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  1.  

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    Con la Domenica delle Palme, con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme per andare incontro alla morte, inizia la Settimana Santa durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione.

    Gesù, quindi, fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso della Palestina, acclamato come si faceva solo con i re però a cavalcioni di un’asina, in segno di umiltà e mitezza. La cavalcatura dei re, solitamente guerrieri, era infatti il cavallo.
    I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
    I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.

    Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’ alto dei cieli!».

    Significato della parola Osanna

    «Osanna (hosha‛na’)» è un grido che invoca salvezza. È una richiesta e non già un’esultanza per una vittoria già conseguita. È una richiesta che si trasforma in celebrazione di colui che può salvare.

    Deriva dalla radice verbale ysh‛«salvare, liberare, soccorrere». Osanna è un grido di aiuto finalizzato alla salvezza apportata dal Messia. Il riferimento diviene esplicito in Matteo, che aggiunge nei due versi del salmo da lui citato (118,25-26) il riferimento al «figlio di Davide». L’antico grido di osanna rivolto a un re di carne e sangue (cf. 2S am 14,4; 2 Re 6,26) si è trasformato ora in invocazione messianica.

    Tutto ciò non è però sufficiente se non si ricorda il fatto fondamentale che il nome stesso di Gesù – Yeshua‛ (contrazione di Yehoshua‛) – significa proprio «il Signore salva». Matteo l’aveva richiamato fin dall’ inizio del proprio Vangelo, quando  rivolgendosi a Giuseppe l’angelo gli disse in sogno: «Lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).

    Se così si potesse dire, con l’ingresso in Gerusalemme

    Gesù diviene veramente Gesù.