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  1. Samurai era il nome con il quale erano conosciuti i membri della casta militare del Giappone feudale; simili sotto certi aspetti ai cavalieri dell'Europa medievale, questi guerrieri giocarono per diversi secoli un ruolo fondamentale nella storia giapponese. Il loro declino coincise con l'inizio dello Shogunato Tokugawa, che con la fine dell'epoca dei conflitti vide fortemente ridimensionata la loro figura, per poi essere completamente accantonata durante il Rinnovamento Meiji nel XIX secolo in favore di un esercito regolare di stampo europeo.

    Il nome deriva sicuramente da un verbo, saburau, che significa "servire" o "tenersi a lato" e letteralmente significa "servitore". Un termine più appropriato sarebbe risalente al periodo Edo.

    Il termine viene tuttora usato per indicare proprio la nobiltà guerriera (non, ad esempio, gli ashigaru cioè i fanti, né i kuge cioè gli aristocratici di corte). I samurai che non servivano un daimyō perché era morto o perché ne avevano perso il favore, o la fiducia, erano chiamati rōnin, letteralmente "uomo onda", che intende "libero da vincoli", ma assume sempre un significato dispregiativo.

    I samurai costituivano una casta colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti zen come il cha no yu (arte del tè) o lo shodō (arte della scrittura). Durante l'era Tokugawa persero gradualmente la loro funzione militare divenendo dei semplici rōnin che spesso si abbandonavano a saccheggi e barbarie. Verso la fine del periodo Edo i samurai erano essenzialmente designati come i burocrati al servizio dello shōgun o di un daimyō, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali, per sottolineare la loro appartenenza di casta.

    Durante l'era di più grande potere dei samurai il termine yumitori (arciere) veniva utilizzato come titolo onorario per un guerriero, anche quando l'arte della spada divenne la più importante. Gli arcieri giapponesi (vedi arte del kyūjutsu) sono ancora fortemente associati con il dio della guerra Hachiman.

    Un samurai prendeva il nome di rōnin (浪人 letteralmente "uomo-onda") quando il nobile padrone cui era legato moriva o perdeva la fiducia in quest'ultimo. Il bushidō prevedeva che per espiare la propria colpa e riacquistare l'onore perduto si dovesse ricorrere alla pratica dello harakiri, che significa "tagliare il ventre" e rappresenta la parte culminante della pratica del suicidio rituale denominato seppuku, attraverso lo sventramento del ventre con la spada corta wakizashi. Il venir meno a questi principi causava il disonore del guerriero, che diventava un rōnin, ossia un samurai errante alla deriva, senza onore né dignità.

    Il rōnin poteva essere disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, oppure poteva arrivare a unirsi ad altri come lui e creare scompiglio nei villaggi, saccheggiandoli e creando confusione. Pur continuando a fare parte dell'elevata casta dei samurai, i rōnin potevano mettersi al servizio del popolo, insegnando arti marziali e di guerra, facendosi assumere come guardie del corpo (yojimbo) oppure difendendo il villaggio da aggressioni esterne.

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