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  1. Enfin nous sommes arrivés... tu bien sais combien j’aime Paris...tu m’épate toujours....

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  2. LO ZENZERO DI NATALE

    Published on 26 dicembre 2018
     
    Dedicated.

    Finalmente siamo arrivati,volo in perfetto orario,noleggiata l’auto eccoci a casa. È il nostro rifugio appena possiamo staccare per più giorni,un piccolo angolo di paradiso affacciato sull’oceano. Lunghe camminate,qualche coraggiosa nuotata,e ottime mangiate di pesce.

    Dobbiamo preparare il nostro pranzo di Natale: tante sfiziosita’ e il pesce spada allo zenzero.

    Io adoro lo zenzero,lo metto quasi dappertutto,soprattutto nei dolci.

    Mentre preparo le verdure tu hai il compito di pulire e preparare i rizomi che serviranno per il pesce.

    “Ma lo sai che lo zenzero è afrodisiaco?”

    “Ma va?”

    Ti metti a ridere divertito e mi fai vedere un rizoma sbucciato e trasformato in una specie di bastoncino lungo una decina di centimetri.

    “Eh si,davvero afrodisiaco…comunque anziche’ fare sculture di zenzero finisci di pulire il pesce o finisce che col pranzo facciamo merenda”…

    “Facciamo un gioco…e non vedrai più lo zenzero con gli stessi occhi”

    Mi fai girare e appoggiare al tavolo,mi chiudi gli occhi arrotolando una maglietta. Mi viene da ridere,e per tutta risposta mi dai un pizzicotto sul sedere.

    Sento la tua presenza ma non ti vedo.

    Fino a quando sento il tuo respiro caldo sul mio collo. Sei in piedi dietro di me.Sposti i capelli,mi dai un bacio,fai scorrere le tue mani sotto al mio vestito leggero. Trovi il fiocco che chiude il bikini e lo slacci. Lo slip resta su solo a metà.

    “Lo zenzero ti ha già dato alla testa solo sbucciandolo”

    “shhhhh….” mi dici facendo scorrere qualcosa di freddo e umido lungo la mia coscia.

    Essendo abbastanza schifiltosa cerco di spostarmi temendo qualcuno dei tuoi scherzi stupidi ma mi blocchi col tuo peso contro al tavolo.

    La cosa fredda e viscida prosegue il suo viaggio lungo il mio interno coscia,disegnando ghirigori senza senso. Poi dalla coscia inizia a esplorare l’inguine,va e viene,non riesco a capire cosa sia e soprattutto cosa stai facendo.

    Mi sto spazientendo e tu,nemmeno mi leggessi nel pensiero,senza dire nulla,mi infili dentro la  cosa misteriosa. Ho un sussulto perché non mi aspettavo niente del genere e poi quello che mi hai infilato e’ davvero freddo.

    Nel frattempo ho capito cosa stai usando:il rizoma di zenzero tagliato a bastoncino.

    “Allora?”

    “È freddo”

    “Aspetta qualche istante”

    Mentre lo muovi dentro di me inizio a sentire una specie di pizzicore.. che nel giro di qualche secondo diventa un bruciore e… Oddio… mi sto bagnando. Il bruciore aumenta, non fa male,è una sensazione strana,che ha come conseguenza il continuare a bagnarmi… più mi bagno più sento dentro che pizzica tutto portando la mia eccitazione a continuare a crescere.

    Sono un lago. Sto letteralmente colando… e … mi sento continuamente sul punto di venire senza però che questo accada…

    Nel frattempo hai tolto lo zenzero e lo stai passando sul mio clitoride che inizia a pizzicare provocando un’altra ondata di eccitazione fuori controllo.

    Fatico a reggermi in piedi,so solo che voglio venire ma non vengo,mi bagno come non mi era mai successo….

    E poi di colpo smetti di usare lo zenzero. E mi lasci lì,insoddisfatta,ansimante,e con gli occhi ancora bendati. Resti appoggiato a me per impedirmi di muovermi.

    Il bruciore sta rapidamente calando,non però la mia voglia insoddisfatta.

    Mi togli la maglietta che fa da benda,mi fai voltare dandomi un bacio.

    “Forza che ho fame!!! Abbiamo un pranzo da finire di preparare!!!”

    “Ma come??? Mi lasci così??? Sei perfido!!! E non pensare di concludere la giornata come vorresti… per oggi sei in castigo”.

    “Ah si?”

    Sorridi,e mi fai vedere un altro rizoma di zenzero con aria malandrina.

    “Se fai la brava stasera ti faccio giocare ancora un po’… Buon Natale ma chérie”

     

  3. LA CONFESSIONE 

    Sono passate appena due settimane da quando tu e Amelia avete litigato. Eravate qui,su questo divano,lei furiosa e ferita a darti del porco,tu con lo sguardo basso e pentito a dire che era solo un gioco… giusto per dare un brivido al vostro rapporto di coppia,e che no,non lo avresti fatto più.

    E invece lo hai fatto di nuovo.

    Stavolta Amelia ti ha cacciato di casa e tu sei di nuovo qui,sullo stesso divano a dire che era solo un gioco e che Amelia è esagerata…. stavolta però non hai lo sguardo pentito. Hai la stessa espressione dei bambini che non capiscono perché li stai rimproverando. Mi fai quasi tenerezza,ma non te lo dico. È giusto che ti maceri un po’ nell’incertezza del futuro. Più tardi sentirò Amelia,non credo voglia lasciarti davvero,ti ama troppo. Anche se per arrivare a cacciarti devi aver combinato qualcosa di grosso.

    Dal divano parli parli parli… ti ascolto una parola si e dieci no, non mi interessa cosa ti piace fare a letto. E poi non mi sembra educato toccare certi argomenti con la moglie del tuo migliore amico.

    Tra poco sarà a casa,e seppur dispiaciuto per gli eventi sarà felice di bere un whisky in tua compagnia guardando la partita.

  4. CAMILLO  BOITO

     

    “ Senso “

    …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

    La mattina seguente, prima delle nove, mi feci condurre nella mia carrozza al comando della fortezza.

    L’erta mi pareva interminabile : gridavo a Giacomo di frustare i cavalli. Una folla di militari d’ogni colore, di

    feriti, di popolani, ingombrava il piazzale innanzi al castello; ma giunsi senza ostacoli all’anticamera degli

    uffici, dove un vecchio invalido pigliò il mio biglietto da visita. Dopo qualche minuto ritornò, dicendomi che

    il generale Hauptmann mi pregava di passare nel suo quartiere privato, e che, appena sbrigati certi affari

    urgentissimi, sarebbe venuto a presentarmi il suo omaggio.  Fui condotta attraverso logge, corridoi e

    terrazze in una sala, che dominava dalle tre larghe finestre la città intiera.

     

     

     

     

     

    L’Adige, interrotto dai suoi ponti,

    si torceva in una S, avente la prima delle sue pancie ai piedi del monticello su cui sorge Castel San Pietro,

    e la seconda ai piedi di un altro bruno castello merlato; e sorgevano dalle case i culmini e le torri delle

    vecchie basiliche; e in un largo spazio si vedeva l’ovale enorme dell’Arena antica. Il sole mattutino

    rallegrava l’abitato ed i colli, e dall’una parte indorava le montagne, dall’altra gettava una luce placida

    sull’interminabile pianura verde, sparsa di villaggi bianchi, di case, di chiese, di campanili. Entrarono nella

    sala con gran fracasso di risa e salti due bimbe, le quali avevano il volto color di rosa e i capelli biondi

    paglierini. Vedendomi, di primo botto rimasero impacciate, ma poi subito si fecero coraggio e mi vennero

    accanto. La più grandicella disse : “ Signora, si accomodi. Vuole che vada a chiamare la mamma? “. “ No,

    fanciulla mia, aspetto il tuo babbo “. “ Il babbo non l’abbiamo ancora visto stamane. Ha tanto da fare “. “ Lo

    voglio vedere io il babbo”, gridò la più piccina. “ Gli voglio tanto bene io al

     

     

     

     

     

     

    babbo “. In  quella entrò il

    generale,e le bimbe gli corsero incontro,gli si avviticchiarono alle gambe, tentavano di saltargli sulle spalle;

    egli prendeva l’una e l’alzava e le dava un bacio, poi prendeva l’altra; e le due pazzerelle ridevano, e negli

    occhi del generale spuntarono due lagrime di tenerezza beata.  Si volse a me dicendo : “ Scusi, signora;

    s’ella ha figliuoli, mi compatirà “. Si mise a sedere in faccia a me e soggiunse : “ Conosco di nome il signor

    conte, e sarei lieto se potessi servire in qualcosa la signora contessa “. Feci un cenno al generale perché

    allontanasse le bambine, ed egli disse loro con voce piena di dolcezza : “ Andate, figliuole mie, andate,

    dobbiamo parlare con la signora”. Le bambine fecero un passo verso di me come per darmi un bacio;

    voltai la testa; e se ne andarono finalmente un poco mortificate. “ Generale – mormorai – vengo a

    compiere un dovere di suddita fedele “. “ La signora contessa è tedesca? “.

     

     

     

     

     

     

    “ No, sono trentina “. “ Ah, va

    bene “, esclamò, guardandomi con una cert’aria di stupore e di impazienza. “ Legga “ e gli porsi in atto

    risoluto la lettera di Remigio, quella che avevo ritrovata nel taschino del portamonete. Il generale, dopo

    avere letto : “ Non capisco; la lettera è indirizzata a lei? “. “ Sì, generale”. “ Dunque l’uomo che scrive è il

    suo amante? “.

    Non risposi. Il generale cavò di tasca un sigaro e lo accese; s’alzò da sedere e si pose a camminare su e giù

    per la sala; tutt’a un tratto mi si piantò innanzi e, ficcandomi gli occhi in volto, disse : “ Dunque, ho fretta,

    si sbrighi “. “ La lettera è di Remigio Ruiz, luogotenente del terzo reggimento granatieri “. “ E poi? “. “ La

    lettera parla chiaro. S’è fatto credere malato, pagando i quattro medici – e aggiunsi con l’accento rapido

    dell’odio : - è disertore dal campo di battaglia “.  “ Ho inteso. Il tenente era l’amante suo e l’ha piantata. Ella

    si vendica facendolo fucilare, e insieme con lui facendo fucilare i medici. E’

     

     

     

     

     

    vero? “. “ Dei medici non

    m’importa “. Il generale stette un poco meditando con le ciglia aggrottate, poi mi stese la lettera, che gli

    avevo data : “ Signora, ci pensi : la delazione è un’infamia e l’opera sua è un assassinio “. “ Signor generale, -

    esclamai, alzando il viso e guardandolo altera – compia il suo dovere “.

    La sera, verso le nove, un soldato portò all’albergo della “ Torre di  Londra “, dove finalmente mi avevano

    trovata una camera, un biglietto che diceva : “ Domattina alle quattro e mezzo precise verranno fucilati nel

    secondo cortile di Castel San Pietro il tenente Remigio Ruiz ed il medico del suo reggimento. Questo foglio

    servirà per assistere all’esecuzione. Il sottoscritto chiede scusa alla signora contessa di non poterle offrire

    anche lo spettacolo della fucilazione degli altri medici, i quali, per ragioni che qui è inutile riferire, vennero

    rimandati ad un altro consiglio di guerra. ……………………..Generale Hauptmann “.

    Alle tre e mezzo della notte buia uscivo a piedi dall’albergo,

     

     

     

     

     

    accompagnata da Giacomo. Al basso del colle di

    Castel  San Pietro gli ordinai che mi lasciasse, e cominciai a salire sola la strada erta; avevo caldo, soffocavo;

    non volevo togliermi  il velo dalla faccia, bensì, sciolti i primi bottoni dell’abito, rivoltai i lembi dello scollo al

    di dentro : quel po’ d’aria sul seno mi faceva respirare meglio. Le stelle impallidivano, si diffondeva intorno

    un albore giallastro. Seguii dei soldati, che, girando il fianco del castello, entrarono in un cortile chiuso dagli

    alti e cupi muri di cinta. Vi stavano già schierate due squadre di granatieri, immobili. Nessuno badava a me

    in quel brulichio silenzioso di militari e in quelle mezze tenebre. Si sentivano le campane suonare giù nella

    città, dalla quale salivano mille rumori confusi. Cigolò una porta bassa del castello, e ne uscirono due

    uomini con le mani legate dietro la schiena; l’uno magro, bruno, camminava innanzi ritto,sicuro, con la

    fronte alta; l’altro, fiancheggiato da due soldati, che lo reggevano con

     

     

     

     

     

     

    molta fatica alle ascelle, si trascinava

    singhiozzando.  Non so che cosa seguisse; leggevano, credo; poi udii un gran frastuono,

    e vidi il giovane bruno cadere, e nello stesso punto mi accorsi che Remigio era nudo fino alla cintura, e

    quelle braccia, quelle spalle, quel collo, tutte quelle membra, che avevo tanto amato, m’abbagliarono. Mi

    volò  nella fantasia l’immagine del mio amante, quando a Venezia, nella “Sirena “, pieno d’ardore e di gioia,

    m’aveva stretta per la prima volta fra le sue braccia d’acciaio. Un secondo frastuono mi scosse : sul torace

    ancora palpitante e bianco più del marmo s’era slanciata una donna bionda, cui schizzavano addosso gli

    zampilli di sangue. Alla vista di quella femmina turpe si ridestò in me tutto lo sdegno, e con lo sdegno la

    dignità e la forza. Avevo la coscienza del mio diritto; m’avviai per uscire, tranquilla nell’orgoglio di un

    difficile dovere compiuto.

    Alla soglia del cancello mi sentii strappare il velo dal volto; mi girai e vidi

     

     

     

     

     

    innanzi a me il grugno sporco

    dell’ufficiale boemo. Cavò dalla bocca enorme il cannello della sua pipa, e, avvicinando al mio viso il suo

    mustacchio, mi sputò sulla guancia…

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

  5. LO SCONOSCIUTO 2 (conclusione)

    Published on 22 dicembre 2018 

    Sappiamo perfettamente tutti e due perché siamo qui,ma l’essere uno davanti all’altro non è la stessa cosa che essere dietro a una tastiera: l’aria è carica di aspettative,quasi tesa,nell’aspettare chi dei due farà la prima mossa.

    Tante volte mi hai detto che ti sarebbe piaciuta una donna che prendesse l’iniziativa così poso il calice e con studiata lentezza mi avvicino a te,sento il tuo respiro e i tuoi occhi che mi guardano,ti passo una mano tra i capelli dietro la nuca e ti attiro a me x baciarti. Abbiamo tanto fantasticato di come sarebbe stato…tu volevi un bacio passionale di quelli che quasi ti tolgono il fiato,io un bacio dolce quasi da primo appuntamento.

    Non è niente di tutto ciò. È un bacio impersonale tra due persone che hanno solo voglia in fondo di farsi una bella scopata. Però stiamo al gioco,ti lasci stuzzicare con la punta della mia lingua,mi lascio accarezzare dalle tue dita,mi metto sopra di te lasciandoti giocare con la mia pelle.. è un continuo prendersi e perdersi uno nell’altro,di gemiti spezzati,di mani che toccano,stringono…. di bocche che esplorano….

    La notte è quasi finita,mi alzo per farmi una doccia. Mi trattieni a letto con un perentorio “stai qui”… mi divicolo e ridendo ti dico che non sono abituata a sentirmi dire cosa devo o non devo fare. È un secondo,ti sollevi dal letto e mi tiri un ceffone che quasi mi butta a terra.

    “Ah no? Non sei abituata a sentirti dire cosa devi o non devi fare? Si tratta bene la signora…. ma io non sono tuo marito… a me devi obbedire senza fiatare.”

    E’ un incubo non c’è altra spiegazione,sto sognando,ho sognato anche il ceffone… chi è quest’uomo che mi parla come se fossi un oggetto? Che si permette di alzare le mani? Cerco di ricompormi e inizio a parlarti con calma,quasi con dolcezza… “ tra non molto devo tornare in aeroporto,è meglio se torno in camera mi..”

    “non hai capito un cazzo!!! Tu stai qui e fai quello che ti dico io! Non mi interessa il tuo volo,inventerai un’ altra palla… sei così brava… ma guardati…. sai cosa sei? Lo sai?”

    Stai quasi urlando e io sono terrorizzata. Non riesco a muovermi,ti fisso stranita col terrore tu possa farmi del male. Ti sei trasformato in una belva per una semplice battuta…

    Mi do della deficiente da sola,anche nelle nostre telefonate era successo ma ti eri immediatamente ricomposto dicendo che era solo per il gran desiderio che avevi di me… e io ho voluto crederti, non ho voluto vedere… e adesso sono qui con te,che farnetichi sull’essere tua… “ allora!!!! Hai capito cosa ti ho detto???” Non faccio in tempo a rispondere,mi arriva un altro ceffone.

    Esci sul balcone a fumare,provo a uscire dalla camera ma hai chiuso e mi mostri la chiave dai vetri… Sono in trappola…

    Poi ho un flash. Compongo il numero delle emergenze e riappoggio il telefono dove lo avevi messo tu… non ti sei accorto di nulla… torni in camera e ricominci a insultarmi….  riesco a schivare un altro ceffone ma non sono abbastanza veloce da non farmi prendere da te e buttare sul letto mentre mi dici che se non faccio bene il mio lavoro di ceffoni ce ne saranno molti altri….

    Fuori dalla porta si sentono delle voci concitate,intimano di aprire,poi dopo pochi secondi la porta viene aperta col passpartout del concierge…. la chiamata è stata geolocalizzata. È tutto finito. Ti portano via dalla stanza e anche dalla mia vita….

    Posso tornare a casa.

     

    Tengo a precisare che pur essendo un racconto in parte autentico,la parte del pestaggio non lo è, si tratta di fantasia nel mio caso…anche se per molte donne purtroppo è stata una tragica realtà. L’invito è quello di prestare sempre la massima attenzione alle insidie della rete.

  6. LA CONFESSIONE 

    Sono passate appena due settimane da quando tu e Amelia avete litigato. Eravate qui,su questo divano,lei furiosa e ferita a darti del porco,tu con lo sguardo basso e pentito a dire che era solo un gioco… giusto per dare un brivido al vostro rapporto di coppia,e che no,non lo avresti fatto più.

    E invece lo hai fatto di nuovo.

    Stavolta Amelia ti ha cacciato di casa e tu sei di nuovo qui,sullo stesso divano a dire che era solo un gioco e che Amelia è esagerata…. stavolta però non hai lo sguardo pentito. Hai la stessa espressione dei bambini che non capiscono perché li stai rimproverando. Mi fai quasi tenerezza,ma non te lo dico. È giusto che ti maceri un po’ nell’incertezza del futuro. Più tardi sentirò Amelia,non credo voglia lasciarti davvero,ti ama troppo. Anche se per arrivare a cacciarti devi aver combinato qualcosa di grosso.

    Dal divano parli parli parli… ti ascolto una parola si e dieci no, non mi interessa cosa ti piace fare a letto. E poi non mi sembra educato toccare certi argomenti con la moglie del tuo migliore amico.

    Tra poco sarà a casa,e seppur dispiaciuto per gli eventi sarà felice di bere un whisky in tua compagnia guardando la partita.