A quest'ora sanno già di noi i problemi cominciano adesso tutto è fatto ormai. Tu non sai la forza che mi dai ma conosco i rimpianti che lasci tu conosci i miei.
C'è chi si stanca di un uomo, di una donna per amore che manca, per noia o solitudinee o delusi dal tempo; so bene che per noi non fu cosi.
Lascio una donna che crede solo in me, tu distruggi un uomo che il suo mondo ha dato a te.
Senza rispetto si parlerà di noi tutto questo io lo accetto non si vive un'altra volta. Questo per l'orgoglio mio di averti basta, non potranno mai fermarmi dimmi che è cosi per te chi può ridarci gli anni persi.
Questo fino all'ultimo dei giorni niente del passato può sfiorarci niente ci offenderà nessuno al mondo si permetterà appartiene a noi la nostra vita.
Cena all'alba, soli tu ed io, ciò che resta da fare domani devo farlo io.
Si risveglia in fretta la città nei tuoi occhi un po' stanchi ritorna la tua giusta età.
Questa è la cosa più importante vieni voglio uscire dalla gente basta star nascosti qui non ha più senso fare così incomincia qui la nostra vita.
Ripenso alle 5 di questa mattina……io che ti chiamavo….e tu che…mi sentivi. Anche se il tutto è accaduto nel sonno… e a distanza.
Un puro caso?
Forse.
Una semplice coincidenza?
Probabile.
Ma amo credere che non sia così con te.
Io penso che un certo tipo di 'comunicazione' possa davvero avvenire fra persone fortemente unite nello spirito…..fra persone tra cui si è stabilita una sorta di simbiosi e che vivono costantemente sintonizzate sulla medesima lunghezza d'onda.
Purtroppo, noi occidentali non abbiamo un tipo di cultura che ci insegna a privilegiare questi canali comunicativi fra le persone…..
Però, nonostante questo atteggiamento molto diffuso, la nostra mente tenta ugualmente di lanciarci dei segnali che è bene non lasciar cadere nel nulla.
Tempo fa lessi un libro intitolato '…e venne chiamata due cuori'…l'autrice è Marlo Morgan…una donna medico, americana, che ha vissuto un'esperienza unica attraversando il deserto australiano con un gruppo di aborigeni, catapultata da una realtà 'civile' ad una 'incivile' ma soltanto in apparenza….dove ritrova la sua vera ed essenziale dimensione umana e spirituale che le permetterà di ritornare, dopo mesi, alla sua vita di sempre, totalmente rinnovata nello spirito.
Mi colpì molto un episodio nel quale descriveva come questi aborigeni, considerati 'selvaggi' dall'esterno, fossero in grado di comunicare fra loro da una parte all'altra del deserto per mezzo della telepatìa, consentendo così l'istituzione di una 'rete' di comunicazione che garantisse la sopravvivenza dei componenti del gruppo….
Ci sarebbero molte considerazioni da fare su quel libro…..chissà…
un giorno, forse, lo rileggerò con te….
Che importa se per parlarti devo svegliarmi la notte?
Cercavo un posto dove pensare,
Lontano, vicino,
In cielo, in terra o in riva al mare…
Lungo il fiume o in cima al monte,
Freddo, caldo,
Cercavo un posto dove posare
Il capo, il cuore, la mente, la fronte.
Esisterà il luogo infinito
Dove si sposano le emozioni
S’intrecciano i pensieri e si
Spalancano finestre, porte e portoni……
Esiste il luogo del privilegio
Posato in cielo in terra e in riva al mare,
Lontano e vicino e in ogni dove
La tua anima e il tuo cuore mi può ascoltare….
Tutto questo vorrei dirti
E questo tutto è niente…..
Ma verrà il giorno in cui
Sarà possibile aprirti
Le mani in un abbraccio grandioso,
Passeggiare lungo giardini di parole
Affacciarsi e percorrere a ritroso
Le ore riscaldate soltanto dal sole….
Sono Poetessa, è vero, ma adesso è chiaro
Che al Poeta è concessa la via migliore
Quella di scrivere e di cantare
gioie, il tormenti, euforie d’amore.
Da una collaborazione con un vecchio amico, il racconto dello ZENZERO DI NATALE riscritto a 2 tastiere.
Rebecca Barr e Marcus L. Nolde
Le ruote del carrello hanno toccato la pista; tutto vibra! Atterraggio un poco brusco, ma niente di che: mi è capitato di peggio. L’aereo decelera, rulla sul cemento… siamo quasi fermi. Il pilota si dirige al terminal. Si accendono le luci, possiamo togliere le cinture. Il portellone si apre, scendiamo dalla scaletta, ci accoglie l’aria del tropico, dolce e calda. Siamo arrivati,finalmente! Siamo tornati a calpestare con le suole delle nostre scarpe la terra di questa che ormai chiamiamo la nostra isola, il nostro esclusivo rifugio, dove noi due ci rintaniamo quando possiamo concederci qualcosa in più del solito e troppo breve fine settimana; un piccolo angolo di paradiso affacciato sull‘oceano, circondato da morbide sabbie bianche e imponenti rocce nere. So che cosa mi aspetta, e di questo ne sono felice: faremo lunghe camminate tra la vegetazione selvaggia, come ragazzini incoscienti ci lanceremo dagli scogli e nuoteremo coraggiosamente in queste acque in compagnia di pesci predatori, per poi tornare, la sera, nella nostra casa, una piccola deliziosa costruzione ricoperta per intero di calce bianca, e che dall’alto di un poggio brullo e assolato guarda verso il blu dell’oceano... Passiamo il controllo passaporti, nulla da dichiarare, a parte il fatto di essere felici di trovarci di nuovo qui. Poi il controllo bagagli; una rapida occhiata da parte dell’addetto della dogana, il quale ci dice che è tutto a posto. Ci allontaniamo per andare subito nell’ufficio dell‘autonoleggio. Compiliamo il modulo, ritiriamo le chiavi e ci dirigiamo nel parcheggio in cerca della nostra piccola autovettura fuoristrada che abbiamo prenotato... Non prendiamo subito la direzione di casa: prima un veloce salto al mercato; il frigorifero è vuoto e lo dobbiamo per forza riempire, non possiamo rimanere digiuni. Qualche negozietto di specialità alimentari del luogo, la mescita dei vini, spezie, frutta, verdura… ecco, ora abbiamo tutto quello che ci serve, e forse anche di più!L’auto è carica; possiamo partire... Una ventina di minuti di marcia tra strade strette e tortuose, e arriviamo nel nostro eremo felice. Troviamo tutto in ordine e pulito; chi ci cura la casa ha fatto proprio un bel lavoro! Non resta che disfare le valigie. Io ne approfitto subito per togliermi gli abiti civili e diventare una selvaggia, pochi sono i centimetri di stoffa che mi lascio addosso... Siamo in veranda, un paio di bicchieri di vino, peccato che non sia fresco al punto giusto, ma si sa, siamo appena arrivati, ci vuole tempo. Lui mi passa la sua sigaretta, mi chiede se voglio fare un tiro, rinuncio. Lui si alza, rientra in casa, lo sento armeggiare. Dopo un paio di minuti sento le note di Insensatez e poi la voce di Astrud Gilberto, una musica e un canto fantastici, che fanno sognare. Il sole sta calando, a queste latitudini il buioarriva presto... Lui ritorna per godersi gli ultimi istanti di questo tramonto dalle mille luci infuocate. Terminiamo di bere, termina anche la musica; è ora di rientrare, di darsi da fare... Vado in cucina, lui mi raggiunge. Gli dico che per cena avremo pesce: pesce spada allo zenzero, e gli chiedo di aiutarmi. Mentre io mi occupo delle verdure lui si dedica a togliere la buccia ai rizomi dello zenzero. Un sorriso strano è comparso sul suo volto; lo guardo incuriosita. Lui nel frattempo ha terminato di sbucciare una delle radici, e modellandola con il coltellino ne ha ricavato un bastoncino della lunghezza di dieci centimetri. Lo solleva in modo che io lo veda. Gli chiedo che cosa sta facendo, se gli sembra il caso di dedicarsi alla scultura; non immaginavo che vi fosse in lui una vena d’artista; sorrido. Poi lo invito a sbrigarsi perché c’è ancora molto da fare; e che andando avanti di questo passorischiamo di cenare a notte inoltrata. Pare che lui non se ne preoccupi, anzi, mi propone di sospendere per un momento l’attività intorno ai fornelli e mi assicura, mentre mi mostra ancora la radice dello zenzero, che rimarrò piacevolmente sorpresa. È tardi ma sto al gioco, e lo lascio fare. Mi mette le mani sulle spalle e con una leggera pressione mi costringe a voltarmi. Lo vedo mentre dal cassetto prende un tovagliolo, lo arrotola creando una specie di bandana. Me lo appoggia sugli occhi e con un nodo stretto lo legaintorno al mio capo... Sono cieca! Non vedo più nulla!, mi dico, e all’improvviso mi viene da ridere; per tutta risposta lui mi dà un pizzicotto sul sedere e mi invita a rimanere seria… È in piedi, dietro di me. Avverto il suo respiro caldo sul mio collo. Mi sposta i capelli, mi dà un bacio, fascorrere le suemani. Trova il fiocco che chiude il bikini e lo slaccia. Poi la sua mano scende, mi abbassa lo slip...Shhh… mi intima di fare silenzio, e nel mentre fa scorrere qualcosa di misterioso, freddo e umido, lungo la mia coscia. Temo qualcuno dei suoi stupidi scherzi e cerco di spostarmi, ma non riesco: mi blocca col suopeso contro il tavolo... l’oggetto freddo e viscido prosegue il suo viaggio lungo l’interno della mia gamba, disegnando ghirigori senza senso. Poi sento che sale, lui si muove più verso l’alto e al centro, e con esso inizia in maniera sfacciata a esplorare il mio inguine. Lo alza, lo abbassa, lo spinge… ancora non riesco a capire cosa diavolo sia e soprattutto cosa lui abbia in mente di fare... Sto per perdere la calma. Faccio per togliermi da questa posizione e levarmi la benda che ho davanti agli occhi; ma lui non me lo permette, mi anticipa, e senza dire nulla, infila dentro di me l’oggetto misterioso. Non avevo previsto una simile mossa, ho un sussulto. Un brivido mi percorre tutto il corpo, l’oggetto è davvero freddo, ghiacciato… l’oggetto? Ecco cos’è: il rizoma di zenzero tagliato a bastoncino!… Mi chiede che cosa provo. È freddo, ho solo la forza di rispondere. Lui mi invita ad aspettare, ad avere ancora un attimo di pazienza… Mentre lo muove dentro quella che di me è la parte più intima e segreta, inizio a sentire una specie diprurigine... dopo pochi secondi diventa bruciore e… Oddio! Mi sto bagnando. Lo stimolo aumenta, non fa male, è una sensazione strana, che ha come conseguenza che io continui a bagnarmi… un pungolo nella carne, un misto di tormento e passione. Più mi bagno e più sento che dentro qualcosa mi morde, pizzica;e ciò non fa che aumentare la mia eccitazione. Sono un lago dalle onde gonfie e increspate dal vento, un fiumeimpetuoso dai mille vortici. Sto letteralmente colando, le mie ginocchia tremano, le mie gambe, mi pare abbiano preso la consistenza di un budino. Vacillo… Mi sento di continuo sul punto di venire senza però che questo accada... Sento la sua voce, ma le sue parole mi arrivano come se risalissero dal fondo di un pozzo, da una distanza immensa, confuse; tutto mi vortica intorno; e un delirio dei sensi... Toglie il bastoncino e lo passa sul mio clitoride che inizia furiosamente a pizzicare provocando un‘altra ondata di eccitazione fuori controllo. Fatico a reggermi in piedi. So solo che voglio venire ma non vengo. Mi sto bagnando come non mi era mai successo... Poi, all’improvviso,smette, maledetto… mi lasciainsoddisfatta, ansimante, e con gli occhi ancora bendati. Restaappoggiato a me per impedirmi di muovermi... Il bruciore inizia a scemare, non però la mia voglia insoddisfatta... Mi toglie la benda,mi fa voltare, e dopo avermi dato un bacio mi dice che non possiamo proseguire: c’è la cena da preparare. Sorride, e mentre con aria malandrina mi fa vedere un altro rizoma di zenzeroancora da sbucciare e mi dice che seguiteremo dopo cena... Stordita, sono stordita… aspetterò… più tardi, dopo cena.