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UNGARETTI
Nostalgia
Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa
Su Parigi s’addensa
un oscuro colore
di pianto
In un canto
di ponte
contemplo
l’illimitato silenzio
di una ragazza
tenue
Le nostre
malattie si fondono
E come portati via
si rimane
( 28settembre1916 )
Allegria di naufragi
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare
( 14febbraio1917 )
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MONTALE
Da “ Satura “
Xenia I
Non ho mai capito se io fossi
Il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello :
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
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QUASIMODO
Foce del fiume Roja
Un vento grave d’ottoni
mortifica il mio canto,
e tu soffri a grembo aperto
la voce disumana.
Da me divisa s’autunna
ai moti estremi giovinezza
e dichina.
La sera è qui, venuta ultima,
uno strazio d’albatri;
il greto ha tonfi, sulla foce,
amari, contagio d’acque desolate.
Lievita la mia vita di caduto,
esilio morituro.
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QUASIMODO
Di fresca donna riversa in mezzo ai fiori
S’indovinava la stagione occulta
dall’ansia delle piogge notturne,
dal variar nei cieli delle nuvole,
ondose lievi culle;
ed ero morto.
Una città a mezz’aria sospesa
m’era ultimo esilio,
e mi chiamavano intorno
le soavi donne d’un tempo,
e la madre, fatta nuova dagli anni,
la dolce mano scegliendo dalle rose
con le più bianche mi cingeva il capo.
Fuori era notte
e gli astri seguivano precisi
ignoti cammini in curve d’oro
e le cose fatte fuggitive
mi traevano in angoli segreti
per dirmi di giardini spalancati
e del senso di vita;
ma a me doleva ultimo sorriso
di fresca donna riversa in mezzo ai fiori.
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SABA
Ecco, adesso tu sai
Ecco, adesso tu sai, che tra i beati
non è dimora per noi. Che la vita,
come un avido sguardo, è tutta piena
di lacrime nascoste.
Amore, gelosia, taciuta brama
di belle cose come prede esposte,
ti lasciano un rimpianto oscuro, aggiungono
ancora un filo nell’antica trama
che spezzerà, forse,la morte.
A galla ti riportano
non dettate virtù, ma d’altri accenti,
che un tremito confonde, la memoria.
La tua storia finisce, si nasconde…
Ma quanti cari cuori hai conquistati!
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CALDARELLI
Rimorso
Ti porto in me come il mare
un tesoro affondato.
Sei il lievito, il segreto
d’ogni mio male, o amore a cui non credo.
Amore che mi segui
oltre ogni limite, ovunque,
come un cane fedele
segue un padrone ingrato.
Ti fuggo invano.
Poi che meno ti penso più mi opprimi,
rimorso, celato affanno.
Tu certo un giorno mi raggiungerai
nella morte.
Là, riposato e cheto, il tuo buon Genio
mi assisterà.
Voglio dormire all’ombra
del suo tremendo sorriso.
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CARDARELLI
Amicizia
Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c’incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam riaspettati al passo,
bestie caute,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.
Amore
Come chi gioia e angoscia provi insieme
gli occhi di lei così m’hanno lasciato.
Non so pensarci. Eppure mi ritorna
più e più insistente all’anima
quel suo fugace sguardo di commiato.
E un dolce tormento mi trattiene
dal prender sonno, ora ch’è notte e s’agita
nell’aria un che di nuovo.
Occhi di lei, vago tumulto. Amore,
pigro, incredulo amore, più per tedio
che per gioco intrapreso, ora ti sento
attaccato al mio cuore ( debol ramo )
come frutto che geme.
Amore e primavera vanno insieme.
Quel fatale e prescritto momento
che ci diremo addio
è già in ogni distacco
del tuo volto dal mio.
Cosa lieve è il tuo corpo!
Basta ch’io l’abbandoni per sentirti
crudelmente lontana.
Il più corto saluto è fra noi due
un commiato finale.
Ogni giorno ti perdo e ti ritrovo
così, senza speranza.
Se tu sapessi com’è già remoto
il ricordo dei baci
che poco fa mi davi,
di quel caro abbandono,
di quel folle tuo amore ov’io non mordo
che sapore di morte.
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CARDARELLI
Distacco
Io ti sento tacere da lontano.
Odo nel mio silenzio il tuo silenzio.
Di giorno in giorno assisto
all’opera che il tempo,
complice mio solerte, va compiendo.
E già quello che ieri era presente
divien passato e quel che ci pareva
incredibile accade.
Io e te ci separiamo.
Tu che fosti per me più che una sposa!
Tu che volevi entrare
nella mia vita, impavida,
come in inferno un angelo
e ne fosti scacciata.
Ora che t’ho lasciata,
la vita mi rimane
quale un’indegna, un’inutile soma,
da non poterne avere più alcun bene.
Io non so più qual era
il porto a cui miravo.
Per tanti luoghi insospettati e strani
mi trattenne l’amore, ch’è nemico
ad ogni alto destino
come il vento contrario al navigare :
dove persi il mio tempo
e logorai le forze del mio cuore.
Luoghi a cui, disertàti,
non tornerò giammai.
Sì che per me la terra
non è più che un asilo
vietato, un cimitero di memorie.
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CARDARELLI
Sera di Liguria
Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s’accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.
Natura
Per te risorgono le viete immagini.
La tua giovane testa ricciuta è come il pomo del tirso –
corpo inastato, festivo, tragico.
Tu non conosci l’ampio arco impetuoso del tuo sorriso :
come sfolgori, come si dilati una tua mossa rapida!
Io sono il tuo martire e il tuo testimone.
Talvolta la tua presenza mi tocca come un’immersione improvvisa nella primavera.
Tu sei l’incanto delle mattine che non torneranno.
Stupefatte e straordinarie mattine, da non sapere la nostra irrisorietà come entrarci!
Ritmo, verginità, perfezione.
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Carmen
Torna la mia disperazione a te.
Dopo aver tanto errato, oggi il mio amore
torna al tuo fiero mutevole ardore,
più nulla chiede che la tua onestà.
In queste lunghe giornate d’affanno,
che senza lotta e senza pace vanno,
e senza la tua gaia crudeltà;
con la mia solitaria anima invisa,
ho sognato pur io d’averti uccisa,
per l’ebbrezza di piangere su te.
Incolpabile amica, austera figlia
d’amore, se la vita oggi t’esiglia,
con la musica ancora vieni a me.
Geloso sono non di don josè,
non d’Escamillo; di chi prima un canto
sciolse alla tua purezza ed al tuo santo
coraggio incontro alla tua verità.
Né tu forse da me vivi lontana,
da me che all’amor tuo faccio ritorno,
e non cerco a Siviglia il tuo soggiorno.
Solo vagavo il mattino di un giorno
di festa, e tra la folla oscura e vana
tu m’apparivi in una popolana
di Firenze; la tua mano era stesa
a sollevare le tende di una chiesa,
le gialle e rosse tende sull’entrata.
Parevi stanca, parevi ammalata,
ma t’ho riconosciuta io che t’ho amata.
Io che a fatica ho rattenuto un grido,
mi sono meritato un tuo sorriso,
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DI GIACOMO
-
Tutto si scorda
Tutto, tutto si scorda,
tutto o si cambia o muore;
e una chitarra è amore
che non ha una sola corda.
Oggi sei tu; domani,
forse, un’altra sarà;
e poi un’altra, chissà,
se tempo ci rimane.
Occhi celesti o neri,
colore di giglio o di rosa,
sempre, sempre una sola cosa,
sempre gli stessi sospiri!
Se, sospirando, io dico :
“ Quanto mi sei costata! “,
tale e quale a qualche altra
tu sospiri con me…
Tutto, tutto si scorda,
tutto o si cambia o muore,
e una chitarra è amore,
che non ha una sola corda.
Ma, tremando,questa mano
certe volte si scorda :
e torna la prima corda
a tentare, piano piano.
E un sogno che desta
tante cose, o addormentate,
o lontane, o finite,
esce da sotto a queste dita…
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...è bello pensare che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo cominciare una chitarra
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lullabyblue0 ha aggiunto una reazione
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GUIDO GOZZANO
Da “ I colloqui “
La signorina Felicita : 3
Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga…
E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d’efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l’iridi sincere
azzurre d’un azzurro di stoviglia…
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
rideva una blandizie femminina.
Tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, signorina :
e più d’ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!
Ogni giorno salivo alla tua volta
pel soleggiato ripido sentiero.
il farmacista non pensò davvero
un’amicizia così bene accolta,
quando ti presentò la prima volta
l’ignoto villeggiante forestiero.
Talora – già la mensa era imbandita –
mi trattenevi a cena. Era una cena
d’altri tempi, col gatto e la falena
e la stoviglia semplice e fiorita
e il commento dei cibi e Maddalena
decrepita, e la siesta e la partita…
M’era più dolce starmene in cucina
tra le stoviglie a vividi colori .
Tu tacevi, tacevo, signorina :
godevo quel silenzio e quegli odori
tanto tanto per me consolatori
di basilisco d’aglio di cedrina…
Vedevo questa vita che m’avanza:
chiudevo gli occhi nei presagi grevi;
aprivo gli occhi . tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!
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MONTALE
Da “ Mediterraneo “
Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi,
mangiati dalla salsedine;
scheggia fuori del tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa.
Altro fui : uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace – uomo che tarda
all’atto, che nessuno, poi, distrugge.
Volli cercare il male
che tarla il mondo, la piccola stortura
d’una leva che arresta
l’ordegno universale; e tutti vidi
gli eventi del minuto
come pronti a disgiungersi in un crollo.
Seguìto il solco d’un sentiero, m’ebbi
l’opposto in cuore col suo invito; e forse
m’occorreva il coltello che recide,
la mente che decide e si determina.
Altri libri occorrevano
a me, non la tua pagina rombante.
Ma nulla so rimpiangere . tu sciogli
ancora i groppi interni col tuo canto.
Il tuo delirio sale agli astri ormai.
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MONTALE
A K.
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera e i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire , o lontana,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d’una giovinetta palma…
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MONTALE
Maestrale
S’è rifatta la calma
nell’aria : tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.
Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s’infrange e ancora
il cammino ripiglia.
Lameggia nella chiarìa
la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.
O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti
sulle tue mani, guarda :
sotto l’azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai : perché tutte le immagini portano scritto :
“ più in là “.
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PASCOLI
Dai “ Canti di Castelvecchio “ ( 1903 – 1911 )
La tessitrice
Mi son seduto su la panchetta
come una volta…quanti anni fa?
Ella, come una volta, s’è stretta
su la panchetta.
E non il suono d’una parola ;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico : “ Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te? “.
Piange e mi dice d’un cenno muto :
“ Come hai potuto? “.
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo : “ Perché non suona
dunque l’arguto pettine più ? .
Ella mi fissa timida e buona :
“ Perché non suona ? “.
E piange, piange : “ Mio dolce amore,
non t’hanno detto ? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Sì, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so :
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò “.
-
PASCOLI
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tramonti “
I – La Sirena
La sera, fra il sussurio lento
dell’acqua che succhia la rena,
dal mare nebbioso un lamento
si leva : il tuo canto, o Sirena.
E sembra che salga, che salga,
poi rompa in un gemito grave.
E l’onda sospira tra l’alga,
e passa una larva di nave :
un’ombra di nave che sfuma
nel grigio, ove muore quel grido;
che porta con sé, nella bruma,
dei cuori che tornano al lido :
al lido che fugge, che scese
già nella caligine, via;
che porta via tutto, le chiese
che suonano l’avemaria,
le case che su per la balza
nel grigio traspaiono appena,
e l’ombra del fumo che s’alza
tra forse il brusìo della cena.
-
-
Quanti sospiri
Traevo dal petto,
Quante lacrime dai miei occhi.
Quell’anno infausto in cui
Per stupide incomprensioni
E avverse circostanze familiari
La vita ci tenne lontani,
Tu a Boiano, io a Gravina!
Gran torto subì
Il nostro amore.
Ancora dopo tanti anni
Ti chiedo perdono
Per la mia parte di colpa.
Dolcissima, però, torna alla mente
La memoria
Della tanto attesa rappacificazione.
Com’eri tenera a telefono,
Mentre ti chiedevo perdono
Per la prima volta
E ti confermai
Che il mio cuore batteva
Ancora forte per te
E mi eri mancata tanto!
Quale non fu la consolazione
A udire il tuo secondo “sì”.
Sì, mi amavi ancora!
-
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PASCOLI
VIII- Notte
Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora :
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora :
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d’amor, di cortesie, d’incanti :
così parlando aspettano l’aurora.
Da “ Myricae “ – Sez. “ Tristezze “
II - Rammarico
Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?
Verso Occidente, o dolce madre Aurora,
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s’alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall’azzurro la grand’Orsa,
e sta nell’arme fulgido Orione.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s’avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incita,
canta lassù la lodola – apparìta
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone! –
-
QUASIMODO
A me discesa
per nuova innocenza.
Era beata stanotte la tua voce
a me discesa per nuova innocenza
nel tempo che patisco un nascimento
d’accorate letizie.
Tremavi bianca,
le braccia sollevate;
e io giacevo in te
con la mia vita
in poco sangue raccolta,
dimentico del canto
che già m’ha fatto estrema,
con la donna che mi tolse in disparte,
la mia tristezza
d’albero malnato.
-
QUASIMODO
“ E la tua veste è bianca “
Piegato hai il capo e mi guardi;
e la tua veste è bianca,
e un seno affiora dalla trina
sciolta sull’omero sinistro.
Mi supera la luce, trema,
e tocca le tue braccia ignude.
Ti rivedo. Parole
avevi chiuse e rapide,
che mettevano cuore
nel peso d’una vita
che sapeva di circo.
Profonda la strada
su cui scendeva il vento
certe notti di marzo,
e ci svegliava ignoti,
come la prima volta.
-
S. DI GIACOMO
Da “ Ariette e sonetti “
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Pianoforte di notte
Un pianoforte di notte
suona di lontano
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
E’ l’una . Dorme il vico
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! E che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentir cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vico,
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora. E resta,
incantandosi, a pensare.
-
un ritmo delicato ma inesorabile, lontano ma profondo, la musica di un pianoforte nella notte, come una delicata e notturna pioggia estiva
-
tacchialti94 ha aggiunto una reazione
-
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SABA
Dopo una passeggiata
Quando fino ad un colle o lungo il mare
noi pure usciamo nelle belle sere
a passeggiare,
vedo che a tutti appare
cosa fraterna l’alleanza nostra.
Noi cui la vita tanto sangue costa
E tanta inusitata gioia rende,
nulla abbiamo che in vista il volgo offende;
siamo a tutti due buoni, due tranquilli
cittadini, a cui mèta è un buon bicchiere.
Solo nei cuori rispondono squilli,
si spiegano al vento bandiere.
E nei giorni di festa, se pur tanto
v’ha di strano, che cerco il più deserto
dei sobborghi, chi mai vedrebbe in noi
altro che due che cenano all’aperto?
Un marito che già ostenta un rimpianto
di libertà, la sua moglie gelosa;
non v’ha , dico, una cosa
che dai molti distingua, amica, noi,
noi che rechiamo in cuore
i nostri due avversi destini
d’arte e d’amore.
-
SABA
Dopo una passeggiata
Quando fino ad un colle o lungo il mare
noi pure usciamo nelle belle sere
a passeggiare,
vedo che a tutti appare
cosa fraterna l’alleanza nostra.
Noi cui la vita tanto sangue costa
E tanta inusitata gioia rende,
nulla abbiamo che in vista il volgo offende;
siamo a tutti due buoni, due tranquilli
cittadini, a cui mèta è un buon bicchiere.
Solo nei cuori rispondono squilli,
si spiegano al vento bandiere.
E nei giorni di festa, se pur tanto
v’ha di strano, che cerco il più deserto
dei sobborghi, chi mai vedrebbe in noi
altro che due che cenano all’aperto?
Un marito che già ostenta un rimpianto
di libertà, la sua moglie gelosa;
non v’ha , dico, una cosa
che dai molti distingua, amica, noi,
noi che rechiamo in cuore
i nostri due avversi destini
d’arte e d’amore.
-
SABA
L’ora nostra
Sai un’ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? E’ quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l’ora che intensa è l’opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;
sulle moli quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell’aria serena.
E’ l’ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d’aspetti in sua bella unità;
l’ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, l’artiere in cima all’alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell’atto, tutto questo andare
ha una parvenza d’immobilità.
E’ l’ora grande, l’ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.
La moglie
Quando triste rincaso e lei m’aspetta
alla finestra,se la bella e cara
moglie, ad un gesto, il mio male sospetta,
se il disgusto mi legge, od altro, in faccia,
tosto al mio collo le amorose braccia,
come due serpi vigorose, getta ;
me solo accusa la sua voce amara.
“ E’ così – dice – è così che mi torni.
Non un bacio per me, non un sorriso
per tua figlia; stai lì, muto, in disparte;
si direbbe, a vederti, che tu hai l’arte
di distruggerti. Ed io…guardami in viso,
guarda, se alle parole mie non credi,
questi solchi che v’ha lasciato il pianto.
Ero qui sola ad aspettarti; intanto
la nostra casa io l’ho rimessa, vedi?
come nel primo giorno.
Ma tu già non m’ascolti. Che passione,
e che rabbia mi fai!
Non s’ha il diritto, sai,
quando si vive con altre persone,
di tenere per sé le proprie pene;
bisogna raccontarle, farne parte
ai nostri cari che vivono in noi
e di noi “.
“ Quanto, quanto m’annoi “,
io le rispondo fra me stesso. E penso :
Come farà il mio angelo a capire
che non v’ha cosa al mondo che partire
con essa io non vorrei, tranne quest’una,
questa muta tristezza; e che i miei mali
sono miei, sono all’anima mia sola;
non li cedo per moglie e per figliola,
non ne faccio ai miei cari parti uguali.
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SALVATORE DI GIACOMO
Da “ Sonetti antichi “ (tradotti dal napoletano)
I – Nannina
Occhi di sogno, neri, appassionati,
che del miele la dolcezza avete,
perché, con questo guardare che fate,
voi un braciere in petto m’accendete?
Vi manca la parola e mi parlate,
-pare che senza lacrime piangiate,-
di questa faccina bianca anima siete,
-occhi belli, occhi dolci, occhi fatati!
Voi, che insieme ai fiori vi aprite,
-e insieme con i fiori vi chiudete,-
fiori di passione mi apparite.-
Voi, sentimento degli innamorati,
-m’avete fatto male e lo sapete,-
occhi di sogno, neri, appassionati!
Da “ Canzoni “
A Marechiaro
Quando spunta la luna a Marechiaro,
anche i pesci vi fanno all’amore,
si agitano le onde del mare,
per la gioia cambiano colore,
quando spunta la luna a Marechiaro…
A Marechiaro c’è una finestra,
la mia passione vi bussa,
un garofano odora su una testa,
passa l’acqua di sotto e mormora…
A Marechiaro c’è una finestra…
Chi dice che le stelle sono lucenti,
non conosce questi occhi che tu hai in fronte,
questi due occhi li conosco io solamente,
dentro il cuore ne ho le punte.
Chi dice che le stelle sono lucenti?
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce,
quando mai tanto tempo ho aspettato?
Per accompagnare i suoni con la voce,
stasera ho portato una chitarra…
Svegliati, Carolina, chè l’aria è dolce!...