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Contenuti pubblicati da odessa1920

  1. A metà dell’altro mese 


    Poggibonsi ho visitato


    per un libro che mi rese


    fiero, grato ed esaltato.

    Son restato a Tavarnelle, 


    nella Valle della Pesa, 


    dove al lume delle stelle 


    la mia anima s’è arresa.

    Di vigneti e di cipressi 

    
il mio sguardo s’è colmato,


    ei volevan che restassi 


    di lor sempre innamorato.

    E di fatto li ho nel cuore 

    
dove resta il loro segno 


    che mi spinge per amore 

    
a eternarli nel disegno.

     

     

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  2. Sono sempre stato un tipo solitario. Quasi insofferente della compagnia prolungata. Faccio volentieri attività che richiedono molto tempo di solitudine. Fin da ragazzina amavo stare nei boschi e sugli alberi, lungo i fiumi e nei campi, da sola. Potevo immaginare indisturbata le mie avventure.

     

     

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    1. friuli71

      friuli71

      Buongiorno Odessa, è in tutto la descrizione del mio carattere da ragazzino e non è che sia cambiato di molto.

      Buona domenica.

  3. a non crederci. Ma questo è possibile. Dal mio balcone vedo il mare! Qui non manca nulla rispetto alle Maldive. Ho l’ombra fresca e la ventilazione, il tavolo e l’acqua ghiacciata con il succo di limone. Una montagna di libri e una miniera di fantasia. Il punto è che mi voglio bene e so che trattare le mie risorse personali, della mente e del corpo, con grande cura è un presupposto decisivo al pari, e probabilmente più, del trattare con la massima cura il rapporto con il mondo. La mia avventura mi ha insegnato questo principio che ho impresso nella zucca con un tatuaggio a fuoco.

     

     

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  4. Io ti sento. Sento la tua saggezza, le tue riflessioni, la tua intraprendenza. Sento la commozione di averti accanto. Per lo più si ride, si scherza. Ciò che mi colpisce di più è come, senza parlarci tanto, guardiamo nella stessa direzione.

    Siamo in viaggio.
A

    ndiamo da qualche parte.


    Non sappiamo gran che delle cose che ci avvolgono e che ci destinano.


    Mi piace pensare che stiamo vivendo e che, vivendo, contribuiamo alla vita.


    Soffrire, essere tristi, sentirsi soli, smarriti… non è un peccato.


    Un pungolo ci rende inquieti. Evitiamo la noia con ogni espediente. Facciamo finta di essere saggi. Cerchiamo di giocare le nostre carte.


    Siamo anche tanto entusiasti di quello che mettiamo in gioco.

    Domani – forse – il pensiero andrà più a fondo.

     

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima foto :) 

  5. Un giorno forse conoscerò il mare.


    Seduta sugli scogli 


    lascerò i pensieri vaporar nell'aria


    e sciogliersi l'io dimentico di sé.

    
E sarà solo quel che c'è,


    d'odor salmastro.

     

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  6. E fu così che ci accorgemmo che i replicanti erano già tra noi. Ci assalì il dubbio che fossimo anche noi dei replicanti. Avevamo paura di scoprire qualcosa del genere.

    I nostri sentimenti erano davvero nostri? Le nostre fantasie erano forse di qualcun altro? I nostri sogni erano il frutto dei nostri veri desideri? 

    Non eravamo più sicuri che provare qualcosa ci mettesse in contatto con la nostra identità. Chi sentivamo, quando sentivamo?

    Com’era cominciata questa storia? 

    La mia amica Frida, per esempio, quando leggeva un romanzo d’amore si accendeva nell’anima come una torcia di ginepro e non smetteva di parlarne con verve per ore e ore. Ma quando ritornava al suo lavoro e alle sue relazioni personali, al suo amante e alla sua famiglia, si trasformava in una Frida spenta, un’altra Frida…

    Betty amava fantasticare con calore di fronte alla pubblicità. Una vita immaginaria si sprigionava dalle riviste femminili di cui era una vera cultrice, desumeva i suoi sentimenti del giorno dall’oroscopo…, ma quando ritornava nella realtà quotidiana diventava un televisore spento. Uno schermo sintonizzato su un canale senza segnale.

    Com’era cominciato tutto questo?

    Avevamo l’impressione di vivere le nostre vite (le nostre?) per interposta persona. Tutto scorreva come da programma, salvo che la fonte dell’eccitazione non sembrava venire da dentro. Più che altro eravamo spettatori di noi stessi e c’illudevamo d’avere la regia del film che si proiettava dentro.

    Ma c’erano altri fenomeni inquietanti.

    Una sorta di megaepidemia di mancanza d’autostima – come si chiamava allora.

    I problemi si trasformavano in un parlare dei problemi: la fame nel mondo era diventato un parlare della fame nel mondo, la crisi della famiglia era un parlare della crisi della famiglia, la realizzazione di sé era un parlare della realizzazione di sé, i morti nei paesi di guerra e degli attentati terroristici era un parlare dei morti, e tutto questo parlare ci lasciava perfettamente uguali a prima che ne parlassimo, una volta che la spina era staccata. 

    La psicologia era un parlare elaboratissimo dell’anima, che con l’anima aveva perso i contatti.

    Avevamo la spiacevole sensazione che noi tutti fossimo in gran parte scollegati – da cosa? La vita pensata diventava un pensare la vita (di chi?).

    Gli aggettivi sembravano avere una vita propria senza alcun collegamento con qualche sostantivo.

    C’era ancora qualcuno che fosse il soggetto reale delle sue passioni?

    Le colpe erano diventati spiacevoli sensi di colpa, e la fierezza era un sentimento che provavamo vedendo certi film, come L’ultimo Samurai…

    Come fosse cominciato tutto questo era impossibile da stabilire.

    Ma alcuni di noi cominciarono a rendersene conto e ritrovarono un nucleo minimale d’identità proponendosi una sorta di risveglio.

    Smettemmo di ingozzarci tutti i giorni d’informazioni e di spettacoli.

    Molti si decisero per lunghi periodi di vita selvaggia nelle foreste o nei parchi nazionali.

    Volevamo una sorta di palestra per disimparare.

    Ci scollegammo temporaneamente dalle varie centrali che immaginavano per noi.

    Scegliemmo attività in cui lo sforzo muscolare fosse predominante.

    Volevamo scoprire se e in che misura fossimo ancora di carne umana.
     
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  7. Il giorno in cui mi staccai dalla mia ombra…

     

     

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  8. In quel periodo mi ero innamorata di lui. Il suo volto mi parlava più di un libro stampato e avrei voluto invitarlo a colazione, non tanto per parlarle ma per guardarlo per quindici minuti. Quando un uomo ha quegli occhi mi pare che vita e destino si sposino follemente. E queste cose mi danno in testa.
    Avevo scritto dei racconti su di lui, tanto per dare un’espressione a quello che mi pulsava dentro.
    E credo che lui comprendesse. Ma chissà?

     

     

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    1. diegodelavega0

      diegodelavega0

      bellissima foto :) 

  9. Gli amici con cui sto bene sono quelli che hanno una storia da raccontare.
    Con lui voglio avere una storia.
    Con me – è questo il punto – io voglio una storia – la mia storia.

     

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  10. Dio non è in contatto telefonico con nessuno. Non ti parla né ti scrive. La gente, che ne sente il bisogno, si avvicina a Dio solo attraverso l’immaginazione. Cioè l’immagina vicino e immagina di fare qualcosa della propria vita che corrisponda a un desiderio di Dio stesso. Immagina di parlargli e di sentire la sua voce nelle parole che la propria immaginazione suggerisce. Immagina di interpretare i segni che gli manda attraverso gli eventi.

     

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  11. – Sonia, l’occhio mi cade sulle tette.

    – Cazzo dici?

    – Porti sempre queste scollature… mi aspetto da un momento all’altro che tutto  scivoli giù e che spuntino sul palcoscenico due tette sguinzagliate. Mi rendo bene?

    – Tette al vento… dici tu… qualcosa del genere?

    – Io dico che la vita è come un aperitivo.

    – Spiegati un po’.

    – Va di moda, no?

    – Dappertutto.

    – Un aperitivo è la stimolazione dei succhi gastrici…

    – Vuoi dire: in attesa di un pasto, una cena, un pranzo.

    – Si dice così: prendiamo un aperitivo?

    A quei tempi, l’aperitivo non era più l’apertura di un processo che portava al pranzo vero e proprio. Gli storici sottolineano il fatto che l’aperitivo poteva tenere il posto della cena. Tutta quella gente, dopo il lavoro, in attesa di una serata speciale… Andiamo a farci un aperitivo? E, lo sai, all’aperitivo tu trovi tre primi di pasta, alcuni bocconcini con formaggio, melanzane, peperoni sott’aceto, e funghetti sott’olio, mortadella tagliata a cubetti su una base di focaccia, un assaggio di salumi della Valsugana e vini in calice garantiti in qualità dalla promozione…Non dimenticare le frittate…

    – Sonia, è una vita che ti voglio scopare…

    – Cazzo dici?

    – Dico che la vita è un aperitivo. Hai il solletico di quel che significa vivere. Ti viene una voglia matta di fare un pranzo pieno della vita. Ma è come se, sempre, solo, ti fermassi all’aperitivo. Sentirne il gusto, l’attrazione – come le tue scollature…
Ma quando si mangia davvero?
    Sonia cammina leggera.
    Il vento le scompigliava i capelli.
    Da sola, camminava sul prato.
    Pensava: la vita è un aperitivo. Senti il gusto, l’attrazione, il richiamo… ma non è ancora il pasto. Forse stiamo andando da qualche parte. Ma io, dove voglio andare?

    Io, ho forse paura di volare?

     

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  12. Noi arriveremo all’isola del tesoro. Abbiamo il vento in poppa. Passeremo attraverso gli scogli, eviteremo le tempeste o le attraverseremo con determinazione bastarda. Abbiamo il coraggio di chi ha evitato la morte più volte. E ci siamo induriti nelle difficoltà dell’infanzia.

     

     

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  13. Troppa spiritualità, credi, t’ammoscia. 

    È meglio avere spirito e un paio d’ali, 

    molta letizia e muscoli di coscia 

    che saltino leggeri tra i mali.
    Ti stai a lamentare che i vecchi pesi 

    si sono volatizzati, sono morti, 

    che ti senti accecato dei valori 

    e che i sentieri nuovi sono storti.
    Ma non t’accorgi che sei più leggero? 

    Che ti puoi avventurare per il mare aperto? 

    Che puoi seguire col vento il tuo pensiero
    
e provare il piacere d’aver scoperto 
    qualche nuovo paesaggio dell’umano, 

    e del possibile qualche nuovo anfratto?
    
A me piace di più, non mi fa strano 

    che mi senta dal nuovo tanto attratto.
    E mi domando se non fosse mai 

    che da sempre questo dentro ci sia stato 

    e che i padroni, quelli che tu sai, 

    con sti grandi valori l’avessero castrato.

     

     

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  14. Fugge a galoppo il tempo irridendo alle ambizioni della fretta. E io rallento per raccogliere il suo fiato nella mia vela.

     

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  15. E questa è l'ora di entrare nel bosco

    che la favola sarà sorprendente


    nella speranza di scoprire il posto


    dove il tesoro è celato alla gente 

    che il timore trattiene alla soglia,


    non è il tuo caso, 
no, Dio non voglia!

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  16. Immersione.


    Forse, immersione e deriva.


    La giornata scorre. Io cerco con le mani.


    Dentro è un ribollire.


    È tutto quello che c'è, ora.

     

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  17. Non capisco come si possa continuare a prendere le cose continuamente alla larga. Gira e rigira sulle questioni.  Mica dobbiamo riempire un palinsesto! E si tratta della nostra vita – o sbaglio?
    Insomma, sono convinta che il passo decisivo che abbiamo da fare lo conosciamo benissimo – dentro. E poi ci giriamo attorno. Insomma, mille ragionamenti affinati, e anche sani propositi, generosità a piene mani, compassione, assoluta volontà di non far pagare ad altri il prezzo delle nostre scelte, e via discorrendo…
    Scrupoli? Sensi di colpa anticipati?

    Ma che ne dici del motto: meglio rimorsi che rimpianti!

    Ti sembra aggressivo? Insensibile? Irresponsabile?
     

    Ma intanto, con tutto il tuo senso etico, ti condanni a vittima per l’eternità. Non farai mai un passo, in questo modo.

     
    Non ti sembra che un bell’errore – uno di quelli pieni di cose da correggere, da migliorare all’infinito – sarebbe meglio di un’eterna tergiversazione?

    Hai tenuto conto del fatto che alla lunga saremo tutti morti?

    Senza sfondare il muro della paura di fare errori o di commettere peccati è difficile mettere in moto le cose.

    E se non si mettono in moto le cose, non succede nulla di nuovo.
    E se non succede nulla di nuovo, siamo al punto di partenza – anche se ci abbiamo fatto sopra una bella letteratura.

    Non farlo perché te lo dico io.
    Guardati dentro e guarda le cose.
    Se hai già toccato il fondo, non ci restare ancora un giorno.
     
    Non succederà niente – credimi.
    E tu sarai ancora lì domani sera, e dopo domani sera, e anche il giorno dopo.
     
    Se la devi lasciare, lasciala. Non è detto che lei si uccida. Potrebbe anche scoprire qualcosa di sé che non ha mai potuto scoprire, avvolta dal tuo amore compassionevole.
     
    Sei vuoi cambiare, cambia. É difficile da noi morire di fame.
     
    Credi nella vita e nel desiderio e nel sogno.

    Tu non vuoi fare del male a qualcuno. Vuoi solo vivere, scoprire la vita e gustarla.

     

     

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  18.  – Smettetela di rigirare il vostro passato, di riscriverlo da capo a piedi.
    È ora di lasciare i vecchi porti. Voi avete dentro un dono. Coltivate quello. Guardate dalla finestra, verso Oriente.
    Se siete donne, sappiate che anche i vostri genitori, che vi amano tanto, pensano che vi dovete sacrificare. Non credete loro. La vita non chiede sacrifici, ma slancio e coraggio.
    E se vi siete attaccate a uno stronzo, lasciate che vada alla deriva.
    Voi avete il cuore grande.
    Non lasciatevi incatenare.

     

     

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  19. Si muove sui treni. Di città in città. Un nome insolito, raro. E particolare era lui. Come di un altro mondo. Tre ore e mezza? Quanto era durato il nostro incontro? Tre ore e mezza, contando largo. Si muove sui treni e forse non sapeva – ma un nucleo vivo e interiore lo sapeva – che lui stesso era un vascello, una nave, un mezzo di trasporto. E io mi lasciai trasportare e ancora veleggio. Sì, in quell’altrove dove riponiamo tutti i nostri sogni più vivi. Non l’ho più sentito. Ma conta?


    Ci sono vie di fuga dal tempo che vanno al cuore stesso del tempo.


    Lui è stato questo, per me, quel giorno. Vie di fuga che portano oltre lasciandoti scoprire che quell’oltre è proprio casa tua. Sei qui, ma non sei di qui. Viandante? Lui si muove sui treni ed era un viaggio anche per me.


    Ora ogni cosa che abbia un profumo, una luce, una musica, un calore, mi ricorda quel viaggio e il suo nome. E l’altrove.


    Non ho nostalgia né senso di perdita. Uscendo dal mio tempo quotidiano, mi ha lasciato il meglio della vita. L’incanto di un richiamo. Non perché se n’è andato. No. Ma perché lui era un vascello, un mezzo di trasporto. Trasporto. Non è questa la parola che usiamo per certi stati d’animo?

     

     

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  20. .. ancora uno e poi basta!.. come le ciliege...

     

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    1. vitto071

      vitto071

      tutto semplice e bellissima :) 

  21. Cerco su Google “agenzie di viaggio”. Vediamo un po’…”Jabalì Viaggi”, “Solletico Viaggi”, “Via col vento”. È tardi, lo so, siamo già a luglio inoltrato ma forse riesco ancora a trovare qualche buona occasione. Sono fiduciosa.
     

    No, non è un viaggio per me, non intendo partire, almeno non tutta intera. Mi spiego: voglio mandare in vacanza solo una parte di me. Una parte non indifferente, discretamente importante in certe occasioni, devo dire.
     

    Siamo o no in estate!? E pure lei ha bisogno di disintossicarsi da tutto lo stress accumulato in un anno intero. Se lo merita. Io no, non parto, non sono affatto gelosa, quest’anno abbiamo deciso di fare le vacanze separate, nonostante la sua possessività ma non le dico che è possessiva, altrimenti si offende a morte e non mi rivolge più parola. La cosa in fondo non sarebbe poi tanto male: in questi ultimi tempi non siamo più felici insieme come un tempo, non c’è più passione, unità di intenti, complicità; il nostro rapporto si è appiattito.
     

    Ebbene si! Ho deciso di mandare in vacanza la mia volontà, e pure di tasca mia, non ne posso più di quella smorfiosetta presuntuosa. Così ho trovato un viaggio last minute, non le ho detto la meta del viaggio, si fida ancora di me: biglietto di sola andata per Roulettemburg. Poi, se vorrà, tornerà da sola.
     

    Ed io qui, voglio solo lasciarmi travolgere e stravolgere dagli eventi e magari surfarci un po’ su, aspettando con impazienza l’evento anomalo. La volontà ha il brutto vizio di scartare a priori eventi che lei giudica folli ed impossibili ed è molto abile a persuaderci che siano tali perché non sopporta il caso. Oh… non si sopportano proprio.
     

    Sì… la volontà talvolta avvelena la fantasia, ti impedisce di cogliere la mela. Ed io ho fame.

     

     

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  22. La luce infrange con vigore il vetro della finestra e irrompe come un'amante ardente nella stanza. 
E non mi basta il cibo sulla tavola. 
Voglio Bellezza infinita.

     

     

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  23. È vero, ne ho fatte di cotte e di crude. Se guardo indietro non posso fare a meno di vergognarmi per tutte le volte che non sono stata all’altezza. La fuga, invece di affrontare la situazione. Un percorso tutt’altro che lineare…

    Eppure, col tempo, un filo rosso collega tutte quelle esperienze, tutti quei cambiamenti di rotta… E ne costruisce il senso. E questo senso va nella direzione dell’innocenza.


    Paradossale: io creatrice di scompiglio e di casini, io disorganizzatrice e portatrice di confusione, che viaggio su una rotta attratta dall’innocenza.

     

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  24. Non mi sento di affermare che tutti gli uomini tendano alla gioia, perché incontro molte persone che sembrano, al contrario, lavorare piuttosto alacremente per la sofferenza, la tristezza, il rancore e cose del genere.
    Quello che posso dire è che io la desidero davvero una vita piena di gioia e di realizzazione, in tutti i campi della mia avventura.
    Io penso di essere una persona comune e mi affido alle capacità comuni per migliorare il mio stile di vita e il mio rapporto con il mondo.
    Ho capito che per questo non è alla genialità che bisogna affidarsi, piuttosto alla tenacia, la perseveranza, l’impegno continuo per perfezionare le cose e crescere ulteriormente.
    Ed è una grande cosa per me, riuscire a trovare per il lavoro di miglioramento una forma leggera e piacevole.
    La cosa è possibile. Sto facendo molti progressi nel trasformare quello che c’è da fare in qualcosa che è bello fare.

     

     

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  25. La ragazza – si chiamava Sveva? – aveva i suoi angoli e i suoi momenti di riflessione. C’era un eccesso di cose, là fuori. E bisognava, ogni giorno, mettere in ordine le stanze dell’anima.

     

     

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