- Uomo
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- Roma (RM)
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L'inverno è arrivato nella costellazione
della buona fortuna e come una leggera
sciata dalla porta. E forse saremo in grado
di fare le cose diversamente,
diversamente da adesso, per vivere il resto
dei nostri giorni in pace e dolcezza.
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In quei giorni io mi ritrovavo a fantasticare a lungo – soprattutto durante le mie camminate in campagna – di essere su un camper, a girare il mondo. Nomade, non restavo a lungo nello stesso posto, e osservavo la vita – la stessa vita – con l’occhio del nomade che non mette radici in qualche posto specifico e che s’illude di poter estendere la conoscenza dell’essere estendendo lo spazio percorso, lasciando entrare negli occhi le differenze e le sorprese del viaggio.
A volte stazionavo lungo la costa, altre volte ero sulle montagne, in prossimità di qualche valico alpino. Oppure nel grande parco che costeggia il Lago di Ginevra, o sulle alture da cui, provenendo dai Pirenei, avvisti Figueres, o lungo il Danubio alle porte di Regensburg…
Durante il viaggio mi lasciavo invadere dalle immagini, assorbivo il panorama, la meteorologia.
La sera mi fermavo a mangiare in qualche posto caratteristico, cucina locale, e attaccavo bottone con chiunque.
Immaginavo che lo spostamento del nomade e l’incontro fugace potessero fornire indizi insoliti al mistero della vita, meglio che una annosa residenza sedentaria e un lunga frequentazione.
E alla fine, trovato il posto dove trascorrere la notte, la scrittura. Il momento in cui le cose vissute, digerite, si fanno emozioni e pensieri e cercano il vestito delle parole per accomodarsi sulla scena. Per rappresentare lo spettacolo dell’essere!
Era così che andavo incontro al cambiamento. Era così che cercavo l’idea. E ascoltavo le mie emozioni durante il fantasticare. E mi pareva proprio di star bene, di essere io, che la vita fosse vera. Finalmente.
Dunque? Era quello il mio orizzonte?
Ritornata con i piedi per terra, vedevo chiaramente gli ostacoli alla concreta fattibilità dell’idea. Mi sembrava che fossero insuperabili.
Era possibile sollevare il macigno che trascinava a picco l’etereo palloncino del sogno? era possibile disintegrarlo?
Pensare a “come fare per”, poteva essere il modo iniziale di vivere quell’avventura? Uno spostarsi verso, un andare in quella direzione…
Era fattibile?
Come sarebbe stato fatto?
Senza risposte a queste domande tutto sarebbe rimasto fermo.
La piacevole evasione durante le passeggiate sarebbe restata una mera fantasticheria.
Questa la posta in gioco.
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Non è l’esterno che conta è dentro.
Il meglio a volte non brilla affatto.
Le cose giuste non passeranno mai
di moda .L'importante di tutto è
basato sull'amore.
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Tolle dice qualcosa che mi piace moltissimo: che l’adesso ha tutto ciò di cui abbiamo bisogno per andare avanti. E che, invece di guardare fuori dall’adesso, nel futuro, o altrove, è utile concentrare l’attenzione su qui e ora. Perché il qui e ora non è solo il brusio che si capta sullo sfondo del nulla. Ma è un evento. Qualcosa accade qui e ora.
Ma appena tornano le forze, risorge il desiderio. E allora io direi che rimanere prigionieri nel qui e ora sarebbe un peccato. Allora è il momento di sognare e di volare e di lasciare che la salute si configuri come una vita piena e non soltanto come scomparsa del dolore. E una vita piena comprende i tuoi sogni, l’esultanza e l’entusiasmo. Come sarebbe brutto – per paura di soffrire – rinunciare ai sogni!
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Spesso c’è una dolorosa
discrepanza tra visione
del mondo e realtà...
Va bene dove va bene...
E non dove non siamo...
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