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Contenuti pubblicati da odessa1920

  1. Ti vengo a cercare

    Naturalmente la canzone di Battiato.

    
Non si tratta di nostalgia di un tempo passato.


    Io amo il mio tempo, sono felice di essere nata n questa epoca.

    Sono entusiasta dei nuovi mezzi tecnologici che amplificano i nostri poteri di fare, di creare, di esprimersi, di comunicare. 


    Lo so che dipende dal modo in cui li usiamo. Poiché m’interessa la qualità della mia vita ho cercato e cerco ancora di imparare a usarli bene. Voglio dire con saggezza. Sul campo. 


    So che questa nuova tecnologia sta scombussolando il nostro modo di vivere, di pensare, di essere a livello planetario. Ma il cambiamento non deve necessariamente portare a una catastrofe. In passato i cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie hanno fatto fare un salto in avanti nella conoscenza, nella cultura, nelle istituzioni sociali e politiche. L’esito dipende da noi, ma la spinta insita nel lungo periodo della storia è verso il meglio. 

    Io, nel mio piccolo, lavoro in questa direzione e sono tutt’altro che sola.

     
     
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  2. l prete si alzò e mi disse, diritto e senza fronzoli:

    – Guarda che Dio non parla inglese!

    Io non capivo dove volesse andare a parare. E neanche gli altri. E allora lui continuò, con maggiore condiscendenza:

    – Forse qualche volta avete provato risentimento per il silenzio di Dio. Ma pensateci bene. Il silenzio di Dio è un gran dono. Consente alla vostra immaginazione la libertà di inventare…

    Se Dio ci telefonasse e ci facesse sapere le sue ingiunzioni, saremmo prigionieri. Se sapessimo tutto, non saremmo liberi. La nostra libertà si fonda sull’ignoranza. È proprio perché siamo consapevoli di non sapere che siamo liberi di immaginare e di tentare. E nella nostra vita si introduce il romanzo e l’avventura.

    Tutto quello che si dice su Dio è frutto dell’immaginazione. Dio tace. Non parla alcuna lingua del nostro pianeta. Lascia che siamo noi a dargli vestiti e intenzioni e parole. E si comporta di conseguenza – senza smettere di sostenerci e nutrirci.

    Voi avete intuito, fin dagli inizi, che la vostra vita assomiglia al film che vi girate nella testa. E state cercando in continuazione di sognare un film bello e pieno di miracoli, perché questo è il modo di convincere l’universo e la vita a realizzare il vostro romanzo.

    Non state a piangere continuamente la mancanza. È proprio ciò che manca che vi ha spinto a creare da dentro di voi le forze che si assumono la responsabilità della qualità della vita. È rispondendo alla mancanza che avete trovato la forza di sognare.

     

     

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  3. In tutte le tessere che la compongono la scena della vita, del mondo, della storia umana, è oltremodo interessante se solo hai un po’ di energia e segui quell’impulso che sentivi da bambina a esplorare la realtà.
    Ti puoi perdere e poi ritrovarti, puoi cadere e poi rialzarti. Ma ogni volta ridiventi come all’inizio, vergine malgrado le macchie da cui sei stata sporcata. Innocente malgrado gli errori commessi. Rinata dopo le innumerevoli morti.
    All’alba e al tramonto, quando ti fermi per qualche momento, senti che tutto questo è vero. E non sapresti dire che significa vivere, e nemmeno cosa significhi “essere”.
    Ma sai il tuo desiderio originario. Lo senti dentro e sai che tutto nasce da lì, tutto dipende da quello. E ti proponi ogni volta, ogni giorno, di alimentare quella fiamma. Perché quello è il motore dell’interesse, dell’iniziativa. Non soffrirai mai la noia, così come non l’hai mai sofferta. Non ti fermerai a recriminare, a vendicarti, a rimpiangere. Finché hai quel desiderio, la vita sarà la creatura meravigliosa e sfuggente che corteggerai del tutto naturalmente, rendendoti il più amabile possibile per ottenere i suoi favori.

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  4. Ecco quello che ci vuole. Un pensiero emozionante. Meglio, un pensiero emozionato. Un pensiero che si dà una scossa e la smette di dare tutto per scontato. 

    Le domande. Ci vogliono domande che ci aprano gli occhi. Che sollevino la coperta della routine. 

    Sono annoiata? 

    Sono stufa di vivere sempre la stessa giornata? 

    Dove sono i miei sogni da bambina? 

    E se buttassi tutto all’aria?

     

     

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  5. Ho sentito l’autunno 

    
e l’odore pungente dell’inverno 

    
entro le rughe del corpo 


    scolpite dal tempo.


    E il sussurro bambino d’irrefrenabile gioia 


    che spinge le foglie a uscire in primavera, 

    
e i fiori 
e i frutti a fine estate.


    Camminando su prati da poco recisi


    folle la mente sprigiona 


    sogni d’incredibile vigore

     

     

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  6. Quando arrivano gli incanti, i sortilegi, sai trovare la strada per sottrarti alla loro presa. Sai scuotere la testa, esorcizzare i fantasmi, serrare le mascelle. Tu sei dolce e gentile, ma non idiota. Sai ritrovare la testardaggine in certe situazioni.
    Tu sai uscire dal coro e cantare la tua musica.

     

     

     

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  7. La maggior parte delle storie che ci raccontiamo comincia dicendo com’era lui, o com’era lei, in quella situazione lì. Proprio nelle circostanze specifiche. Perché – si sa – il destino ci riserva una storia circostanziata. Ed è stato proprio lì, in quella situazione particolare, che io, tu, abbiamo capito, intuito, sentito… ed è lì che è nata la storia.

    E poi, la storia prosegue, descrivendo nel dettaglio il primo incontro. Quando ci siamo innamorati. Cosa abbiamo sentito, provato, immaginato. E cosa abbiamo fatto. Cosa abbiamo fatto è più ambiguo da descrivere. Perché si sa già che abbiamo fatto l’amore. Ma noi, di speciale, proprio di nostro, cosa abbiamo fatto? Si riesce a dire questo?

    Il fatto che non riusciamo a dirlo con chiarezza ci mette il bastone fra le ruote. Si dice così. Insomma, la nostra storia d’amore si può descrivere come sono state descritte tutte le storie d’amore di cui abbiamo sentito, di cui abbiamo letto.
 Ma cos’è che fa di questa storia una storia speciale?
 È davvero la tua storia, o la replica di un cliché?
 È vero che ti viene in mente questa domanda?

    Che bella la vita, quando ci si innamora!


    Maman, che ne dici? Non ti sembra un momento eccezionale?

    Maman, io comincio con te.
 

    Sono uscita dalla tua pancia e tu mi hai adorata. Anche a me tu sei sempre piaciuta. Sei sempre stata bellissima.
 Ho scoperto, dopo, che tua madre non riusciva a vivere in America. Che se n’è ritornata a casa, prendendoti per compagnia. Ha segnato il tuo destino.

    Ti sei innamorata di mio padre perché tua madre ha creato una situazione in cui questo potesse avvenire. Lei voleva che tu non partissi è c’è riuscita. Ha avuto la fortuna dalla sua parte. E tu l’hai pagata pesante. Così ho letto nel tuo diario.

    Maman, hai avuto una vita infelice.

    Vedi com’è facile illudersi? Vedi com’è facile entrare nel gioco di un desiderio, di un incanto?

    E allora?

    
Comincerò la mia storia dicendo com’era lui? Cosa ho sentito? Come mi sono innamorata?

    No, Maman, la mia storia comincia quando lui mi ha lasciata. Quando mi sono sentita sola e vuota. Totalmente mancante. La mia storia è cominciata dal vuoto. Dalla desolazione. Dal completo abbandono. Da buio di non sapere chi fossi e perché mai mi fosse dato di vedere e di sentire.


    La mia storia comincia da quando ho capito di essere terribilmente sola. E che questo era il mio destino.

    Da quando ho capito che non c’era niente da perdere. Che tutto era già perso.


    Che prima o poi sarei morta. E che non c’era nessuna assicurazione a riguardo.

    È da allora – dopo il buio e l’angoscia – che ho visto la bellezza dell’erba bambina. È da allora che ho sentito la carezza del vento. E la potenza dell’immaginazione. E tutto quello che è avvenuto da allora è stato come il tocco della grazia. Una grazia che mi colma le giornate solo perché muovo le dita.

    Non avrei sentito il fascino della musica se la mia storia fosse cominciata con lui che si innamora di me e io che mi innamoro di lui. Questo è avvenuto diverse volte. Ma non è mai stata una storia. Una vera storia.

    La mia storia è nata dal vuoto. Dalla mancanza. 
È allora che ho cominciato a muovere i primi passi. È da allora che ogni mattina ricomincio daccapo.

     

     

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    1. diegodelavega0

      diegodelavega0

      ciao , bellissima foto :) 

  8. Un pittore cerca di copiare la natura, poi scopre che non ce la fa a fare le cose proprio uguali... e diventa se stesso!

     

     

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    1. diegodelavega0

      diegodelavega0

      infatti è difficile copiare la perfezione . :) 

  9. Voglio imparare da tutto ciò che è stato, voglio usare l'accesso all' archivio di conoscenza che oggi i nuovi mezzi ci consentono… Ma voglio che i sogni siano più forti dei ricordi.

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  10. In definitiva mi piace sognare.

    E naturalmente sono indotta a trafficare con la pasta del mondo per conquistarmi fin che basta la possibilità di farlo.

    Il sogno potrebbe non essere semplicemente una via di fuga da una realtà ingrata. Potrebbe essere il di più che manca, ciò che è irraggiungibile con gli strumenti del puro realismo, o come lo si voglia chiamare.

    Lo spazio del sogno è però qualcosa di concreto. Esige una certa disponibilità finanziaria. Esige una parziale liberazione dalle urgenze materiali. Perché il sogno ha bisogno di tempo libero dalle necessità.

    Il senso del lavoro per me è precisato dalla liberazione di tempo per una vita da sogno. Una vita ispirata e animata dal sogno.
    Vorrei riuscire in questo: che il lavoro mi liberi il tempo per sognare e che il sogno metta in moto un’operosità ispirata capace di solcare la dimensione concreta del vivere. Sono le parti dinamiche e complementari di una spirale che illustra abbastanza bene la mia politica di vita.

    Costruirla è la mia avventura. 

     

     

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  11. A metà dell’altro mese 


    Poggibonsi ho visitato


    per un libro che mi rese


    fiero, grato ed esaltato.

    Son restato a Tavarnelle, 


    nella Valle della Pesa, 


    dove al lume delle stelle 


    la mia anima s’è arresa.

    Di vigneti e di cipressi 

    
il mio sguardo s’è colmato,


    ei volevan che restassi 


    di lor sempre innamorato.

    E di fatto li ho nel cuore 

    
dove resta il loro segno 


    che mi spinge per amore 

    
a eternarli nel disegno.

     

     

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  12. Sono sempre stato un tipo solitario. Quasi insofferente della compagnia prolungata. Faccio volentieri attività che richiedono molto tempo di solitudine. Fin da ragazzina amavo stare nei boschi e sugli alberi, lungo i fiumi e nei campi, da sola. Potevo immaginare indisturbata le mie avventure.

     

     

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    1. friuli71

      friuli71

      Buongiorno Odessa, è in tutto la descrizione del mio carattere da ragazzino e non è che sia cambiato di molto.

      Buona domenica.

  13. a non crederci. Ma questo è possibile. Dal mio balcone vedo il mare! Qui non manca nulla rispetto alle Maldive. Ho l’ombra fresca e la ventilazione, il tavolo e l’acqua ghiacciata con il succo di limone. Una montagna di libri e una miniera di fantasia. Il punto è che mi voglio bene e so che trattare le mie risorse personali, della mente e del corpo, con grande cura è un presupposto decisivo al pari, e probabilmente più, del trattare con la massima cura il rapporto con il mondo. La mia avventura mi ha insegnato questo principio che ho impresso nella zucca con un tatuaggio a fuoco.

     

     

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  14. Io ti sento. Sento la tua saggezza, le tue riflessioni, la tua intraprendenza. Sento la commozione di averti accanto. Per lo più si ride, si scherza. Ciò che mi colpisce di più è come, senza parlarci tanto, guardiamo nella stessa direzione.

    Siamo in viaggio.
A

    ndiamo da qualche parte.


    Non sappiamo gran che delle cose che ci avvolgono e che ci destinano.


    Mi piace pensare che stiamo vivendo e che, vivendo, contribuiamo alla vita.


    Soffrire, essere tristi, sentirsi soli, smarriti… non è un peccato.


    Un pungolo ci rende inquieti. Evitiamo la noia con ogni espediente. Facciamo finta di essere saggi. Cerchiamo di giocare le nostre carte.


    Siamo anche tanto entusiasti di quello che mettiamo in gioco.

    Domani – forse – il pensiero andrà più a fondo.

     

     

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    1. vitto071

      vitto071

      bellissima foto :) 

  15. Un giorno forse conoscerò il mare.


    Seduta sugli scogli 


    lascerò i pensieri vaporar nell'aria


    e sciogliersi l'io dimentico di sé.

    
E sarà solo quel che c'è,


    d'odor salmastro.

     

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  16. E fu così che ci accorgemmo che i replicanti erano già tra noi. Ci assalì il dubbio che fossimo anche noi dei replicanti. Avevamo paura di scoprire qualcosa del genere.

    I nostri sentimenti erano davvero nostri? Le nostre fantasie erano forse di qualcun altro? I nostri sogni erano il frutto dei nostri veri desideri? 

    Non eravamo più sicuri che provare qualcosa ci mettesse in contatto con la nostra identità. Chi sentivamo, quando sentivamo?

    Com’era cominciata questa storia? 

    La mia amica Frida, per esempio, quando leggeva un romanzo d’amore si accendeva nell’anima come una torcia di ginepro e non smetteva di parlarne con verve per ore e ore. Ma quando ritornava al suo lavoro e alle sue relazioni personali, al suo amante e alla sua famiglia, si trasformava in una Frida spenta, un’altra Frida…

    Betty amava fantasticare con calore di fronte alla pubblicità. Una vita immaginaria si sprigionava dalle riviste femminili di cui era una vera cultrice, desumeva i suoi sentimenti del giorno dall’oroscopo…, ma quando ritornava nella realtà quotidiana diventava un televisore spento. Uno schermo sintonizzato su un canale senza segnale.

    Com’era cominciato tutto questo?

    Avevamo l’impressione di vivere le nostre vite (le nostre?) per interposta persona. Tutto scorreva come da programma, salvo che la fonte dell’eccitazione non sembrava venire da dentro. Più che altro eravamo spettatori di noi stessi e c’illudevamo d’avere la regia del film che si proiettava dentro.

    Ma c’erano altri fenomeni inquietanti.

    Una sorta di megaepidemia di mancanza d’autostima – come si chiamava allora.

    I problemi si trasformavano in un parlare dei problemi: la fame nel mondo era diventato un parlare della fame nel mondo, la crisi della famiglia era un parlare della crisi della famiglia, la realizzazione di sé era un parlare della realizzazione di sé, i morti nei paesi di guerra e degli attentati terroristici era un parlare dei morti, e tutto questo parlare ci lasciava perfettamente uguali a prima che ne parlassimo, una volta che la spina era staccata. 

    La psicologia era un parlare elaboratissimo dell’anima, che con l’anima aveva perso i contatti.

    Avevamo la spiacevole sensazione che noi tutti fossimo in gran parte scollegati – da cosa? La vita pensata diventava un pensare la vita (di chi?).

    Gli aggettivi sembravano avere una vita propria senza alcun collegamento con qualche sostantivo.

    C’era ancora qualcuno che fosse il soggetto reale delle sue passioni?

    Le colpe erano diventati spiacevoli sensi di colpa, e la fierezza era un sentimento che provavamo vedendo certi film, come L’ultimo Samurai…

    Come fosse cominciato tutto questo era impossibile da stabilire.

    Ma alcuni di noi cominciarono a rendersene conto e ritrovarono un nucleo minimale d’identità proponendosi una sorta di risveglio.

    Smettemmo di ingozzarci tutti i giorni d’informazioni e di spettacoli.

    Molti si decisero per lunghi periodi di vita selvaggia nelle foreste o nei parchi nazionali.

    Volevamo una sorta di palestra per disimparare.

    Ci scollegammo temporaneamente dalle varie centrali che immaginavano per noi.

    Scegliemmo attività in cui lo sforzo muscolare fosse predominante.

    Volevamo scoprire se e in che misura fossimo ancora di carne umana.
     
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  17. Il giorno in cui mi staccai dalla mia ombra…

     

     

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  18. In quel periodo mi ero innamorata di lui. Il suo volto mi parlava più di un libro stampato e avrei voluto invitarlo a colazione, non tanto per parlarle ma per guardarlo per quindici minuti. Quando un uomo ha quegli occhi mi pare che vita e destino si sposino follemente. E queste cose mi danno in testa.
    Avevo scritto dei racconti su di lui, tanto per dare un’espressione a quello che mi pulsava dentro.
    E credo che lui comprendesse. Ma chissà?

     

     

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    1. diegodelavega0

      diegodelavega0

      bellissima foto :) 

  19. Gli amici con cui sto bene sono quelli che hanno una storia da raccontare.
    Con lui voglio avere una storia.
    Con me – è questo il punto – io voglio una storia – la mia storia.

     

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  20. Dio non è in contatto telefonico con nessuno. Non ti parla né ti scrive. La gente, che ne sente il bisogno, si avvicina a Dio solo attraverso l’immaginazione. Cioè l’immagina vicino e immagina di fare qualcosa della propria vita che corrisponda a un desiderio di Dio stesso. Immagina di parlargli e di sentire la sua voce nelle parole che la propria immaginazione suggerisce. Immagina di interpretare i segni che gli manda attraverso gli eventi.

     

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  21. – Sonia, l’occhio mi cade sulle tette.

    – Cazzo dici?

    – Porti sempre queste scollature… mi aspetto da un momento all’altro che tutto  scivoli giù e che spuntino sul palcoscenico due tette sguinzagliate. Mi rendo bene?

    – Tette al vento… dici tu… qualcosa del genere?

    – Io dico che la vita è come un aperitivo.

    – Spiegati un po’.

    – Va di moda, no?

    – Dappertutto.

    – Un aperitivo è la stimolazione dei succhi gastrici…

    – Vuoi dire: in attesa di un pasto, una cena, un pranzo.

    – Si dice così: prendiamo un aperitivo?

    A quei tempi, l’aperitivo non era più l’apertura di un processo che portava al pranzo vero e proprio. Gli storici sottolineano il fatto che l’aperitivo poteva tenere il posto della cena. Tutta quella gente, dopo il lavoro, in attesa di una serata speciale… Andiamo a farci un aperitivo? E, lo sai, all’aperitivo tu trovi tre primi di pasta, alcuni bocconcini con formaggio, melanzane, peperoni sott’aceto, e funghetti sott’olio, mortadella tagliata a cubetti su una base di focaccia, un assaggio di salumi della Valsugana e vini in calice garantiti in qualità dalla promozione…Non dimenticare le frittate…

    – Sonia, è una vita che ti voglio scopare…

    – Cazzo dici?

    – Dico che la vita è un aperitivo. Hai il solletico di quel che significa vivere. Ti viene una voglia matta di fare un pranzo pieno della vita. Ma è come se, sempre, solo, ti fermassi all’aperitivo. Sentirne il gusto, l’attrazione – come le tue scollature…
Ma quando si mangia davvero?
    Sonia cammina leggera.
    Il vento le scompigliava i capelli.
    Da sola, camminava sul prato.
    Pensava: la vita è un aperitivo. Senti il gusto, l’attrazione, il richiamo… ma non è ancora il pasto. Forse stiamo andando da qualche parte. Ma io, dove voglio andare?

    Io, ho forse paura di volare?

     

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  22. Noi arriveremo all’isola del tesoro. Abbiamo il vento in poppa. Passeremo attraverso gli scogli, eviteremo le tempeste o le attraverseremo con determinazione bastarda. Abbiamo il coraggio di chi ha evitato la morte più volte. E ci siamo induriti nelle difficoltà dell’infanzia.

     

     

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  23. Troppa spiritualità, credi, t’ammoscia. 

    È meglio avere spirito e un paio d’ali, 

    molta letizia e muscoli di coscia 

    che saltino leggeri tra i mali.
    Ti stai a lamentare che i vecchi pesi 

    si sono volatizzati, sono morti, 

    che ti senti accecato dei valori 

    e che i sentieri nuovi sono storti.
    Ma non t’accorgi che sei più leggero? 

    Che ti puoi avventurare per il mare aperto? 

    Che puoi seguire col vento il tuo pensiero
    
e provare il piacere d’aver scoperto 
    qualche nuovo paesaggio dell’umano, 

    e del possibile qualche nuovo anfratto?
    
A me piace di più, non mi fa strano 

    che mi senta dal nuovo tanto attratto.
    E mi domando se non fosse mai 

    che da sempre questo dentro ci sia stato 

    e che i padroni, quelli che tu sai, 

    con sti grandi valori l’avessero castrato.

     

     

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  24. Fugge a galoppo il tempo irridendo alle ambizioni della fretta. E io rallento per raccogliere il suo fiato nella mia vela.

     

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  25. E questa è l'ora di entrare nel bosco

    che la favola sarà sorprendente


    nella speranza di scoprire il posto


    dove il tesoro è celato alla gente 

    che il timore trattiene alla soglia,


    non è il tuo caso, 
no, Dio non voglia!

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