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  1. CAMILLO  BOITO

     

    “ Senso “

    …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

    La mattina seguente, prima delle nove, mi feci condurre nella mia carrozza al comando della fortezza.

    L’erta mi pareva interminabile : gridavo a Giacomo di frustare i cavalli. Una folla di militari d’ogni colore, di

    feriti, di popolani, ingombrava il piazzale innanzi al castello; ma giunsi senza ostacoli all’anticamera degli

    uffici, dove un vecchio invalido pigliò il mio biglietto da visita. Dopo qualche minuto ritornò, dicendomi che

    il generale Hauptmann mi pregava di passare nel suo quartiere privato, e che, appena sbrigati certi affari

    urgentissimi, sarebbe venuto a presentarmi il suo omaggio.  Fui condotta attraverso logge, corridoi e

    terrazze in una sala, che dominava dalle tre larghe finestre la città intiera.

     

     

     

     

     

    L’Adige, interrotto dai suoi ponti,

    si torceva in una S, avente la prima delle sue pancie ai piedi del monticello su cui sorge Castel San Pietro,

    e la seconda ai piedi di un altro bruno castello merlato; e sorgevano dalle case i culmini e le torri delle

    vecchie basiliche; e in un largo spazio si vedeva l’ovale enorme dell’Arena antica. Il sole mattutino

    rallegrava l’abitato ed i colli, e dall’una parte indorava le montagne, dall’altra gettava una luce placida

    sull’interminabile pianura verde, sparsa di villaggi bianchi, di case, di chiese, di campanili. Entrarono nella

    sala con gran fracasso di risa e salti due bimbe, le quali avevano il volto color di rosa e i capelli biondi

    paglierini. Vedendomi, di primo botto rimasero impacciate, ma poi subito si fecero coraggio e mi vennero

    accanto. La più grandicella disse : “ Signora, si accomodi. Vuole che vada a chiamare la mamma? “. “ No,

    fanciulla mia, aspetto il tuo babbo “. “ Il babbo non l’abbiamo ancora visto stamane. Ha tanto da fare “. “ Lo

    voglio vedere io il babbo”, gridò la più piccina. “ Gli voglio tanto bene io al

     

     

     

     

     

     

    babbo “. In  quella entrò il

    generale,e le bimbe gli corsero incontro,gli si avviticchiarono alle gambe, tentavano di saltargli sulle spalle;

    egli prendeva l’una e l’alzava e le dava un bacio, poi prendeva l’altra; e le due pazzerelle ridevano, e negli

    occhi del generale spuntarono due lagrime di tenerezza beata.  Si volse a me dicendo : “ Scusi, signora;

    s’ella ha figliuoli, mi compatirà “. Si mise a sedere in faccia a me e soggiunse : “ Conosco di nome il signor

    conte, e sarei lieto se potessi servire in qualcosa la signora contessa “. Feci un cenno al generale perché

    allontanasse le bambine, ed egli disse loro con voce piena di dolcezza : “ Andate, figliuole mie, andate,

    dobbiamo parlare con la signora”. Le bambine fecero un passo verso di me come per darmi un bacio;

    voltai la testa; e se ne andarono finalmente un poco mortificate. “ Generale – mormorai – vengo a

    compiere un dovere di suddita fedele “. “ La signora contessa è tedesca? “.

     

     

     

     

     

     

    “ No, sono trentina “. “ Ah, va

    bene “, esclamò, guardandomi con una cert’aria di stupore e di impazienza. “ Legga “ e gli porsi in atto

    risoluto la lettera di Remigio, quella che avevo ritrovata nel taschino del portamonete. Il generale, dopo

    avere letto : “ Non capisco; la lettera è indirizzata a lei? “. “ Sì, generale”. “ Dunque l’uomo che scrive è il

    suo amante? “.

    Non risposi. Il generale cavò di tasca un sigaro e lo accese; s’alzò da sedere e si pose a camminare su e giù

    per la sala; tutt’a un tratto mi si piantò innanzi e, ficcandomi gli occhi in volto, disse : “ Dunque, ho fretta,

    si sbrighi “. “ La lettera è di Remigio Ruiz, luogotenente del terzo reggimento granatieri “. “ E poi? “. “ La

    lettera parla chiaro. S’è fatto credere malato, pagando i quattro medici – e aggiunsi con l’accento rapido

    dell’odio : - è disertore dal campo di battaglia “.  “ Ho inteso. Il tenente era l’amante suo e l’ha piantata. Ella

    si vendica facendolo fucilare, e insieme con lui facendo fucilare i medici. E’

     

     

     

     

     

    vero? “. “ Dei medici non

    m’importa “. Il generale stette un poco meditando con le ciglia aggrottate, poi mi stese la lettera, che gli

    avevo data : “ Signora, ci pensi : la delazione è un’infamia e l’opera sua è un assassinio “. “ Signor generale, -

    esclamai, alzando il viso e guardandolo altera – compia il suo dovere “.

    La sera, verso le nove, un soldato portò all’albergo della “ Torre di  Londra “, dove finalmente mi avevano

    trovata una camera, un biglietto che diceva : “ Domattina alle quattro e mezzo precise verranno fucilati nel

    secondo cortile di Castel San Pietro il tenente Remigio Ruiz ed il medico del suo reggimento. Questo foglio

    servirà per assistere all’esecuzione. Il sottoscritto chiede scusa alla signora contessa di non poterle offrire

    anche lo spettacolo della fucilazione degli altri medici, i quali, per ragioni che qui è inutile riferire, vennero

    rimandati ad un altro consiglio di guerra. ……………………..Generale Hauptmann “.

    Alle tre e mezzo della notte buia uscivo a piedi dall’albergo,

     

     

     

     

     

    accompagnata da Giacomo. Al basso del colle di

    Castel  San Pietro gli ordinai che mi lasciasse, e cominciai a salire sola la strada erta; avevo caldo, soffocavo;

    non volevo togliermi  il velo dalla faccia, bensì, sciolti i primi bottoni dell’abito, rivoltai i lembi dello scollo al

    di dentro : quel po’ d’aria sul seno mi faceva respirare meglio. Le stelle impallidivano, si diffondeva intorno

    un albore giallastro. Seguii dei soldati, che, girando il fianco del castello, entrarono in un cortile chiuso dagli

    alti e cupi muri di cinta. Vi stavano già schierate due squadre di granatieri, immobili. Nessuno badava a me

    in quel brulichio silenzioso di militari e in quelle mezze tenebre. Si sentivano le campane suonare giù nella

    città, dalla quale salivano mille rumori confusi. Cigolò una porta bassa del castello, e ne uscirono due

    uomini con le mani legate dietro la schiena; l’uno magro, bruno, camminava innanzi ritto,sicuro, con la

    fronte alta; l’altro, fiancheggiato da due soldati, che lo reggevano con

     

     

     

     

     

     

    molta fatica alle ascelle, si trascinava

    singhiozzando.  Non so che cosa seguisse; leggevano, credo; poi udii un gran frastuono,

    e vidi il giovane bruno cadere, e nello stesso punto mi accorsi che Remigio era nudo fino alla cintura, e

    quelle braccia, quelle spalle, quel collo, tutte quelle membra, che avevo tanto amato, m’abbagliarono. Mi

    volò  nella fantasia l’immagine del mio amante, quando a Venezia, nella “Sirena “, pieno d’ardore e di gioia,

    m’aveva stretta per la prima volta fra le sue braccia d’acciaio. Un secondo frastuono mi scosse : sul torace

    ancora palpitante e bianco più del marmo s’era slanciata una donna bionda, cui schizzavano addosso gli

    zampilli di sangue. Alla vista di quella femmina turpe si ridestò in me tutto lo sdegno, e con lo sdegno la

    dignità e la forza. Avevo la coscienza del mio diritto; m’avviai per uscire, tranquilla nell’orgoglio di un

    difficile dovere compiuto.

    Alla soglia del cancello mi sentii strappare il velo dal volto; mi girai e vidi

     

     

     

     

     

    innanzi a me il grugno sporco

    dell’ufficiale boemo. Cavò dalla bocca enorme il cannello della sua pipa, e, avvicinando al mio viso il suo

    mustacchio, mi sputò sulla guancia…

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    1. ghostnick0

      ghostnick0

      Non ho letto la novella ma ho visto il film. La figura di Livia mi aveva a suo tempo molto colpito....

    2. fel55

      fel55

      Mi fa piacere. Auguroni!