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beh, il set decisamente sembra di qualità!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Lei vagava nel deserto: l’orizzonte degli eventi era completamente sgombro, escluso il tramonto di un sole rosso. Non c’è un tramonto uguale all’altro, si diceva. E mentre pensava lasciava le sue impronte sulla sabbia. Non aspettava, si limitava a camminare con lentezza e costanza con la sua spada tra le mani.
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Mi piaceva andare, percorrere ogni giorno una tappa del viaggio. Sapendo che c’era una meta, o forse solo una direzione di marcia. E mi piaceva pensare che ogni giorno avrebbe avuto le sue scoperte, le sue avventure. E che per prendere ogni volta le mie decisioni mi sarei affidato a una bussola interna. Mi sarei fermato ogni giorno il tempo necessario per diventare più consapevole di ciò che facevo ed avveniva. E avrei voluto lasciare una traccia del mio passaggio.
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La strada si allargava man mano che ci si allontanava dal villaggio.
Tu eri partita. Eri partita ogni mattina. Sapevi che un giorno tutto sarebbe finito. Ma ora eri in cammino. E la meraviglia alimentava il fuoco del tuo desiderio. Vedere a volte basta. Ma tu avevi bisogno di costruire.
E anche domani ripartirai…-
wow...che splendore...molto rock and roll
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Danza alla lunaLa ricerca del senso della vita come processo intellettuale approda al nulla. Nulla che tenga e che afferri, che commuova e incanti. E anche questo è importante.E se decidi di inventarlo, il senso, ascoltando il desiderio, e di metterlo alla prova vivendo a quel modo, allora le risposte della realtà potrebbero incantarti.Il senso è sentire che la Vita risponde alle tue follie.
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mi ricorda un vecchio video di Brittany spears!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Lo sai che la risposta è salire a cavallo e andare.Non c’è da tergiversare. L’intelligenza del fare sa le cose in anticipo.
Ma resta consapevole.
La vita è questa incredibile avventura.
Non sai niente e sogni.
Tu segui i tuoi sogni. E vai incontro a ciò che riconoscerai come il tuo destino.
Non demonizzare l’intelligenza e la ragione. È sbagliato.
Ma inventa col cuore la tua storia.
Non farai mai abbastanza errori da impedirti di saltare nei tuoi sogni.-
Tutto quello che dici è non necessità mai di aggiunte, dici sempre tutto, con perfezione.
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All’alba e al tramonto, quando ti fermi per qualche momento, senti che tutto questo è vero. E non sapresti dire che significa vivere, e nemmeno cosa significhi “essere”.Ma sai il tuo desiderio originario. Lo senti dentro e sai che tutto nasce da lì, tutto dipende da quello. E ti proponi ogni volta, ogni giorno, di alimentare quella fiamma. Perché quello è il motore dell’interesse, dell’iniziativa. Non soffrirai mai la noia, così come non l’hai mai sofferta. Non ti fermerai a recriminare, a vendicarti, a rimpiangere. Finché hai quel desiderio, la vita sarà la creatura meravigliosa e sfuggente che corteggerai del tutto naturalmente, rendendoti il più amabile possibile per ottenere i suoi favori.
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Le era sembrato che il mondo fosse così interessante da meritare di essere raccontato per intero. Rendendosi conto che a dirlo a parole, però, sarebbe stato troppo lungo, aveva deciso di narrarlo a immagini. Poi si accorse che anche in questo modo l’impresa sarebbe stata impossibile e si rassegnò a dire soltanto quello che si sarebbe potuto presentare dopocena.E non riusciva a togliersi dalla testa la domanda: quel che non si racconta continua ancora ad esistere?
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...e autunno fu..che bellezza questo arancio...che bellezza questo "calore" autunnale!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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Vita come musica. Comporre e cantare e danzare e volare. Mistero in ascolto al mattino. Nel sole e nella nebbia il sorriso del fuoco che alita raggi di luce sulla pelle. Un ragazzo che grida allegria e salta i fossi di fianco al sentiero. Montagna che sbianca la cima nel cielo, richiamo di magica illusione. Miracoli che emergono dal suolo come fiori dopo lunga pioggia, danza di fanciulle guerriere, incanti di conchiglie ferite contro la roccia dallo sguardo feroce.
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Nasce il giorno qua davanti.
Non è necessario che sia un giorno uguale a ieri.
È possibile che qualcosa di nuovo si sia insinuato nella logica delle cose.
Lo avverto come una sorta di urgenza dentro di me.
Dentro questo rettangolo consapevole che è la coscienza.
Dentro il nucleo caldo di ciò che chiamo “Io”.
E intendo rispondere, fermandomi un po’ e facendomi di nuovo le vecchie, care, domande: Dove voglio andare? Cosa sto facendo? Sono soddisfatta? Cosa posso fare?
Voglio rimettere in fila le cose.
Non per riallinearmi al passato, ma per aprire una strada verso il futuro.
Ho bisogno di ridisegnare la mappa.
L’orizzonte. La visione.
E di farlo da ferma, non di corsa. -
Le città come i boschi. Perché no? Nessuna lontananza tra i grattacieli e la natura. Non essere costretti a scegliere tra modernità e tradizione, per via dell'aria che si respira. La tecnologia non è distanza dalla natura. Noi andiamo a imparare dalla natura tecnologie sofisticate, messe a punto da millenni di evoluzione. Ora stiamo riflettendo sulla compatibilità, sul funzionamento dei sistemi ecologici. Siamo una specie capace di apprendere.
E i nostri sogni non sono la notte oscura, lontana dalla creazione operosa. Sono la notte magica dove la vita ci parla delle sue grandi attese. Possiamo essere consapevoli dei nostri limiti e del fatto grandioso di essere portatori dei sogni stessi della vita. Questa è l'epoca degli eroi del quotidiano. E dei modi gentili di prendersi cura del mondo. L'economia diventerà sempre più blu. E i nostri pensieri creativi.
L'universo attende le nostre ondate esplorative. -
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“Me l’ha detto un uccellino!”, così diceva mia nonna materna, quando intuiva qualcosa che avevo fatto e che tenevo in segreto.All’inizio ho creduto che quell’uccellino esistesse davvero. Poi ho capito che è una facoltà intuitiva che abbiamo dentro e che può suggerire qualcosa d’importante per la gestione della nostra stessa vita.Oggi affido le decisioni che mi riguardano quasi totalmente a quella vocina interiore.E, quando mi parla, mi affretto ad annotare i suoi suggerimenti, per non perderli per strada.
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All’ombra di un acero di monte,seduta in quiete in questo loco eterno,respiro un sole audace, con la fronteverso colline in nostalgia di inverno.
Un pino strano tra betulle e faggiporta con sé la nostalgia del mare.Io allargo del pensiero i vasti raggi,in preda a un’aria che mi fa sognare.
Vorrei restare per sempre in questa posa,fissata in un presente senza fine,ove l’istante tutto il tempo sposae le cose lontane sono vicine.
Ma poi mi scuoto e mi rimetto in piedi,mi dico: sveglia, non ti addormentare!Riprendi il tuo cammino e se non vediproprio per questo tu vorrai cercare. -
Amélie Nothomb, in “Acido solforico” racconta una cosa deliziosa che fa al caso di chi vive situazioni di disagio. Racconta di un prigioniero in un campo tedesco durante la seconda guerra mondiale. Le condizioni di sopravvivenza disumane e disumanizzanti. Lui e i compagni si stavano trasformando in poveri selvaggi, bestie sofferenti. Nelle loro menti, pensieri insopportabili. Un giorno quest’uomo ebbe un’idea geniale. Inventò il “gioco della dama”. Il gioco consisteva nell’immaginare che in mezzo a loro ci fosse una dama d’alto rango, di fronte alla quale ci si sarebbe dovuti comportare in maniera degna della sua nobiltà. Tutti accettarono di costruirsi questa fantasia. Un po’ per volta, a forza di vivere alla presenza della nobile dama, avevano ripristinato la civiltà e si resero conto di essere salvi. Questa vittoria della mente sostenne i prigionieri fino alla fine.Mi sembra davvero una bella storia. La comprende bene chi cerca di tenere alto il morale in una situazione in cui il dolore e l’impotenza suggerisce quotidianamente una sorta di deriva. L’immaginazione è capace di fare questi miracoli.“Chiunque conosca un inferno durevole o passeggero, per affrontarlo può ricorrere alla tecnica mentale più gradevole che esista: raccontarsi una storia. L’infelice che riesca a riempirsi il petto di un soffio di grandezza rialza la testa e smette di compatirsi” (A. Nothomb)
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Lei pretendeva che lui le leggesse nei pensieri. Abbozzava ogni gesto, ogni discorso in attesa che lui terminasse quanto già iniziato, pena il distacco, l’incomprensione e la freddezza. Non lo faceva per gioco o per distrazione ma era una esigenza profonda. Era il suo modo di intendere l’amore, l’intesa e la complicità. Nonostante manifestasse con orgoglio la propria indipendenza fisica e spirituale da lui, intimamente pendeva dalle sue labbra. Perché lui era il suo naturale completamento, sapeva leggere l’alfabeto delle sue emozioni.
A lei piaceva ascoltare, abbandonarsi alle sue parole, le piaceva perdersi tra le sue carezze come un gozzo in mare aperto nel corso di una tempesta impetuosa: uno sguardo, un respiro o un sospiro erano la stella polare, i punti cardinali.
Lui aveva i tutti i mezzi per capire la direzione da seguire, era stata lei a fornirglieli. Talvolta lo faceva con disinvoltura, con estrema naturalezza, quasi con facilità, altre volte non ci riusciva, non capiva dove era la meta, il fine da perseguire, e allora si apriva una voragine.
Inutile gridare: la terra tra i due continuava ad aprirsi lentamente ed inesorabilmente, senza tregua. E quando succedeva tra i due si innalzava un muro silenzioso.
Lei soffriva: una sofferenza senza spiragli, buia, chiusa e impenetrabile. Lui era incapace di attrarla nuovamente a sé: ogni parola, ogni gesto risultava banale, futile e inutile. Soffrivano entrambi.
Si promettevano che non sarebbe mai più accaduto ma poi sapevano che si sarebbero reciprocamente smentiti.
E nonostante tutto continuavano a cercarsi perché il territorio del non-detto li affascinava. Un territorio difficilmente accessibile, fuori dai luoghi comuni dei sentimenti. Ognuno aveva un proprio ruolo definito, nella loro inconsapevolezza sapevano dove volevano arrivare, “sbagliavano da professionisti”.-
Ottima interpretazione della tua arte, un'anima persa tra le mura della città. Dovresti proprio iniziare ad avere un blog!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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wow! sembri parte dell'opera stessa! sei sempre fantastica!!
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odessa1920 ha aggiunto una reazione
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E andare incontro ai pensieri che tra gli alberi regala il vento.
Teso l’orecchio, fui portata a dire:
non parlatemi di Dei nell’ora del bosco, né di cristalli magici,
né di campi di forze orchestrate da potenze occulte.
Lasciatemi il piacere dell’ombra muta delle fronde
carezzata dalla brezza ignuda quando è calura.
E che sia il sole in persona, senza manto regale,
a risvegliare il sogno nelle cosce
così che io mi avventuri sul sentiero della mia finitezza
con il sorriso innocente del bambino.