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Aggiornamenti di stato pubblicati da odessa1920

  1. I ragazzi vogliono far fortuna. E i vecchi sentirsi utili fino alla fine dei loro giorni. E qualche pazzo vuole tentare quello che non ha mai provato.

     

     

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  2. Passerò di qua e di là del fiume che corre. Da una riva all’altra. Restando in mezzo alla corrente è possibile. Come quando ami qualcuno. E vai e vieni tra il sogno e la realtà di tutti i giorni. Tra le favole che stanno in mezzo i suoi capelli e l’olio che le spalmi sulla pelle contro la dermatite. Tra il profumo di cielo delle sue labbra e il massaggio alla pancia irrigidita dalla colite. Tra i petali vellutati delle sue carezze e la limetta sulla pianta dei piedi contro i calli. 


     

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  3. A volte la finestra è l’apparizione del fuori, delle avventure possibili, del mondo in grande. 

Una finestra dice che non c’è solo il dentro. Una finestra parla del tutto. Dice che la geografia della vita è il tutto. 

La finestra è per me il simbolo del pensare. Il pensare è una finestra sul fuori. Sull’altro e sull’altrove. In questo senso è la cifra della libertà di muoversi e di cambiare. 

Se la finestra è bella allora essa è anche il simbolo della pace tra il prima e il dopo, tra quello che lasci alle spalle e ciò cui vai incontro. Voglio dire, che se anche hai lasciato o sei stato lasciato, se hai rotto o qualcosa si è rotto, una bella finestra dice che è tutto a posto, è tutto in pace, alla fine dei conti.

 Una finestra apre sul muro una via d’uscita.
 A volte è opportuno cercare la propria finestra. La finestra nella situazione. Da questo punto di vista le finestre si aprono anche dove uno meno se lo aspetta. Importante identificarle. Una finestra è una via d’uscita da limiti cui soggiacciamo senza neanche rendercene conto.

 Ci sono dei punti nel nostro recinto in cui è necessario a un certo punto aprire una finestra. Buttando giù un pezzo di muro. Altrimenti non si esce. Non si riesce a pensare in grande, davvero.

     

     

     

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  4. La cultura dell’etica del lavoro, della performance, porta a vantarci di dormire poco, di mangiare in fretta, di portarsi il lavoro a casa e cose del genere. Ma questa è davvero una virtù? La salute e la serenità non dovrebbe avere la priorità in una vita felice? E ancora: siamo sicuri che chi lavora tanto lavori davvero bene? 

     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      le cose di fretta non sono mai le migliori, è quel tipico arrangiamento che diamo alla vita quando non sappiamo da parte dividerci prima per le cose eccessive che proponiamo di fare.

      Purtroppo siamo solo esseri umani e coma tali abbiamo dei limiti, a dirla tutta, quei limiti altro non sono che un essere che non è più capace di esprimere tutto ciò che la nostra essenza (l'anima) riesce a immaginare.

  5. Una bella idea che il mondo sia la narrazione che ne fanno i nostri sensi, il nostro apparato cognitivo. E l’immaginazione in testa a tutto.
    Ma ci dev’essere, là fuori, qualcuno a cui piacciono le storie orrende, truculente, ossessive, torbide, losche...
    E così la vita si presentò come una lotta interminabile tra narratori di diverse scuole.
    Io scelsi le storie del sorriso.


     

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    1. raffaello115

      raffaello115

      una scelta eccellente! 

  6. Che la sofferenza sia stata utile è per me solo un’affermazione legittima a posteriori. Quando tutto è finito. E quando è successo proprio questo: che lil nuovo giorno contenga elementi che consentano di dare un senso a ciò che è capitato.


     

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    1. vincent29264

      vincent29264

      Beh, il senso lo si trova, dipende dall'umore naturalmente ma è parte della nostra natura dare un significato tutto ciò che ci circonda, possiamo dire che sia una marcia in più alle nostre capacità di sopravvivenza.

  7. mmaginare al ribasso stranamente è una scommessa. Immaginare che i nostri sogni siano illusioni senza costrutto. Immaginare che quello che vale sia solo ciò che si tocca e si guadagna.
Tutta la nostra vita pratica, concreta, è come sospesa a un cielo di immaginazioni e di scommesse.

     

     

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  8. Andare è un modo di essere.

     

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  9. Sono stata a camminare parecchio in questi tempi. Da quando ho ripreso un po’ la voglia. A volte registro i pensieri col telefono. Durante le passeggiate, arrivano sempre riflessioni bellissime che voglio afferrare con qualche parola.
 So che quando la parola arriva da sé è benedetta. E lo sento in bocca. Perché le parole ispirate hanno un sapore buono, tutto loro. Speciale. Inequivocabile.

    Mi piace molto anche scrivere. Perché scrivere permette di parlare restando in silenzio. Posso dire che sono eccitata o furiosa senza neanche sbracciare un po’. Insomma, è un gran risparmio di energia. Ma è anche come essere in un’altra dimensione.

    Adesso il mio obiettivo principale è recuperare l'entusiamo. E vedere un po’ se riesco a fare qualcosa di memorabile nel tempo che mi resta. Dimenticavo: 
può essere anche che trovi un fidanzato. Nelle ultime settimane mi sembra che me ne sia ritornata la voglia.
 L’ideale sarebbe girare il mondo, ma non lo posso fare per adesso.

    Però, mi piacerebbe almeno immaginare i tratti di un’impresa che fosse di vagabondaggio. Un modo insolito di vivere il mercato e l’economia. Non l’impresa macchina, sistema organizzato statico nel suo dinamismo produttivo. Un’impresa vagabondaggio, come la natura dei nomadi, o dei cow boy, o dei pellegrini, insomma di gente che gira per il mondo, o che va per mare. 

     

     

     

     

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  10. Immaginiamo che scoprissimo che un Dio ci stesse prendendo per il culo. Malgrado il nostro immenso desiderio di vita, siamo condannati a morte fin dalla nascita, i nostri sogni e desideri sono sempre mille miglia lontani rispetto alle condizioni reali, e la maggior parte di noi non ha neanche il minimo indispensabile per una sopravvivenza dignitosa…

    In uno scenario del genere avremmo sempre la possibilità di cavarcela discretamente, se decidessimo tutti di imboccarci l’un l’altro, su tutti i piani di sogni e bi-sogni.

    Le conclusioni sarebbero esattamente le stesse dettate dalla fede in un Dio dell’Amore che ci spronasse alla carità reciproca per entrare nel Regno dei Cieli.

    Dunque?

    Gandhi diceva che Dio viene all’affamato sotto forma di un pezzo di pane. Quel pezzo di pane qualcuno deve averglielo dato, all’affamato.

    Possiamo immaginare che il Dio avviene esattamente in funzione di ciò che noi facciamo, per noi stessi e per gli altri?

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima :):) 

    2. vincent29264

      vincent29264

      Non ho capito che intendi ma di una cosa sono certo, che se esiste un dio, ai suoi occhi, ammesso che ce li abbia, non siamo diversi da un qualunque altro essere vivente, protozoi compresi, nonostante la nostra presunzione di essere a sua immagine e somiglianza.

  11. Nel cuore del bosco scorgemmo tra gli alberisfuggevoli e danzanti figure umane, se di umani si trattava...

     


     

     
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  12. Melanconia (dedicato a Claudio)

     

    Oramai ragionavo per metafore. E in maniera piuttosto sbrigativa. Per esempio, dicevo: “questa gente è vecchia”, anche se mi trovavo tra trentenni. Era presuntuoso, lo so. Il fatto è che avevo una certa inquietudine addosso. Non mi rassegnavo allo stato delle cose, né mi era più sufficiente coltivare una sorta di spiritualità. Mi sembrava che mancasse qualcosa di decisivo, qualcosa di fondamentale.
È come quando stai raccontando una storia che non è ancora finita. Una storia in corso di… e che, fino a quel momento, non lascia intravedere l’esito.

    Poi, c’era dell’altro. Malgrado il mio vigore fisico, avvertivo i segni dell’età. Il metabolismo era più lento, la fatica nei lavori del bosco mi lasciava nelle braccia e nelle mani una traccia a lungo sensibile. E mi sembrava che non fosse ancora il tempo di…
Insomma, il tempo passava. Il tempo era passato. Ne era passato tanto, di tempo, e ancora…

    Certo, ero in grado di elencare tutta una lunga serie di vicende, di fatti, di risultati, di conquiste, di esperienze che potevano placare un po’ la perplessità connessa con la domanda che m’interrogava perennemente sul valore della mia esistenza. Ma tutto quel passato era incapace di smorzare l’inquietudine che sentivo nel profondo – checché ne pensassero gli altri, in genere così generosi nei miei confronti.
Ad essere spregiudicatamente sincero, mi pareva, ancora una volta, che la mia vita fosse inutile.

    Non mi tormentavo per il male fatto. In realtà non ho mai fatto del male intenzionalmente a qualcuno. Anche se so di aver fatto soffrire e creato problemi. Ma non era questo. So che i piatti li rompe chi li lava. E ho sviluppato una sorta di compassione per quel che mi riguarda, sufficiente a non darmi rimorsi se nel mio viaggio ho urtato qualcuno.

    Era qualcosa di più struggente, di più profondo. E ne scaturiva quella sorta di melanconia che non si lascia tradurre facilmente in romanticismo e poesia, ma si trasforma piuttosto in una puntura lancinante proprio nel centro del cuore.

    Sapevo che si trattava di quella parte del Sogno che non era stata realizzata. Quella parte del Sogno che tutto il traffico del passato non era stato in grado di trasformare in realtà. Questa era la fonte dell’inquietudine.

    Erano gli altri ad essere “vecchi”? o non ero piuttosto io?
Io, che non mi ritrovavo più addosso la forza e lo slancio di continuare a cercare, a fare, a intraprendere?

     

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  13. Il fascino evocativo del bianco e nero. Il monocromatico. Immagino un ambiente abitativo, o uno studio creativo, con quattro o cinque di questi quadri, capaci di evocare quel pizzico di erotismo che condisce sapientemente le attività mentali, di ideazione, di progettazione.
    Il nostro approccio alla vita, parlo di quello quotidiano, quello che si esprime nel modo in cui e con l’umore con cui affrontiamo i compiti e le decisioni operative di ogni giorno è in fondo l’invenzione del nostro rapporto personale con la vita, la composizione musicale della nostra sinfonia.

     

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  14. Nutrire il sogno è un lavoro. Meraviglioso, appassionante, emozionante.
    Una delle mie massime preferite è: se sei capace di immaginarlo, sei capace anche di realizzarlo.
    Il sogno si nutre costruendo immagini che lo rappresentino, che lo dispieghino.
    Lo si fa, spontaneamente, nelle fantasticherie.
    Si può assumere la responsabilità attiva della fantasticheria.
    Svilupparla come farebbe un regista fantasioso.
    Il sogno, una volta innescato, cresce da solo. Come le opere d’arte nelle mani degli artisti.
    E guida i tuoi gesti.
    È il sogno che parla di te, che fa uscire all’aperto quello che sei nella ghianda. Il sogno è l’epifania della tua anima.

     

     

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  15. Allora  c’è da fare quel chilometro in più. Da uscire dai tuoi confini. Spesso a occhi chiusi. Con fiducia a priori.

     

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  16. Io dico che probabilmente ce l’abbiamo addosso questa necessità di spingere il mondo e la vita da qualche parte ben precisa.  E che ci diamo dentro da sempre, per il semplice fatto che abbiamo dei desideri.
    Insomma, io desidero questo e spingo il mondo intero ad andare in quella direzione.
    Non siamo così, noialtri umani?
    Non è questo che ci fa sentire vivi?

     

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  17. Lei diceva che la creatività più importante, quella che è davvero fondamentale, consiste nella capacità di ricreare ogni giorno quell'immensa energia che ti fa affrontare la vita con passione e perseverare nel tempo, senza cedimenti.


     

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  18. Questa gioia d’incominciare la giornata, al risveglio.

    Il piacere della mia casa vascello per navigare l’oceano dell’essere.

    Un cielo terso, fuori che promette sole e aria fresca.

    Continuo a lavorare al miglioramento di me. Alla creazione di me. Mi servo di questa sorta di specchio che si crea nella riflessione.

    È lavorando su di me che incontro gli altri più a fondo.

    La comunicazione è come muovere le gambe seduti ai bordi della stessa vasca: immersi nel medium che ci collega.

    È quello che sono che arriverà agli altri, non quello che recito. Spalancherò gli occhi per vedere la bellezza negli altri, per nutrirmi e godere la vita.

    Non credo più da tempo nella critica costruttiva.
    È avvenuto da sé.
    Preferisco il lavoro di produzione di proposte, alternative, nuove interpretazioni, idee...

    In questa prospettiva scoprire la realtà è un po' inventarla.

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  19. Dans chaque étreinte c'est le rêve que l'on retrouve. Le rêve qui accompagne chaque passe de notre route. Le rêve qui nous précède sur le chemin et souvent court le risque d'éloignement. 

     

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  20. Comunque la cosa era interessante. Mi piaceva esserci e non facevo tante domande. Però per dirlo a parole, erano le parole inventate prima di me e usate da altri che mi si imponevano.
 All’inizio, non volevo imparare a parlare. Mi sembrava una forzatura. Una violenza. Io – fosse stato per me – avrei continuato a vivere senza parlare. Solo facendo e sentendo. In silenzio. C’era bisogno di dirlo?

    
La gente però parlava e sapevo che avrei dovuto imparare a parlare anch’io. Un giorno mi ci son messa d’impegno e ho incominciato a imparare le parole.
 Le parole sono grandi. Hanno un potere fantastico. Poi sono veramente tante. E combinate insieme possono fare frasi spettacolari. E possono perfino ottenere dei risultati, vale a dire, creare le cose che dicono.
 Sono diventata presto brava con le parole. E ho anche imparato a fingere, dicendo con le parole cose che non erano, soprattutto se riguardavano me.
 Mi sono anche accortoa che raccontando parole-bugie agli altri riuscivo perfino a ingannare me stessa. E di qui sono passata al teatro, dove le bugie si dicono sapendo tutti che sono tali. E quindi non sono più bugie.

    Io non credo nei miti, nelle favole e nelle leggende. Le trovo solo infinitamente affascinanti. E vorrei inventarne di indimenticabili.
 So che quello che dicono le favole è quasi sempre vero, in qualche modo.
 Con le parole vorrei fare centro nel bersaglio, ma senza usarle come fa il chirurgo in sala operatoria.
 Preferisco prima parlare e poi cercare di capire quello che ho detto, piuttosto che il contrario. Ma se è possibile, vorrei che dire e pensare coincidessero.
 So che le parole non si mangiano, ma aspiro a trovare da mangiare anche solo facendo parole. Però che siano parole che toccano il cuore e che rivelino qualcosa. Altrimenti non le sopporto.
 Anzi, penso che avvelenino


     

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  21. Questa primavera mi porta con sé. 

    Veronica dice: “ È questione di testa!”. Sì, la testa conta molto. Conta l’umore. Conta il desiderio. Conta l’ambizione di fare qualcosa di utile ancora.

     

     

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  22. Facendo molte rime


    S'impara a poetare" 

    - Diceva l'arcivescovo

    
Volendo salmodiare.


    Di certo gli sfuggiva

    
Il cuore del concetto,


    Forse troppo occupato


    A coltivar l'aspetto.


    Ma un giorno accanto a un fosso,


    Andando a passo lesto,


    Fu all'improvviso scosso


    E reso alquanto mesto


    Pensava all'Orizzonte,


    Al sole, alle comete,


    Alla rugiada, al fonte,


    Al cranio dell'ariete.


    Pensava a quelle cose


    Cui non ne val pensare:


    Le spine delle rose,
L

    o sciabordio del mare,


    Il vento sulle fronde,

    
La piega dei ginocchi,


    I pali sulle sponde,


    La voce dei ranocchi...


    E gli sembrò d'un tratto


    Che la felicità


    Fosse legata a un patto


    Con quelle cose là.


    Disse: non è questione


    Di fare ben la rima,


    Questa rivelazione


    Non l'ho capita prima!


     


     

     
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    1. vitto071

      vitto071

      Bellissima :) 

  23. Per chi si ascolta, chi cerca la consapevolezza del vivere, spesso la sensazione globale in cui si ritrova, silenzioso, è come un’immagine nebbiosa che lo ingloba e che lo avvolge. L’emozione è intensa e l’abbandono alla vita è un atteggiamento piacevole. 
Per viaggiarci dentro, perché la consapevolezza sia un cammino da qui a lì, bisogna ricorrere alla parola. 
La parola fa viaggiare il mondo.

     

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  24. Facevo il consuntivo della giornata, come sempre. Bisogna ricordare le cose, se no, scappano nell’oblio. Bisogna mantenere la memoria. Quando si vive si fa poca attenzione. Si perde tanto. Bisogna recuperarlo. Io lo faccio alla sera. Ho un diario di bordo. Cerco di ricordare le cose e me le annoto. Mi sembra di vivere di più…

     

     

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  25. Amo il nuovo. Ho riflettuto: nuovo è ciò che ha il potere di rinnovarmi, di rendermi nuovo.  È il potere della primavera.

     

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