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Risposte agli aggiornamenti di stato pubblicati da vincent29264
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si, è v ero, in una società frenetica come la nostra, non è male di tanto in tanto fermarsi e contemplare la realtà che ci circonda, apprezzando il bellezza della vita. Ce lo scordiamo avvolte persino quando andiamo in vacanza, con la fretta e la frenesia di scappare dal luogo in cui ci troviamo, con la speranza di trovare altrove quella pace perduta, se solo ricordassimo come cercarla, soprattutto di che colore e forma è.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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La cultura dell’etica del lavoro, della performance, porta a vantarci di dormire poco, di mangiare in fretta, di portarsi il lavoro a casa e cose del genere. Ma questa è davvero una virtù? La salute e la serenità non dovrebbe avere la priorità in una vita felice? E ancora: siamo sicuri che chi lavora tanto lavori davvero bene?
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le cose di fretta non sono mai le migliori, è quel tipico arrangiamento che diamo alla vita quando non sappiamo da parte dividerci prima per le cose eccessive che proponiamo di fare.
Purtroppo siamo solo esseri umani e coma tali abbiamo dei limiti, a dirla tutta, quei limiti altro non sono che un essere che non è più capace di esprimere tutto ciò che la nostra essenza (l'anima) riesce a immaginare.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Beh, il senso lo si trova, dipende dall'umore naturalmente ma è parte della nostra natura dare un significato tutto ciò che ci circonda, possiamo dire che sia una marcia in più alle nostre capacità di sopravvivenza.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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mi rattrista l'idea che qualcuno sia così pigro da comprare una carbonara precucinata, come se ci voglia chissà che per farla. si è veramente triste,
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londonercity ha aggiunto una reazione
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Immaginiamo che scoprissimo che un Dio ci stesse prendendo per il culo. Malgrado il nostro immenso desiderio di vita, siamo condannati a morte fin dalla nascita, i nostri sogni e desideri sono sempre mille miglia lontani rispetto alle condizioni reali, e la maggior parte di noi non ha neanche il minimo indispensabile per una sopravvivenza dignitosa…
In uno scenario del genere avremmo sempre la possibilità di cavarcela discretamente, se decidessimo tutti di imboccarci l’un l’altro, su tutti i piani di sogni e bi-sogni.
Le conclusioni sarebbero esattamente le stesse dettate dalla fede in un Dio dell’Amore che ci spronasse alla carità reciproca per entrare nel Regno dei Cieli.
Dunque?
Gandhi diceva che Dio viene all’affamato sotto forma di un pezzo di pane. Quel pezzo di pane qualcuno deve averglielo dato, all’affamato.
Possiamo immaginare che il Dio avviene esattamente in funzione di ciò che noi facciamo, per noi stessi e per gli altri? -
Buongiorno carissimo
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grazie, sei molto gentile,
Felice serata a te
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sarettalunetta ha aggiunto una reazione
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Buon mercoledì un abbraccio
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felice serata a te
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sarettalunetta ha aggiunto una reazione
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grazie, un po' di allegrai ci vuole proprio per iniziare la giornata.
Ciao a presto
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sarettalunetta ha aggiunto una reazione
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Ma, all’inizio, c’era del dolore. Un dolore forte e lancinante. Succedeva quando l’uomo o la donna che avevamo amato ci lasciava. Senza peraltro capire perché. C’era dolore dell’anima. Forte, lancinante. Come quando la società e il mercato sembravano dirci: non c’è spazio per questo. E noi avevamo in cuore desideri e sogni che sembravano la vita.
C’era dolore. E il dolore stesso ci spingeva a uscire, a salire qualche gradino della scala. Se non volevi morire, finire schiacciato sotto un peso insopportabile.
Il dolore è dolore, non c’è santi… Il dolore del corpo assorbe le forze, il dolore dell’anima esaurisce le energie della vitalità: la fiducia, la speranza, la gioia di vivere. Entrambi possono uccidere.
Ma il dolore è anche una reazione vitale e mette in moto le risorse estreme, quelle fondamentali. E superare la prova del dolore rende più forti, più coraggiosi, alla fine, più umani.
Il dolore diventò nostro amico. Come le nostre imperfezioni. Avevamo coltivato sogni, li avevamo coltivati con cura. Avevamo immaginato scenari in cui i nostri sogni avrebbero danzato. C’era il dolore. Il dolore di constatare che le cose non stavano in quel modo.
Noi diventammo esperti del dolore. Del dolore dell’anima. Il dolore c’insegnò la via della vita.
Smettemmo di pensarci in continuazione, non appena recuperavamo un po’ di fiato. Ci affidammo a una provvidenza misteriosa, che ci offriva intelligenza sulla nostra vita. Fummo capaci di ammettere ciò che sapevamo da tempo ma che non riuscivamo a confessare: che, così, non eravamo felici. E che dunque la felicità la dovevamo cercare altrove. E quando uscivamo da quei territori oscuri, da quei viaggi nell’oltretomba, e quando riuscivamo a intravedere i nuovi orizzonti nel territorio aperto, allora finivamo perfino per benedire il dolore che ci aveva visitato. E cominciava la vita. Un’altra volta.
Magda era stata lasciata. L’amore della sua vita sembrava perduto. Si era allontanato, perché? Si sentiva deprivata dei suoi sogni, risucchiata da una sorta di mulinello che la portava a fondo. Tentò di resistere, di contrastare la spinta, di lottare contro la corrente. Non voleva provare quei sentimenti dolorosi. No, non voleva sentire. Poi si rassegnò. Accettò di patire. E si lasciò attraversare dall’ondata amara. Passò un tempo senza data. E non morì. Si ritrovò ancora viva, alla fine della pena.
Non era morta. E ora che se ne rendeva conto, gli orizzonti della vita erano nuovi. Il richiamo del desiderio era fresco e genuino. Il suo cuore si era allargato. E poteva fare, con maggiore libertà, quello che voleva.
Il dolore non l’aveva resa cinica. Al contrario, era stata come lavata da incrostazioni illusorie, e si ritrovava fresca e più giovane ad ascoltare il richiamo di quella prospettiva straordinaria che aveva a portata di mano.Lo so. Certe cose si possono dire solo dopo. Prima appaiono prive di senso. A meno che tu non abbia una persona in cui credere. Qualcuno che tu supponi le abbia vissute. Allora le sue parole incontreranno una corda dentro di te che vibra come se sapesse in negativo – curiosamente, una sorta di sapere anche nell’ignoranza.
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Si, è proprio vero, quello che non ti uccide finisce per renderti più forte.
Avvolte, però, quella stessa forza che ti permette di andare avanti più speditamente, finisce per renderti più solitario del normale, quegli anticorpi che ti hanno reso immune a certe sofferenze finiscono per accecarti al mondo che ti circonda; è il prezzo che paghi per impedire di venir ferito un altra volta dalla stessa sofferenza.
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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dicono c he ci siamo evoluti, dicono, secondo me ci siamo rincretiniti, la tecnologia ci ha fuso il cervello direi, non vedo persona in strada, sul pulman, sul treno che non smanetta con lo smartphone, persino in macchina fermi al semaforo, dimenticando persino il mondo che li circonda. Mah? la chiamano evoluzione.
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londonercity ha aggiunto una reazione
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