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Aggiornamenti di stato pubblicati da fel55

  1. Ora che son vittima

    di lunga e fastidiosa

    convalescenza,

    non segni di apprensione,

    malessere e insofferenza

    vorrei leggere nel tuo viso

    e nei tuoi atti quotidiani,

    ma chiari segni di comprensione

    e di tenerezza.

  2.  

    MONTALE

    Ai tuoi piedi

     

    Mi sono inginocchiato ai tuoi piedi

    o forse è un’illusione perché non si vede

    nulla di te,

     i miei peccati

    attendendo il verdetto con scarsa fiducia

    e debole speranza non sapendo

    che senso hanno quassù, il prima e il poi

    il presente il passato l’avvenire

    e il fatto che io sia venuto al mondo

    senza essere consultato.

    Poi penserò alla vita di quaggiù

    non “ sub specie aeternitatis “,

    non risalendo all’infanzia

    e agli ingloriosi fatti che l’hanno illustrata

                                                      per poi ascendere a un dopo

    di cui sarò all’anteporta.

    Attendendo il verdetto

    che sarà lungo o breve grato o ingrato

    ma sempre temporale e qui comincia

    l’imbroglio perché nulla di buono è mai pensabile

                                                                       nel tempo,

    ricorderò gli oggetti che ho lasciati

    al loro posto, un posto tanto studiato,

    agli uccelli impagliati, a qualche ritaglio

    di giornale, alle tre o quattro medaglie

    di cui sarò derubato e forse anche

    alle fotografie di qualche mia Musa

    che mai seppe di esserlo,

    rifarò il censimento di quel nulla

    che fu vivente perché fu tangibile

    e mi dirò se non fossero

    queste solo e non altro la mia consistenza

    e non questo corpo ormai incorporeo

    che sta in attesa e quasi si addormenta.

    1. fel55

      fel55

      Ora che son vittima

      di lunga e fastidiosa

      convalescenza,

      non segni di apprensione,

      malessere e insofferenza

      vorrei leggere nel tuo viso

      e nei tuoi atti quotidiani,

      ma chiari segni di comprensione

      e di tenerezza.

  3. Cessa di figurarmi

    Quale scellerato coniuge

    Ch’ha violato ingiustamente

    La fede nuziale.

    E’ vero: ho perduto l’anello nuziale,

    Ma per stupida fatalità!

    Non è mai mutato

    Il sentimento che nutro per te

    Negli abissi del cuore.

    E il mio pensiero

    È sempre

    Rivolto a te soltanto.

    Credimi:

    è l’unica realtà!

  4. Dalle stelle precipiterei

    Negli abissi,

    Se tu cessassi di amarmi

    Per tua o per mia colpa.

    Il cielo dell’anima mia

    Sarebbe sempre coperto di livore

    O in tutto simile a notte fonda.

    Buio sarebbe il futuro,

    Spenta ogni speranza di vita.

  5. Se è vero

    Che ancor m’accetti

    Quale amante e sposo

    Indissolubilmente a te congiunto,

    E’ vero anche

    Che la tua fiducia traballa

    E ti rode la gelosìa latente

    • Credimi – immotivata.

      Quali prove ancora

      Ti attendi?

      T’amo ancora…

      come sempre

      E mai potrei…

      Fare a meno di te!

    1. tacchialti94

      tacchialti94

      Bellissima! Grazie @fel55!

  6. Se è vero

    Che ancor m’accetti

    Quale amante e sposo

    Indissolubilmente a te congiunto,

    E’ vero anche

    Che la tua fiducia traballa

    E ti rode la gelosìa latente

    • Credimi – immotivata.

      Quali prove ancora

      Ti attendi?

      T’amo ancora…

      come sempre

      E mai potrei…

      Fare a meno di te!

  7. Soffocami di baci,

    Colmami di carezze,

    Promettimi amore eterno,

    Anche se non lo merito

    Del tutto

    Per le mie incomprensioni

    E il mio innato maschilismo.

    Ti vivo sempre accanto,

    A fianco a te,

    Unica donna e padrona

    Della mia vita.

    Orsù, sorridimi

    Come sempre hai fatto

    In tanti momenti belli,

    Sempre vivi nella memoria,

    in eterno incancellabili.

     

     

  8. QUASIMODO

     

    “ E la tua veste è bianca “

     

    Piegato hai il capo e mi guardi;

    e la tua veste è bianca,

    e un seno affiora dalla trina

    sciolta sull’omero sinistro.

     

    Mi  supera la luce, trema,

    e tocca le tue braccia ignude.

     

    Ti rivedo. Parole

    avevi chiuse e rapide,

    che mettevano cuore

    nel peso d’una vita

    che sapeva di circo.

     

     

     

    Profonda la strada

    su cui scendeva il vento

    certe notti di marzo,

    e ci svegliava ignoti,

    come la prima volta.

     

    “ Antico inverno “

     

    Desiderio delle tue mani chiare

    nella penombra della fiamma :

    sapevano di rovere e di rose;

    di morte. Antico inverno.

     

    Cercavano il miglio gli uccelli

    ed erano subito di neve;

    così le parole.

    Un po’ di sole, una raggera d’angelo,

    e poi la nebbia; e gli alberi,

    e noi fatti d’aria al mattino.

     

     

    1. fel55

      fel55

      QUASIMODO

       

      “ E la tua veste è bianca “

       

      Piegato hai il capo e mi guardi;

      e la tua veste è bianca,

      e un seno affiora dalla trina

      sciolta sull’omero sinistro.

       

      Mi  supera la luce, trema,

      e tocca le tue braccia ignude.

       

      Ti rivedo. Parole

      avevi chiuse e rapide,

      che mettevano cuore

      nel peso d’una vita

      che sapeva di circo.

       

       

       

      Profonda la strada

      su cui scendeva il vento

      certe notti di marzo,

      e ci svegliava ignoti,

      come la prima volta.

       

      “ Antico inverno “

       

      Desiderio delle tue mani chiare

      nella penombra della fiamma :

      sapevano di rovere e di rose;

      di morte. Antico inverno.

       

      Cercavano il miglio gli uccelli

      ed erano subito di neve;

      così le parole.

      Un po’ di sole, una raggera d’angelo,

      e poi la nebbia; e gli alberi,

      e noi fatti d’aria al mattino.

       

       

    2. scompaiomatorno
    3. fel55

      fel55

      Dalle stelle precipiterei

      Negli abissi,

      Se tu cessassi di amarmi

      Per tua o per mia colpa.

      Il cielo dell’anima mia

      Sarebbe sempre coperto di livore

      O in tutto simile a notte fonda.

      Buio sarebbe il futuro,

      Spenta ogni speranza di vita.

  9. MONTALE

    Sorapis, 40 anni fa

     

    Non ho mai amato molto la montagna

    e detesto le Alpi. Le Ande, le Cordigliere

    non le ho vedute mai. Pure la Sierra

    de Guadarrama mi ha rapito, dolce

    com’è l’ascesa e in vetta daini, cervi,

    secondo le notizie dei dèpliants turistici.

    Solo l’elettrica aria dellEngadina

    ci vinse, mio insettino, ma non si era

    tanto ricchi da dirci “ hic manebimus “.

    Tra i laghi solo quello di Sorapis

    fu la grande scoperta. C’era la solitudine

    delle marmotte più udite che intraviste

    e l’aria dei Celesti, ma quale strada

    per accedervi? Dapprima la percorsi

    da solo per vedere se i tuoi occhietti

    potevano addentrarsi tra cunicoli

    zigzaganti tra lastre alte di ghiaccio.

                                                     E così lunga! Confortata solo

    Nel primo tratto, in folti di conifere,

    dallo squillo d’allarme delle ghiandaie.

                                                   Poi ti guidai tenendoti per mano

    fino alla cima, una capanna vuota.

    Fu quello il nostro lago, poche spanne d’acqua,

    due vite troppo giovani per essere vecchie,

    e troppo vecchie per sentirsi giovani.

    Scoprimmo allora che cos’è l’età.

    Non ha nulla a che fare col tempo, è qualcosa che dice

    che ci fa dire siamo qui, è un miracolo

    che non si può ripetere. Al confronto

    la gioventù è il più vile degli inganni.

     

  10. Nei “ Sassi di Matera “al calar del sole

    Fino agli anni Cinquanta

     

    Or che nella corte del vicinato

    Sirio lentamente s’asconde

    Dietro i crinali dell’Appennino,

    Si smorza il chiasso dei fanciulli.

    Ad una ad una escono dalle case-grotte

    Le madri e le figlie da marito

    Ch’hanno di già approntato

    Il modesto desinare ai mariti o ai padri.

    Han tempo fino all’imbrunire e oltre,

    Per spettegolare o lamentarsi,

    Quando stanchi e affamati

    Gli uomini tornano dai campi seminati

    O dai piccoli orti o dalle vigne proprie,

    talora dalle altrui proprietà.

    L’asino o il mulo a lor dinanzi

    Avanzano zoccolando sul selciato sconnesso.

    Qual più gonfia qual meno

    Donzolano le bisacce

    E canta l’acqua di fonte nei barili.

    Le fiasche son vuote, più di vino che d’acqua.

    La parca cena li ristora, il vino, prezioso

    E perciò misto ad acqua, li disseta.

    Indi assisi sul muricciolo con gusto

    Aspirano tabacco dalla pipa attempata

    O dallo spinello fresco di paziente fattura.

    Han poco tempo per scambiare

    Qualche parola coi vicini di casa,

    Già che la stanchezza del duro lavoro

    Ormai ha il sopravvento e calano

    Le palpebre, di tanto in tanto.

    Le donne di casa han sparecchiato

    E lavato le stoviglie, non tante.

    Ora mettono a letto i loro uomini e bambini,

    Spengono i costosi lumi e tornano

    A confabular con le vicine.

    Che mai si dicon tra loro?

    E’ presto detto: nascite, matrimoni e lutti,

    Figli e acciacchi, gioie e dolori,

    Speranze e delusioni.

    Anche l’andamento del tempo

    È tema ricorrente, perché dai capricci del cielo

    Dipende ogni spiga, ogni legume,

    Ogni tronco di vite, ogni dono dell’orto,

    Ogn’erba selvatica o medicinale.

    Vita semplice e dura, scandita

    Dalla vicenda incessante delle stagioni. 

    Vita breve per ogni sorta di male,

    Che non risparmia bambini, gestanti,         Puerpere, uomini sfiancati dalle fatiche

    Dal primo mane a tarda sera,

    Più di rado anziane dalla pelle grinzosa.

    Eppur vita tranquilla, più che nel dopoguerra

    Frenetico, incalzato da presunto progresso.

     

     

     

     

    1. scompaiomatorno

      scompaiomatorno

      Grazie Fel!!! Sei molto gentile e condividere sulla Community questi versi bellissimi!

    2. fel55

      fel55

      Se è vero

      Che ancor m’accetti

      Quale amante e sposo

      Indissolubilmente a te congiunto,

      E’ vero anche

      Che la tua fiducia traballa

      E ti rode la gelosìa latente

      • Credimi – immotivata.

        Quali prove ancora

        Ti attendi?

        T’amo ancora…

        come sempre

        E mai potrei…

        Fare a meno di te!

  11. Nei “ Sassi di Matera “al calar del sole

    Fino agli anni Cinquanta

     

    Or che nella corte del vicinato

    Sirio lentamente s’asconde

    Dietro i crinali dell’Appennino,

    Si smorza il chiasso dei fanciulli.

    Ad una ad una escono dalle case-grotte

    Le madri e le figlie da marito

    Ch’hanno di già approntato

    Il modesto desinare ai mariti o ai padri.

    Han tempo fino all’imbrunire e oltre,

    Per spettegolare o lamentarsi,

    Quando stanchi e affamati

    Gli uomini tornano dai campi seminati

    O dai piccoli orti o dalle vigne proprie,

    talora dalle altrui proprietà.

    L’asino o il mulo a lor dinanzi

    Avanzano zoccolando sul selciato sconnesso.

    Qual più gonfia qual meno

    Donzolano le bisacce

    E canta l’acqua di fonte nei barili.

    Le fiasche son vuote, più di vino che d’acqua.

    La parca cena li ristora, il vino, prezioso

    E perciò misto ad acqua, li disseta.

    Indi assisi sul muricciolo con gusto

    Aspirano tabacco dalla pipa attempata

    O dallo spinello fresco di paziente fattura.

    Han poco tempo per scambiare

    Qualche parola coi vicini di casa,

    Già che la stanchezza del duro lavoro

    Ormai ha il sopravvento e calano

    Le palpebre, di tanto in tanto.

    Le donne di casa han sparecchiato

    E lavato le stoviglie, non tante.

    Ora mettono a letto i loro uomini e bambini,

    Spengono i costosi lumi e tornano

    A confabular con le vicine.

    Che mai si dicon tra loro?

    E’ presto detto: nascite, matrimoni e lutti,

    Figli e acciacchi, gioie e dolori,

    Speranze e delusioni.

    Anche l’andamento del tempo

    È tema ricorrente, perché dai capricci del cielo

    Dipende ogni spiga, ogni legume,

    Ogni tronco di vite, ogni dono dell’orto,

    Ogn’erba selvatica o medicinale.

    Vita semplice e dura, scandita

    Dalla vicenda incessante delle stagioni. 

    Vita breve per ogni sorta di male,

    Che non risparmia bambini, gestanti,         Puerpere, uomini sfiancati dalle fatiche

    Dal primo mane a tarda sera,

    Più di rado anziane dalla pelle grinzosa.

    Eppur vita tranquilla, più che nel dopoguerra

    Frenetico, incalzato da presunto progresso.

     

     

     

     

    1. theoldandthesea

      theoldandthesea

      bellissimi versi!

      Grazie @fel55

  12. MONTALE

     

                                                            Quasi un madrigale

     

    Il girasole piega a occidente

    e già precipita il giorno nel suo

    occhio in rovina e l’aria dell’estate

    s’addensa e già curva le foglie e il fumo

                                               dei cantieri. S’allontana con scorrere

    secco di nubi e stridere di fulmini

    quest’ultimo gioco del cielo. Ancora,

    e da anni, cara, ci ferma il mutarsi

    degli alberi stretti dentro la cerchia

    dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno

    e sempre quel sole che se ne va

    con il filo del suo raggio affettuoso.

     

    Non ho più ricordi,non voglio ricordare;

    la memoria risale dalla morte,

    la vita è senza fine. Ogni giorno

    è nostro. Uno si fermerà per sempre,

    e tu con me, quando ci sembri tardi.

    Qui sull’argine del canale, i piedi

                                                     in altalena, come di fanciulli,

    guardiamo l’acqua, i primi rami dentro

    il suo colore verde che s’oscura.

    E l’uomo che in silenzio s’avvicina

    non nasconde un coltello fra le mani,

    ma un fiore di geranio.

    Altra volta salimmo fino alla torre

                                                  dove sovente un passero solitario

                                                 modulava il motivo che Massenet

    imprestò al suo Des Grieux.

    Più tardi ne uccisi uno fermo sull’asta

    della bandiera : il solo mio delitto

    che non so perdonarmi. Ma ero pazzo

    e non di te, pazzo di gioventù,

    pazzo della stagione più ridicola

    della vita. Ora sto

    a chiedermi che posto tu hai avuto

    in quella mia stagione. Certo un senso

    allora inesprimibile, più tardi

    non l’oblio ma una punta che feriva

    quasi a sangue. Ma allora eri già morta

    e non ho mai saputo dove e come.

    Oggi penso che tu sei stata un genio

    di pura inesistenza, un’agnizione

    reale perché assurda. Lo stupore

    quando s’incarna è lampo che ti abbaglia

    e si spenge. Durare potrebbe essere

    l’effetto di una droga nel creato,

                                                in un medium di cui non si ebbe mai

    alcuna prova.

     

  13. MONTALE

     

                                                            Quasi un madrigale

     

    Il girasole piega a occidente

    e già precipita il giorno nel suo

    occhio in rovina e l’aria dell’estate

    s’addensa e già curva le foglie e il fumo

                                               dei cantieri. S’allontana con scorrere

    secco di nubi e stridere di fulmini

    quest’ultimo gioco del cielo. Ancora,

    e da anni, cara, ci ferma il mutarsi

    degli alberi stretti dentro la cerchia

    dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno

    e sempre quel sole che se ne va

    con il filo del suo raggio affettuoso.

     

    Non ho più ricordi,non voglio ricordare;

    la memoria risale dalla morte,

    la vita è senza fine. Ogni giorno

    è nostro. Uno si fermerà per sempre,

    e tu con me, quando ci sembri tardi.

    Qui sull’argine del canale, i piedi

                                                     in altalena, come di fanciulli,

    guardiamo l’acqua, i primi rami dentro

    il suo colore verde che s’oscura.

    E l’uomo che in silenzio s’avvicina

    non nasconde un coltello fra le mani,

    ma un fiore di geranio.

    Altra volta salimmo fino alla torre

                                                  dove sovente un passero solitario

                                                 modulava il motivo che Massenet

    imprestò al suo Des Grieux.

    Più tardi ne uccisi uno fermo sull’asta

    della bandiera : il solo mio delitto

    che non so perdonarmi. Ma ero pazzo

    e non di te, pazzo di gioventù,

    pazzo della stagione più ridicola

    della vita. Ora sto

    a chiedermi che posto tu hai avuto

    in quella mia stagione. Certo un senso

    allora inesprimibile, più tardi

    non l’oblio ma una punta che feriva

    quasi a sangue. Ma allora eri già morta

    e non ho mai saputo dove e come.

    Oggi penso che tu sei stata un genio

    di pura inesistenza, un’agnizione

    reale perché assurda. Lo stupore

    quando s’incarna è lampo che ti abbaglia

    e si spenge. Durare potrebbe essere

    l’effetto di una droga nel creato,

                                                in un medium di cui non si ebbe mai

    alcuna prova.

     

  14. Belvedere

    Sui “Sassi” di Matera

     

     

    Non può mancarci, cara,

    La salita al Belvedere.

    Che spettacolo si presenta

    Ai nostri occhi stupiti!

    A fronte,

    Sulla dorsale collinare

    L’immenso drago

    Della nuova Matera

    Disteso per vari chilometri

    Da nord a sud.

    Giù nella profonda gravina

    Il torrente omonimo

    Si svolge tortuoso e sonnolento.

    Soffia il vento lieve e costante

    E scompiglia dolcemente

    I tuoi setosi lunghi capelli

    Mentre fissi sull’altra ripa scoscesa

    Le cavità d’accesso

    Alle millenarie chiese rupestri.

    Poi mi chiedi di avventurarci

    Tra quelle sottostanti al Belvedere

    E t’incanti a contemplare e studiare

    I brandelli di dipinti

    Di santi e storia sacra.

    Infine mi conduci quasi riluttante

    Tra i sassi murgiani

    Per esplorare il pianoro.

    E cerchi qualche punto appartato

    Per coprirmi di baci

    E stringermi al tuo petto,

    Ebbra di felicità

    Per l’insolita giornata.

     

     

     

     

     

     

    1. fleurdelys00

      fleurdelys00

      magnifica...Matera, i sassi...adoro questa città!

  15. G. UNGARETTI

     

    Da “ Sentimento del tempo “

     

    Scade flessuosa la pianura d’acqua.

     

    Nelle sue urne il sole

    Ancora segreto si bagna.

     

    Una carnagione lieve trascorre.

     

    Ed ella apre improvvisa ai seni

    La grande mitezza degli occhi.

     

    L’ombra sommersa delle rocce muore.

     

    Dolce sbocciata dalle anche ilari,

    Il vero amore è quiete accesa,

     

    E la godo diffusa

    Dall’ala alabastrina

    D’una mattina immobile.

     

    Ricordo d’Affrica   ( 1924 )

     

    Non più ora tra la piana sterminata

    E il largo mare m’apporterò, né umili

    Di remote età, udrò più sciogliersi, chiari,

     

     

    Nell’aria limpida, squilli; né più

    Le grazie acerbe andrà nudando

    E in forme favolose esalterà

    Folle la fantasia,

    Né dal rado palmeto Diana apparsa

    In agile abito di luce,

    Rincorrerò

    ( In un suo gelo altiera s’abbagliava,

    Ma le seguiva gli occhi nel posarli

    Arroventando disgraziate brame,

    Per sempre

    Infinito velluto ).

     

    E’ solo linea vaporosa il mare

    Che un giorno germogliò rapace,

    E nappo d’un miele, non più gustato

    Per non morire di sete, mi pare

    La piana, e a un seno casto, Diana vezzo

    D’opali, ma nemmeno d’invisibile

    Non palpita.

     

    Ah! Questa è l’ora che annuvola e smemora.

     

     

  16. Succede anche a voi ,

    Giovanna e cari amici

    Compagni di viaggi ,

    Di ricordare il nostro

    Piero , col sorriso ,

    Mentre recitate per lui

    Un nostalgico “ requiem “ ?

    Come dimenticare

    La sua impetuosità

    Nella discussione

    E il suo linguaggio

    Talvolta scurrìle !

    Giovanna, tu l’hai amato

    Tanto , ma sappi che

    Anche a noi manca

    Perché gli abbiamo voluto

    Tanto bene e provato per lui

    Tanta simpatìa.

    Per consolarci,

    Crediamo fermamente

    Che il suo spirito

    È ancora fra noi

    E continua a canzonarci.

     

     

     

  17. Perché trepidi

    E a tratti piangi

    Se non è ancora giunta

    L’ora mia ?

    Prega il Cielo

    Che ci lasci svegliare

    Ancora accanto

    E augurarci

    Il nuovo buon giorno.

    1. londoncalling6

      londoncalling6

      bellissimi versi!

      Brevi, ma di grande impatto...

  18. Forse inconsapevole

    Persino l’odore

    Cerco di te

    Come cucciolo.

    Metafora

    Di mia madre

    Perduta anzi tempo?

    Piuttosto

    Di quella metà

    Dell’anima mia

    Che mi dà gioia

    E inseguo continuamente.

     

  19. Soli.

     

    Altro non può desiderare

    Chi è innamorato come me.

    Esser soli

    È natura congeniale all’amore.

    A volte basta

    Guardarti mentre taci e pensi.

    E poche parole

    Bastano

    Per rompere il loquace silenzio.

    Una mia carezza,

    Il tuo rossore

    Basta pure

    Per intonare il canto dell’amore

    E toccare il cielo con un dito.

     

    1. scompaiomatorno

      scompaiomatorno

      meravigliosi versi...

  20. Solo ti chiedo

    Che tu mi lasci

    Sognare ancora

    Cieli sereni,

    Mare azzurro

    E monti innevati.

    E tu solo mi chiedi

    Vita tranquilla

    E trasparenza di pensieri,

    Amore sincero e unico.

    Troppo preziosa è

    La felicità coniugale.

    Tu lo sai, io lo so.

    Ma a noi non costa nulla

    Proteggerla,

    Perché l’amore di mezzo secolo

    E’ pietra di diamante.

     

     

  21. Certe notti

    Non vedo l’ora

    Si faccia giorno,

    Sì che possa rivedere

    In piena luce il tuo volto

    E i tuoi occhi luminosi

    Per la gioia o , talvolta, tristi.

    E’ allora che mi chiedo

    Cosa ci riserva la vita

    Per quel dì e per quelli

    A venire e trepido

    Per te più che per me.

  22. “ Fidàti colloqui d’amore “

    Ci porta il lento

    Risveglio del mattino

    E la pace effusa della sera.

    Il tuo capo

    Sul mio petto,

    Il tuo braccio avvinto

    Come laccio,

    Ti dico parole di miele,

    E tu rafforzi la tua morsa

    E miagoli come gattina

    In calore.

    Ma talora per un nonnulla

    Mi serbi rancore

    E mi porgi solo le terga,

    in tutto simile alla folle Luna.

     

  23. SEMONIDE  AMORGINO

     

    Fr. 7D (trad.di Ettore Bignone)

     

    Diversa Giove delle donne l’indole

    da principio creò. All’una origine

    dal porco irsuto diede. In terra giacciono,

    nella sua casa, tra sozzura lercia,

    a lei le cose; e qua e là si rotolano,

    in gran scompiglio: e sozza, in vesti sordide,

    in mezzo alla sporcizia essa s’impingua.

    Trasse il dio l’altra dall’ape subdola,

    chè tutto scruta e sa; a lei qualsiasi

    ottima cosa, od anco pur tristissima,

    celata non resta ;il buono pessimo

    dice spesso, ed invece ottimo il tristo.

    Sempre d’umore ad ora ad ora è varia.

     

    (Trad.di Filippo M. Pontani)

     

    Viene dal mare un’altra, e ha due nature

    opposte:   un giorno ride, tutta allegra,

    sì che a vederla in casa uno l’ammira:

    “ non c’è al mondo una donna più simpatica,

    non c’è donna migliore”. Un altro giorno

    non la sopporti neppure a vederla

    o ad andarle vicino: fa la pazza,

    e a chi s’accosti, guai! Pare la cagna

    coi cuccioli, implacabile: scoraggia

    nemici e amici alla stessa maniera.

    Come il mare che sta sovente calmo,

    non fa danno e rallegra i marinai

    nell’estate, e sovente in un fragore

    di cavalloni s’agita e s’infuria.

    Tale l’umore di una donna simile:

    anche il mare ha carattere cangiante.

     

    (Trad. di Ettore Romagnoli)

     

    Fu madre all’altra una cavalla morbida,

    di lungo crine. La fatica e le opere

    servili ha in gran fastidio, e staccio e macina

    non toccherebbe mai, né l’immondizia

    spazzerebbe da casa, o la fuliggine

    dal focolare, e t’ama sol per obbligo.

    Sta tutto quanto il santo giorno a tergersi,

    due volte e spesso tre s’unge di balsami,

    ravviata la chioma a fil di pettine,

    disciolta, ombrata di corolle floride.

    E’ questa donna, certo, uno spettacolo

    bello per gli altri; e pel marito un guaio,

    se pur non sia re di corona o principe,

    che di tali vaghezze allegri l’animo.

     

     

    Trad.di Giacomo Leopardi

     

    Ma la donna ch’a l’ape è somiglievole

    beato è chi l’ottien, che d’ogni biasimo

    sola è disciolta, e seco ride e prospera

    la mortal vita. In carità reciproca,

    poiché bella e gentil prole crearono,

    ambo i consorti dolcemente invecchiano.

    Splende fra tutte; e la circonda e seguita

    non so qual garbo; né con l’altre è solita

    goder di novellari osceni e fetidi.

    Questa, che delle donne è prima ed ottima,

    i numi alcuna volta ci largiscono.

     

     

  24. Buona notte, anima mia.

    Già dormi,

    ma continui ad esserci

    nei miei pensieri

    e certo poi nei miei sogni.

    Sogni d’oro, amore mio.

    Mentre, in dormiveglia,

    cerco e sfioro il tuo braccio

    e intreccio le mie dita

    alle tue, già remissive,

    ascolto il tuo ritmico respiro.

    Sospiro e attendo il tuo risveglio

    dal primo profondo sonno

    e già pregusto la dolcezza

    del desiato amplesso,

    mentre la complice Diana,

    sorella di Febo Apollo dormiente,

    splende appieno in cielo.

     

     

     

    1. ciribi72

      ciribi72

      versi bellissimi...li hai scritti tu?

  25. Oh! Il desiderio

    che non muore!

    Oh, la dolcezza

    del primo mattino!

    Svegliarsi anzitempo,

    fare l’amore  

    con l’amata,

    e riaddormentarsi

    stretti stretti.

    Osmosi di calore

    e di amore

    in soave dormiveglia!