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Contenuti pubblicati da odessa1920

  1. Bianca ha l’espressione di chi ha considerato con spregiudicatezza radicale la situazione e si è decisa in maniera assolutamente determinata. 

    Bianca ha appena vissuto uno di quei momenti decisivi dell’esistenza da cui dipende il senso della propria storia.

     

     

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  2. Nella vecchia casa di famiglia, nel centro del paese, il ragazzo batteva direttamente alla tastiera del computer la tesina che doveva presentare il giorno dopo.
    Stava mettendo a fuoco un concetto che l’aveva letteralmente rapito e trasportato nel mondo della filosofia.
    Si trattava dell’anti-fragilità, un concetto che superava quello di resilienza. In sostanza era la qualità di diventare migliore dopo eventi stressanti. Non semplicemente essere flessibile e riadattarsi tale e quale al mutamento. No, piuttosto evolvere, crescere, espandersi…
    Il ragazzo si rendeva conto che questo concetto corrispondeva esattamente alla sua esperienza personale. Era diventato più forte e più creativo dopo ogni evento perturbante che l’aveva colpito di sorpresa…

     

     

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  3. Guardiamolo insieme, amico mio.

    Guardiamolo insieme e guardiamoci in faccia.
    Hai bisogno di inebriarti di vinsanto per capire che è ora di lasciare alle spalle tutto questo?


    Vuoi che la storia si ripeta ancora e ancora e ancora? Fino a quando? 

    Quando fonderai una nuova religione – e certamente questo avverrà, perché il mondo globale è un mondo di incontri o di scontri – so già che tu la saprai far vedere come la religione verso cui guardavano le grandi tradizioni della terra: quelle monoteiste e anche quelle politeiste, come pure quelle puramente filosofiche. 

    La saprai presentare come ciò verso cui stiamo tendendo da millenni, attraverso tanti conflitti ma anche tante intuizioni. La ricerca di un rapporto onesto, vero, con la vita.
    E alla luce del tuo sorriso sarà chiaro che nessuna interpretazione dei rispettivi libri sacri può autorizzare il sopruso, la violenza, lo sfruttamento, la segregazione, il dominio di qualcuno su chicchessia …

    Dio non è mai – e non è mai stato – con noi quando lo abbiamo invocato per legittimare la nostra bestialità.

    E scuoteremo la testa a pensare che ci siamo litigati e ammazzati reciprocamente facendo appello agli stessi testi sacri. In tutte la grandi tradizioni… 

    E sarà, semplicemente, un’altra epoca.

    Ammetteremo che andiamo a tentoni e che i nostri slanci idealistici sono momentanei, mentre la fame, la sete, l’invidia, l’ingordigia, la prepotenza, sono longevi…

    Andiamo a tentoni, certo, ma come immettendo input temporanei in una stessa direzione – per vincere l’entropia. Ed è così che facciamo conquiste di civiltà, di cultura, si compassione, di creatività.

    E la tua nuova religione la smetterà di chiedere che la sua verità venga dimostrata contro altre verità. I figli delle diverse tradizioni s’incontreranno per aprire un luogo in cui ogni religione presenterà i suoi doni, perché si celebri un gran banchetto dove tutti possano nutrirsi delle ricette che ogni tradizione ha elaborato.

    E nascerà da qui la Nouvelle Cuisine!


    E da qui il tuo Verbo s’irradierà sul mondo globale. Perché sarà chiaro che l’incontro è meglio dello scontro.

    Hai bisogno di vinsanto per capirlo?

     

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  4. Forse Pollyanna è troppo…

    Tuttavia, anche se a volte l’ottimismo può farti sembrare stupido, il cinismo ti fa sempre sembrare cinico!

    Apprezzo molto, moltissimo il coraggio di un impegno positivo, creativo, entusiasta in quello che sei, che fai, che decidi di perseguire a modo tuo, a tutto tondo.
    È la forma più sensibile di idealismo: seguire la propria idea, il proprio sogno, scommetterci e darci dentro.
    Perché non è più tempo di prepararsi a vivere. 
    È tempo di vivere
    La vita è adesso. 
    Ora.
     
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  5. Ecco, da alcuni giorni mi sono impegnata nella pulizia e nel riordino di casa. 
Santo cielo questa sì che è una buona idea. E i benefici li sento immediatamente. 
Lo spazio luminoso che cresce (mi ci muovo meglio): la sporcizia e il disordine (l’accumulo di cose che non uso da tempo) inibiscono l’iniziativa fresca, creativa. 
Fare spazio, aprire alla luce, l’atmosfera del pulito, della freschezza, della rinascita; tutto questo è in sintonia con il gioco leggero e importante dell’ideazione e del mettersi in moto per realizzare.


    Sembra di avere il controllo dell’avventura, anche se essa conserva il suo mistero. 
Sei tu che stai modellando il mondo attorno a te. E il mondo ti risponde da amico.

     

     

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  6. Le cose appaiono di nuovo nella loro bellezza. Una bellezza che sboccia. Si sente che non è ancora la fioritura piena. Ma è molto promettente. Sì, dico sul serio, molto promettente.

     

     

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  7. Curiosamente immaginare al ribasso è una scommessa. Immaginare che le fantasie siano mere illusioni senza costrutto.
    Immaginare che quello che conta sia soltanto ciò che si tocca e  si guadagna.
    Tutta la nostra vita pratica, concreta, è come sospesa a un cielo di immaginazioni e di scommesse.

     

     

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  8. La voglio dire sincera: ciò che amo è ritrovare la pace – più che sostarci a lungo.

    Mi fa bene mettere le cose in ordine, periodicamente, dando una bella forma al caos che si è creato esplorando. Ma una volta riassettata la casa e preso il caffè nella cucina pulita e irradiata dalla luce solare, sento il desiderio di aprire le porte a una sovrabbondanza di stimoli: più cose di quelle che riuscirei a gestire… È il senso dell’abbondanza della vita, connesso con la produzione di un certo caos.

    Ho sposato appieno il principio contemporaneo della creazione del sé, dello sviluppo personale. Non la ritengo una chiusura egoistica. Contiene un valore universale. Appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo, prima ancora e indipendentemente dallo stato e dalla società civile.

    Mi piace pensare che il lavoro dedicato allo sviluppo personale venga a coincidere – anche senza intenzione – col dono migliore che si possa dare agli altri.

    Svilupparsi vuol dire andare oltre l’esistente. Il pensiero razionale non è in grado di uscire dall’esistente: fa pulizia e mette in ordine (che è una bella cosa). Ma per lo sviluppo c’è bisogno di guizzi che ti schizzino fuori dall’esistente. E questo effetto lo attribuiamo a un potere misterioso che chiamiamo creatività.

    Sviluppare creatività vitale e positiva è diventato dunque un compito, una cura – e nello stesso tempo un valore – forse il valore più sentito oggi.

    L’ordine logico della creatività emerge sempre e solo a posteriori. Dopo si può tracciare il filo rosso che collega gli eventi. Prima ci sono tentativi e guizzi che comportano sempre un certo margine di caos, confusione, illogicità, paradosso, perfino stupidaggine, infantilismo, follia… Finché… Zac! L’evento che illumina le cose e apre l’orizzone.

    I progressi sono nati sempre da questi guizzi creativi. La razionalità poi mette in ordine le cose e le amministra. La morale tende a frenare, a suggerire prudenza. La creatività ha la tendenza a schizzare fuori dalle remore.

    Il gioco della vita è straodinario. 

     

     

     

     

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  9. Non  credere che quello che conta davvero siano gli agganci, le relazioni importanti, la solida base finanziaria di partenza… Non è così.
    Ciò che conta in maniera invincibile è la testardaggine, la determinazione instancabile, la capacità di andare avanti malgrado tutto, l’alto livello di energia.

     

     

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      ciò che non ti uccide ti rende più forte :)

  10. Un’immagine che mi è divenuta cara a proposito sia dei pensieri con cui oriento la mia navigazione, sia degli eventi che costellano la mia avventura è proprio quella di pescare con le mani nel fiume del tempo.
    C'è stato un tempo in cui volevo pensare difficile. Ero convinta che si pensasse a quel modo e partorivo anche dei pensieri pregevoli, delle connessioni originali.


    Era un po’ lo stesso modo con cui affrontavo la vita in generale. Bisognava stare in tensione, essere severi e critici, esercitare il sospetto…e conquistare gli obiettivi.
    Ora la mia vita ha conosciuto un altro modo di pensare, più rilassato. Non dico che sia saggezza. Certo è che godo molto di più nel pensare.

    Mi immagino che i pensieri vengano a me come i pesci che popolano la corrente del fiume. Vi sono immersa dentro e afferro quello che mi passa tra le mani.

    Ho smesso di essere critica e severa nei confronti dei pensieri che vengono. Immagino che ogni pensiero abbia una sua ragione e un suo messaggio. Diciamo, il suo nutrimento.
 Li assaporo più a lungo. Lascio che si distendano, che mostrino tutto quello che hanno da mostrarmi.
P erché i pensieri sono vivi e hanno una storia.
 Non parlo della storia che hanno avuto nella cultura. Sto parlando della storia che raccontano raccontando se stessi.

    I pensieri non si esauriscono mai in quel che dicono di primo acchito. Lasciandoli parlare, vanno avanti. Io dico che si distendono, si slargano, si dipanano, si svelano.
 Seguire – direi: ascoltare – il loro racconto è piacevole e conduce in geografie mentali popolate da parentele e connessioni interminabili.

    Lascio che sia la spontaneità del loro movimento a guidare il viaggio. Non impongo loro la legge della coerenza logica a priori. Sempre si rivelano molto logici, a posteriori, quando il loro racconto è terminato in un punto, in una stazione di posta.

    Accolgo anche i pensieri che a prima vista sembrano brutti, negativi, persino mostruosi. Li lascio svolgersi per la loro strada finché non arrivano ad un approdo gentile.

    Spesso mi fanno fare tutto un percorso emotivo, intimo. Mi fanno passare attraverso diverse figure della mia vita interiore. Operano delle trasformazioni. Durante il loro racconto provo sentimenti diversi, fluidamente collegati tra loro.
 Procedo con perseveranza, animata dalla fiducia che anche questi pensieri hanno una loro verità da mostrarmi. Qualcosa che mi riguarda personalmente. Un cambiamento da operare e che si genererà semplicemente seguendoli a quel modo.

    Annoto volentieri i passaggi spontanei di questi pensieri. È il mio cestino del pescato. E possono passare delle ore prima che avverta stanchezza o noia per questa attività.

    Mi rendo conto che questo è uno dei modi – tra i miei preferiti – di vivere la mia fiducia nella vita.
 Non ho critiche a cui controbattere, non ho obiezioni da affrontare. È semplicemente come raccontare ciò che passa. E lasciarsene nutrire.

    È sulla base di questo stesso modello che cerco di vivere gli eventi oggettivi del tempo. Afferro quello che mi passa tra le mani. Cerco di trovare il suo nutrimento e gli do il tempo di offrirmelo. Con gentilezza.

    Potrà il mio sogno procedere in avanti, verso la meta, con questo sistema?


     

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  11. Non sono onnipotente. Non sono Dio.

    Ma certo il dio mi ha dato uno spazio per essere. Per navigare la mia rotta. Per disegnarla con le mie dita.

    Con lo slancio della mia passione la disegnerò. La sto disegnando.

    E soffierò sul fuoco quando la fiamma accennerà a smorzarsi.

    È la vita che voglio scoprire. Come una bellissima dama voglio svelarla e che mi mostri il suo giardino segreto.

    Il mio amore è la vita.

    Niente che sia basso, grigio, appiattito. Voglio che tutto sia poesia, intensità e gioco.

    Se piango voglio farlo da disperata. E se rido, esultare come una folle. 
    Solo occhi grandi, sgranati, per me.

    Non occhi cisposi.
     
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  12. Piccoli segnali che avverto all’interno.
    Che infiltrano suggestioni di rinnovamento. 

     

     

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  13. Dalla quella parte si apriva una pianura seminascosta da piccoli avvallamenti su cui crescevano alberi sbarazzini, con una strada sterrata che vi s’intrufolava briosa, promettendo sorprese, una volta scavalcato il dosso. 
Era una sorta d’invito. Era come se all’improvviso fossi stata presa dal desiderio di cambiare. Di dare una svolta – come si suol dire – all’intera esistenza. Ma cosa volevo davvero? Qual era il mio sogno?
     

     

     

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  14. Emma seduta.


    E te ne stavi dopo la partita


    sulla panchina nello spiazzo aperto.


    Eri tranquilla, quasi zittita,

    
che mi sorprendo d'averlo scoperto.

     

     

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  15. Sai, Harold, secondo me gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale.

     

    dal film Harold e Maude di Hal Ashby 

     

     

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  16. Mi sento ignorantissima sulla vita, sulla storia, sul mondo, su me stessa. 

    È una situazione imbarazzante avere questa urgente voglia di conoscenza e rendermi conto di non sapere. Come se solo un debole fascio di luce fosse gettato su un piccolo spazio qui intorno sul terreno della realtà.


    Eppure, in questo debole fascio di luce emerge impudente un desiderio di vita e di vitalità irrefrenabile, spesso irruento, più sovente pacato ma intensissimo, struggente.


    Un desiderio che mi spinge ad agire, a tentare, a cercare, a inventare, a intraprendere, così come una fame atavica spinge un lupo a cercare una preda che ne plachi l’urgenza.


    Tutto ciò ha dato origine a una storia in cui si rovesciano le mie passioni. Una storia a cui tengo. E non solo come espressione dell’Io. Anche come dono alla vita.

    
Senza questa storia tutto sarebbe vuoto, per me.


    Una storia a modo mio. Una storia che costruisco ogni giorno trafficando col caso.


    Ho capito gradualmente che l’iniziativa e la responsabilità di questa storia spetta a me e che il primo passo di ogni giornata è alimentare la motivazione, nutrire il fuoco interiore. Ho capito che ogni mattina è come mettersi davanti a una tela bianca. E che sta a me trovare lo stato d’animo giusto, le energie forti, lo slancio vitale, capaci di superare l’inerzia e l’entropia.


    Col passare del tempo, con il moltiplicarsi delle esperienze, si è alimentata la fiducia e la speranza. Che ogni mattina, tuttavia, devono essere rinfrescate e nutrite. 

     

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  17. Come sono piccoli i gesti che riusciamo a fare! Piccoli gli oggetti che creiamo. 

    Piccoli i passi che spingiamo sul sentiero. 

    Piccoli per noi stessi, per la nostra mente, per l’immaginazione e il desiderio. 

     

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  18. Mattino. La giornata è appena cominciata la fuori. Mentre qui dentro il desiderio è già sveglio. Ci sono le cose da fare. Vestite e calzate. Ma c’è anche una presenza inquieta, ancora informe, che urge. È il desiderio che non si vede ancora allo specchio. So che è lui che comanda. Più che gli aspetti esecutivi della giornata.
    E mi spinge a scrivere e a disegnare, magari solo scarabocchiare, alla ricerca di una forma, di un volto. Per poter chiamare le cose per nome.
    Capisco che è qui la mia ricchezza più intima e vera. Questa pressione interna che non equivale ancora ad un progetto ben architettato. Una pressione, piuttosto, in cerca di un progetto. Del suo progetto.
    Bussa insistente alla porta dell’intelligenza e dell’immaginazione. Le sollecita a partorire tentativi e interpretazioni.

    È lì la mia giovinezza.


    È lì il luogo dove incontro me stessa, oltre il già fatto, oltre ciò che già esiste.

    È quella la punta avanzata dell’Essere.


    È da lì che scruto il futuro.


    E tento di disegnarne i tratti, con gesti che non sono ancora nomi.

     

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  19. La brina e il sole


    Queste le parole

     

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  20. Mi hanno regalato un segnalibro con annotati i diritti del lettore (da Daniel Pennac). Il sesto è il diritto al bovarismo.

    Lo trovo giusto. Non forse nel senso del triste destino di Emma che Flaubert conduce inesorabilmente fino al suicidio.
 Ma certo nel senso di riuscire a vedere le cose diversamente da quelle che “sono”, a sognare delle felicità “irrealizzabili”, “irraggiungibili”.

    E questo perché la definizione di ciò che è e di ciò che è possibile fornita dal senso comunemente diffuso continua ad essere piuttosto taccagna. E, lungo il cammino dell’esistenza, siamo piuttosto incoraggiati dagli eventi a perdere il senso dell’abbondanza che aveva ispirato ancora le nostre fantasie di bambini.

    Ecco allora che i libri, e la lettura, possono nutrire – contrastando l’entropia – il sogno, la speranza, l’operosità gioiosa, la fiducia, …
 In una parola, l’arte di coltivare la gioia di vivere, sollevando quotidianamente dalla melma la nostra energia vitale.

    Ed è questo che fa la differenza.
     

     

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  21. Che il pensare sia un camminare rapido verso le sorgenti della gioia di vivere. 

    Sia un saltellare a braccetto con l’immaginazione delle scene che fanno straordinaria la nostra storia.

     

     

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  22. Vorrei dirti in questo modo quanto ti ammiro quando ti assalgono le preoccupazioni, o il peso degli errori commessi, perfino la paura di avere una vita priva di senso, una storia insignificante, neanche una storia..
… e tu riesci ad accennare quel tuo sorriso leggero, a scuotere pazientemente la testa, e a ricominciare daccapo, respirando profondamente. 

     

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      “I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni.”
                                                                                                          PABLO PICASSO

       

  23. Nella nostra (mia) vita ci sono itinerari che ti portano a sperimentare la gioia e perfino l’estasi dell’essere al mondo. È un po’ l’aspirazione dei vari itinerari della spiritualità. In armonia con la natura, la meditazione che ti collega con la profonda sacralità dell’universo, la pace del cuore, etc… Ecco, mi dico, questo è il Paradiso Terrestre. Non c’è bisogno di altro e tutto è colmo.
    Ma, a un certo punto emerge l’albero della conoscenza e tutto cambia. Mangi la mela e sei cacciato.
    La conoscenza è innanzitutto la consapevolezza che il tuo desiderio sopravanza ogni bene che hai, ogni cosa che esiste, ogni traguardo raggiunto. La conoscenza che ti fa “come” Dio – anche se solo nel senso che il tuo desiderio è senza limiti, infinito.
    E, mangiando questa mela, tu esci dal Paradiso Terrestre e ti metti al lavoro, intraprendi un cammino che è tutt’altro che pacifico, per conquistare l’altrove.
    Il sentimento che provavo in queste riflessioni non era quello di una colpa, ma piuttosto la scoperta di un trucco fantastico della vita, che ti spinge ad andare oltre. La cacciata dal paradiso Terrestre risultava, nella mia interpretazione, il processo stesso della creazione della vita.
 Il Paradiso Terrestre è il grembo materno, dove tutto è dolce e pacifico. Ma da cui, per essere e per vivere, vieni espulso.
 La trasgressione che rompe l’armonia originaria diventa un gesto coraggioso e creativo. La colpa diventa una “Felix culpa”.
 È analogo alla decisione dell’emigrante che va a cercare l’America, non perché in casa non ci sia abbastanza, ma perché ha scoperto – la conoscenza – che il suo cuore desidera di più.

     

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  24. Nel segreto fascino del viaggio certamente c’è il piacere di vedere nuovi paesaggi, nuova gente, nuove abitudini, nuovi modi di essere. Diciamo: il piacere del nuovo. Viaggiare è uscire dal proprio mondo e incontrare l’altro. E quando s’incontra l’altro, prima lo si riconduce al noto, per rassicurarsi, e poi ci si rende disponibili per vedere oltre il noto.



    Ed è qui che si comincia a cambiare. Perché l’altro ha per vocazione quella di manifestarsi come la parte mancante di sé. È sorprendente la gioia di scoprire che l’altro era ciò che ci mancava. Come se noi fossimo un tutto, frammentato in infiniti mondi, che il viaggio ci permette di incontrare e di mettere insieme.



    Io, nel viaggio, mi muovo un po’ a caso. Voglio dire: senza un piano preordinato in maniera rigorosa. Forse è perché non so esattamente dove devo andare. O forse è perché mi appare piacevolmente romantica l’idea di lasciarmi “guidare dal cavallo” mentre procedo. Con il segreto desiderio di scoprire che nulla avviene a caso e che ciò che incontro è in qualche modo sorprendente indirizzato proprio a me.



    Alcune cose, però, si sono chiarite e fissate nel corso del cammino. Per esempio, che sono attratta da una qualità di vita indipendente dalle pressioni sociali, cercata e riconosciuta ascoltando quella voce interiore che molti chiamano “il cuore” e trovando una verifica nel sentimento che mi occupa quando faccio certi passi. E mi rendo conto della verità di ciò che si dice quando si sottolinea che la gioia di vivere è legata a cose piccole, semplici, quotidiane, come il camminare tra i boschi o su sentieri di montagna, parlare con amici sinceri in maniera spontanea, riuscire a  vivere facendo le cose che ami perché scaturiscono da inclinazioni naturali. E provare il piacere della consapevolezza che si costruisce considerando nella quiete le cose che succedono e sentire che il nucleo si se stessi in qualche modo evolve. Poter immaginare che le cose che si fanno in questo modo, pur nella loro limitatezza, sono il dono migliore che puoi fare alla vita, al mondo, agli altri.



    “Vivere a modo mio” è stata la mia bandiera da quando mi sono messa consapevolmente in cammino e non intende essere un atto di presunzione nei confronti di qualcuno o qualcosa. Ma semplicemente quello che ho detto.



    Mi piace pensare che è in questo modo che cerco la realizzazione dei miei sogni. E non mi attira per nulla “quel successo là”, quello rappresentato sul palcoscenico delle celebrità. Mi rendo conto che “quel” successo non ti consentirebbe più di vivere a modo tuo, affidato com’è a una macchina della “visibilità” che prende il sopravvento sui tuoi veri bisogni e desideri, rendendoti schiavo di una recita infinita.

    

Quando vado a scrivere in un prato di collina, so che questo è il culmine della gioia di esistere. E quando racconto le storie bellissime che incontro so che celebro la bellezza e il coraggio dell’animo umano.

La vita mi appare così immensamente ricca e vasta che ho la sensazione quasi inquietante di essere strutturalmente piuttosto indietro nell’apprendimento. Ma invece di scoraggiarmi, mi ridimensiono e mi lascio prendere dalla meraviglia dell’essere al mondo. E mi spoglio progressivamente delle mie pretese, e mi abbandono al mistero, alla corrente, ...non so neanche io dire a che cosa. Ma il sentimento è di una gratitudine immensa.


     

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  25. Come sono belli i piedi di coloro che portano buone notizie! 

     

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