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Aggiornamenti di stato pubblicati da pierreroche

  1.  

    Devo tornare a casa mia,
    devo tornare a casa mia.
    Non insegnarmi un'altra via,
    devo tornare a casa mia.
     
    Quello che conta nella vita
    è aver qualcosa tra le dita.
    E l'entusiamo di un momento,
    sì, dura un giorno, forse cento.
     
    Ma prima o poi deve finire
    una sciocchezza che può morire.
    No, mi dispiace, ma ho paura,
    la vita non è un'avventura,
    e poi a lui che cosa dico?
    Ma non capisci? È mio marito.
     
    Devo tornare a casa mia,
    devo tornare a casa mia.
    Sì, tutto il mondo me lo dice:
    insieme a te non sarò mai felice.
     
    Con te c'è solo da aspettarsi
    tutta una vita di rimorsi.
    E poi che vuoi? Il nostro amore
    è nato solo in poche ore
    e può finire in un momento,
    e può finire, sì, lo sento, ma certo,
     
    è tutto una sciocchezza,
    in fondo sono stata pazza.
    Devo tornare a casa mia
    e il resto è solo una follia.
     
    Devo tornare a casa mia,
    devo tornare a casa mia.
    Non insegnarmi un'altra via,
    devo tornare a casa mia.
     
    No, non parlare, te ne prego,
    io quel che ho detto lo rinnego.
    E poi non fare quel sorriso
    che è così triste sul tuo viso!
     
    E poi adesso cosa fai?
    Ma no, davvero te ne vai?
    Amore, no, forse ho sbagliato!
    Amore, no, non hai capito!
    Se te ne vai, portami via,
    io non ci torno a casa mia.
     
     
    1. tacchialti94

      tacchialti94

      canzone che toglie il fiato!

  2. Sperpero di spirito in vergognoso scempio
    è la lussuria in atto;
     
    e finché esso dura, lussuria
    è spergiura, assassina, violenta, carica d'infamia,
    selvaggia, estrema, brutale, crudele, sleale;

    non appena goduta, subito disprezzata,
    oltre ragion ambita e, non appena avuta,

    oltre ragion odiata, come esca inghiottita
    di proposito messa per render pazzo chi vi abbocca:

    furiosa nel desìo e furiosa nel possesso,
    sfrenata nel ricordo, nel godimento e brama;

    delizia nell'orgasmo seguita da miseria,
    un piacere ambito vestito d'illusione.

    Il mondo ben conosce tutto questo, ma nessuno sa
    sfuggir quel paradiso che guida a questo inferno.
     

    SHAKESPEARE

     
     
    l’eros, che è desiderio allusivo, passione, tenerezza, intuizione della bellezza, fascino, attrazione, fantasia, gioco dell’apparire e dello sparire, del velarsi e dello svelarsi. L’eros lascia, come nei testi poetici, ampi spazi bianchi che ciascuno colma con la sua creatività, con l’invenzione, l’intuizione, la proiezione verso significati ulteriori. 
     
     

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    1. tacchialti94

      tacchialti94

      bellissime parole e che immagine!!

  3. È così che doveva avvenire.

    Pochi minuti dopo la partenza era possibile scorgere ancora il panorama di costiera. La mia posizione virava nel verso di prua del traghetto, la balaustra era bagnata di salsedine e mare.

    Tu eri li, con un tubino lungo che vestiva i tuoi fianchi ampi, sensuali, ed una sciarpa viola che ricordava il colore dell’anno.

    Il cappotto raccolto sulla panchina. Un occhiale sul viso nascondeva lo sguardo che sembrava essere nostalgico. La mia partenza non aveva una meta particolare, ma in quel momento ero incuriosito dal sapere quale fosse la tua destinazione ed ancor di più la tua provenienza. Sembravamo immersi in un quadro di Vettriano.

    – Buongiorno – e non sono riuscito a dire di più, ma era così che doveva avvenire. Voltandoti riuscivo a vedere la mia inquadratura nel riflesso delle tue lenti.

    – Buongiorno – hai risposto; era così che doveva avvenire.

    Poco più avanti un bambino adolescente era piegato sulle ginocchia sostenendosi sulla ringhiera, guardava la schiuma disperdersi nelle acque; che fosse tua figlio?

    La vicinanza non poteva dare giustificazione valida al nostro silenzio e al corrisposto desiderio di conoscenza… Allo stesso tempo le nostre personalità sembravano avessero già stabilito un dialogo fatto di gestualità e percezioni.

    –Beh..? Non dice nulla? –

    – Non che sia mai stato di troppe parole, ma ci sono momenti dove il silenzio di un uomo ha un tono che può sembrare perfetto. –

    – forse la disturbo, non vorrei farle perdere tempo in frivolezze… –

    – Si figuri, l’ascolto volentieri;
    ci sono piccole cose che di sciocco hanno solo l’apparenza. –

    – …mi verrebbe da farle un complimento.. –

    – Non me lo faccia… –

    – Perchè? Non le piacciono i complimenti? –

    – Più che lusingato, mi piacerebbe essere incuriosito;
    dunque non pensiamo a me, mi parli piùttosto di lei…–

    – Le darei un vantaggio… –

    – Le prometto che contraccambierò ogni suo favoritismo…–

     

     

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  4. L'imprinting

    Sonocresciuto all’interno di un negozio di parrucchiere per signora, viale delle Formaci, Roma. Ricordo le donne in camice rosa, gli odori delle lacche, il rumore del fono e i colori dei bigodini con cui giocavo.

    Ricordo quando tiravo loro il grembiule, le voci che chiamavano per il mio nome, al diminutivo… e le clienti che mi sollevavano di peso per sorridermi con quei visi incipriati e manicure appena fatte – stili di inizi anni settanta.
    Il mondo femminile mi ha sempre affascinato, trattiene in se tutti i particolari che visivamente mi compiace accogliere.
    E’ un mondo accattivante e ne vale sempre il desiderio di esplorarlo – che male c’è?
    Lo faccio comunque con distacco, con una separazione emotiva che non sempre viene compresa ed accettata; le pulsioni attrattive di questo universo sull’uomo si fanno pungenti, colgono e mettono in tensione sempre il nervo più libidinoso, diversamente il pieno controllo di un distacco, mi permette di anatomizzare questo universo, cogliendone sfumature, suoni e anche piaceri.

    Da adolescente, mia madre trasferì il suo negozio da parrucchiera sotto la nostra abitazione; le sue clienti attraversavano un cortile per recarsi dall’ingresso, pochi passi dal giardino al negozio.

    Le conoscevo quasi tutte, erano più di quattrocento, ma nella quantità a me piacevano in particolare quattro.

    Entravo di nascosto in negozio verso l’ora di mezzodì, tutti erano in pausa. Consultavo l’agenda degli appuntamenti settimanali per annotare alla mente in quale giorno e a quale ora fossero passate. La signora Saveria, Rita Vespa, Anna e quella che chiamavano ‘la Professoressa, era anche il sopranome riportato settimanalmente in agenda.
    In cantina, lungo l’intercapedine umida, una piccola finestra dava sul terreno del cortile e da quel nascondiglio, per il breve tratto di strada, potevo osservare le gambe di queste clienti transitare verso l’ingresso del negozio. Era un percorso breve, cinque forse sei passi prima che una di loro salisse i tre gradini.

    Proprio in quell’ultimo istante la posizione poteva essere ancora più ottimale, ma la frazione di secondo era minima. Solo alcune volte sono riuscito a scorgere l’accenno di un ricamo sull’orlo della Professoressa.

    Non ricordo quando ho smesso questo rito, forse quando ho iniziato ad avere maggiori possibilità di osservazioni dirette sulle donne.
    Ma il ricordo di quel diversivo mi riempie di simpatia, leggerezza e di nostalgia.

    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Molto tenero questo scorcio di infanzia e adolescenza,  ma sono certa che se la prof ti avesse beccato ti saresti preso una bella ramanzina ;)

    2. pierreroche

      pierreroche

      era un gioco così innocente...

      se mi avesse 'beccato' forse per vanitá... avrebbe potuto compiacersi anche lei a questa piccola complicitá... 

  5. Spiagge umide,
    serrande chiuse e bar vuoti,
    piove da due giorni a Lugano.

    Pioveva davvero anche quella sera a Lugano, io ero alla guida, tu scavalcavi i sedili anteriori facendo attenzione all’abito da sera.

    Ti spingevi fino all’abitacolo posteriore per fermare una bottiglia di Cordon Rouge che sbatteva nel retro del bagagliaio.

    – ci sono danni? –

    – no mio capitano… –

    Poi ti eri fermata li come fossi viaggiatrice su un auto nobile ed io il tuo chauffeur. Mi mancava solo il berretto e prendevi di già a scherzare chiamandomi Ambrogio.

    Non avevi mai viaggiato da quella prospettiva, neppure sopra la scema immaginazione di un cliché.

    Io poi ho preso a chiamarti Marchesa ed abbassavo il retrovisore verso le tue gambe imprigionate da una rete scura; incominciavi così a intrattenere con il tuo desiderio, accavallandole, cercando in ogni minuto successivo di controllare il più possibile la tua impazienza…

    In seguito, la macchina parcheggiava ad un angolo, i fari accessi e la pioggia torrenziale che suonava sul telaio.

    Perché non andammo più al teatro quella sera Rebecca?

    Pioveva forte quella sera a Lugano.

  6. Non serve a niente di particolare

    Solo tornare a pensare che tutto è bello e speciale

    Non si dice mai, ma voglio impegnarmi

    Salvare un pezzo di cuore

    Io non vivo senza sogni e tu sai che è così

    E perdonami se sono forte, sì

    E se poi sono anche fragile

     

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    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Una canzone meravigliosa 

    2. pierreroche

      pierreroche

      si... é bellissima... Rebecca...

  7. È bello avere un pensiero felice, una persona che senti di poter portare con te nel taschino della camicia, con la quale sentire di potersi confidare liberamente...

    Penso che le anime abbiano una dimensione tutta loro e che a volte si cercano e altre volte si trovano e si riconoscano.

    Le anime viaggiano su una dimensione e una frequenza sulla quale riescono a sintonizzarsi esclusivamente. Una sintonia fatta di concetti, di attimi, di dettagli... di affinitá....

    Per la maggior parte della vita si vaga senza sentirla questa sintonia; si vive a distanza con uno scetticismo emotivo... ma quando avviene senti che é un bene prezioso che non vuoi sprecare... e ci si puó ricredere che siamo meno soli.. che qualcuno come noi c'è...


  8. Incapace di percepire la forma di Te,

    ti trovo tutto intorno a me.

    La tua presenza mi riempie gli occhi del tuo bene,

    umilia il mio cuore, perché tu sei ovunque.

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    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Un film bellissimo 

  9. La nostra azienda può giocare un ruolo di supporto per la Girelli & Company, promuovendo un modello organizzativo all’interno del dipartimento trasporti e operando per una ricostruzione del team di lavoro più efficiente e sinergico.

    L’obiettivo è infatti potenziare a livello organizzativo le funzioni interne alla logistica e inglobare all’interno del CETRI attività che prima erano esclusive di altre strutture (es. SOFT), ricostruendo al contempo anche un legame forte con il gruppo di lavoro del commerciale.

    Progetti condivisi, progettazione integrata…e....

    ….e….

    …e… dove ero rimasto nella mia relazione da scrivere….?

    …e… ho voglia di scrivere questa relazione?

    …e… penso a te…

    …e …mi si annebbia la vista…

    …e…. improvvisamente cambio la mia scena, e mi viene da prendere a scrivere… mi proietto....

    ... improvvisamente mi sveglio…

    …non è una di quelle scene nel sonno che di soprassalto uno si sveglia da un sogno, no... è esattamente il contrario; io mi sveglio - mi sveglio dal quotidiano all'interno di un sogno.

    Il contesto così non è quello del mio ufficio, della mia scrivania…

    Sono in una casa che non riconosco, ma è come se l’orientamento l’avessi nella memoria e in breve lasso di tempo recupero qulla sensazione di cognizione e appartenenza propria del sogno.

    Tutto l’ambiente diventa così familiare e nostro.
    Nostro nel senso di mio e suo, perché so già che lei è qui, nelle stanze, nel mio sogno.

    Mi sveglio dicevo e sono in un letto, somiglia al risveglio di una qualsiasi mattina di domenica.
    La luce passa tra le finestre di questa stanza shabby, bianca, con le tende che fanno un leggero movimento mosse da un’aria impalpabile.

    C’è un tiepido clima che sembra voler preannunciare la conclusione di una stagione fredda e l’apertura della prossima primaverile. E’ tutto in penombra, si sente il rumore di una lavatrice nel mio dormiveglia e l’acuta interpretazione di una musica di James Last.

    Mi alzo e mi avvio verso il bagno. Il corridoio è illuminato dalle finestre laterali. Alle pareti quadri riprendono dettagli di lei – fotografie in bianco e nero dei suoi capelli, dei suoi occhi… dei suoi fianchi… delle sue gambe – che li abbia scattati io?

    Ho i piedi scalzi, il pavimento è freddo. La camicia del pigiama ha i bottoni aperti… l’aria mattutina che soffia nel corridoio mi risveglia come beccandomi il petto.

    Arrivo allo specchio e mi guardo la barba incolta – so che a lei non piace.
    Prendo il rasoio e cerco il barattolo di sapone Panama.

    Sul mobile non c’è.

    Controllo nella pochette che utilizzo per i viaggi, che l’avessi lasciata a Mestre?

    Non c’è.

    Poi mi accorgo che anche il pennello da barba non è al suo posto e ricordo benissimo di averlo visto la sera precedente. Mi riavvio verso il corridoio per andare nel bagno di Rebecca.

    Oltre la porta a vetro piombato si nota il muoversi delle sue ombre corporee; busso delicatamente e le parlo dall'uscio sottile:

    – hai visto per caso il mio sapone e pennello da barba? –
    – Li ho presi io… vieni, entra pure… –

    Si lascia così sorprendere in accappatoio con le creme aperte sullo sgabello il legno, un piede si sorregge sulla vasca mente le mani massaggiano la parte superiore della gamba, come se tutto fosse naturale come sempre.
    – Guarda è li, te li ho presi in prestito stamattina, non potevo svegliarti… dormivi così bene: Buongiorno! – lo dice con un sorriso ed un timbro di rimprovero per il mio solito difetto: irruzione senza prima aver la gentile educazione di salutare.

    Il pennello è bagnato e il barattolo ha un residuo di schiuma bianca sulla scritta.
    – ma da quando in qua ti fai la barba? – Le dico con un ironico timbro su un risolino accennato, ma non riuscendo bene a comprendere perché non avesse utilizzato la sua ceretta abituale.

    – da stamattina… erano folti e li ho tagliati tutti… – mi risponde.
    – ma non usi la ceretta? –
    Mi guarda e poi scoppia a ridere – sai che dolore...!

    Ride, ma io non capisco.
    Dopo le risa, chiude il coperchio della crema aprendo invece qualche altra lozione oleosa. Abbassa la gamba destra trattenuta fino in quel momento variando sulla sinistra che si alza a raggiungere l’orlo della vasca da bagno.

    In quel preciso istante l’accappatoio si apre leggermente sull’inguine scoprendo il triangolo nudo e latteo di contrasto con l’abbronzatura. Improvvisamente riesco a ricollegare tutto; l’inguine non ha può alcun pelo, è nitido, pallido, mostra distintamente la fenditura rosa, carnosa. 

    Poi improvvisamente Rebecca si alza dando una stretta alla cinta di spugna. Distolgo lo sguardo imbarazzato per il tempo in cui sono rimasto intontito.

    Si avvicina… abbracciandomi da prima sul collo e poi toccando il dito la mia barba.

    – Ora vai a toglierti questa barba così trascurata e comunque grazie! Non ti dispiace se lo prenderò in prestito ancora vero? E’ un’ottima schiuma e poi il pennello massaggia divinamente bene…  –

    Esce verso la casa… mentre io rimango imbambocciato e con il solito senso di assoluto disagio, con il pennello ed un barattolo in mano.

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    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Bellissimo questo tuo racconto 

      mi piace come hai descritto i dettagli, e mi immagino la tua espressione scoprendo l’uso del tuo pennello da barba :)

      È tutto molto delicato e al tempo stesso sensuale, grazie per questo regalo 😘

  10. Il soggiorno inaspettato

     

    Ti avevo proposto di vederci in quell'appartamento che affittavo giornalmente. Potevi essere tranquillamente un’ospite fra tanti e nessuno poteva sospettare qualcosa sul nostro piano.

    Ti avevo mandato le istruzioni per il check-in come normalmente avveniva per ogni prenotazione:

    – Puoi ritirare le chiavi in via Enrico del Pozzo al Bar Marconi dal proprietario Lorenzo, ti offrirà un caffè e ti consegnerà il pacchetto con dentro le istruzioni; seguile diligentemente. –

    All'interno del pacchetto nero le istruzioni non erano tuttavia quelle abituali; non spiegavano di certo le regole dell'appartamento, erano riformulate su misura rispetto al nostro incontro e soprattutto erano reinventate con attenzione a te.

    Il Bar Marconi sapeva di tabacco e spezie. Al posto del caffè avevi preso del tè nero.

    Lorenzo dall'altra parte del bancone ti aveva domandato qualcosa con la sua solita curiosità e forse anche incalzando dell'interesse verso una donna che veniva a soggiornare sola. La cosa ti aveva alquanto infastidita e glissavi risposte per tagliar corto, cercando di non dare allusioni a proseguire. Tu non eri lì per nessuno se non per me.

    – Ringrazi il proprietario per il tè di benvenuto, ci terrei che lo venga a sapere –

    Lo dicevi trattenendo l’ironia dentro di te, un’ironia in quel momento affine solo ad un pensiero occultato che custodivi in te molto scrupolosamente.

    Avevi salutato Lorenzo incamminandoti così verso il civico dell’alloggio.

    Nel pacchetto appena aperto erano presenti due chiavi: una verde del portone condominiale, l'altra blu per la porta dell'appartamento a destra del secondo piano.

    Appena entrata prendevi un momento l’orientamento ricollegando immagini ed oggetti che avevi visto in foto con gli spazi circostanti che ora sfioravi; le mie fotografie, i libri, i quadri, tutto un po’ sapeva di me.

    Lasciavi la tua borsa e il tuo paltò sulla poltrona per avvicinarti al tavolo e svuotare il pacchetto frettolosamente e mettere mani alle istruzioni ancora da leggere.

    I quattro lati del fogliettino si aprivano con fretta curiosità tra le tue mani.

    “Apri l’armadio in camera e troverai una sola cosa: una mia camicia.
    Vorrei che tu la indossassi e per il resto lascio fare a te…
    Chiuditi a chiave. Togli le chiavi dalla serratura, io entrerò con le mie.
    Non aprire le imposte, lascia tutto chiuso come hai trovato.
    Aspettami comoda in camera da letto; arrivo alle 16.00 in punto.”

    Leggevi quelle parole dapprima un po’ titubante e subito dopo con un senso di eccitazione e strana remissività. Ti trovavi in una situazione nuova. Mai avevi pensato a come ti potesse accendere l’idea di darti delle istruzioni da seguire con dedizione.

    Nel momento che aprivi l’armadio e ti ritrovarti davanti la mia camicia appesa, hai iniziato a riflettere se dovevi farlo oppure no. A te piaceva portare sulla pelle le mie camicie; me lo avevi svelato più di una volta e più di una volta lo raccontavi come una tua particolare fantasia e allora perché privartene in un momento come quello dove tutto era possibile?

    Non hai esitato ulteriormente.

    Hai iniziato con condiscendenza a sbottonare il tuo vestito intero per ritrovarti indosso solo il mio cotone che cadeva come una sottana sopra i tuoi slip. Hai ricalzato le scarpe Décolleté con disciplina per farti trovare ancora più accattivante e in po’ semplicemente perché ti infastidiva sentire il freddo pavimento sotto piedi.

    Davi l’ultimo sguardo all’orologio da muro che segnava ormai le 15.50.

    Ti sedevi paziente ed impaziente ad attendermi.

     

     

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    1. ghostnick0

      ghostnick0

      È talmente reale che chiudendo gli occhi sembra di poter immaginare i protagonisti del racconto... 

    2. pierreroche

      pierreroche

      ...continua in più atti...

    3. ghostnick0

      ghostnick0

      Li aspetterò con curiosità 

  11. Il mio ingresso

     

    Ero entrato nell’appartamento poco in anticipo rispetto alle sedici.

    Dopo aver chiuso la porta alle spalle, ho udito la tua voce provenire dalla stanza da letto:

    – Sei tu? –

    – Sì sono io, ma rimani li… non muoverti… –

    Come da copione studiato, mi ero avvicinato all’interruttore generale facendolo volontariamente scattare. Un abile gesto, programmato e allo stesso tempo per te inaspettato.

    Volevo che fosse così il nostro primo incontro: ‘al buio’ – nel termine abituale del nostro frangente – e anche: ‘nel buio’ – a figurare ancora di più la situazione che avevamo creato.

    – …ehi ma che succede? –

    – devo aver fatto saltare la luce, non ti muovere rimani lì che controllo – Cercavo di rassicurarti e rasserenarti, ma le mie intenzioni erano ben diverse e ben stimolanti.

    Sapevo bene come muovermi nella mia casa, anche nell’oscurità più completa. Le imposte non davano esito ad un barlume di luce; non c’erano luci di emergenza o spie luminose. La mia direzione non era di certo quella verso il contatore; mi avvicinavo lentamente nel senso della stanza facendomi strada con una mano lungo la parete.

    – sono io tesoro, non preoccuparti – te lo dicevo a pochi metri ormai da te, mentre ancora mi muovevo per provare a trovarti.

    – ma la luce? –

    – l’ho spenta, lasciala così, …dove sei? –

    – ma che succede? Cosa stai facendo? – Su questi tuoi incerti interrogativi finalmente trovavo il contatto con te e ti prendevo per una mano.

    – sono qui, non preoccuparti, se vuoi la riaccendo o se vuoi fidarti di me… la lasciamo così, ma dimmi tu… cosa vorresti fare? –

    Nel tuo silenzio ambiguo e nell’oscurità di quell’istante, prendevo la tua mano e l’alzavo per poterle dare un bacio. In quel momento rimanevi dubbia tra timore di non sapere e il piacere di poterti affidare.

    Te lo ripetevo: – dunque? Accendo la luce? –

    Esitavi ad una facile e possibile risposta.

    Volevi forse rispondermi infastidita: – cosa stai facendo, voglio vederti! – forse pensavi a qualche inganno. Potevi anche pensare che potessi non essere io, ma la voce lo era, era quella che tu conoscevi molto bene.

    – ma sicuro che sei tu? …ma sei tu? – me lo ripetevi con un sorriso, divertita, mentre muovevi le mani su di me per cercare i lineamenti del mio viso. Riprendevi il possesso dei segni di riconoscimento, i capelli che mi accarezzavi, gli occhiali, il naso… le mie labbra, che le disegnavi con un dito.

    E proprio sulle labbra stesse sentivi ormai ogni tua certezza.

    – si sei tu, queste sono le tue labbra –

    – inconfondibili? – ma non sono riuscito neppure a pronunciarlo quell’interrogativo del tutto che in un attimo ti ho sentito stringerti a me e un'istante dopo che le tue labbra prendevono a baciarmi assecondate e compiaciute di quel momento.

     

     

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  12. È il senso di appartenenza che ti porta a avvertire un sapore differente per ogni gesto;

    È il sentimento che riconduce ogni passione ad un’azione nobile;

    È il cuore che rilascia il nullaòsta agli impulsi, ai desideri, alle fantasie, alle smanie… senza riserve per i ripensamenti;

    È l’animo che crea una dimensione per viversi, un limbo nel quale accogliere ogni possibile emozione senza rimorsi;

    Tante emozioni tutte insieme e tanti pensieri che ci travolgono e a fatica riusciamo a mettere ordine i concetti e le sensazioni.

    Siamo qui, con le nostre due vite, sulle quali spostando gli addendi i risultati non cambiano mai.

    Due vite differenti, ma per entrambi sospese.

    Eppure non lo avevamo mai pensato prima dell’istante che inaspettatamente è accaduto.

    La sensazione di appartenere ad un quotidiano ci porta ad entrambi all'interno di una vita del tutto serena trascinata dalla grande futilità del senso moderno.

    Abbiamo tutto quello che forse non avevamo mai necessità di desiderare in un'altra era.

    Sono un uomo realizzato, un dirigente a poco più di 45 anni, ho una casa, bella, grande, ho una famiglia, sto bene con la salute, faccio una vita mondana… anche troppo mondana come tu ironizzi e sorridi con affetto…

    Sei una donna realizzata, anche tu all’interno di un contesto favorevole, una bella famiglia, un lavoro appagante e a contatto con il senso umano, un uomo realizzato accanto a te, nel contesto di in un meraviglioso paradiso naturale, sei così bella…

    Ci deriderebbero in molti; altri ci criticherebbero perché tutto sommato è vero che le scontentezze della vita sono ben altre che le nostre. Vite desiderate e invidiate da molti.

    Allora penso che non è questione di condizione, allora penso solo che doveva succedere e basta.

    Voglio pensare che non esiste una causa, un pretesto… un movente per scagionare la nostra innocenza.

    È successo e non mi fermo.

    Non ho bisogno di sentirmi nel giusto, non ho necessità di pensare di essere responsabile, non sono puro, non sono onesto… non mi interessa cosa sono… non sono è basta… non mi interessa….

    Ora voglio solo pensare che sono con te, che sono per te…

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  13. Io sento di fare l'amore con te anche quando parliamo del tempo che fa, quando parliamo della musica, quando parliamo di una vacanza, quando parliamo del tuo cane o quando stiamo in silenzio e non parliamo e non diciamo più nulla.

    Quando il tempo suona di un respiro, suona di parole non dette e suona di parole fraintese.

    Allora è proprio lì che sento di essere in te, quando ci allontaniamo e poi ci riprendiamo, quando per un istante rischiamo di perderci, ma poi prendiamo freneticamente a ricercarci.

    Allora è proprio lì che avverto di averti con me, quando sento quella tua paura che sa solo di una grande emozione, poiché non esiste legame che non abbia un sottile senso di timore, timore di sbagliare, timore di perdersi, timore che tutto sia accaduto…

    …timore di chiedersi come possa essere successo tutto questo...

    …timore che si chiede se è giusto, se sia sbagliato… un timore che secondo me si fa troppe domande sempre.

    Un timore che può essere preceduto solo dalla fiducia, quella che deve nascere, che deve accrescere attraverso il tempo e la conoscenza l'uno dell'altra.

    Quando ci fideremo di noi, non ci sarà suono che ci disturberà, non esisterà più equivoco, ci sarà solo comprensione e devozione l’uno per l’altro.

    E se ancora è presto per fidarci… allora affidiamoci a questo volerci bene… perché è solo - di farci del bene - che stiamo parlando.

     

    Te lo sussurro ancora una volta: Ti voglio bene... e ti voglio....

     

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    1. fabienne45

      fabienne45

      Queste sono -parole- che qualsiasi donna sognerebbe di sentirsi dire almeno una volta nella vita!

  14. Sono forse medesime le sensazioni, le mie e le tue.

    Una luce bluette illumina il trionfo.

    Un leggero vento, di un temporale eluso, soffia sui tuoi capelli quieti.

    La folla accresce ogni possibile disillusione.

    Su una nota provo ad inseguire con lo sguardo le tue sfumature.

    Ricerco una logica a questo desiderio sconfinato, ma senza riuscire a comprenderla.

    Sento la presenza della tua anima ancora più forte ora che sei a pochi passi da me.

    Le nostre anime quasi si sfiorano… le nostre anime si circoscrivono nella piazza...

    forse loro hanno avuto la possibilità di accarezzarsi…

    di sentirsi, di stringersi…. di perdersi…

  15. Io sento di fare l'amore con te anche quando parliamo del tempo che fa, quando parliamo della musica, quando parliamo di una vacanza, quando parliamo del tuo cane o quando stiamo in silenzio e non parliamo e non diciamo più nulla.

    Quando il tempo suona di un respiro, suona di parole non dette e suona di parole fraintese.

    Allora è proprio lì che sento di essere in te, quando ci allontaniamo e poi ci riprendiamo, quando per un istante rischiamo di perderci, ma poi prendiamo freneticamente a ricercarci.

    Allora è proprio lì che avverto di averti con me, quando sento quella tua paura che sa solo di una grande emozione, poiché non esiste legame che non abbia un sottile senso di timore, timore di sbagliare, timore di perdersi, timore che tutto sia accaduto…

    …timore di chiedersi come possa essere successo tutto questo...

    …timore che si chiede se è giusto, se sia sbagliato… un timore che secondo me si fa troppe domande sempre.

    Un timore che può essere preceduto solo dalla fiducia, quella che deve nascere, che deve accrescere attraverso il tempo e la conoscenza l'uno dell'altra.

    Quando ci fideremo di noi, non ci sarà suono che ci disturberà, non esisterà più equivoco, ci sarà solo comprensione e devozione l’uno per l’altro.

    E se ancora è presto per fidarci… allora affidiamoci a questo volerci bene… perché è solo - di farci del bene - che stiamo parlando.

    Te lo sussurro ancora una volta: Ti voglio bene... e ti voglio....

     

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    1. fleurdelys00

      fleurdelys00

      bellissima immagine

  16.  

    Gli acrobati

     

    Ora è tempo per quella peripezia

    quando ti gridai: “ti prendo”

    e tu, in un'improvvisa staccata

    senza rete e senza pubblico

    ti lasciasti andare

    in quel volo ribelle

    afferrandoti stretta a me

    in un volteggio così deciso.

     

    Il nostro spettacolo ora è aperto

    ha scelto di unirci

    in questo fremito acrobatico

    dove, su altalene legate al cielo

    dondoliamo e volteggiamo

    nel perfetto contrappeso

    di desiderio e d’amplesso.

     

    Legati a queste vite parallele

    dove avvertiamo in continuazione

    un’oscillazione emotiva

    sappiamo un'altra volta ancora

    che potremmo tentare

    un nuovo salto mortale

    con la certezza di non precipitare mai

    già indubbi a liberarci

    nelle nostre peripezie passionali.

     

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  17.  

    La prima conversazione

     

    - Davvero difficile rimanere in silenzio e non parlarle per farle un complimento… -

    - Mi dica, sperando che la sua sia un’affermazione positiva - 

    - Intendevo che sono stato piacevolmente colpito -

    - Ho specificato perché molto spesso c’è qualcosa di me che lascia spazio al fraintendimento -

    - perché fraintendere?
    ...non bisognerebbe mai soffermarsi solo sulle apparenze, provando ad andare oltre -
        
    - lo sa, tutti hanno la tua intelligenza e sensibilità.
    Le confido una cosa: poco fa un ragazzo passando ha lanciato un'allusione ad alta voce sulle mie gambe -

    - Il problema non è il pensiero, ma il modo.
    Le persone si perdono nella mancanza di stile... nel modo per poterle dire le cose, senza mai creare imbarazzi, non trova?
    Le sue gambe ammetto sono piaciute molto anche a me; forse penso che aspettavano gli occhi giusti per lasciarsi osservare... -

     

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  18. ...forse non dovrei lasciarmi prendere così...

    ...forse non potrei promettere di più...

    Sembrava non mancasse nulla nella mia vita, eppure continuo in ogni istante a ricercarti....

    In alcuni momenti credo di essere inopportuno, in altri forse che sto un po' esagerando...

    Provo a cercare un 'perché', ma poi finisco sempre per trascurarlo....

    Sento di volere di più, ma ho paura che potremmo farlo...

    Sento di volertelo dire, ma ho paura di perdere qualcosa...

    Ho voglia di chiudere gli occhi e perdermi ancora nel tuo bacio...

    Ho voglia di te senza dovermi spiegare del perché...

  19. Desidererei ancora scriverti,

                 ma se ti scrivessi, dopo, mi coglierebbe un differente desiderio:

                 quello di chiamarti;

     

    se poi ti chiamassi, dopo, mi coglierebbe un secondo desiderio:

                 quello di vederti;

     

    e se ti dovessi mai vedere, dopo, mi prenderebbe un altro desiderio:

                 quello di toccarti;


    se ti toccassi, mi giungerebbe un desiderio ancora:

                 quello di baciarti;


    ma se ti baciassi, dopo, ci sarebbe un nuovo desiderio

                 quello di fare l'amore con te;


    ma se ti amassi, dopo, mi finirei per un ancora desiderio:

                 quello di viverti

                 di viverti per sempre.

     

    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Scrivi sempre cose bellissime 

    2. pierreroche

      pierreroche

      sono per te e tu lo sai...

  20. “ Io un confine non lo so vedere
    Sai che non mi piace dare un limite, un nome alle cose
    Lo trovi pericoloso e non sai come prendermi, mi dici
    Ma non so se ti credo
    Senza tutta questa fretta mi ameresti davvero? “

     

    1. ghostnick0

      ghostnick0

      È una poesia in musica 

  21. – Nel passato se uno aveva un segreto e non voleva
    assolutamente che qualcuno lo sapesse, lo sai che faceva? –

    – Non ne ho la minima idea. –
     

    – Andava in montagna e cercava un albero,
    scavava un buco nel tronco,
    e vi bisbigliava il suo segreto e richiudeva il buco col fango,
    così il segreto non sarebbe stato scoperto mai da nessuno. –

     

    – Ma tu pensa quanta fatica,
    io invece cercherei una donna per raccontarlo e sfogarmi. –

     

    – Non siamo tutti uguali. –
     

    – Dici bene, non siamo tutti uguali,
    io non ho segreti al contrario di te,
    tu invece ti tieni tutto dentro,
    dai su coraggio raccontami qualcosa…
    si tratta di una donna vero? –

     

    – Neanche io ho segreti. –
     

    – Avanti smettila, siamo vecchi amici,
    giuro che non lo dirò a nessuno. –

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    2. fabienne45

      fabienne45

      Si... ora ricordo, vagamente, ma ricordo.

      E' il tuo segreto qual'é?

    3. pierreroche

      pierreroche

      é in queste pagine... ma é segreto tra le tante righe non scritte, non dette... e vissute dentro di me.

    4. fabienne45

      fabienne45

      Ho letto tutto. Almeno ciò che è scritto. 

      Il resto lo lascio al segreto.

      Il tuo segreto sa però di una donna molto fortunata.

  22. L'amore che parla di sé in un bello sguardo

    la percezione in cui mi perdo

    è l'oltre mare di un assurdo 'sì'

     

    L'amore che arriva con movenze lente

    qui sotto gli occhi della gente

    mi parla con voce tremante...

     

    Sì... Illudendo, lusingando

    Incantando e come danzando

    afferra le mani

     

    Sì... affrettando, ansimando, provocando

    e tutto abbreviando, come adorando

     

    Ti amo tanto e ti sento arrossendo e impallidendo,

    quasi morendo, sì...

     

    L'amore che trafigge me 

    lascia che dica:

    "Non so cos'è, non lo so mica, ma credo in te, dolce nemica... Sì...."

     

    (Paolo Conte)

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  23. Gli Equilibristi

     

    E’ un crocevia di sensi

    questo equilibrio costante

    di sentimento e sensualità.

     

    Il tenerti sul mio petto

    compiacerti tra le leghe dei tuoi capelli mossi

    questi cuori che sussultano

    anche dentro corpi distesi in ozio.

     

    L’essere avvinghiato tra le tue gambe

    e sentirne il calore, il liquido di desiderio

    questi cuori che non reggono d’emozione

    questi occhi chiusi nell’amplesso.

     

    E unirsi lasciandosi dominare dagli istinti

    quando ti afferro per i capelli

    e mi senti ovunque

    quando vuoi che sia tuo

    e non mi lasci respiro per tornare ad essere mio.

     

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  24. ‘non c’è emozione grande che non senta un sottile senso di paura’

    E’ quello che ci eravamo detti e in questo pensiero era trattenuta tutta la mia emozione per te.

    Non pensavo fosse così, non pensavo ci si sentisse così, non prima di questi ultimi giorni.
    Ora quel senso di angoscia, forse più tipico più del tuo carattere, diventa anche la mia ansia.

    Dove siamo? Non più qui...

    Mi ripeto questi interrogativi seduto allo stesso tavolino del BAR dove la prima volta ci siamo incontrati.
    Ricordo ogni instante, ogni secondo, ogni minimo particolare.

    Dici che sono io a farne un dramma.

    Non lo, so sento solo che ti voglio bene, sento solo che rinuncerei a tutto tranne che a questo sentimento che mi porta solo a volerti bene, a volere il tuo di bene.

    1. fleurdelys00

      fleurdelys00

      vero vero vero...sei un profeta

  25. Il buio

     

    – Ho notato che mi hai assecondato sull’indossare la mia camicia –

    – E’ vero, ero restia inizialmente, ma poi ho deciso di fare la ragazzina ubbidiente –

    – Mi chiedo fino a che punto tu possa essere così disponibile –

    – Dovremmo provare per saperlo entrambi, non trovi? –

    Il sussurro delle parole si perdevano nel buio, cosi intimo e cosi al riparo.

    Ti sentivi bene e ti sentivi mia. Quella sensazione di oscurità ti faceva pensare a tanti significati.

    Ti faceva pensare al mio lato nascosto, quello che forse non conoscevi ancora. Ti faceva pensare alla tua zona buia, quella che anche tu non comprendevi ancora, ma che sentivi emergere in te in quell’istante, ora che trovavi protezione nella condizione favorevole di un’ombra.

    Sì - quel buio in qualche modo ti intimidiva e ti proteggeva.

    L’oscurità ti facilitava lasciando emergere quella parte di te, quel tuo alter-ego, che non avevi mai liberato prima.

    – Cosa vuoi che faccia per te? Dimmi… –

    Nel momento che pronunciavi quelle parole, mi sentivo conferire un ruolo al quale non volevo in nessun modo rinunciare. Non ho impiegato molto tempo a pensare cosa volessi. Nell’immaginario volevo vivere, condividere con te, uno dei tanti momenti che ci tenevano durante la distanza vicini, uniti. Volevo lasciartelo fare in quel momento, dove potevo avvertire il tuo respiro, ascoltare le tue parole… e offrirti il vantaggio del buio.

    – Siediti sulla poltrona e allarga le gambe per me, in modo che io possa vedere –

    Non ti sei neppure domandata come avrei potuto vederti in assenza totale della luce. Non te lo sei chiesta perché intendevi qual era il mio gioco: pensare di osservarti, senza violare il tuo pudore e la tua timidezza.

    Sentivo il suono dei tuoi tacchi che con due passi indietro si allontanavano da me. Io intanto mi sedevo comodo sull’angolo del letto, cercando di capire attraverso i suoni la direzione verso la quale avrei dovuto guardarti.

    – Allarga le gambe per me e scosta gli slip, voglio guardartela… –

    Non parlavi, sottostavi… e sentivo il suono del cotone muoversi e il battere dell’elastico sulla pelle. Immaginavo quanto doveva essere bello pensarti li, distesa sulla poltrona morbida, con il lembo scostato delle tue mutandine e una gamba poggiata sul bracciolo e un’altra sospesa in aria. Potevo solo immaginarlo.

    – Va bene così? Mi stai guardando? –

    – Sì, ti sto guardando, mi sto godendo lo spettacolo… –

    – Sono brava? –

    Mi sono alzato nel buio per avvicinarmi alla tua voce e dopo un passo avvertivo premere la punta sospesa del tuo tacco sui miei jeans. In quel contatto, piantavi entrambi i piedi per trovare una posizione più comoda.

    – Continua così, lo sai che sei proprio brava e ubbidiente… –

    Dal movimento che calcavi su di me si poteva intuire che ti stavi frugando, coccolando con le mani la fenditura umida e rosea della tua carne. Lo capivo anche dal rumore; era un missaggio di suoni alternati, tra un tono umido di un succo spremuto e una vibrazione di un corpo pressato. Il suono era anche accompagnato dai tuoi spasimi che non contenevi per l’eccitazione.

    Anche l’odore era intrigante, tra la tua fragranza di Casmir e l’aroma dell’eccitazione.

    – Sono tutta un lago… guarda… sono tutta un lago per te… –

    Le tue gambe si dimenavano tra le contrazioni e la voglia di avvinghiarmi. Il suono del tuo piacere si faceva sempre più intenso; voleva pronunciarmi qualcosa che rimaneva trattenuto nelle labbra per il tuo insensato pudore.

    Il piacere viaggiava verso un limite osteggiato solo dalla tua intransigenza. Pensavo che ti piaceva andare oltre ogni violazione, verso la trasgressione, provare a varcare quei confini con me, che fino a quel momento ero riuscito ad accompagnarti distesa su quella poltrona. Ma io non avevo intnzione alcuna di sollecitare una decisione che volevo fosse solamente tua.

    E mentre con una mano accarezzavo con un gesto tenero e delicato le tue caviglie, un avviso inaspettato e complice accese il tuo cellulare poco distante.

    La luce debole lasciava intravedere appena i miei e i tuoi occhi. Si guardarono per la prima volta e per alcuni secondi. I tuoi erano spalancati e avidi. I miei rincuoranti e austeri. Nel momento successivo, mentre provavo a abbandonare la tua vista per contemplare l’amore tra le tue gambe, la luce si spense fatalmente.

    E io ricordo bene che in quel secondo non feci in tempo a guardarti, ma nell’istante dopo, tutto quello che mi sembrava ormai destinato, fu ridiretto dalla tua volontà, dal tuo coraggio e dalle tue parole:

    – Accendi la luce… ti prego… accendi la luce e guardami… –

     

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