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  1. Le radici storiche, l’alchimia e la pietra filosofale


    Nata da radici egizie, greche e gnostiche intrecciate con antiche pratiche arabe, l’alchimia fonde a partire dal VIII secolo, sulla base dei testi di Ermete Trismegisto e di Geber (Giābir ibn Hayyān), i primordi della scienza sperimentale con elementi di misticismo e un nuovo alfabeto simbolico.
    La più alta aspirazione dell’alchimia era ricavare dalla materia primigenia, attraverso vari stadi di purificazione, la pietra filosofale, sostanza purissima che al semplice contatto potesse far ottenere oro e argento — metalli del sole e della luna — dai metalli comuni, guarire il corpo umano, distillare un farmaco universale, giungere alla quintessenza della natura. Archimagia, chimica ermetica, crisopea e medicina spagirica sono sue derivazioni.
    Le sue radici affondano negli antichi riti orfici greci, nella magia egizia, nella mistica gnostica e nella letteratura ermetica.
    Fu coltivata da insigni studiosi come Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, Cornelius Agrippa, Paracelso. Facendo largo uso di un immaginario derivato da attività di laboratorio, con gli alchimisti che per secoli cercarono davvero di sintetizzare metalli preziosi incappando anche in autentiche scoperte scientifiche, è in fondo una dottrina di purificazione dell’anima, pagana e del tutto estranea alla Chiesa. Infatti, alla conclusione del suo arco millenario, s’incanalò in alcuni suoi rivoli anche verso il rosacrocianesimo e la massoneria, visti come fumo negli occhi dalle gerarchie ecclesiastiche.