- Uomo
- 85 anni
-
Ultima Visita
Più di un mese fa
Aggiornamenti di stato pubblicati da fel55
-
Senza uno sguardo,
senza una carezza,
fai cenno ch'è giunta l'ora.
Come il soffio del vento
che or ora dormiva
improvviso circola e trema
nell'erba folta,
esplode il sentimento che ci accomuna
ed è tutto un incendio,
che travolge le nostre bocche
e le nostre mani tremanti.
Oh, come siamo felici!
Che il cielo non ci invidi
e non sciolga l'incanto!
-
Mi hai appena risposto
che sei sotto la doccia.
Prende il volo la fantasia.
Odo lo scroscio caldo fumante
dell'acqua, che ha il privilegio
di lambire quel corpo
che vorrei baciare per iutiero,
corpo stillante gocce di rugiada
che vorrei bere ad una ad una.
Oh, quali giochi con la bocca vorrei fare
sulla tua pelle fremente e profumata,
sul tuo collo, sul tuo seno,
sui capezzoli e sul ventre,
sulla tua intimità accogliente,
fino a farti spasimare!
Ma non me lo consenti,
ahimè! E mi lasci a bocca asciutta.
Perché privarmi di tanta felicità?
-
Senza uno sguardo,
senza una carezza,
fai cenno ch'è giunta l'ora.
Come il soffio del vento
che or ora dormiva
improvviso circola e trema
nell'erba folta,
esplode il sentimento che ci accomuna
ed è tutto un incendio,
che travolge le nostre bocche
e le nostre mani tremanti.
Oh, come siamo felici!
Che il cielo non ci invidi
e non sciolga l'incanto!
-
O che la luna me lo sveli,
di tra i vetri, d'inverno,
il tuo perlaceo vago seno;
o che i raggi del sole, nella Canicola,
lo inondino, già rosato o abbrunito,
a mare, mi fa impazzire!
Sol che accosti i miei labbri,
ebbro assaporo il tuo miele,
e le mie nari, avide,
aspirano il tuo profumo di dea!
-
Cantano le allodole e i cardellini,
tubano le tortorelle; gli olmi
e i pioppi agitano lievemente i loro rami.
È un incanto, non vedi, cara?
Guarda come qui vicino l'edera
s'avvinghia al pino e chiede
amore e amplesso!
Oh, come il fuoco s'accinge a scorrere
nelle mie vene! Lascia ch'io baci,
per primi, i tuoi piedi, gioielli d'avorio!
Lo concedi ed io sollevo gli occhi al tuo viso...
Scorgo le tue labbra appena schiuse, di rubino,
incollo le mie e respiro la tua anima!
Oh, non è questo il paradiso?
Piantiamo qui la nostra tenda e godiamo
quanto il Cielo ci dà,
unico nettare della vita.
-
Mi spinge il soavissimo Eros alla tua porta,
quando calano le tenebre della notte,
ma tu non mi apri e mantieni il tuo broncio.
Ne sapessi almeno la cagione!
L'intima rabbia in petto mal celata,
ti serra la bocca e tu ti nutri di fiele.
A lungo durerà il tuo gelo?
Soccorrimi, o Eros e ispira alla mia donna
Il tuo perverso delirio,tu che spingi
anche una vergine a lasciare il suo sicuro nido
e pure una sposa a fuggire lontano dal letto
ancor caldo del derelitto marito.
-
Idolo mio, ché tale tu sei,
sei la cosa più bella
che il destino m'abbia concesso.
Mio cuore, mio bene,
che unico sei
e unico sarai nei dì concessi
al nostro mortale viaggio
su questo mondo.
Già, perché più della mia
stessa vita, tu conti
e tale valore sarai
per sempre, in ogni domani
che scorrerà davanti a noi.
-
Finché avrò vita, finché avrai vita,
sempre un casto e appassionato bacio
unirà le nostre labbra,
congiungerà le nostre anime
e ci assicurerà il favore del Cielo.
Non temere, cara
non vacillerà la mia fede,
non si spegnerà il mio fuoco,
ma sarai il solo pensiero, e,
spero, sarò la tua unica fiaccola.
-
Vedi, o cara, come si stende il Pollino,
candido di neve: spettacolo non consueto
e per ciò pieno di fascino per noi, che
ne amiamo ogni più riposto sito,
in qualunque stagione dell'anno.
Pare quale velo di sposa, che cela
II suo pudore nel dì dei sacri Imenei,
avanti che, tra pallore e lacrime di paura,
ella si arrenda all'amplesso nuziale,
nunzio di novella prole.
Cessano i venti e Cerere, calcando con le sue rosee
piante le lattee zolle, imprime alla terra palpitante
il sigillo della fertilità che,
in primavera, darà i suoi frutti e ammanterà
le coste, gli anfratti e i pianori di verde smeraldo
e dei colori vari ch'esploderanno dai bocciuoli.
Allora Venere, lasciata la serena superficie del mare
profondo o la cresta dei flutti roboanti
da presso alla riva, là dove muore l'onda,
porterà i suoi doni e i suoi travagli ai viventi,
sì che Natura si rinnovi festante.
-
Prima che la danza vertiginosa delle Ore
impietosa avanzi e giunga la Notte sul suo carro
carico di ombre inquietanti;
prima che il Sonno t'avvolga nel suo
soporifero manto, ascolta
ascolta la voce del vento che,
quieto come Zefiro, ti smuove i capelli e ti sfiora.
Una nuova ti porta, antica quanto il mondo
batte per te un cuore che non si rassegna
e, come il mare, si agita o si placa,
secondo che di speme si nutra o s'incupisca.
-
È il crepuscolo mattutino
e tu, cara, saluti di buon'ora Lucifero,
il messo del giorno, che rinnova
il dono della vita a noi concesso.
Con impazienza attendi lo sguardo di Febo,
il principe del cielo.
Ma cari a me siete voi, occhi di cielo della mia amata,
quando, messi del nuovo giorno,
mi portate il sole del risveglio.
-
Ad altro rivolgere non potrei
Il mio quotidiano pensare,
ché ardo di ferventissimo amore
e tanto vorrei riscaldare
il tuo freddissimo petto.
Mi rode fieramente il cuore
una sorta di amoroso verme.
Ma quanto più dura e ritrosa
ti mostri, tanto più
m'accendo e brucio.
Invano m'affatico
di renderti pieghevole
al mio bisogno d'amore.
Lusinghevoli parole a nulla giovano,
fermo rimane il tuo proposito,
ed io sono il più disperato fra gli uomini.
Né so immaginarmi di rinunziare a te
se solo lo penso, mi sento morire!
Ma tu sei ancora più dura e più rigida
di uno scoglio marino
e mostri di sì poco gradire
il mio fervido e caparbio amore.
-
Sei tu
Il più bel dono di Cipride,
che ama il sorriso.
Né da meno sono state le Muse,
che amano il canto.
Testardo, ogni ora del dì
grido il tuo nome
e paziente attendo
tu mi dica
quel dolce suono
che fa lieto ogni vivente
che freme sulla terra
e fa pazzo di felicità
ogni essere spasimante.
-
Qui, sur un letto di verde erba,
sotto queste svettanti querce centenarie,
lauri e cipressi ombrosi,
io t'offrirò bevanda d'ambrosia
e uva dai dolci grappoli,
nettare d'amore.
Sarai per me il frutto più polposo,
bruciore nell'anima,
fresca fonte contro l'inestinguibile arsura.
In breve, bruceranno i nostri corpi,
stretto l'uno all'altro,
mormoranti dolci suoni e alate parole.
-
Oggi che il tempo è noioso,
per pioggia e per freddo,
negli attimi in cui la tacita notte
viene allungando le sue ore,
dormiamo insieme avviluppati
al calduccio delle piumate coltri,
non prima che avremo ultimato
i giochi che Amore
ci avrà ispirato.
-
Scorgo nei tuoi atti
il carattere del mare.
Esso sovente sta calmo, d'estate,
rallegra i marinai e non fa loro danno;
all'improvviso, però,
si agita e divien furioso,
generando uno spaventoso fragore di cavalloni,
e minaccia la vita che prima allietava.
Tale è il tuo umore cangiante:
un giorno ridi, tutta allegra,
sì che a vederti il cuore si allarga;
un altro giorno non sopporti nulla
e fai la pazza se m'avvicino,
in tutto simile alla cagna coi cuccioli,
che tutti scoraggia,
familiari ed estranei.
-
Ti lavino le Grazie
nel recinto sacro di Pafo,
novella Afrodite,
e ti ungano dell'olio divino,
riservato alle membra degli dèi dall'eterna vita,
olio amabile, profumo odoroso.
Come lei, tu ami il sorriso
e tale ne esci dai lavacri ver me
che attonito miro.
Come se le tue guance fossero state dipinte
con l'essenza delle rose; le tue labbra
col fuoco di fiori vermigli; la tua fronte
con il raggio della luna in una notte di plenilunio,
quando dallo stormire delle foglie
nasce profonda quiete.
Sei una vergine dea
uscita dai lavacri della fonte Catusa,
stillante rugiadose gocce di acqua balsamica.
Sei la cosa più bella, sopra la terra bruna:
è Cipride che mi travolge nella brama,
ed io sono come uno degli dei,
felice di annullarmi fra le tue braccia.
-
Splendeva la luna
intorno al tuo latteo seno;
una bellissima collana di perle smaglianti
cingeva il tuo tenero crollo;
un ritorto bracciale d'oro bianco
ornava il tuo polso sottile;
una veste splendente,
simile a peplo di vergine achea,
indossavi, più fulgido che bagliore di fiamma.
Eri una dea,
eri Afrodite in persona,
quando le Càriti e le Ore
la rivestono di peplo odoroso dei fiori
di tutte le stagioni,
croco e giacinto,
viola e rosa,
narciso e giglio.
-
Grazie, Signore,
perché mi hai incatenato
a Lei, appena l’ho incontrata.
Grazie, amore, perché
Mi hai donato la felicità
Fin dal primo istante.
Grazie, per la pazienza
Con cui hai tollerato
I miei difetti
E i miei umori.
Grazie per la fedeltà
Al giuramento d’amore
Del dì fatidico.
Grazie di esistere per me.
-
Sotto questo azzurro e terso cielo
nella luce abbacinante del mattino
vedo danzare nei tuoi occhi
i raggi del sole ridente,
mentre tu inneggi alla vita
ed io canto l'amore di sempre.
Qui che respiriamo l'aria sottile, fresca,
ch'accarezza il "campo del lago",
la conca ampia di Seefeld,
bianca di neve sui tetti spioventi
delle ville e degli alberghi,
sulle cime zigzagate della corona dei monti
e sui pendii delle piste
e nell'ampia piana dello sci di fondo.
Vieni, confondiamoci tra la folla variopinta
dei turisti, fanciulli, giovani e anziani
spensierati e felici
di questo mondo di favola,
lontani dal grigio quotidiano,
almeno per altri trenta giorni.
-
Spirito e carne
È l’uomo.
Grandezza e miseria,
Come avevano pensato
E dimostrato
Agostino e Pascal.
Ma nell’amore Lo spirito è profondamente
Unito alla carne,
Quando è vero.
Altrimenti
È solo carne,
Perciò la felicità
Allora è effimera.
-
C’è forse qualcosa
Di più bello e dolce
Dell’innamorarsi della persona
Da cui si è attratti
- Non solo la prima volta –
Al primo incontro,
Quando ci si scopre
Con gli occhi fissi
Sul viso e sul fisico
Della persona amata?
Oppure, a distanza,
Incantarsi al pensiero ricorrente
Di persona che si vede
E si ama senza essere
Ancora corrisposti?
Magìa di sogni
Fra i più disparati,
Fatti ad occhi aperti
O in dormiveglia.
Oppure sentirsi avvolgere
Da una dolcezza al cuore
Che sa davvero
Di paradisiaco.
E vivere in bilico
Tra sogno e realtà.
Divino l’amore!
-
In settembre ho avuto l’avventura
di rivelarti il mio sentimento.
Lo ripeterò chi sa
quante volte che è dolce
vivere tra sogno e realtà,
sia pure virtuale.
Ma è arduo davvero
non poterti vedere e toccare
la tua fresca e profumata
gioventù.
-
S’io fossi Prassitele,
l’abile artista dell’Ellade antica,
scolpirei nel marmo pario
il tuo corpo scultoreo,
in tutto simile
alla Venere di Cnido,
frutto dell’amore genitoriale
e dell’armonia del tuo essere.
-
Osso di seppia
A letto ormai
Mi volgi le terga,
e prolungati silenzi
si frappongono tra noi.
Che ne è
Della gattina che
Nottetempo e non solo
Si annullava tra le mie braccia
O mi intratteneva
In un fiume di parole?
Mi hai inaridito al punto
Ch’altro non sono ormai
Che un osso di seppia.
- Precedente
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- Successiva
- Pagina 4 di 11