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    ...che cosa posso dire..di fronte a te...nulla...dobbiamo solo imparare...e tu insegna a noi...solo guardare...senza osare....
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    Ciao daniele, buona serata

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    nancy19821 ha aggiunto una reazione a elvis06081994 per l'aggiornamento : Aristotele nacque nel 384 a.C. a   Stagira , l'attuale Stavro, colonia greca situata   
    Aristotele nacque nel 384 a.C. a Stagira, l'attuale Stavro, colonia greca situata nella parte nord-orientale della penisola calcidica della Tracia.[6][7]. Si dice che il padre, Nicomaco, sia vissuto presso Aminta III, re dei Macedoni, prestandogli i servigi di medico e di amico. Aristotele, come figlio del medico reale, doveva pertanto risiedere nella capitale del Regno di Macedonia, Pella (fatto che gli permetterà più avanti di venire invitato dal re Filippo a fare da precettore a suo figlio Alessandro). Fu probabilmente per questa attività di assistenza al lavoro del padre che Aristotele fu avviato alla conoscenza della fisica e della biologia, aiutandolo nelle dissezioni anatomiche.[8]
    Secondo gli studiosi la biografia di Aristotele può essere suddivisa in tre periodi: 1) il ventennio trascorso all'Accademia; 2) il periodo dei viaggi ad Asso, a Mitilene e in Macedonia; 3) quello successivo alla fondazione del Liceo.[9] Il primo periodo ebbe inizio quando, rimasto orfano in tenera età, dovette trasferirsi dal tutore Prosseno ad Atarneo, cittadina dell'Asia Minore nella regione della Misia situata nel nord-ovest dell'attuale Turchia, di fronte all'isola di Lesbo. Prosseno, verso il 367 a.C., lo mandò ad Atene per studiare nell'Accademia fondata da Platone circa vent'anni prima, dove rimarrà fino alla morte del suo maestro. Aristotele non fu dunque mai un cittadino di Atene, ma un meteco.
    Quando il diciassettenne Aristotele entra nell'Accademia, Platone è a Siracusa da un anno, su invito di Dione, parente di Dionigi I, e tornerà ad Atene solo nel 364 a.C.; in questi anni, secondo l'impostazione didattica dell'Accademia, Aristotele dovette iniziare con lo studio della matematica, per passare tre anni dopo alla dialettica.
    A reggere la scuola è Eudosso di Cnido, uno scienziato che dovette molto influenzare il giovane studente che, molti anni dopo, nell'Etica Nicomachea scriverà che le teorie di Eudosso «trovano credito più per la virtù e per i costumi di Eudosso che per se stesse. Infatti si riteneva che egli fosse straordinariamente temperante; quindi non sembrava che sostenesse queste tesi per amore del piacere ma perché le cose stanno davvero così.».

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    nancy19821 ha aggiunto una reazione a martymartina1 per l'aggiornamento : Ciao nancy19821, piacere di conoscerti    
    Ciao nancy19821, piacere di conoscerti 
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    nancy19821 ha aggiunto una reazione a martymartina1 per l'aggiornamento : Una vera propria opera d'arte      
    Una vera propria opera d'arte 
     

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    nancy19821 ha aggiunto una reazione a elvis06081994 per l'aggiornamento : Ti auguro una buona serata!!   
    Ti auguro una buona serata!!
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    nancy19821 ha aggiunto una reazione a elvis06081994 per l'aggiornamento : Ercole era venerato il 12 agosto e aveva gli epiteti di Invitto, Vincitore, Custode.   
    Ercole era venerato il 12 agosto e aveva gli epiteti di Invitto, Vincitore, Custode. Spesso il culto era associato a fonti e specchi d'acqua.
    Virgilio, nel libro VIII dell'Eneide fa arrivare Enea a Pallanteo, dove regna il re Evandro, che sta celebrando un rito in onore di Ercole. Dopo il banchetto seguito alla cerimonia, il re racconta a Enea le origini di quel rito. Ercole, di ritorno dalla Spagna con la mandria dei buoi catturati da Gerione, fa sosta nel Lazio, a quel tempo infestato dal mostruoso Caco, che ruba la mandria di Ercole e la nasconde nel suo antro; l'eroe, irato, lo scopre e lo uccide. Gli abitanti del luogo, grati per essere stati liberati dal flagello, gli dedicano un rito, testimoniato ancora ai tempi di Virgilio dall'Ara massima di Ercole Invitto, situata nel Foro boario, da cui partivano i cortei trionfali.
    Per la tradizione romana l'officio di questo culto, l'unico di derivazione non romana accolto da Romolo, era attribuito ai membri della Gens Potitia, una delle famiglie patrizie più antiche di Roma,[2] fino a che Appio Claudio Cieco vi avrebbe rinunciato, e per questo sarebbe sato punito con la cecità e l'estinzione della famiglia.[3]
    Poiché Ercole fu il primo mortale che riuscì a diventare dio, nei sarcofagi romani sono frequenti le raffigurazioni delle "dodici fatiche", quale simbolo delle prove che deve affrontare il defunto per raggiungere l'immortalità