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Aggiornamenti di stato pubblicati da pierreroche

  1. ...forse non dovrei lasciarmi prendere così...

    ...forse non potrei promettere di più...

    Sembrava non mancasse nulla nella mia vita, eppure continuo in ogni istante a ricercarti....

    In alcuni momenti credo di essere inopportuno, in altri forse che sto un po' esagerando...

    Provo a cercare un 'perché', ma poi finisco sempre per trascurarlo....

    Sento di volere di più, ma ho paura che potremmo farlo...

    Sento di volertelo dire, ma ho paura di perdere qualcosa...

    Ho voglia di chiudere gli occhi e perdermi ancora nel tuo bacio...

    Ho voglia di te senza dovermi spiegare del perché...

  2. Oggi c’è il sole, la giornata è di una primavera ormai esplosa ideale per una gita fuoriporta Milano.

    – farà caldo al lago? Se indosso le calze con una rete ampia le gambe respireranno –

    Quello che mi piace di Lei e la sensualità nella sua naturalezza d’espressione, frasi semplici, sintetiche, sempre pronunciate senza furbizia, ma nell’assoluta confidenza del nostro rapporto amicale.

    – Mi allacci la collana? –

    I suoi capelli sono di color londra che diviene ancora più particolare nelle giornate così piene di luce. Anche le unghie in giornate come queste sono colorate di azzurro.

    Oggi indossa un vestito di lino e una camicia con un disegno d’edera blu che si ramifica su un corpo sempre troppo incontenibile. La tela aderisce a quelle rotondità contenendole, ma l’impressione è quella di una corporatura trattenuta che voglia improvvisamente venire fuori dai vestiti ed esporsi a nudo, come un’esplosione imprevedibile, che renda libera la forma agli occhi e ai desideri della natura.

    Il suo stile è tra lo stravagante e l’elegante. In giornate così non fa a meno di portare qualcosa di aperto, di arioso come ad esempio un ricamo a filo o uno spacco.

    Io a differenza sono tra il classico e il casual, un po' retró. Quando siamo vicini la dissonanza è evidente, ma questa differenza di look che abbiamo, non intacca in alcun modo la nostra ambiguia armonia.

    Tra le vie ogni uomo la guarda e questo mi crea imbarazzo, ancora di più quando lei passeggia tenendosi sottobraccio.

    Sono io difatti a non sentirmi mai al sicuro quando sono fuori al pubblico, lei  é piú non curante e riconduce sempre un po' tutto alla nostra amicizia; io ci leggo sempre molta piu malizia.

    I suoi atteggiamenti vanitosi fanno di tutto per ingannare la folla rispetto a quanto una donna sravagante, possa camminare con un uomo classico accanto; di questo contrasto lei si compiace, la diverte e me ne rende così partecipe senza trattenere alcun segreto.

    Io questa situazione invece la subisco un poco, forse perché mi imbarazza e un po’ perché i suoi gesti sono una recitazione che vede sempre lei come prima protagonista ed io come semplice comparsa sottoposta ad una sceneggiatura (sempre improvvisata)... Basta pensare a tutte le volte che mi chiede di aiutarla nel salire o scendere su un tragitto disagevole, dove sul fine corsa, con un’espressione di fatica conclusa – uff… finalmente! – si sbilancia con le sue protuberanze su di me, qualche volta anche atterrando per essere frenata, fino ad abbracciarmi, baciarmi sul viso, soddisfatta del mio aiuto premuroso  – …se non ci fossi tu Pierre…! –

    I suoi seni si schiacciano spesso su di me qualche volta sbuffo tra fastidio ed eccitazione. Nelle salite altre volte mi precedere mettendomi in una situazione di coprirle la rotondità posteriore, lei stessa mi dice –  stammi dietro, molto vicino, altrimenti mi guardano – e io le ubbidisco sottostando alla vicinanza lussuriosa del suo didietro che si muove al ritmo dei gradini, anche troppo davanti ai miei occhi, ma sempre molto lentamente come fosse una danza.

    Ma dove le riesce di più di esprimere questa sua vanità di possesso, davanti agli altri è nella fotografia. Questo è il suo spasso preferito, mettersi in una posa e chiedendomi di fotografarla. Nelle pose mi accorgo che mentre io la inquadro con la macchina fotografica, altri si soffermano a fotografarla con gli occhi che divengono teleobiettivi prolungati di desiderio.

    Quanto ci gioca in questo! Nelle sue performance da esibizionista, facendo sempre credere a tutti che quegli spacchi, quei ricami che spesso si intravedono siano solo una disattenzione.

    Allora il rituale è sempre il medesimo: le faccio un cenno, lei abbassa lo sguardo e poi porta una mano di scatto a ricoprirsi un dettaglio uscito sotto la stoffa alzata dal vento; esclama – oh accipicchia, mi si vede tutto! – io sorrido, lei mi fa la linguaccia dove fuoriesce evidente il piercing, poi strizza un occhio sorridendomi come per dirmi – L’ho fatto apposta – e quando mi volto allora vedo la faccia colpita di un qualche passante a cui ha voluto attirare la sua attenzione.

    Non posso che sentirmi allegro, la giornata comunque è magnifica...

    Da questo promontorio il panorama verso il lago è incantevole. Il senso di leggerezza di questa giornata è in equilibrio con tutto il senso di spensieratezza che vivo in questi momenti con lei.

    Il vento muove questa leggerezza, soffia attraverso le sue gambe e la rete delle calze, raccontando che non è di certo oggi il tempo dei 'se' dei 'ma' dei 'perchè o i 'percome'; questo è il tempo di una serenità di cui entrambi necessitiamo e su cui vogliamo che questa unione tra noi si fondi; fosse anche per distogliere qualche brutto pensiero che nel quotidiano ci turba.

    – Ancora uno scatto? –

     

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  3. La nostra azienda può giocare un ruolo di supporto per la Girelli & Company, promuovendo un modello organizzativo all’interno del dipartimento trasporti e operando per una ricostruzione del team di lavoro più efficiente e sinergico.

    L’obiettivo è infatti potenziare a livello organizzativo le funzioni interne alla logistica e inglobare all’interno del CETRI attività che prima erano esclusive di altre strutture (es. SOFT), ricostruendo al contempo anche un legame forte con il gruppo di lavoro del commerciale.

    Progetti condivisi, progettazione integrata…e....

    ….e….

    …e… dove ero rimasto nella mia relazione da scrivere….?

    …e… ho voglia di scrivere questa relazione?

    …e… penso a te…

    …e …mi si annebbia la vista…

    …e…. improvvisamente cambio la mia scena, e mi viene da prendere a scrivere… mi proietto....

    ... improvvisamente mi sveglio…

    …non è una di quelle scene nel sonno che di soprassalto uno si sveglia da un sogno, no... è esattamente il contrario; io mi sveglio - mi sveglio dal quotidiano all'interno di un sogno.

    Il contesto così non è quello del mio ufficio, della mia scrivania…

    Sono in una casa che non riconosco, ma è come se l’orientamento l’avessi nella memoria e in breve lasso di tempo recupero qulla sensazione di cognizione e appartenenza propria del sogno.

    Tutto l’ambiente diventa così familiare e nostro.
    Nostro nel senso di mio e suo, perché so già che lei è qui, nelle stanze, nel mio sogno.

    Mi sveglio dicevo e sono in un letto, somiglia al risveglio di una qualsiasi mattina di domenica.
    La luce passa tra le finestre di questa stanza shabby, bianca, con le tende che fanno un leggero movimento mosse da un’aria impalpabile.

    C’è un tiepido clima che sembra voler preannunciare la conclusione di una stagione fredda e l’apertura della prossima primaverile. E’ tutto in penombra, si sente il rumore di una lavatrice nel mio dormiveglia e l’acuta interpretazione di una musica di James Last.

    Mi alzo e mi avvio verso il bagno. Il corridoio è illuminato dalle finestre laterali. Alle pareti quadri riprendono dettagli di lei – fotografie in bianco e nero dei suoi capelli, dei suoi occhi… dei suoi fianchi… delle sue gambe – che li abbia scattati io?

    Ho i piedi scalzi, il pavimento è freddo. La camicia del pigiama ha i bottoni aperti… l’aria mattutina che soffia nel corridoio mi risveglia come beccandomi il petto.

    Arrivo allo specchio e mi guardo la barba incolta – so che a lei non piace.
    Prendo il rasoio e cerco il barattolo di sapone Panama.

    Sul mobile non c’è.

    Controllo nella pochette che utilizzo per i viaggi, che l’avessi lasciata a Mestre?

    Non c’è.

    Poi mi accorgo che anche il pennello da barba non è al suo posto e ricordo benissimo di averlo visto la sera precedente. Mi riavvio verso il corridoio per andare nel bagno di Rebecca.

    Oltre la porta a vetro piombato si nota il muoversi delle sue ombre corporee; busso delicatamente e le parlo dall'uscio sottile:

    – hai visto per caso il mio sapone e pennello da barba? –
    – Li ho presi io… vieni, entra pure… –

    Si lascia così sorprendere in accappatoio con le creme aperte sullo sgabello il legno, un piede si sorregge sulla vasca mente le mani massaggiano la parte superiore della gamba, come se tutto fosse naturale come sempre.
    – Guarda è li, te li ho presi in prestito stamattina, non potevo svegliarti… dormivi così bene: Buongiorno! – lo dice con un sorriso ed un timbro di rimprovero per il mio solito difetto: irruzione senza prima aver la gentile educazione di salutare.

    Il pennello è bagnato e il barattolo ha un residuo di schiuma bianca sulla scritta.
    – ma da quando in qua ti fai la barba? – Le dico con un ironico timbro su un risolino accennato, ma non riuscendo bene a comprendere perché non avesse utilizzato la sua ceretta abituale.

    – da stamattina… erano folti e li ho tagliati tutti… – mi risponde.
    – ma non usi la ceretta? –
    Mi guarda e poi scoppia a ridere – sai che dolore...!

    Ride, ma io non capisco.
    Dopo le risa, chiude il coperchio della crema aprendo invece qualche altra lozione oleosa. Abbassa la gamba destra trattenuta fino in quel momento variando sulla sinistra che si alza a raggiungere l’orlo della vasca da bagno.

    In quel preciso istante l’accappatoio si apre leggermente sull’inguine scoprendo il triangolo nudo e latteo di contrasto con l’abbronzatura. Improvvisamente riesco a ricollegare tutto; l’inguine non ha può alcun pelo, è nitido, pallido, mostra distintamente la fenditura rosa, carnosa. 

    Poi improvvisamente Rebecca si alza dando una stretta alla cinta di spugna. Distolgo lo sguardo imbarazzato per il tempo in cui sono rimasto intontito.

    Si avvicina… abbracciandomi da prima sul collo e poi toccando il dito la mia barba.

    – Ora vai a toglierti questa barba così trascurata e comunque grazie! Non ti dispiace se lo prenderò in prestito ancora vero? E’ un’ottima schiuma e poi il pennello massaggia divinamente bene…  –

    Esce verso la casa… mentre io rimango imbambocciato e con il solito senso di assoluto disagio, con il pennello ed un barattolo in mano.

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    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Bellissimo questo tuo racconto 

      mi piace come hai descritto i dettagli, e mi immagino la tua espressione scoprendo l’uso del tuo pennello da barba :)

      È tutto molto delicato e al tempo stesso sensuale, grazie per questo regalo 😘

  4. Sentire che puoi colmare quel leggero senso di solitudine quotidiana in un'esistenza....

    ...e sentirsi comunque, sempre, anche nel profondo di una giornata di lungo silenzio...

  5. L'imprinting

    Sonocresciuto all’interno di un negozio di parrucchiere per signora, viale delle Formaci, Roma. Ricordo le donne in camice rosa, gli odori delle lacche, il rumore del fono e i colori dei bigodini con cui giocavo.

    Ricordo quando tiravo loro il grembiule, le voci che chiamavano per il mio nome, al diminutivo… e le clienti che mi sollevavano di peso per sorridermi con quei visi incipriati e manicure appena fatte – stili di inizi anni settanta.
    Il mondo femminile mi ha sempre affascinato, trattiene in se tutti i particolari che visivamente mi compiace accogliere.
    E’ un mondo accattivante e ne vale sempre il desiderio di esplorarlo – che male c’è?
    Lo faccio comunque con distacco, con una separazione emotiva che non sempre viene compresa ed accettata; le pulsioni attrattive di questo universo sull’uomo si fanno pungenti, colgono e mettono in tensione sempre il nervo più libidinoso, diversamente il pieno controllo di un distacco, mi permette di anatomizzare questo universo, cogliendone sfumature, suoni e anche piaceri.

    Da adolescente, mia madre trasferì il suo negozio da parrucchiera sotto la nostra abitazione; le sue clienti attraversavano un cortile per recarsi dall’ingresso, pochi passi dal giardino al negozio.

    Le conoscevo quasi tutte, erano più di quattrocento, ma nella quantità a me piacevano in particolare quattro.

    Entravo di nascosto in negozio verso l’ora di mezzodì, tutti erano in pausa. Consultavo l’agenda degli appuntamenti settimanali per annotare alla mente in quale giorno e a quale ora fossero passate. La signora Saveria, Rita Vespa, Anna e quella che chiamavano ‘la Professoressa, era anche il sopranome riportato settimanalmente in agenda.
    In cantina, lungo l’intercapedine umida, una piccola finestra dava sul terreno del cortile e da quel nascondiglio, per il breve tratto di strada, potevo osservare le gambe di queste clienti transitare verso l’ingresso del negozio. Era un percorso breve, cinque forse sei passi prima che una di loro salisse i tre gradini.

    Proprio in quell’ultimo istante la posizione poteva essere ancora più ottimale, ma la frazione di secondo era minima. Solo alcune volte sono riuscito a scorgere l’accenno di un ricamo sull’orlo della Professoressa.

    Non ricordo quando ho smesso questo rito, forse quando ho iniziato ad avere maggiori possibilità di osservazioni dirette sulle donne.
    Ma il ricordo di quel diversivo mi riempie di simpatia, leggerezza e di nostalgia.

    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Molto tenero questo scorcio di infanzia e adolescenza,  ma sono certa che se la prof ti avesse beccato ti saresti preso una bella ramanzina ;)

    2. pierreroche

      pierreroche

      era un gioco così innocente...

      se mi avesse 'beccato' forse per vanitá... avrebbe potuto compiacersi anche lei a questa piccola complicitá... 

  6. ...raccontami quali sono i tuoi peggior difetti, voglio vedere quanto riesco ad amarli....

  7. Spiagge umide,
    serrande chiuse e bar vuoti,
    piove da due giorni a Lugano.

    Pioveva davvero anche quella sera a Lugano, io ero alla guida, tu scavalcavi i sedili anteriori facendo attenzione all’abito da sera.

    Ti spingevi fino all’abitacolo posteriore per fermare una bottiglia di Cordon Rouge che sbatteva nel retro del bagagliaio.

    – ci sono danni? –

    – no mio capitano… –

    Poi ti eri fermata li come fossi viaggiatrice su un auto nobile ed io il tuo chauffeur. Mi mancava solo il berretto e prendevi di già a scherzare chiamandomi Ambrogio.

    Non avevi mai viaggiato da quella prospettiva, neppure sopra la scema immaginazione di un cliché.

    Io poi ho preso a chiamarti Marchesa ed abbassavo il retrovisore verso le tue gambe imprigionate da una rete scura; incominciavi così a intrattenere con il tuo desiderio, accavallandole, cercando in ogni minuto successivo di controllare il più possibile la tua impazienza…

    In seguito, la macchina parcheggiava ad un angolo, i fari accessi e la pioggia torrenziale che suonava sul telaio.

    Perché non andammo più al teatro quella sera Rebecca?

    Pioveva forte quella sera a Lugano.

  8. È bello avere un pensiero felice, una persona che senti di poter portare con te nel taschino della camicia, con la quale sentire di potersi confidare liberamente...

    Penso che le anime abbiano una dimensione tutta loro e che a volte si cercano e altre volte si trovano e si riconoscano.

    Le anime viaggiano su una dimensione e una frequenza sulla quale riescono a sintonizzarsi esclusivamente. Una sintonia fatta di concetti, di attimi, di dettagli... di affinitá....

    Per la maggior parte della vita si vaga senza sentirla questa sintonia; si vive a distanza con uno scetticismo emotivo... ma quando avviene senti che é un bene prezioso che non vuoi sprecare... e ci si puó ricredere che siamo meno soli.. che qualcuno come noi c'è...

  9.  

    La prima conversazione

     

    - Davvero difficile rimanere in silenzio e non parlarle per farle un complimento… -

    - Mi dica, sperando che la sua sia un’affermazione positiva - 

    - Intendevo che sono stato piacevolmente colpito -

    - Ho specificato perché molto spesso c’è qualcosa di me che lascia spazio al fraintendimento -

    - perché fraintendere?
    ...non bisognerebbe mai soffermarsi solo sulle apparenze, provando ad andare oltre -
        
    - lo sa, tutti hanno la tua intelligenza e sensibilità.
    Le confido una cosa: poco fa un ragazzo passando ha lanciato un'allusione ad alta voce sulle mie gambe -

    - Il problema non è il pensiero, ma il modo.
    Le persone si perdono nella mancanza di stile... nel modo per poterle dire le cose, senza mai creare imbarazzi, non trova?
    Le sue gambe ammetto sono piaciute molto anche a me; forse penso che aspettavano gli occhi giusti per lasciarsi osservare... -

     

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  10. È così che doveva avvenire.

    Pochi minuti dopo la partenza era possibile scorgere ancora il panorama di costiera. La mia posizione virava nel verso di prua del traghetto, la balaustra era bagnata di salsedine e mare.

    Tu eri li, con un tubino lungo che vestiva i tuoi fianchi ampi, sensuali, ed una sciarpa viola che ricordava il colore dell’anno.

    Il cappotto raccolto sulla panchina. Un occhiale sul viso nascondeva lo sguardo che sembrava essere nostalgico. La mia partenza non aveva una meta particolare, ma in quel momento ero incuriosito dal sapere quale fosse la tua destinazione ed ancor di più la tua provenienza. Sembravamo immersi in un quadro di Vettriano.

    – Buongiorno – e non sono riuscito a dire di più, ma era così che doveva avvenire. Voltandoti riuscivo a vedere la mia inquadratura nel riflesso delle tue lenti.

    – Buongiorno – hai risposto; era così che doveva avvenire.

    Poco più avanti un bambino adolescente era piegato sulle ginocchia sostenendosi sulla ringhiera, guardava la schiuma disperdersi nelle acque; che fosse tua figlio?

    La vicinanza non poteva dare giustificazione valida al nostro silenzio e al corrisposto desiderio di conoscenza… Allo stesso tempo le nostre personalità sembravano avessero già stabilito un dialogo fatto di gestualità e percezioni.

    –Beh..? Non dice nulla? –

    – Non che sia mai stato di troppe parole, ma ci sono momenti dove il silenzio di un uomo ha un tono che può sembrare perfetto. –

    – forse la disturbo, non vorrei farle perdere tempo in frivolezze… –

    – Si figuri, l’ascolto volentieri;
    ci sono piccole cose che di sciocco hanno solo l’apparenza. –

    – …mi verrebbe da farle un complimento.. –

    – Non me lo faccia… –

    – Perchè? Non le piacciono i complimenti? –

    – Più che lusingato, mi piacerebbe essere incuriosito;
    dunque non pensiamo a me, mi parli piùttosto di lei…–

    – Le darei un vantaggio… –

    – Le prometto che contraccambierò ogni suo favoritismo…–

     

     

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