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  1. Qua la mia idea di femminismo declinata alla figura della grande Patty!

    Ogni confronto ed opinione, come sempre, è assolutamente gradita!

    https://www.syndromemagazine.com/luoghi-comuni-sul-femminismo/

    1. hocuradite

      hocuradite

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      (risposta del 16 giugno 2019)

      SILVIA, VINCENZINA E ALESSANDRA

      Carissima Fioraia Austro Ungarica i tuoi ultimi interventi offrono molti spunti di riflessione. Eccone una vagonata sparsa e allucinata. Forse saranno sempre di meno. Già questa è in un ritardo mostruosamente vergognoso.                 La Patti con la patta (cerniera) sempre aperta è una poetessa e questo è il suo valore. Inconsciamente avevo intuito che poteva essere lei in foto, ma razionalmente era lontana dall'indimenticabile ma disorientante intervento al Festival di San Remo. Con quel vestito maschile da security e quel enorme bolo sputato con sicurezza pneumatica sul palco            ( non so se qualcuno l'ha notato), del quale una famiglia di sfollati bergamaschi ci mangia una settimana, mi ha spiazzato, troppo lontano dal modello di femminilità che mi attira. Solo subendo una violenza scientifica, che risolva le differenze maschili, o la pecunia che non olet, potrebbe spingermi ad assaporare in ginocchio il suo fiore mentre lei gemendo mi tortura i capelli.

      Ecco la questione femminismo/ femminista, libertà, stereotipi, ecc. Io non sono femminista, semplicemente amo e difendo la libertà e la giustizia, la dignità umana, l'opportunità data dal merito; al di fuori di questo ogni differenza ( e anche antipatia) è sempre desiderata. E questa società Fascio Buonista, dove o si parla bene delle donne ( come di altre categorie umane) o non si deve parlare, mi sta stretta ( unica eccezione perbenista ipocrita al politicamente corretto è quando a parlarne male, in chiave ironica e di partigianeria, è un membro di tale categoria). Anche se stringo solo amicizie con donne e con molta facilità, passare per l'amico delle donne mi inquieta; vi è in questo un non so che di ruffianeria e di calcolata subalternità ipocrita che mi disturba. Do la precedenza alle donne, pago se invito a cena ma non faccio un dramma e non mi sento minacciato nell'orgoglio maschile se vuole offrire lei o cedermi il passo. Se invece vuole fare alla romana tolgo le tende, lontano da contabili e puntigliosi. Noi uomini e donne siamo fra di noi nè uguali, nè superiori, ma solo diversi (anche se da uomo penso che la donna abbia una marcia in più ). Le diversità hanno poi infinite declinazioni e sfumature, delle volte paritarie perchè separate e complementari , altre volte apparentemente disparitarie perché consensuali o meritocratiche. Ci sono poi anche quelle realmente disparitarie, non consensuali e non meritocratiche, su cui basa il mio principio etico e classista di opposizione e lotta. Badate a quello che ho detto: diversità paritarie , perché le "parità paritarie" mi sanno tanto di omologazione, inganno, multiculturalismo relativistico borghese e scusate stavolta per il mio complicato gioco di parole. Come si riconosco quelle più spinose, cioè le sincere diversità disparitarie.? Semplice contengono ( o devono contenere) l'elemento infantile, leggero e cavalleresco del gioco: i giocatori giocano per libera scelta, sei libero di abbandonare il gioco quando vuoi, il gioco per valere deve basarsi su regole condivise e rispettate, il giocatori sono alla pari e fra di loro (sia antagonisti, partecipanti, perdenti o vincitori ) si riconoscono e rispettano. E allora partenza e via: puoi essere la massaia strofinatrice di mobili, l'operaia, la direttrice, la guerriera, la dominatrice erotica del maschio sottomesso, la palpeggiata o palpeggiatrice, la fioraia cieca di Charlot........

      Questo mio spazio non è il salotto delle donne, bensì una stanza per gli interrogatori, dove uomini e donne si mettono a nudo svicolando, raccontando, imprecando, confessando. Qui non si pettinano i capelli alle bambole, semmai se ne stanano i pidocchi. Le meritate risate le faremo da scarcerati a fine pena e probabilmente avremo nostalgia del carcere perchè  almeno lì si è tutti uguali.

      Cominciamo a demolire o discutere certe idee attualmente dominanti: natura o cultura, classe sociale o appartenenza biologica: le donne sono uguali, paritarie e solidali fra loro perché accumunate dalla loro biologia, visione delle cose e dalla comune condizione di discriminazione. Eppure mi domando: un'operaia in catena di montaggio è più vicina alla Silvia Uela ("nooo signora .... non è un cognome senegalese ma milanese"), imprenditrice della fabbrichetta, che la capisce, ma che alle fine se ne va in vacanza alle Maldive, perché si intonano con la borsetta verde mare comprata da Pucci Tucci Ciucci Store, mentre lei si spacca la schiena tutto l'anno in fabbrica, oppure più vicina al collega operaio maschio che mentre passa le dà una pacca sul sedere? Questo ignobile ammasso di testosterone ingrifato che se gli sposti di poco il piatto muore di fame ti consente una cosa: la medesima condizione sociale e culturale, il diritto alla risposta, la parità nel duello, il comune terreno di scontro: ti puoi girare e ribaltarlo con un ceffone (meglio se appesantito e inanellato con un po' di bulloni che hai trovato sul banco da lavoro), puoi ironicamente ringraziarlo perché non speravi nello stesso trattamento che lui concede a sua madre e a sua sorella sempre così desiderose di un po di manzo fresco, puoi tacere e sopportare perché hai altro per la testa dì più importante, con tutti i problemi che ti aspettano a casa. Eppure c'è qualcosa di strisciante che alla fine con amarezza ci separa noi uomini e donne, ricordando che chissà perché un tempo nelle manifestazioni politiche studentesche io svolgevo compiti di sicurezza, le compagne invece scrivevano sugli striscioni. C'è sempre un qualcosa di sociale e di antropologico che ci accomuna e ci distanzia. Forse la risposta non è nelle tecnocratiche quote: " attenziò battagliò, da adesso almeno il 50% deve essere costituito da donne nello svolgere compiti di sicurezza nelle manifestazioni politiche". Forse è in questo: " dai Alessandra, finisco io lo striscione, vai a fare sorveglianza che te la cavi bene", oppure " ciao, sono Alessandra, perché non finisci tu lo striscione, sono stufa e voglio provare qualcosa di nuovo" (fra maschi giusto o sbagliato che sia la cosa da sempre si risolverebbe così: "dai vieni a fare sicurezza con me così mi racconti la ciucca che hai fatto ieri, lo striscione lascialo chi se ne frega, vedrai che se passa magari ci penserà Alessandra" , oppure "se vuoi il mio posto te lo devi guadagnare, non ti aspettare di certo che mi preoccupi o ti lascio spazio, poi devi finire di ricamare ad uncinetto lo striscione" ). Il problema non è la divisione dei ruoli così come non è la divisone del lavoro o dei sessi, ma che questa non sia una gabbia reale o psicologica dalla quale non potervi uscire o dove si viene sfruttati.

      Domandina domandona : alla fine i maschi dominano perché le donne lasciano fare e inoltre fin da piccoli sono stati educati così da madri sostenitrici del loro piccolo principe e rivali delle figlie addestrate all'accudimento, oppure c'è stata una antica e storica battaglia e i maschi hanno vinto; e se vincessero le donne si comporterebbero come i maschi, meglio o forse peggio? L'occasione fa l'uomo ladro, oppure ladri e onesti rimangono sempre tali?

       

      LINK UTILI

      https://it.m.wikipedia.org/wiki/Alexandra_David-Néel https://it.m.wikipedia.org/wiki/La_mistica_della_femminilità

       

      IMMAGINI:

      VINCENZINA (Ornella Muti)

      SILVIA UELA

      ALESSANDRA (Alexandra David-Neél)

       

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