, illusione.
Anche dispiaceri e delusioni,
Certo,
Ma il tutto dà un senso
Al cammino terreno.
Specialmente se fiacca
È la fede in Dio
E viviamo nello smarrimento.
Beati coloro che si amano
In una tensione verso il Creatore
Dell’amore.
-
Le poetesse nobili
Del Cinquecento italiano
Cantavano il loro uomo
-
Forse unico –
Chiamandolo “ unico mio sole “.
Spero non m’illuda
D’esser tale anch’io
Per te.
Pregi e difetti certo
Avevano quegli uomini,
Io non son da meno,
Sì che spero tu mi ami
Così come sono anch’io.
Sarebbe comunque bello
Che tu mi idealizzassi
Così come io ti canto
Nei miei prosastici versi
Di poeta perennemente innamorato
Della tua bellezza
E della tua innegabile
Bontà di fondo.
-
-
Mai è stato
E che mai sia diviso
Da te il mio cuore.
Come fu per famosi
Giovani amanti dell’Antichità:
Ero e Leandro, Piramo e Tisbe,
Florio e Biancofiore, Tristano e Isotta,
Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca,
Gl’immortali Romeo e Giulietta.
E tanti altri cantati da grandi poeti:
Come Dante che amò Beatrice,
Petrarca che amò Laura,
Boccaccio Fiammetta.
E Ariosto e Tasso, che amarono
Serenamente il primo,
Tormentosamente il secondo.
Platonicamente Leopardi,
Teneramente Manzoni la sua angelica Enrichetta,
Passinonalmente Foscolo,
Virilmente Carducci,
Sensualmente l’estetizzante D’Annunzio,
Discretamene e melanconicamente Pascoli,
Così come Ungaretti, Montale, Quasimodo,
Saba, Cardarelli, Luzi.
Sai perché?
Perché l’amore è universale
E il cuore del poeta
È più tenero
Per sua nartura.
-
Parole no,
solo sguardi teneri
e sospiri.
Mano nella mano,
lungo il sentiero
fra i mille colori dell’autunno.
Come adolescenti tesi
verso un’indefinita felicità,
al riparo dai rumori del mondo.
-
Quale un’aulente rosa
Fresca di rugiada,
Esci dal vano doccia
In accappatoio avvolta
Di celestial colore.
Ed io che bramoso attendo
Ti cingo, tuo malgrado,
Tra le braccia
E bevo ad una ad una
Le gocce che ti cadono sul viso.
Inizia il tuo tremore
E le nostre bocche
Freneticamente
Si cercano e si suggellano.
Tale Venere
S’intrecciava ad Adone
-
Senza tempo
È ormai
Il nostro amore,
Poi che dura
Da mezzo secolo,
Ossia da che primieramente
Mi balzò il cuore in petto
Alla vista della tua
Singolare bellezza :
Ovale di madonnina,
Occhi luminosi e ridenti,
Bocca rosata e denti di perla,
Linea e rotondità perfette,
voce chiara
e timidezza verginale.
Che schianto!
-
le foglie sono cadute,
cadute dagli alberi
e mi ricordo
il tuo sorriso di sole.
In primavera mi hai fatto pensare
a quanto belli siano stati gli occhi
che smarrirono la mia estate
tra i filari della vite
Non c'è nessuno
che possa svegliare il mio autunno.
innamorato di te
nell'incanto del cadere delle foglie,
nella nebbia d'inverno.
Le foglie sono cadute,
cadute dagli alberi.
-
-
Un giovane amico
Scettico sul matrimonio
E persino sulla convivenza
Mi chiede
Quali i momenti più belli e convincenti
Di una vita di coppia.
Ed io :
-
Certo, se ti guardi intorno,
il panorama è desolante :
parabole troppo brevi,
grandi amori, creduti tali,
in frantumi!
Ma se c’è vero amore,
fatto di sentimento profondo,
prima e più ancora che
di attrazione fisica,
e dura almeno fino alla scomparsa
dolorosa ma fatale del partner?
I loro cuori sempre caldi,
le loro menti affollate
di dolci ricordi e nostalgìa
dei momenti più belli :
i primi sguardi sognanti,
le prime carezze, i primi baci,
i primi abbracci mozzafiato.
E poi tanti altri come
Gli amplessi al rientro dal lavoro
O da un viaggio o da eventi indesiderati,
la quiete dopo piccole tempeste,
il primo annuncio di maternità-paternità,
i primi vagiti e i primi sorrisi del neonato,
i suoi primi passi,
le sue prime bricconate.
Dunque, amico mio,
non vale la pena?
-
-
Se tu osservi
il dorso delle mie mani,
scorgi lo spartiacque
cui giunsi al mio ottantesimo :
a mancino quasi nulla a variante,
a destra le prime maculazioni
prenunzie di cascume o, per lo meno,
di declino.
Dunque a mezzo tra speranza di vita
e tuffo nel vuoto, certo prima di te.
Fa’, o divina, che nulla sia sprecato,
però, di quel guizzo che rimane
di vera vita,
prima che sia troppo tardi.
-
Nocciola e argento sarebbe la tua chioma, se non la tingessi
castana o corvina. Ma ugualmente mi tiene al laccio. Né importa
se tu la sciolga al vento o la intrecci a coda di cavallo. Ugualmente
m’incendia l’anima e procura una piaga al mio cuore.
Serena e ancor bella è la tua fronte,ove appena compare qualche
grazioso solco che, a mo’ di vezzo, accende soave il mio petto.
Falci e saette son per me le tue ciglia. Languidi i tuoi occhi di Venere,
pur sempre ardenti, rapaci e rubelli. Ancor rosata è la tua bocca,
maliarda quando mi bacia e soave quando fa motto. candido
e lascivo il tuo seno bello, ancora mio tesoro e giardino ameno.
Vantano ancora bellezza e morbidezza le tue mani affusolate e calde.
Terra promessa, cielo limpido e mare di beltà tu sei ancora per me,
poi che non invecchi mai per davvero!